LA PROROGA DELLA LEGGE MARZIALE NEL NORD KIVU E NELL’ITURI E la RIFORMA DELLA COMMISSIONE ELETTORALE A KINSHASA
INDICE
1. LO STATO D’ASSEDIO (LEGGE MARZIALE) NEL NORD KIVU E IN ITURI
a. Le dichiarazioni delle autorità militari sull’evoluzione delle operazioni in corso
b. Il punto di vista della Società Civile
c. Le disposizioni politiche
d. Un nuovo incremento delle violenze
2. LA REVISIONE DELLA LEGGE SULL’ORGANIZZAZIONE E IL FUNZIONAMENTO DELLA COMMISSIONE ELETTORALE
a. La strana lentezza della Camera dei deputati
b. Il rapporto della Commissione PAJ
c. L’approvazione del disegno di legge che modifica la legge sull’organizzazione e il funzionamento della Commissione Elettorale
1. LO STATO D’ASSEDIO (LEGGE MARZIALE) NEL NORD KIVU E IN ITURI
a. Le dichiarazioni delle autorità militari sull’evoluzione delle operazioni in corso
Il 16 maggio, in una conferenza stampa, il portavoce del settore operativo Sokola 1 Gran Nord, il tenente Anthony Mwalushay, ha dichiarato che, dall’inizio dello stato d’assedio (legge marziale), il 6 maggio, nel Nord Kivu, nel corso delle loro operazioni militari condotte nel territorio di Beni, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) hanno ucciso ventidue combattenti delle Forze Democratiche Alleate (ADF), hanno arrestato sessanta loro collaboratori e hanno ricuperato otto armi tipo AK47. Questo bilancio intermedio riguarda l’intera zona operativa che copre le città di Beni e di Butembo e i territori di Beni e di Lubero.[1]
Il 21 maggio, il portavoce del settore operativo dell’esercito in Ituri, il tenente Jules Ngongo. ha dichiarato che, durante le operazioni militari nei territori di Djugu e di Irumu, nella provincia dell’Ituri, dall’entrata in vigore dello stato d’assedio (legge marziale), le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) hanno ucciso 38 membri di diversi gruppi armati, ne hanno catturato 9, hanno sequestrato 9 armi tipo AK-47 e hanno recuperato più di 20 località che erano finora controllate dalle varie milizie, tra cui la Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO), il Fronte Patriottico e Integrazionista del Congo (FPIC), i Mai-Mai e i combattenti delle Forze Democratiche Alleate (ADF).[2]
Il 28 maggio, in Consiglio dei Ministri, il Ministro della Difesa, Gilbert Kabanda Rukemba, ha presentato una valutazione dell’evoluzione delle operazioni militari condotte dal 21 al 27 maggio nelle due province in cui è stato decretato lo stato d’assedio. Secondo le cifre fornite, l’esercito nazionale ha ucciso 2 membri delle ADF e ha catturato 22 miliziani delle ADF e 2 combattenti di altri gruppi armati. Gilbert Kabanda Rukemba ha inoltre indicato che, nell’ambito della collaborazione tra gli eserciti della Repubblica Democratica del Congo e dell’Uganda e secondo il meccanismo regionale istituito dagli accordi della Conferenza Internazionale della Regione dei Grandi Laghi (CIRGL), il 25 maggio è arrivata a Beni una delegazione di ufficiali ugandesi, per uno scambio di informazioni con i loro omologhi congolesi.[3]
Il 30 maggio, in un’intervista, il portavoce militare del settore operativo Grand-Nord, il tenente Antony Mualushayi, ha dichiarato che le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) hanno ucciso altri 5 combattenti delle ADF nel settore di Ruwenzori, in territorio di Beni. Nello stesso tempo, ha annunciato che le FARDC hanno arrestato altri 10 collaboratori delle ADF, tra cui una persona del posto, proprietaria di 5 veicoli che usava per rifornire le ADF in viveri e medicine.[4]
