SOMMARIO:
– L’OPPOSIZIONE IN RUANDA E ALL’ESTERO
– A BRUXELLES, L’OPPOSIZIONE SI MOBILITA PER IL CAMBIAMENTO
– IL VENTO DELLA DEMOCRAZIA IN AFRICA, IL TURNO DEL RUANDA E IL DESTINO DI KAGAME
L’OPPOSIZIONE IN RUANDA E ALL’ESTERO
Anche per il Ruanda, il piccolo paese dalle mille colline, lo scenario è abbastanza tipico: un regime totalitario, il Fronte Patriottico Ruandese (FPR), guidato da una fazione di estremisti tutsi, regna imponendo il terrore, dentro e fuori del paese, sulla sua popolazione Twa, Tutsi (fenomeno recente) e Hutu, senza distinzioni.
Per quanto riguarda questi ultimi, il gruppo di maggioranza, sono spesso stigmatizzati con il nome di Interahamwe (estremisti hutu coinvolti nel genocidio del 1994) e / o simpatizzanti delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR): movimento politico militare creato da rifugiati hutu nella Repubblica democratica del Congo. L’attuale regime di Kigali accusa le FDLR di accogliere gli Interahamwe. Tuttavia, al contrario di ciò che può sembrare, la minaccia esterna del FDLR è più simbolica che reale. Infatti, dopo il genocidio del 1994, il FPR ha potuto reprimere le milizie degli Interahamwe anche oltre il territorio nazionale. È su questo che, fino ad oggi, Paul Kagame stesso fonda la sua legittimità. E ‘vero che per molti Tutsi, specialmente i sopravvissuti del genocidio, gli Interahamwe sono la maggiore ossessione, arroccata dietro la porta di fronte! E Paul Kagame lo sa. Per questo, egli gioca la carta populista, cioè … Ibuka (“Ricordati di …”). Evocare, nei suoi discorsi, le angosce e le immagini del genocidio come un jolly può sembrare malsano, ma la formula funziona. Questa è la politica, dopo tutto.
Le forze dell’opposizione, del ramo detto “pacifista”, sono i partiti FDU-Inkingi (Forze Democratiche Unite), PS- Imberakuri (Partito Socialista) di Victoire Ingabire e Bernard Ntaganda rispettivamente e, infine, il Partito Democratico dei Verdi del Ruanda, di Frank Habineza. Quindi, in Ruanda, è presente una vera opposizione politica. Ma è (ancora) poco organizzata, perché costantemente ostacolata e atomizzata dal FPR. I leader del PS e FDU sono attualmente in carcere per “attentato contro la sicurezza nazionale” e “collaborazione con reti terroristiche”. Sono accuse senza prove formali, scandalosamente utilizzate con il solo scopo di mettere a tacere tutte le voci critiche. Victoire Ingabire (che viveva in Olanda, prima di essere prigioniera di Kagame a Kigali), è la Aung San Suu Kyi ruandese. Ritornando al suo paese d’origine per sfidare il despota, si è sacrificata per ciò che credeva essere una causa nazionale. La sua incarcerazione, quasi automatica, è un allarme rosso, secondo il quale tutti i dissidenti sono persona non grata in Ruanda: “delitto” punibile penalmente, per il bene e la sicurezza della nazione. Peggio ancora, nel caso del partito dei Verdi, citato sopra, il suo vice presidente, André Kagwa Rwisekera è stato brutalmente decapitato nel 2010, poche settimane prima delle elezioni presidenziali. L’indagine è stata respinta dalle autorità locali. Anche se questi tre partiti chiedono una “semplice” apertura politica, essi vivono un inferno. In realtà, il Ruanda è uno dei peggiori luoghi in cui vivere, quando si è un oppositore che aspira alla democrazia.
Sapendo questo, il campo d’azione più sicuro per un dissidente è a partire dall’estero o tramite il mondo virtuale: il PS rimane attivo sul suo sito web imberakuri.org, il partito dei Verdi su rwandagreendemocrats.org e le FDU- Inkigi su FDU-rwanda.com. La diaspora esiliata in Occidente, in particolare in Belgio, Francia, Inghilterra, Olanda, Svizzera, Germania, Canada e gli Stati Uniti, ha i mezzi e le infrastrutture per far sentire la propria voce e per proporre un’alternativa al FPR.
