Congo Attualità n. 112

Dedicato al Rwanda

SOMMARIO

EDITORIALE
1. VERSO LE LELEZIONI PRESIDENZIALI
2. UN TENTATIVO D’ASSASSINATO CONTRO IL GEN. KAYUMBA NYAMWASA
3. UN TRISTE 24 GIUGNO
4. DIVISIONI NELL’ESERCITO
5. PAUL KAGAME: LA GUERRA CHE PERDURA, FINISCE CON ESSERE PERSA

EDITORIALE

Il “nuovo Rwanda” è sempre più oggetto di critica per le severe restrizioni imposte all’opposizione, ai giornalisti e alle ONG internazionali, spesso in nome di una supposta lotta contro “l’ideologia genocidaria”.

Numerosi dissensi sono apparsi anche in seno all’élite tutsi anglofona del FPR che comanda il paese dal 1994. Tale dissenso si manifesta particolarmente nella fuga in esilio di varie personalità chiave del regime, tra cui il generale Nyamwasa, attualmente esiliato in Sud Africa. Quest’ultimo è ricercato da Interpool in seguito ad un’inchiesta francese sull’attentato contro l’aereo presidenziale, il 6 aprile 1994 e ad un’inchiesta spagnola sull’assassinio di cittadini spagnoli in Rwanda e in RDCongo dal 1992 al 2002. Nyamwasa è una spina nel tallone del regime rwandese, perché qualora fosse estradato verso la Francia o la Spagna e cadesse nelle mani della giustizia internazionale, egli potrebbe rivelare la verità di tanti crimini commessi dal FPR, attualmente al potere e da Paul Kagame, l’attuale presidente. In questo contesto, vari osservatori sono del parere che il fallito tentativo di assassinare Nyamwasa in Sud Africa sia stato orchestrato a Kigali. Chi osa denunciare tali intrighi, rischia di essere arrestato o , addirittura, assassinato. Probabilmente, è il caso del giornalista Jean Léonard Rugambage, recentemente assassinato a Kigali. Se in Rwanda la giustizia fosse libera e indipendente, potrebbe accertare la verità su questi avvenimenti.

Nyamwsa è un personaggio controverso. Minacciato dal regime rwandese, il Sud Africa gli ha concesso asilo politico. Per la giustizia spagnola, è il mandante dell’uccisione del missionario catalano Joaquim Vallmajó nel 1994 e dei tre membri di medicos del mundo Flors Sirera, Manuel Madrazo y Luis Valtueña, tre anni dopo e ne richiede al Sud Africa l’estradizione. Pretoria riconosce la difficoltà di estradarlo verso la Spagna a causa della protezione internazionale che gli ha concesso.

All’avvicinarsi delle elezioni presidenziali del 9 agosto, il clima politico è sempre più pesante. Le autorità organizzano una campagna elettorale bloccata e monolitica emarginando l’opposizione e soffocando ogni voce critica. I pochi candidati che si sono presentati finora per le prossime elezioni presidenziali di agosto sono tutti dei rappresentanti di partiti filogovernativi che già nel 2003 avevano appoggiato la candidatura di Paul Kagame. Queste candidature servono solo per ingannare l’opinione nazionale e internazionale e dare alle elezioni stesse una parvenza di democrazia. Ma i Rwandesi non hanno più paura e il 24 giugno hanno sfidato la dittatura di Kigali, manifestando in massa e pacificamente per richiedere la vera democrazia e la libertà per i leader dell’opposizione.

È in questa situazione che l’Unione Europea avrebbe dovuto inviare in Rwanda una missione di osservatori elettorali. In caso contrario, ella diventerà complice di una dittatura.

1. VERSO LE ELEZIONI PRESIDENZIALI

Il 15 maggio, un doppio attentato a Kigali ha causato due morti e 27 feriti. I nuovi attacchi sono sopraggiunti il giorno stesso in cui il presidente Paul Kagame veniva scelto dal suo partito, l’ex guerriglia del Fronte Patriottico Rwandese (FPR), come candidato alla sua propria successione.

Alcuni osservatori mettono l’accento sulla recrudescenza delle tensioni ormai alla vigilia delle elezioni presidenziali previste per il 9 agosto. Durante le ultime settimane, gli arresti arbitrari, le scomparse di persone, le detenzioni, i licenziamenti e i regimi di libertà vigilata si sono moltiplicati e diretti contro gli oppositori politici, potenziali candidati alle elezioni presidenziali e oggetto di atti di “intimidazione” operati dalle autorità.

Secondo il quotidiano pro-FPR “The new Time” del 14 maggio 2010, il procuratore generale del Rwanda, Martin Ngoga, ha minacciato Victoire Ingabire, affermando di voler mettere fine alla sua libertà condizionale e dunque di incarcerarla, anche prima della tenuta del suo processo. Il procuratore ha giustificato la sua minaccia arguendo che, continuando a rilasciare interviste alla stampa internazionale e pubblicando dei comunicati, Victoire Ingabire avrebbe violato le condizioni del regime di residenza vigilata a cui è sottomessa. Tuttavia, alla Ingabire, il giudice aveva comunicato semplicemente la confisca del suo passaporto, che non poteva uscire dalla città di Kigali e che doveva presentarsi alla polizia due volte alla settimana e ogni volta che ce ne fosse bisogno.