Il 5 giugno, il portavoce militare del settore operativo Sokola 1 Grand-Nord, il tenente Antony Mualushayi, ha annunciato l’arresto di altri 3 presunti collaboratori delle ADF nel territorio di Beni: «L’esercito ha arrestato altri tre importanti collaboratori delle ADF. Muhindo Vawere, di 32 anni e da tempo ricercato, è stato arrestato nella città di Beni. Gli altri due collaboratori delle ADF, membri di un gruppo Mai-Mai, Kasereka Vasco Serekani e Kakule Bakalanya, sono stati arrestati a Lume, nel settore Ruwenzori e hanno confessato di aver partecipato agli ultimi due attentati perpetrati sulla strada Beni-Kasindi e attribuiti alle ADF». Questi tre presunti collaboratori delle ADF sono cittadini congolesi. Questa collaborazione consiste spesso nella ricerca e comunicazione di informazioni strategiche e nella fornitura di armi, munizioni, cibo e medicine a favore delle ADF. Va ricordato che, dall’instaurazione dello stato d’assedio, l’esercito congolese ha arrestato 73 collaboratori delle ADF, ucciso 37 miliziani ADF e ricuperato 5 veicoli e 7 moto.[5]
Il 7 giugno, il portavoce del governatore del Nord Kivu, il maggiore Ndjike Kaiko, ha dichiarato che, dall’inizio dello stato d’assedio (legge marziale) nel Nord Kivu, l’esercito ha recuperato almeno dodici località precedentemente occupate da gruppi armati. Le località recuperate si trovano nei territori di Masisi, Walikale e Rutshuru. Si tratta di Singa, Hembe, Lubula, Shango, Bindobindo, Lushebere e Kahandja sull’asse stradale per Masisi-centro e di Bingwe, Bosoro, Kamone, Iwana e Kanyamatembe, sull’asse stradale per Kinyana, finora occupate dalla CMC Nyatura e dall’APCLS. Il maggiore Ndjike Kaiko ha aggiunto che circa 100 miliziani sono stati uccisi, molti altri si sono arresi e tredici armi sono state recuperate.[6]
Il 9 giugno, in una conferenza stampa organizzata a Kinshasa, il portavoce delle Forze armate della RDC (FARDC), il generale Léon-Richard Kasonga, ha affermato che tutte le roccaforti e tutti i quartieri generali delle ADF sono stati smantellati e occupati dall’esercito.[7]
b. Il punto di vista della Società Civile
Il 7 giugno, un mese dopo la dichiarazione dello stato d’assedio, il vicepresidente della società civile del Nord Kivu, Edgar Mateso, ha affermato che il primo mese di legge marziale non ha dato i risultati sperati, perché i massacri non hanno mai cessato. Egli ha chiesto alle autorità militari di approfittare della proroga della legge marziale per altri 15 giorni per intraprendere “azioni pratiche per porre fine ai massacri” nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri.[8]
Il 7 giugno, nel corso di una conferenza stampa organizzata a Bunia, il presidente della società civile della provincia di Ituri, Dieudonné Lossa, ha affermato che il bilancio dello stato d’assedio proclamato il 6 maggio per le province di Ituri e Nord Kivu è chiaramente negativo. Secondo Dieudonné Lossa, nell’ultimo mese sono state uccise 157 persone, altre 32 prese in ostaggio e 53 ferite da membri di gruppi armati. Sempre per questo primo mese di stato d’assedio, la società civile dell’Ituri afferma di aver individuato più di 33 case incendiate e 23 botteghe saccheggiate, per non parlare dei vari veicoli dati alle fiamme o di mucche e capre rubate da uomini armati. Tuttavia, Dieudonné Lossa ha notato alcuni progressi, tra cui la riapertura della strada nazionale 27 (RN 27), la relativa calma osservata nel territorio di Djugu e il recupero di alcuni villaggi nel sud di Irumu. Infine, egli ha chiesto al Presidente della Repubblica di accelerare il processo di disarmo e reinserimento comunitario e di permutare quei militari che, essendo sul posto da molto tempo, hanno instaurato dei rapporti di complicità con i gruppi armati dell’Ituri.[9]