Alcuni ex dirigenti del clan FPR che sono fuggiti da Kagame hanno creato un partito di opposizione, il RNC (Ruanda National Congress). I membri fondatori sono: Patrick Karegeya, Théogène Rudasingwa, Gerald Gahima e Kayumba Nyamwasa. Essi conoscono meglio di chiunque altro le debolezze del partito unico, perché hanno partecipato alla sua creazione. Sanno dove si trovano i punti vitali e ciò rappresenta di gran lunga la maggior minaccia per l’uomo forte di Kigali e che lo rende nervoso. Per molti osservatori, è questa stessa che determinerà l’immediato futuro del Ruanda. Ma ancora una volta, Paul Kagame rimane con gli occhi ben aperti. Manda, a turno, i suoi emissari sui quattro continenti per tenersi ben informato su un possibile e definitivo connubio tra il RNC e le FDLR: un cocktail esplosivo per il Ruanda.
I discorsi del FPR devono essere ben analizzati, perchè fanno parte di un processo che va di pari passo con la creazione di un modello di stato-nazione omogeneo, quindi dal pensiero unico. Pertanto, in Ruanda, il nemico della nazione non può venire che dal di fuori, con un suo discorso “allogeno” e dissonante (democrazia, Stato di diritto, giustizia per tutti, ecc) .. “No”, ha detto Kagame. No, non è dall’esterno che si può determinare ciò che è buono per gli autoctoni.
Paul Kagame è ancora visto dagli investitori stranieri come un “visionario” che ha trasformato il Ruanda in un piccolo miracolo economico. Ma dimenticano che il paese dipende in gran parte dagli aiuti stranieri. La sua economia è dunque molto soggetta a cambiamenti repentini. A livello politico, invece, il Ruanda è al limite del tollerabile. Un cambiamento che si è verificato dopo la pubblicazione del Rapporto Mapping delle Nazioni Unite, nel settembre 2010: in esso si accusa il suo esercito di crimini contro l’umanità e di genocidio commessi nella parte Est della RDCongo, dal 1993 al 2003. È quindi rischioso apparire con Kagame, per non offendere l’opinione pubblica, diventata piuttosto sensibile.
È ormai un dato di fatto che il FPR sia diventato molto fragile. Ha spesso basato la sua campagna politica su discorsi statici e colpevolizzanti: la memoria dei Tutsi massacrati nel 1994, al fine di beneficiare di un’assistenza finanziaria internazionale. “Dove eravate nel 1994?”, ribatte ancora Kagame all’Occidente. Un ricatto che occulta completamente le atrocità commesse dall’APR (il braccio armato del FPR) in RDCongo, favorendo così una cultura dell’impunità nella regione dei Grandi Laghi. Un altro fattore che sta indebolendo il partito unico è ormai l’apertura del vaso di Pandora, vale a dire tutta la verità circa l’attentato mortale contro i due presidenti hutu, Juvenal Habyarimana (del Ruanda) e Cyprien Ntaryamira (del Burundi), la sera del 6 aprile 1994. A questo proposito, non è ancora stata resa una giustizia equa: la sola che può portare alla vera riconciliazione nazionale. La giustizia è parziale: da una parte, i tribunali “tradizionali” gacaca e, dall’altra, il TPIR (Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda), hanno volutamente omesso di processare i responsabili dei massacri degli Hutu commessi dal FPR sin dalla guerra civile del 1990 fino ad oggi, passando per le atrocità commesse nel 1994 e la pulizia etnica nei campi dei rifugiati dal 1995 al 2003.
Una realtà amara per il FPR è che dovrà affrontare, in futuro, un’opposizione sempre più diversificata e organizzata, tra cui, oltre ai partiti già citati sopra: l’Urunana RUD (Raggruppamento per l’Unità e la Democrazia) con il sito Rud-urunana.org, il PDR (Partito per la Democrazia in Ruanda) di Paul Rusesabagina e il suo sito ihumure.org, il blog di Padre Théophile Murengerantwari e il suo partito, il MDPR-Intaganda (Movimento Democratico Popolare per la Riconciliazione), il FLN (Fronte di Liberazione Nazionale) di John V. Karuranga, il RPR (Raggruppamento Popolare Ruandese) di Gerard Ntashamaje, il PDP-Imanzi di Deogratias Mushayidi, imprigionato a Kigali, ma il suo partito è ancora attivo sul sito PDP-imanzi.org. Per citarne alcuni.