In un’intervista al giornale Monitor, il presidente Paul Kagame, parlando di Victoire Ingabire Umuhoza, candidata alle elezioni presidenziali, aveva dichiarato, il 23 maggio 2010, che “questa donna andrà certamente dove già dovrebbe essere”.

Il 15 maggio, il Comitato di sostegno alle Forze Democratiche Unificate FDU-Inkingi chiede di rimandare a più tardi le elezioni presidenziali previste per agosto 2010. Il Comitato è del parere che delle elezioni organizzate senza la partecipazione dei partiti dell’opposizione politica non sarebbero affatto credibili. A tutt’oggi difatti, le FDU-Inkingi non sono ancora state autorizzate ad organizzare il loro Congresso costitutivo per poter farsi riconoscere formalmente come formazione politica. La Presidente, Victoire Ingabire Umuhoza, non può, perciò, presentare ufficialmente la propria candidatura alla presidenza della Repubblica. Rimangono bloccati anche gli altri due partiti politici dell’opposizione, il Green Democratic Party of Rwanda (il partito dei Verdi) e il Partito Sociale Imberakuri. Il primo, come le FDU-Inkingi, non ha ancora potuto organizzare il suo Congresso costitutivo. Il secondo è riconosciuto legalmente come partito, ma è scosso da divisioni interne teleguidate dal regime, per impedire al suo leader naturale, Bernard Ntaganda, di partecipare alla competizione presidenziale.

Il 18 maggio, in un comunicato congiunto, due leader dell’opposizione rwandese, Victoire Ingabire e Bernard Ntaganda, hanno chiesto di rimandare a più tardi le elezioni presidenziali del 9 agosto, accusando il potere di sbarrare loro la strada. Infatti, il partito di Ingabire, le Forze Democratiche Unificate (FDU), non è ancora stato riconosciuto dalle autorità ruandesi. L’avvocato Bernard Ntaganda, designato candidato alla magistratura suprema dal Partito sociale (PS) Imberakuri, di cui era presidente fondatore, ne è stato recentemente escluso.

“Chiediamo lo spostamento delle elezioni”, indicano i due oppositori, perché ” il regime non ha fatto nulla per garantire la libertà e l’equità” e “i dirigenti dell’opposizione sono vittime di arresti e di processi politicamente motivati”. I firmatari affermano peraltro che “la commissione nazionale elettorale non è neutra” e che è “uno strumento nelle mani del partito al potere”, il Fronte Patriottico Rwandese (FPR) del presidente Paul Kagame.

Il 22 maggio, il Partito sociale democratico (PSD) ha designato Jean Damascène Ntawukuliryayo come suo candidato alle elezioni presidenziali previste per il 9 agosto prossimo. Farmacista di professione ed ex ministro della Sanità con il presidente Kagame, Ntawukuliryayo è dal 2008 vicepresidente della Camera dei deputati. In una dichiarazione comune, le FDU, il Partito democratico dei Verdi e una fazione del PS hanno qualificato Ntawukuriryayo come “candidato di comparsa”. Infatti, all’epoca delle elezioni presidenziali del 2003, il Partito sociale democratico (PDS) aveva sostenuto la candidatura di Kagame.

Un collettivo d’ONG rwandesi, burundesi e congolesi, la Lega dei diritti della persona nella regione dei Grandi Laghi (LDGL), in un suo rapporto ha affermato che “il processo elettorale si sta evolvendo in un clima di incertezza e di tensioni permanenti tra il partito al potere e quelli dell’opposizione”. Con sede a Kigali, il collettivo nota peraltro che le Forze democratiche unificate (FDU) e il Partito democratico dei Verdi non sono ancora riconosciuti legalmente e che i dirigenti dell’opposizione sono oggetto di “procedure giudiziarie e di accuse di ideologia genocidaria, negazionismo, partecipazione al genocidio e divisionismo.

Infine, il collettivo chiede alle autorità rwandesi di “promuovere il multipartismo facilitando il riconoscimento dei partiti politici nascenti”.

Il 6 giugno, il Partito liberale (PL) ha designato il suo candidato all’elezione presidenziale nella persona del vicepresidente del Senato, Prosper Higiro. Creato nel 1991, il PL ha militato nell’opposizione al regime dell’ex-presidente Juvénal Habyarimana. Dalla fine del genocidio del 1994, il PL ha partecipato al governo e al parlamento con il FPR. All’epoca delle prime elezioni presidenziali post-genocidio nel 2003, il PL aveva sostenuto il candidato Kagame.

Il 12 giugno, la senatrice Alvera Mukabaramba è stata designata candidata del Partito del Progresso e della Concordia (PPC) per le prossime elezioni presidenziali. Il PPC è una piccola formazione politica creata nel 2003.