Dall’entrata in vigore della legge marziale decretata dal presidente Félix Tshisekedi il 6 maggio, il governo non ha mai cessato di emettere comunicati sui “successi” e le “vittorie” delle forze armate congolesi contro i gruppi armati dell’est del paese. Diverse località sono state ricuperate, alcune strade sono state messe in sicurezza, vari miliziani sono stati catturati, altri uccisi e altri ancora hanno deposto le armi. Tuttavia, l’ottimismo di questi comunicati sembra essere smentito da un primo bilancio, più realista, dei risultati ottenuti in seguito all’instaurazione della legge marziale,
In una nota pubblicata dal Barometro della Sicurezza del Kivu (KST), Pierre Boisselet rivela che «la sicurezza della popolazione è, di fatto, generalmente peggiorata nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri». In maggio, il KST aveva registrato 223 decessi rispetto ai 198 di aprile. Ironia della sorte, è proprio sotto la legge marziale che si è registrato il giorno più mortale: nella notte tra il 30 e il 31 maggio, 55 persone sono stati massacrate a Boga e Tchabi, nel territorio di Irumu (Ituri). Nel territorio di Beni, in maggio sono state uccise 74 persone, quando in aprile i morti sono stati 47.[10]
c. Le disposizioni politiche
Il 25 maggio, nell’ambito del decreto relativo alla dichiarazione dello stato d’assedio (legge marziale), il Capo dello Stato, Félix Tshisekedi, ha nominato i sindaci delle città, i borgomastri dei comuni e gli amministratori dei territori delle province del Nord Kivu e dell’Ituri. In conformità con il decreto presidenziale sopra citato, queste nuove autorità sono generalmente dei militari e degli agenti di polizia.[11]
Il 28 maggio, in Consiglio dei Ministri, il Capo dello Stato, Félix Tshisekedi, ha chiesto al Governo di prendere contatti con il Parlamento, per ottenere una proroga di 15 giorni dello stato d’assedio decretato nel Nord Kivu e nell’Ituri, al fine di consentire alle FARDC di continuare le operazioni militari iniziate.[12]
Il 28 maggio, il deputato nazionale Jean-Baptiste Kasekwa, originario di Goma (Nord Kivu), si è nuovamente rivolto al presidente dell’Assemblea nazionale per ricordargli di aver richiesto un’interrogazione orale con dibattito, rivolta al primo ministro Sama Lukonde e relativa alla problematica della decretazione dello stato d’assedio (legge marziale) nelle due province del Nord Kivu e dell’Ituri. Egli ha fatto notare che, a pochi giorni dalla scadenza di questo provvedimento voluto dal Capo dello Stato, in queste due province gli attacchi e i massacri commessi contro la popolazione civile stanno aumentando invece di diminuire, senza dimenticare che, in diverse città e villaggi di questi due territori, nel mese di maggio, si sono registrati altri massacri quasi ogni giorno, anche se meno intensi. Nella sua interrogazione orale con dibattito, Jean-Baptiste Kasekwaha intende chiedere al Primo Ministro Sama Lukonde come la decretazione di stato d’assedio (legge marziale) possa essere considerata una misura adeguata per risolvere il problema dell’insicurezza, quando le operazioni militari sono quasi sempre state un fallimento.[13]