In breve, il FPR non ha il monopolio che aveva dopo la guerra del 1994. Oggi, ci sono delle alternative. Inoltre, le atrocità dei servizi segreti del FPR cominciano a “infastidire” sempre più l’opinione pubblica in Ruanda e all’estero. O il FPR si adatta alla nuova situazione o continuerà a sprofondare sempre più nella sua megalomania, radicalizzando e gonfiando ulteriormente l’opposizione. Se Paul Kagame ha davvero a cuore il destino del suo popolo, è giunto il momento di lasciare e andarsene.
A BRUXELLES, L’OPPOSIZIONE SI MOBILITA PER IL CAMBIAMENTO
È una marea umana che ha investito la Via Washington, nel cuore di Ixelles a Bruxelles, dove si è tenuto l’incontro dei partiti politici RNC e FDU, il 31/07/2011.
Théogène Rudasingwa, (Washington), del RNC, ha insistito sulla cooperazione, ancora in costruzione, tra il suo partito, il RNC e le FDU-INKINGI e ha invitato le altre forze politiche ad unirsi alla piattaforma di collaborazione tra questi due partiti.
Il Presidente del Comitato di coordinamento delle FDU, Nkiko Nsengimana (Svizzera), è ritornato sul contenuto del rapporto Mapping e ha sottolineato che i loro movimenti stanno chiedendo che non sia messo nel cassetto, sancendo l’impunità di Paul Kagame e dei suoi uomini. Egli si è detto scettico sul tanto decantato sviluppo economico in Ruanda, perché, in realtà, la gente continua a morire di fame. Ha criticato l’UNHCR che vuole cedere alle richieste di Kigali, al fine di applicare, nei confronti dei rifugiati ruandesi all’estero, la clausola di cessazione dello statuto di rifugiati. Secondo lui, il paese è più che mai instabile e l’insicurezza delle persone e dei loro beni regna sovrana. In queste condizioni, è inconcepibile, ha sottolineato, che si voglia privare i rifugiati dei loro diritti.
Per quanto riguarda Jonathan Musonera, del RNC, ha reso omaggio a Victoire Ingabire Umuhoza, rinchiusa nelle carceri ruandesi. Egli l’ha paragonata a Ndabaga, l’eroina della mitologia ruandese che, dopo essere entrata nell’esercito, fingendo di essere un uomo per sostituire suo padre, è andata sul campo di battaglia per sconfiggere i nemici che avevano attaccato il paese. Musoneria ha ricordato il discorso di Victoire Ingabire, il 16 gennaio 2010, al memoriale di Gisozi, dedicato alle vittime del genocidio dei tutsi. In quel discorso, ella ha chiesto il riconoscimento dei massacri degli Hutu, perché, in Ruanda, non sono solo i Tutsi che sono stati uccisi, ma anche gli Hutu sono stati vittime di crimini di massa commessi contro di loro. Ella è stata incarcerata per aver commesso il peccato di aver ricordato che tutti i criminali, a qualsiasi parte appartengano, devono rispondere delle loro azioni. Musonera ha annunciato il programma di prossime azioni: si prevede prossimamente un sit-in a Ginevra, per protestare contro la cessazione dello statuto dei rifugiati ruandesi, una manifestazione a Parigi, il 12 settembre 2011, in occasione della visita del presidente Paul Kagame, in Francia, un’altra manifestazione in Australia, perchè Kagame ha in programma di farvi una visita e, infine, un’altra manifestazione a Londra, presso la sede del Commonwealth.
Tornando alla questione dei rifugiati, Michel Niyibizi (Belgio) ha dettagliato i motivi che dimostrano che il Ruanda non è ancora un paese sicuro affinché i rifugiati possano tornare tranquillamente: in Ruanda, il FPR ha il monopolio politico, la stampa è imbavagliata e i giornalisti uccisi, ci sono continue violazioni dei diritti umani, non esiste un sistema giudiziario indipendente. Ha ricordato che il Ruanda è uno dei pochi paesi al mondo ad aver bombardato i suoi propri rifugiati, a Kibeho nel 1995 e nei campi dei rifugiati dell’ex Zaire nel 1996-1998. Egli ha informato il pubblico che 34 ONG e due formazioni politiche, il RNC e le FDU, hanno inviato una lettera al Commissario dell’UNHCR per rivedere la clausola di cessazione dello statuto dei rifugiati ruandesi che, secondo le richieste di Kigali, dovrebbe entrare in vigore il 31 dicembre 2011.