La Sig.ra Mukabaramba era stata designata candidata del suo partito anche nel 2003, ma si era ritirata per appoggiare la candidatura di Paul Kagame.

Il 21 giugno, il Centro di Lotta contro l’impunità e l’ingiustizia in Rwanda (CLIIR), in un comunicato pubblicato a Bruxelles, denuncia e condanna il rapimento e la scomparsa di Sibomana Rusanganwa Aimable, Segretario Particolare di Bernard Ntaganda, presidente del Partito Sociale IMBERAKURI (PSI), un partito di opposizione. Sibomana risulta scomparso a Kigali, capitale del Rwanda, dalle ore 20h00 di domenica 20 giugno 2010. Rientrava a casa sua nel quartiere di Nyamirambo, dopo avere partecipato ad una riunione molto importante, in cui il suo partito stava preparando una manifestazione pacifica prevista a Kigali per il 24 giugno 2010.

2. UN TENTATIVO D’ASSASSINATO CONTRO IL GEN. KAYUMBA NYAMWASA

L’11 giugno, l’esercito ruandese ha annunciato di avere arrestato il generale Jean Bosco Kazura, presidente della Federazione nazionale di calcio (FERWAFA), partito per assistere ai Mondiali in Sud Africa “senza l’autorizzazione della sua gerarchia”. Avendo constatato che egli era partito per il Sud Africa senza alcun permesso, la gerarchia militare l’ha richiamato e l’ha arrestato al suo ritorno a Kigali, ha indicato il portavoce dell’esercito, il tenente-colonnello Jill Rutaremara. Kazura è incaricato della formazione e delle operazioni presso lo Stato Maggiore dell’esercito. “E’ un atto di insubordinazione”, ha dichiarato sulle onde di Radio Ruanda, il portavoce dell’esercito.

Il 19 giugno, l’ex capo di Stato Maggiore ruandese, il generale Faustin Kayumba Nyamwasa, è stato ferito da colpi di pistola davanti al suo domicilio di Johannesburg, in Sud Africa, dove si è rifugiato dal mese di marzo. La moglie del generale Kayumba, Rosetta Nyamwasa, ha dichiarato che entrambi stavano ritornando a casa, quando un uomo armato ha aperto il fuoco sulla loro auto.

“L’aggressore non ha nemmeno tentato di rubarci qualche cosa, la sua intenzione era di sparargli e di ucciderlo. È un tentativo di omicidio”, ha dichiarato, accusando il governo ruandese di essere dietro ciò che ella ha qualificato di tentativo di assassinio.

Colpito allo stomaco, il generale Kayumba è stato ricoverato in una clinica privata. Si trova in uno stato stazionario. La polizia sud-africana ha aperto un’inchiesta per tentativo di omicidio.

Il governo rwandese ha negato ogni implicazione in questo tentativo di omicidio contro il generale Faustin Kayumba Nyamwasa.

L’ex-capo di Stato Maggiore ruandese era fuggito dal suo paese per essere stato accusato dalle autorità di essere responsabile di atti terroristici, fra cui quelli che, in febbraio, avevano causato la morte di due persone a Kigali.

La Francia aveva gà emesso un mandato di arresto contro di lui, in seguito all’inchiesta del giudice Jean Lous Bruguière sull’attentato contro l’aereo del presidente Habyarimana nell’aprile 1994. È perseguito anche dalla giustizia spagnola, in seguito ad un’inchiesta sull’assassinio di cittadini spagnoli in Rwanda e in RDCongo.

Il 20 giugno, sei persone sospette sono state arrestate dalla polizia sud-africana a Johannesburg. Tutte sono accusate per tentativo di omicidio.

Secondo Afroamerican network, la maggior parte dei sei sospetti arrestati sarebbero degli ex ufficiali dell’Esercito Patriottico Rwandese. Avrebbero designato il generale Jean Bosco Kazura come il cervello del complotto. Il generale Jean Bosco Kazura era stato arrestato dall’esercito ruandese il venerdì 11 giugno, per essere partito per assistere ai Mondiali in Sud Africa, “senza l’autorizzazione dalla sua gerarchia”. In Sud Africa, in missione segreta per il governo ruandese, Kazura avrebbe in effetti organizzato l’assassinio di Kayumba Nyamwasa e lasciato il comando dell’operazione a Francis Gakwerere. Di ritorno in Ruanda, sarebbe stato arrestato per deviare le eventuali inchieste e per negare la partecipazione del governo ruandese al tentativo di assassinio, nel caso in cui il complotto fosse stato svelato. Né la polizia sud-africana, né il governo sud-africano hanno confermato queste informazioni.

Secondo informazioni degne di fede emesse da agenti dei servizi di sicurezza della Polizia Sud africana, il tentativo di assassinio di Nyamwasa sarebbe opera di agenti di Kagame, fra cui il Colonnello Ndahiro, sospettato di esserne il principale organizzatore agli ordini di Kagame stesso. Le inchieste stanno proseguendo e vari agenti dei servizi segreti di Kigali sono stati arrestati a Johannesbourg.

