Verso le elezioni in un clima sereno e pacato mentre, furti nelle case private, stupri collettivi, scomparse di persone, omicidi e soprusi di ogni tipo continuano a far parte della vita quotidiana all’Est.

La legge elettorale è stata promulgata. La Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) ha finalizzato l’iscrizione dei cittadini, aventi diritto di voto, sulle liste elettorali e, finora, ha mantenuto la data del 28 novembre 2011 come giorno in cui si terranno le elezioni presidenziali e legislative. Tutti sperano che tali elezioni possano svolgersi in un clima politico sereno e pacato.

Ma le numerose irregolarità rilevate nel corso dell’iscrizione degli elettori sulle liste elettorali sembrano mettere a dura prova tale speranza. La Ceni dovrà porvi rimedio al momento del controllo finale delle liste elettorali, perché il successo delle elezioni e l’accettazione dei risultati dipenderanno in gran parte dal grado di trasparenza in cui si svolgerà tale operazione.

All’Est del Paese, anche se non si parla più di scontri armati, né di guerra aperta, tuttavia l’insicurezza non fa che aumentare. Attacchi a villaggi e autoveicoli, furti nelle case private, stupri collettivi, scomparse di persone, omicidi e soprusi di ogni tipo continuano a far parte della vita quotidiana. Contemporaneamente, si assiste all’arrivo di persone sconosciute e di stranieri, che si presentano come rifugiati congolesi di ritorno in patria. La gente del posto, tuttavia, dice apertamente che si tratta di Ruandesi. Gli uomini del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP) e del Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD), ex movimenti politico militari filoruandesi e ora partiti politici riconosciuti legalmente, controllano il comando dell’esercito, gran parte dell’amministrazione locale e la quasi totalità del commercio minerario.

Molti osservatori temono che siano proprio i militari del CNDP e del RCD, integrati nell’esercito nazionale e rimasti, tuttavia, fedelissimi al regime ruandese, che fomentino l’insicurezza all’Est del Paese, in particolare nei due Kivu, per costringere la popolazione autoctona ad abbandonare la loro terra e consegnarla ai nuovi arrivati ruandesi che si presentano come rifugiati congolesi di ritorno in patria.

La popolazione del Kivu è pronta ad avere rapporti di collaborazione con i Paesi limitrofi, tra cui il Ruanda e ad accogliere, in condizioni regolari, qualsiasi immigrato, anche ruandese. Ciò che la popolazione locale non accetterà mai è un’occupazione ruandese del suo territorio mediante la violenza, l’imposizione e l’infiltrazione clandestina. Ultimamente, la protesta contro l’insicurezza ha preso la forma del boicottaggio delle celebrazioni del 51° anniversario dell’indipendenza, come è successo il 30 giugno scorso a Bukavu (Sud Kivu) e a Butembo (Nord Kivu), perché “non si può celebrare una tal ricorrenza, quando la popolazione è sistematicamente uccisa, brutalmente violentata e derubata delle sue ricchezze”. Anche la resistenza popolare all’occupazione ruandese del territorio congolese assume svariate forme: un piccolo commerciante è stato assassinato da un gruppo di militari, perché ha osato opporsi a un loro collega che voleva derubarlo lungo la strada. Di questo piccolo commerciante è stato scritto: “Addio Kambasu! Il tuo combattimento a mani nude contro i teppisti armati dimostra la tua resistenza fino alla fine contro l’occupazione della terra dei tuoi antenati. Tu sei un vero martire di Beni-Lubero perché sei stato ucciso in un’azione di autodifesa e non hai mai ceduto ai capricci del nemico. Hai mantenuto la tua libertà fino alla fine, perché, per te, occorre vivere liberi o morire!”

Editoriale- Rete pace per il Congo