Dal suo esilio in Sud Africa, il generale Kayumba Nyamwasa si è soffermato sulla sicurezza delle persone, in Ruanda e all’estero. Ha ricordato l’imprigionamento arbitrario dell’ex presidente Pasteur Bizimungu per il solo crimine di aver voluto fondare un partito politico. È successa la stessa cosa con Ntaganda, Déo Mushayidi e Victoire Ingabire, incarcerati per aver tentato di esercitare i loro diritti politici.Secondo Nyamwasa, i Ruandesi della diaspora hanno ancora la libertà di parola. Essi devono fare di tutto per denunciare le derive del regime di Paul Kagame. Lo slogan lanciato da Nyamwasa è di combattere contro Paul Kagame e i suoi servizi di sicurezza che mandano sicari all’estero. Occorre denunciarli, come è necessario denunciare i diplomatici ruandese che servono loro da copertura. Principale interessato per i mandati di cattura emessi dalla giustizia spagnola contro 40 funzionari del FPR, a proposito dei suoi presunti crimini, egli ha fatto notare che, da quando è in Sud Africa, nessun documento gli è stato presentato. Nessun giudice, nessun tribunale, né la giustizia spagnola l’hanno mai convocato per pronunciarsi sulle accuse portate contro di lui. Ha detto di essere pronto a rispondere delle sue azioni in tribunale e per questo si è già preparato. A coloro che vorrebbero che prendesse lui stesso l’iniziativa di presentarsi in tribunale, replica che preferisce, piuttosto, rispondere alle eventuali comunicazioni a lui inviate, ciò che non è ancora il caso, da oltre un anno che risiede in Sud Africa.
Responsabile della Comunicazione all’interno delle FDU, Emmanuel Mwiseneza, ha sottolineato l’importanza di utilizzare, in politica, nuove tecnologie dell’informazione. Egli ha osservato che i social network e i forum di discussione, hanno dimostrato la loro efficacia per la destituzione delle dittature. Egli ha informato il pubblico che il sito ufficiale delle FDU è www.fdu-udf.org è che gli altri siti con la sigla FDU sonodelle usurpazioni.
Paul Rusesabagina è intervenuto per parlare della riconciliazione che deve essere ricercata dalle formazioni politiche e le ONG della società civile ruandese e che questa riconciliazione passa attraverso la verità.
Jean Mari Ndagijimana (Francia) ha informato il pubblico che è stato istituito un “Collettivo delle vittime dei Grandi Laghi” (Covigla), perché tutti i Ruandesi sono dei sopravvissuti. Non c’è nessun Ruandese, infatti, che non ha perso un membro di famiglia dal mese di ottobre 1990, quando il FPR ha attaccato il paese, fino ad oggi. Il Collettivo raccoglierà le testimonianze di coloro che hanno perso i loro parenti e sporgerà denuncia in tribunale. Il primo atto d’accusa dovrà riguardare il presidente ruandese Paul Kagame, per i crimini commessi in Ruanda e in RDCongo. Tale atto d’accusa dovrà essere presentato dinanzi ai giudici francesi prima della venuta del presidente ruandese in Francia, in programma per il 12 settembre.
Gerard Karangwa (Paesi Bassi), del PDP-Imanzi di Déo Mushayidi, incarcerato in Ruanda, ha dimostrato che in Ruanda esiste una segregazione che fa degli Hutu dei cittadini di seconda classe. Come esempio, ha dimostrato come nel campo dell’istruzione superiore, le borse di studio sono state soppresse. Ma i figli tutsi continuano a beneficiare di queste borse di studio attraverso il Farg (Fondo di Assistenza per i Sopravvissuti del Genocidio). Il provvedimento, dunque, ha colpito solo i figli hutu. Questo vale anche per gli studi all’estero. Sono quasi esclusivamente i figli tutsi che le ricevono. Nell’esercito, è la stessa cosa. La predominanza dei Tutsi è travolgente. Tra i 163 ufficiali recentemente promossi, ci sono stati solo 13 hutu. Tutti i servizi di sicurezza sono al 100% gestiti dai Tutsi.