Il Colonnello Ndahiro, capo dei servizi informativi di Kagamé avrebbe personalmente ordinato ai suoi agenti di eliminare fisicamente il Generale Nyamwasa.

E a tal fine, si è servito dell’ex-capitano Gakwerere (ex-agente di sicurezza di Kagame e ex membro della guardia presidenziale).

Dopo la fuga di Nyamwasa verso il Sud Africa, Gakwerere sarebbe stato contattato dal Col. Ndahiro, per eliminare Nyamwasa, perché quest’ultimo cominciava ad essere scomodo per il governo di Kigali, dal momento in cui conosce molti segreti sul regime stesso e soprattutto sull’attentato contro l’aereo del defunto Presidente Habyarimana, il 6 aprile 1994.

In seguito alle prime indagini, sarebbero stati arrestati l’autista dell’auto di Nyamwasa, presunto complice, l’autore degli spari e altre tre persone supposte implicate nel colpo. La Polizia Sud Africana e Mozambicane sono alla ricerca del Capitano Gakwerere, per arrestarlo.

 

Il generale Kayumba era una personalità influente del Fronte Patriottico Ruandese (FPR), l’ex ribellione tutsie comandata da Paul Kagame e che dirige il paese dal 1994.

Nel 1996, ha avuto un ruolo importante nell’offensiva in Repubblica Democratica del Congo (RDC), durante la quale furono uccise decine, forse centinaia, di migliaia di rifugiati hutu ruandesi .

Percepito come rivale potenziale del presidente Kagame, aveva dovuto lasciato le sue funzioni di capo di Stato Maggiore nel 2001, per compiere degli studi in Gran Bretagna. In seguito, era stato nominato ambasciatore in India ed era ritornato a Kigali per la conferenza annuale degli ambasciatori, quando è stato accusato dal regime rwandese di essere responsabile di atti terroristici.

Accusato dal presidente ruandese di essere uno degli ideatori degli attentati di Kigali nel corso degli ultimi mesi, in un articolo inviato fine maggio ad un giornale ugandese, Kayumba ha, a sua volta, accusato il presidente Kagame di mescolare denaro pubblico e privato, affittando allo stato rwandese due aerei jet che gli appartengono; di essere legato ad una società proprietaria dell’ambasciata del Ruanda a Londra; di aver fatto effettuare dei lavori nella sua residenza privata con materiali destinati alla costruzione del ministero della difesa. Peraltro, egli presentava il FPR come il vero proprietario di “tutte le grandi imprese del paese”. Secondo lui, Paul Kagame l’avrebbe qualificato di terrorista, ladro e traditore e l’avrebbe minacciato pubblicamente di “schiacciarlo come una mosca “. Vari dettagli che fanno cadere molti sospetti sui temibili servizi segreti ruandesi.

Il 30 maggio, in un articolo del Monitor, giornale ampiamente letto in Uganda, il Lt.Generale Nyamwasa dava, infatti, la sua versione. Ne riportiamo alcuni brani:

“Dopo la mia partenza dal Rwanda, il Presidente Kagame ha tenuto una conferenza stampa in cui ha qualificato Patrick Karegeya e me stesso come terroristi; davanti a degli ufficiali cadetti di Gako, ci ha qualificati come ladri; al Parlamento, ci ha paragonati a delle mosche che egli schiaccerà con un martello; In Jeune Afrique, mi ha chiamato traditore e in Monitor, ci qualificò come ufficiali irresponsabili.

Per ragioni di chiarezza e per il bene delle nostre famiglie, degli amici e dei compatrioti, sono costretto a rispondere per mettere le cose in chiaro. Se no, il silenzio significherebbe il nostro consenso.

Il Presidente Kagame ci accusa di fuggire per non rendere conto. Crediamo che rendere conto è una responsabilità primordiale, ma… quando il fatto di rendere conto comincia ad essere utilizzato come un’arma politica per annientare coloro che sono percepiti come avversari, allora cessa di essere utile e non ha alcun senso.

In Rwanda, il Capo dello Stato è la prima persona a non rendere conto e perciò non ha nessuna autorità morale per chiedere conto agli altri.

Innanzitutto, desidererei sapere se il Presidente Paul Kagamé è comparso davanti al Parlamento per parlare della proprietà di due aerei XR Jets esecutivo che utilizza a fini privati. I due aerei sono stati acquistati col denaro del governo e sono stati registrati a nome di una pseudo-società. Egli dovrebbe spiegare da dove ha preso i 100 milioni di dollari per acquistare i due aerei. Il ministro delle finanze dovrebbe dire al Parlamento perché il governo deve ricorrere ai servizi di questi aerei privati. [Il governo ruandese ha, infatti, dichiarato che affitta degli aerei Jet di un’impresa privata in cui dei privati rwandesi detengono delle azioni].

Secondo, il Presidente Kagame dovrebbe spiegare al Parlamento chi è il proprietario del palazzo dell’ambasciata del Rwanda a Londra e i suoi legami con la società a nome della quale il palazzo dell’ambasciata è intestato.

Terzo, deve spiegare al partito e al popolo ruandese perché dirige un partito che non ha Tesoriere e quanto denaro il FPR riceve da tutte le maggiori imprese del paese che gli appartengono e quante entrate derivano da tutte le tasse e contributi dei membri del partito.

Quarto, perché la Società di Costruzione Arab Contractors, mentre costruiva il Ministero della Difesa, ha costruito simultaneamente anche la sua residenza privata di Muhazi, utilizzando beni e facilità dello stato? Al Ministro Bikoro è stato chiesto di rendere conto di un container di vetri, ma quante imposte il Presidente Kagame ha pagato al Rwanda Revenue Authority per i materiali di costruzione delle sue proprie case?

Il Presidente Kagamé usa l’intrigo, l’imbroglio, la manipolazione e il tradimento. Accusa i suoi avversari politici di ideologia genocidaria, terrorismo e corruzione. Ciò che è alla base della mia partenza dal Rwanda. I nostri disaccordi riguardano il mal governo, l’intolleranza, l’insensibilità, l’intrigo e il tradimento.

Ho salvato la vita del Presidente Kagame a due riprese, quando tutti l’avevano abbandonato a Nkana e a Kanyantanga. Dove eran tutti coloro che attualmente gli dicono che sono un traditore? La storia dirà chi ha tradito chi.

Il Presidente Kagame ha dichiarato di non comprendere perché le persone fuggono in esilio e di non trovarne alcun motivo. La risposta è semplice. In una democrazia, la popolazione ricorre ai tribunali per la risoluzione dei conflitti, ma in una dittatura, le persone fuggono per salvare la loro vita. Se un Capo di Stato non sa perché i suoi cittadini fuggono dal paese, è perché è incapace di governare”.

3. UN TRISTE 24 GIUGNO

Il 24 giugno, sfidando la dittatura di Kigali, membri dell’opposizione hanno manifestato in massa e pacificamente per richiedere la vera democrazia e la libertà per i loro leader politici. La data era simbolica, perché era il primo giorno per la presentazione delle candidature all’elezione presidenziale del 9 agosto prossimo.

Decine di manifestanti dell’opposizione sono stati arrestati dalla polizia ruandese, nel momento in cui il presidente Paul Kagamé depositava presso la Commissione elettorale nazionale la sua candidatura alle elezioni presidenziali.

Secondo un portavoce della polizia, stranamente poco preciso, sono state arrestate da 20 a 30 persone per avere fomentato “agitazioni” nella città di Kigali. Ha confermato l’arresto anche di Bernard Ntaganda, candidato all’elezione presidenziale per il Partito sociale Imberakuri (PS-Imberakuri).

Secondo il portavoce della polizia, egli rischia di essere accusato per “divisionismo fondato sull’etnicità, assembramento di persone senza autorizzazione, costituzione di gruppi di persone sospettate di essere dei criminali e tentativo di omicidio”. Le autorità rwandesi lo sospetterebbero di essere l’istigatore di un complotto per assassinare, all’inizio dell’anno, Christine Mukabunani, capo fila di un gruppo dissidente del PS Imberakuri.

Un’altra candidata dell’opposizione, Victoire Ingabire (anche lei accusata di promozione dell’ideologia genocidaria e di appartenenza supposta ad un’organizzazione terroristica), ha dichiarato che oltre 100 membri del suo partito, le Forze democratiche unite, erano stati arrestati mentre partecipavano ad una manifestazione pacifica a Kigali, davanti al ministero della Giustizia.

Secondo un comunicato stampa delle Forze Democratiche Unificate – FDU Inkingi, il tono della campagna presidenziale è segnato questo giovedì 24 giugno da retate dei leader dell’opposizione, dalla crudele repressione di manifestazioni pacifiche, da torture, detenzioni arbitrarie, scomparse di persone e dalla demonizzazione etnica.

Le FDU Inkingi insorgono contro la detenzione arbitraria di due membri del loro comitato esecutivo, Sylvain Sibomana, segretario generale e Alice Muhirwa, tesoriera e del rappresentante di Kigali Città, Théoneste Sibomana. Altri membri, fra cui Martin Ntavuka, sono tra gli scomparsi. Osée Michel Nshimiyimana è stato ricoverato in una clinica privata a Gikondo, in seguito a delle torture. Dai nostri membri arrestati dalla polizia, sono stati riferiti dei casi di torture e di trattamenti disumani e degradanti. Il presidente fondatore del PS Imberakuri, Bernard Ntaganda e il suo segretario generale, Théobald Mutarambirwa, sono sempre in stato di detenzione.

La repressione della manifestazione pacifica del 24 giugno fa seguito ad una campagna mediatica astiosa. Nel suo numero 1980 dall’8 all’11 aprile 2010, pagina 7, il giornale governativo Imvahonshya, ha qualificato Victoire Ingabire Umuhoza, del partito FDU Inkingi e il Dottor NTAGANDA, del partito PS Imberakuli di “discendenti di nazisti”. Né l’Alto-consiglio dei media, né il governo hanno denunciato questi affermazioni diffuse da un giornale dello stato, ciò che significa che li condividono. Questo parallelismo che emana dal giornale governativo e che paragona dei candidati alle elezioni presidenziali ai nazisti, per giustificare la nostra esclusione dal processo elettorale, è razzista e rivelatore di un’ideologia dalle conseguenze incalcolabili per il nostro paese, l’ideologia della criminalizzazione collettiva.