Jean Baptiste Ryumugabe (Belgio), un rappresentante del PS-Imberakuri, ha osservato che la politica in Ruanda è predominata dalle menzogne. Si afferma, infatti, che non ci sono etnie, ma allo stesso tempo si martella che c’è stato genocidio dei Tutsi.
Sylvain Sibomana, segretario generale del Comitato esecutivo provvisorio delle FDU in Ruanda, ha dimostrato che i loro attivisti continuano a subire soprusi e persino l’incarcerazione da parte delle forze di sicurezza.
Alice Muhirwa, tesoriera del partito, ha informato il pubblico che Victoire Ingabire è in totale isolamento nella sua cella. Non ha alcun permesso per uscire e andare alla messa domenicale o per andare a respirare un po’ d’aria nel cortile del carcere, come gli altri prigionieri. A ciò si aggiunge che le visite le sono state vietate già da qualche tempo. Tuttavia, Muhirwa la incontra ogni giorno, perché è lei che gli porta il cibo in prigione. Muhirwa ha espresso preoccupazione per il deterioramento della salute di Victoire Ingabire. Soffre soprattutto di mal di denti. Per vedere un medico, le autorità carcerarie hanno richiesto il permesso del Commissario generale. Alcuni responsabili del partito hanno scritto una lettera e il permesso è stato concesso. Ma i servizi di sicurezza hanno fatto di tutto per dissuadere il medico che doveva visitarla.
Un partecipante ha fatto notare il silenzio dei partiti politici sulle pratiche quasi-criminali del regime, come la vaccinazione obbligatoria delle adolescenti ruandesi contro il cancro uterino con un vaccino dubbioso. Joseph Ngarambe, del RNC, ha detto che il vaccino contro il tumore del collo uterino è contestato da alcuni, ma non c’è uno studio scientifico su cui fare affidamento per denunciarlo.
Eugene Ndahayo, leader di un ramo delle FDU, nella Newsletter pubblicata il 1 ° agosto, il giorno dopo la conferenza, ha affermato che “tollerare la presenza di persone sospettate di crimini all’interno delle organizzazioni politiche e sostenere l’impunità per dei genocidari, torturatori, mafiosi e altri responsabili della tragedia ruandese non ha nessun senso e dimostra la perdita dei valori”, aggiungendo che “un genocidio e le sue vittime non sono commerciabili” e che “tutti i genocidari ed altri criminali, hutu e tutsi, al potere o all’opposizione, in fuga o meno, devono rispondere dei loro crimini davanti alla giustizia”.
La grande affluenza in occasione della riunione è, probabilmente, dovuta alle recenti battute d’arresto del regime che sembrano indicare un punto di svolta tra il regime di Kigali e i suoi principali alleati, ma anche e, forse soprattutto, a un senso di estrema insoddisfazione della comunità ruandese, stanca delle divisioni, dello spionaggio, del clima di paura, dell’etnocentrismo, degli omicidi, delle detenzioni, dell’ingiustizia, della menzogna e della dittatura.
Questa estrema insoddisfazione si è tradotta in parole con l’esclamazione di Jonathan Musoneria, a conclusione del suo intervento: «enough is enough» («Troppo è troppo»).
IL VENTO DELLA DEMOCRAZIA IN AFRICA, IL TURNO DEL RUANDA E IL DESTINO DI KAGAME
Negli ultimi mesi, si sono verificate rivolte inaspettate di popoli oppressi in Africa del Nord e nel Medio Oriente. Folle di persone sono uscite in piazza contro per manifestare contro i loro governi e per chiedere più libertà e democrazia. Questo fatto ha ricordato al mondo che è nella natura umana essere liberi e che quando questo diritto fondamentale è limitato o negato con la forza, la situazione spesso arriva a un punto in cui le persone utilizzano ogni mezzo possibile per acquisire questa libertà. Le forti reazioni, spesso brutali, usate dalla popolazione per rivendicare la propria libertà, dimostrano che quest’ultima (la libertà) è essenziale per garantire la realizzazione dell’essere umano, valorizzando il suo potenziale per il benessere individuale e collettivo. Si è visto che la crescita economica e durevole dei paesi non può fermare la rivoluzione del popolo, quando la loro libertà è negata.