I sostenitori di questa tesi di peccato originale genocidario che si trasmetterebbe di generazione in generazione perpetuano volontariamente l’ideologia che ha facilitato l’esecuzione del genocidio. Anche la globalizzazione della responsabilità dei crimini commessi da degli estremisti a tutto un gruppo etnico è un crimine. Denunciamo vigorosamente ogni politica che favorirebbe tali derive. Che un tale discorso divisionista sia accettato dal governo di Paul Kagame è una prova inconfutabile del fallimento della sua politica di riconciliazione nazionale.

Tutto questo clima di nervosità, di tensioni, di repressioni e di bloccaggio totale dello spazio politico, richiede una posticipazione dell’elezione presidenziale. Non ci sarà legittimità reale fino a quando il governo continua a rifiutare il riconoscimento dei partiti di opposizione e ad accettare solamente dei candidati di sua obbedienza.

Il 24 giugno, Jean Léonard Rugambage, giornalista del bi-mensile indipendente ruandese Umuvugizi, attualmente sospeso dalle autorità, è stato assassinato verso le 22h00, davanti alla porta del suo domicilio a Kigali. L’autore dell’assassinio è ancora sconosciuto.

Rugambage lavorava come giornalista e vice direttore per il giornale Umuvugizi la cui pubblicazione è stata sospesa per sei mesi dalle autorità da aprile. Il redattore capo, Jean Bosco Gasasira, vive attualmente in esilio in Uganda e continua a pubblicare il giornale su un sito internet, il cui accesso è, tuttavia, bloccato sulla rete rwandese.

In un recente articolo, Rugambage aveva accusato le autorità ruandesi di essere responsabili del tentativo di omicidio, il 19 giugno a Johannesburg, del generale Faustin Kayumba Nyamwasa, l’ex capo di Stato Maggiore ruandese oggi in esilio in Sud Africa. Jean Léonard Rugambage aveva rivelato scambi telefonici tra Emmanuel Ndahiro, capo dei servizi segreti di Kigali e dei Rwandesi arrestati in Sud Africa in seguito all’attentato contro il generale Nyamwasa.

In un articolo in linea, il giornale Umuvugizi ha accusato il regime di Kigali di essere dietro all’assassinio di Rugambage.

Il 25 giugno, Reporter senza frontiere esprime il suo timore e la sua indignazione per l’omicidio di Jean-Léonard Rugambage. “Da mesi denunciamo il clima di terrore, la scalata della repressione contro le voci indipendenti e la deriva totalitaria in Ruanda. Le sospensioni di giornali, i processi a ripetizione contro i professionisti dei media, i blocchi di siti Internet non sono stati sufficienti, a quanto sembra, per fare reagire la comunità internazionale. Questo tragico avvenimento farà infine aprire gli occhi di coloro che appoggiano il regime di Kigali”?, si chiede l’organizzazione.

Jean-Léonard Rugambage era anche corrispondente per il Ruanda dell’organizzazione regionale di difesa della libertà di stampa “Giornalisti in pericolo” (Jed). “Jean-Léonard diceva le cose come le sentiva. Era un ragazzo molto impegnato che ha pagato con la sua vita il coraggio di informare. Non aveva peli sulla sua lingua, contrariamente a certi suoi colleghi ruandesi”, ricorda un giornalista che aveva partecipato con lui al seminario dei corrispondenti regionali dell’organizzazione, a Brazzaville, nel 2007. Il Ruanda occupa il 157° posto, su 175 paesi, della classifica mondiale 2009 sulla libertà di stampa stabilita da Reporter senza frontiere.

Il 26 giugno, il governo rwandese ha smentito ogni sua responsabilità nell’omicidio di Jean-Léonard Rugambage.

Il 28 giugno, le autorità rwandesi hanno annunciato l’arresto di due persone, una delle quali avrebbe riconosciuto la sua implicazione nell’assassinio del giornalista. Quest’ ultima ha spiegato alla polizia che ha commesso tale atto per vendicarsi contro il giornalista che ha massacrato suo fratello durante il genocidio del 1994″, ha dichiarato alla stampa il ministro della Sicurezza interna, Moussa Fazil Harelimana, senza dare maggiori dettagli. Accusato di “omicidio” durante il periodo del genocidio, poi condannato ad un anno di imprigionamento per “oltraggio alla corte”, il giornalista era stato detenuto durante undici mesi, tra il 2005 e il 2006, poi finalmente assolto.

4. DIVISIONI NELL’ESERCITO

Il recente arresto del generale Jean Bosco Kazura e l’attentato contro il gen. Kayumba Nyamwasa illustrano di nuovo le divisioni che attraversano la gerarchia militare, vero detentore del potere in Rwanda.

Il motivo ufficiale evocato per l’arresto di Kazura è che sarebbe uscito dal paese senza autorizzazione e all’insaputa dei suoi superiori. Questa versione non sembra credibile.

Se ha viaggiato con un passaporto diplomatico, ha certamente dovuto ritirarlo presso un servizio abilitato. In ogni caso, ha dovuto chiedere un visto per il Sud Africa. Tali pratiche hanno certamente permesso alle autorità rwandesi di essere informate del viaggio del generale. Se ha potuto essere raggiungibile per telefono in Sud Africa a partire da Kigali, è perché aveva comunicato precedentemente il suo numero telefonico locale, che avrebbe potuto dissimulare o cambiare, se non avesse voluto essere chiamato. Il generale Kazura era ritornato, pochi giorni prima, da una riunione proprio in Sud Africa. Ci si può dunque porre alcune domande:

– Avrebbe incontrato gli ufficiali ruandesi esiliati da qualche tempo in questo paese, cioè il Colonnello Patrick Karegeya e il generale Kayumba Nyamwasa?

– Il potere potrebbe aver temuto che, ritornandovi, egli avrebbe tentato di incontrarli di nuovo?

Questo ennesimo allontanamento di alti graduati dell’esercito viene a mettere ancora a nudo le profonde divisioni esistenti in seno al gruppo di ufficiali tutsi che dirige il paese.

1. Tra gli ufficiali venuti dall’Uganda e quelli venuti da altri paesi vicini al Rwanda.

Fin dalla loro conquista del paese nel luglio 1994, è apparso chiaro che gli ufficiali venuti dall’Uganda, come Paul Kagame, si consideravano come superiori agli altri venuti dalla RDCongo e dal Burundi. Sono convinti che l’iniziativa della riconquista del Rwanda è stata presa dai Tutsi che provengono dall’Uganda e che gli altri non sono venuti che in appoggio alla vittoria già assicurata.

Conseguenze: gli “anglofoni”, quelli venuti dall’Uganda e dalla Tanzania, sono saliti rapidamente di grado nella gerarchia militare e parecchi di loro si sono ritrovati nominati, in breve tempo, “colonnelli o generali”, mentre gli altri, i “francofoni”, erano mandati sistematicamente in pensione. Il generale Jean Bosco Kazura, nato ed educato in Burundi, è uno dei rari ufficiali superiori che non è venuto dall’Uganda.

2. Tra gli ufficiali che hanno frequentato l’università e quelli che hanno un basso livello di studio.

Il nucleo di ufficiali che giravano intorno a Paul Kagame (le sue guardie del corpo, aiuti di campo, comandanti del suo QG,…), spesso adolescenti reclutati appena dopo la presa di Kampala, sono stati tutti, dopo la presa di Kigali, promossi di grado, insieme ad altri ufficiali che erano entrati nel FPR, dopo gli studi universitari. Se i primi non hanno grandi diplomi e devono tutto a Paul Kagame, i secondi sono degli intellettuali che possono far prova di spirito critico. Conseguenza: nel momento in cui i primi, come Fred Ibingira, crollano sotto il peso delle stelle e il fedele tra i fedeli, come James Kabarebe, raggiunge il vertice della gerarchia, i secondi, gli universitari come Karegeya o Kayumba, si esiliano o sono arrestati, come Muhire e Karenzi Karake.

3. Tra Abanyiginya ed Abega.

L’antagonismo tra questi due clan tutsi è leggendario. Paul Kagame, essendo Umwega, sarebbe sempre in agguato dei suoi rivali Banyiginya.

4. Tra i discendenti degli emigrati naturali e i rifugiati del 1959.

Molti Tutsi rwandesi si sono installati in Congo dagli anni 30 in cerca di pascoli per i loro greggi o nel contesto dello spostamento di popolazioni deciso dall’autorità di Tutela. In Burundi, dei funzionari coloniali tutsi erano stati mandati in questo paese fin dagli anni 40. Parecchi di loro vi si sono installati definitivamente. In Uganda alcune ricche famiglie tutsi vi avevano acquistato terre e pascoli, molto prima del 1959.

Poi arrivarono i rifugiati del 1959.

Sono i loro discendenti, degli emigrati e dei rifugiati, che hanno intrapreso la conquista del Rwanda nell’ottobre 1990. Non c’è dunque da meravigliarsi se nella gestione del paese che hanno conquistato insieme, possono apparire delle divisioni tra loro.

Per esempio, il padre del generale Kazura era partito per il Burundi nel 1940 per lavorare nelle miniere di Bubanza. Vi è rimasto anche dopo l’indipendenza del Ruanda. Suo figlio è nato e ha fatto degli studi di economia all’università di Bujumbura, prima di arruolarsi nel FPR.

In conclusione:

Tutte queste constatazioni dimostrano che il gruppo di ufficiali dell’esercito del FPR, anche se ha ancora in mano le renne del potere in Rwanda, è attualmente diviso a causa di una lotta interna per far prevalere la propria influenza in seno al gruppo stesso.