Nel suo recente articolo sul giornale sindacale “Project syndicate”, il presidente della Banca africana di sviluppo ed ex ministro delle finanze del Ruanda, Donald Kaberuka, ha scritto: “Come un vulcano a lungo assopito che improvvisamente esplode, le rivoluzioni che hanno colpito il Nord Africa – in un contesto di forte crescita economica – ha sorpreso tutti”. Ha poi aggiunto: “La lezione dei sollevamenti popolari in Nord Africa è chiara. Non era una rivoluzione ideologica, ma una pressante richiesta di libertà, di inclusione sociale, di voce politica e di responsabilità di governo”. Queste rivolte e rivoluzioni delle popolazioni del Nord Africa e del Medio Oriente hanno provocato un nuovo modo di vedere e analizzare quello che può potenzialmente accadere in Ruanda: che un giorno il popolo del Ruanda potrà agire nello stesso modo per chiedere la sua libertà, dato che le popolazioni dei paesi che hanno recentemente cambiato potere, attraverso le recenti sommosse popolari, avevano le stesse rivendicazioni o simili a quelle della popolazione ruandese. Questo induce a chiedersi cosa succederà all’attuale presidente ruandese Kagame. C’è ancora la possibilità di cambiare il suo regime dittatoriale o è troppo tardi?
I segni dimostrano che il vento della democrazia è entrato anche in Ruanda, anche se è nella sua fase iniziale. C’è un numero crescente di oppositori politici, in patria e in esilio, sempre più membri del partito di governo che abbandonano quest’ultimo e le loro funzioni all’interno del governo, per protestare contro i metodi di governo dittatoriale del presidente Kagame. C’è un numero crescente di piattaforme dei mezzi di comunicazione che sono sempre più critici nei confronti dell’attuale regime, un numero crescente di giovani che usano Internet e siti dei social network per esprimere il loro disagio nei confronti dell’attuale sistema: sono tutti segni molto significativi di cambiamento. È ormai chiaro che voci sempre più numerose chiedono una maggiore libertà e la democrazia per il Ruanda.
Purtroppo per l’attuale regime, tanto più si adopera per reprimere questo vento di cambiamento, tanto più il vento si rinforza. È da preferire che il vento di libertà non raggiunga la fase alta del tornado, anche se in questa fase potrebbe portare la libertà e la democrazia di cui il popolo ha bisogno. A quello stadio, i danni collaterali che potranno essere causati da questo vento di cambiamento, sarebbero certamente deplorevoli. Kagame ha la chiave che può impedire l’irreparabile, adottando le misure adeguate che aprano il cammino dei Ruandesi verso la libertà, la democrazia e la reale riconciliazione.
Le più importanti misure potrebbero essere:
– La liberazione di tutti i prigionieri politici, degli attivisti dei diritti umani e dei giornalisti
– L’apertura dello spazio politico
– L’organizzazione di un vero dialogo inter-ruandese altamente inclusivo, per favorire una vera riconciliazione nazionale e aprire la strada alla libertà e alla democrazia.
Ogni giorno che passa, il vento della libertà si rinvigorisce sempre più e sempre più rapidamente diminuiscono le possibilità, per Kagame e il suo regime, di rimanere al potere ancora per molto tempo. Se Kagame prendesse in considerazione queste semplici e importanti misure, senza dubbio passerebbe alla storia del Ruanda come un leader politico che, consapevole della sua dittatura e dell’oppressione inflitta al suo popolo, ha avuto il coraggio di cambiare il corso della sua traiettoria politica e ideologica e di mettere il suo paese sulla strada della libertà e della democrazia, per una pace duratura, sostenuta da una popolazione riconciliata. Queste azioni impedirebbero a Kagame di essere, alla fine, catturato nello stesso modo che Saddam o Gbagbo o costretto all’esilio insieme a Ben Ali ed altri.