5. PAUL KAGAME: LA GUERRA CHE PERDURA FINISCE PER ESSERE PERSA

Dalla sua irruzione sulla scena rwandese nell’ottobre 1990, quando fu scelto da Museveni per comandare le truppe di invasione del Rwanda, Paul Kagame ha accumulato successi su successi, in modo che oggi, quasi vent’anni dopo, ci si può chiedere quando e dove si fermerà. Tutte le sue azioni nefaste sono state occultate o, addirittura, acclamate apertamente dai suoi sostenitori e da una certa comunità internazionale. Tuttavia, alcuni fronti di guerra aperti per dominare il Ruanda e tutta la regione dei Grandi – Laghi rischiano di essergli fatali.

La conquista del Rwanda.

Quando, ufficiale dell’esercito regolare ugandese, Paul Kagame intraprese la conquista del Rwanda, non solo questa aggressione non fu condannata, ma anche i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità commessi dalle truppe di invasione condotte da Kagame furono accuratamente occultati o presentati come atti di coraggio. I massacri di popolazioni civili, commessi nella sua avanzata, furono messi sul conto del governo aggredito o presentati come atti di legittima difesa. La presa del potere con la forza delle armi nel luglio 1994 fu tollerata come un’operazione il cui obiettivo era quello di fermare un “genocidio”.

L’aggressione dello Zaire.

Quando nel 1996, Paul Kagame invase lo Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo, con il pretesto di rimpatriare i rifugiati, l’operazione si concluderà con oltre 200 000 Hutu massacrati o scomparsi e più di 3 milioni di Congolesi direttamente massacrati o morti in seguiti alle conseguenze della guerra (fame, malattie,…). A tutt’oggi, nessuna istanza internazionale, nessuna potenza osa chiedergli conto di quella ecatombe di cui è direttamente responsabile. Ha, invece, sistematicamente saccheggiato la RDCongo e occupato intere province per interposizione di signori della guerra creati da lui stesso.

La popolazione hutu.

Tutti gli osservatori imparziali sono del parere che la popolazione hutu del Rwanda è talmente frustrata che prima o poi il “vulcano può entrare in eruzione”. Ogni famiglia hutu ha infatti almeno un membro della sua famiglia in carcere. La politica condotta da Kagame consiste in colpevolizzare tutta una comunità intera, affinché ogni Hutu si senta colpevole di qualche cosa e dunque suscettibile di essere incarcerato in ogni momento. Coloro che sono in libertà, devono ad ogni istante lodare Kagame che accorda loro questo “favore”. Gli Hutu sono sistematicamente spogliati dei loro beni in seguito ai simulacri di processi (i Gacaca) il cui unico scopo è quello di renderli indigenti. L’accesso alla scuola dei bambini hutu è strettamente controllato, se non reso impossibile. In queste condizioni, la frustrazione della popolazione hutu è una bomba a scoppio ritardato.

Il fronte della democratizzazione.

Dal ritorno di Victoire Ingabire in Ruanda, è chiaro che Paul Kagame ha perso la calma. Osando denunciare i difetti e i crimini del regime, sembra che la presidentessa delle FDU abbia toccato la corda sensibile della dittatura. Parimenti, l’alleanza di Victoire Ingabire con politici transfughi del FPR o provenienti da partiti prossimi al FPR, come Frank Habineza e Bernard Ntaganda, non può lasciare il dittatore indifferente. Questo fronte è ben lontano dall’essere vinto.

Il fronte interno all’esercito.

La fuga del Colonnello Patrick Karegeya e, alcuni mesi più tardi, del Tenente generale Kayumba Nyamwasa, quando erano rigorosamente sorvegliati e in procinto di essere arrestati, mostra chiramente che questi ufficiali beneficiavano -e continuano a beneficiare ancora- della complicità di alcune componenti dell’esercito di Paul Kagame. L’arresto dei generali Charles Muhire e Karenzi Karake, primi compagni di Paul Kagame nella conquista del Rwanda, dimostra le divisioni che stanno colpendo il nocciolo duro del regime, vero detentore del potere, cioè il gruppo degli ufficiali venuti dall’Uganda. Anche questo fronte è ben lontano dall’essere vinto.

La guerra che perdura finisce per essere persa.

Si può affermare che Paul Kagame, che finora è riuscito in tutto, che ha vinto su tutti i fronti, fino a trasformare i suoi crimini in atti eroici, potrebbe inciampare e, addirittura, cadere, su uno dei fronti che sono rimasti ancora aperti. Alcuni segni che non ingannano: anche nel suo ultimo santuario, gli Stai Uniti, dove aveva l’abitudine di andare a ricevere premi e diplomi di Dottore honoris causa, alcuni cominciano a rivolgersi alla Giustizia, affinché renda conto dei suoi atti. Anche su questo fronte, nulla è già vinto.

Un adagio ruandese dice: “Urugiye kera ruhinyuza intwari” = “La guerra che perdura finisce per essere persa, malgrado il coraggio dei combattenti”.

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“Il male è voler essere re di se stessi, sottomettere tutto alla propria volontà”. (Christian Bobin, scrittore francese, Avvenire 10.02.’04)
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