È ben documentato e riconosciuto che il regime di Kagame ha commesso molte atrocità, sia in Ruanda che nei paesi vicini, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo e in Uganda. Attraverso l’osservazione e l’analisi delle sue attuali azioni, è ovvio e chiaro che esse sono ispirate e condizionate da una grande paura di perdere il potere, nel caso in cui la democrazia e la libertà entrino pienamente nel suo paese e, infine, dal timore di essere processato e condannato per la sua responsabilità in moltissimi crimini, passati e attuali. Per contrastare il vento del cambiamento e conservare il potere, Kagame e il suo regime utilizzano vari metodi che combinano l’oppressione degli oppositori e gli attacchi contro i critici. Inoltre, fa di tutto per perfezionare la sua immagine internazionale di eroe del suo popolo e di celebre leader visionario. L’oppressione degli oppositori e gli attacchi contro i critici consistono in omicidi e tentati di assassinare gli oppositori, l’interdizione della libertà di espressione e dei mezzi di comunicazione, l’arresto e la detenzione dei dissidenti, l’impedimento o l’interdizione d’azione delle organizzazioni internazionali per i diritti umani in Ruanda, ecc. …
La promozione della sua immagine include l’utilizzazione di imprese, europee e africane, esperte in pubbliche relazioni, capaci di migliorare la sua immagine, a livello internazionale, come un leader che ha raggiunto risultati economici eccellenti, che ha creato stabilità e posto l’accento sulla promozione della donna. Questa bella immagine viene trasmessa attraverso articoli sui giornali, documentari per la televisione, discorsi tenuti nelle università di tutto il mondo, ecc …
Purtroppo per lui, questi metodi non possono trionfare sulla determinazione del popolo che anela la libertà. La storia del mondo attraverso il tempo insegna che la volontà del popolo di essere libero ha sempre trionfato su ogni forma di repressione.
Nel caso in cui Kagame deciderebbe di non prendere la via del cambiamento voluto dal popolo, sarà catturato, in un modo o in un altro, e passerà alla storia come uno dei peggiori leaders che il suo paese e la regione hanno conosciuto e che ha portato sofferenza e morte al suo popolo. Il suo periodo di governo sarà considerato il periodo peggiore della storia del suo paese. Un ex membro del Fronte Patriottico Ruandese, che ora vive in esilio a Londra, ritiene che, data la personalità di Kagame, è improbabile che egli si pieghi alla volontà del popolo, accettando di avviare gli opportuni e necessari cambiamenti in Ruanda.
Negli ultimi dieci anni, la democrazia e la libertà si sono saldamente radicate in molti paesi africani e le loro popolazioni ne possono ora usufruire pacificamente. La libertà dei mezzi di comunicazione, lo spazio politico e la partecipazione alla gestione del bene pubblico, le elezioni libere e trasparenti e l’alternanza pacifica del potere in questi paesi sono diventati una normalità quotidiana. Tra questi paesi figurano Benin, Ghana, Zambia, Botswana, Namibia, Malawi, Sud Africa, ecc … Il Ruanda non rimarrà ancora per lungo tempo bloccato negli anni 1970-1980, quando la maggior parte dei paesi africani erano governati dai comandanti militari che si sono succeduti e che hanno guidato i loro paesi con la punta dei fucili e dei cannoni, terrorizzando la loro gente.
Le esperienze del genocidio e dei massacri della popolazione, la crisi dei rifugiati e le gravi violazioni dei diritti umani dovrebbero avere già trasformato il Ruanda in un paese modello di libertà, di democrazia e di inclusione sociale, perché il suo popolo ha sofferto molto, troppo, a causa della mancanza di questi valori. I leader e i politici ruandesi dovrebbe essere già diventati esperti e modelli per promuovere questi valori, dopo aver subito le peggiori conseguenze causate dalla mancanza di questi valori. I Ruandesi non hanno bisogno di molte cose e non chiedono l’impossibile a Kagame o a qualsiasi altro politico. Hanno solo bisogno di uno Stato di diritto, di libertà e di rispetto dei loro diritti come esseri umani. Hanno bisogno di un paese in cui le istituzioni sono più importanti delle persone e assicurano loro protezione, coesione sociale, sviluppo, …
Non c’è alcun dubbio che, presto, la libertà e la democrazia di certo arriveranno anche in Ruanda. Quello che non si sa è come vi arriveranno. Questo dipenderà unicamente dalla natura delle azioni e decisioni in materia di governo che il presidente Kagame prenderà nei prossimi mesi. Ciò determinerà anche il suo destino.