Il 3 giugno, l’Assemblea nazionale ha approvato il disegno di legge sull’autorizzazione del prolungamento dello stato d’assedio nelle due province dell’Ituri e del Nord Kivu. Sui 336 deputati presenti, 334 hanno votato a favore, 1 contrario e 1 astenuto. Con tale voto, l’Assemblea nazionale ha autorizzato, in prima lettura, la proroga dello stato d’assedio nelle suddette province per un periodo di 15 giorni. L’articolo 144 della Costituzione prevede, infatti, che lo stato d’assedio sia dichiarato per un periodo di 30 giorni e che possa essere prorogato ogni 15 giorni, previa autorizzazione del Parlamento. Questo disegno di legge era stato approvato dal governo il 28 maggio in Consiglio dei ministri e trasmesso al Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale il 2 giugno.[14]
Il 4 giugno, il Senato ha approvato il disegno di legge che autorizza la proroga dello stato d’assedio (legge marziale) nel Nord Kivu e nell’Ituri. Tutti gli 88 senatori presenti hanno votato all’unanimità a favore di questo disegno di legge. Il testo sarà trasmesso al Capo dello Stato per promulgazione.[15]
Il 5 giugno, il capo dello Stato Félix Tshisekedi ha promulgato la legge sulla proroga dello stato d’assedio nel Nord Kivu e nell’Ituri per un periodo di 15 giorni.[16]
d. Un nuovo incremento delle violenze
Il 25 maggio, dopo un periodo di relativa calma osservata in seguito all’entrata in vigore dello stato d’assedio (legge marziale), le Forze Democratiche Alleate (ADF) hanno ucciso almeno 18 persone in un nuovo attacco a due villaggi, Muthotholi e Kilingwa, della località di Kisima, nel settore Ruwenzori, sulla strada Beni-Kasindi. Secondo il capo località, Kivava Makutano, 12 persone sono state uccise a Muthotholi e altre 6 a Kilingwa. Queste ultime sono state uccise a colpi di machete e di asce. L’attacco è durato diverse ore. La maggior parte delle vittime è stata uccisa al cadere della sera, all’ora di cena. Tra le vittime: il capo villaggio di Muthotholi e sua moglie. Diversi i dispersi, almeno dieci, che stavano ancora rientrando dal lavoro nei campi Si tratta dell’ennesima strage perpetrata nel territorio di Beni, nonostante lo stato d’’assedio decretato il 6 maggio.[17]
Il 26 maggio, nella località di Ngubo, nel territorio di Mambasa (Ituri), sono stati scoperti tredici corpi di civili uccisi il 19 maggio da combattenti delle Forze Democratiche Alleate (ADF), nonostante fosse già in vigore lo stato d’assedio dichiarato dal Capo dello Stato nell’Ituri e nel Nord Kivu. È da gennaio 2020 che le ADF hanno iniziato ad effettuare degli attacchi anche nei territori di Mambasa e Irumu della Provincia dell’Ituri.[18]
Il 29 maggio, degli abitanti di Bunia e di altre località dell’Ituri hanno denunciato le angherie e i soprusi che affermano di aver subito di recente da parte di certi militari. Alcuni hanno dichiarato di essere stati presi a botte da militari dell’esercito, altri hanno detto di essere stati derubati durante le operazioni di pattugliamento notturno organizzate in seguito alla dichiarazione di stato d’assedio. Gli ultimi casi sono avvenuti durante la notte tra il 28 e il 29 maggio nei quartieri di Saio, Mudzipela, Hoho e Kindia della città di Bunia. Secondo le testimonianze delle vittime, che hanno tra l’altro chiesto l’anonimato, alcuni agenti delle forze di sicurezza fermano i passanti a partire dalle 21h00 (locali), adducendo come motivo il coprifuoco vigente a causa dello stato d’assedio, ma ne approfittano per rubare loro soldi, telefoni cellulari, orologi e quant’altro. Fuori città, sulla strada verso Mabanga, i militari hanno eretto delle barriere per fermare i passanti, esigendo 1.000 franchi congolesi (0,5 USD) per ogni passaggio e passeggero.[19]
Il 29 maggio, in un’intervista, il presidente della Nuova Società Civile Congolese (NSCC) del settore Ruwenzori, nel territorio di Beni (Nord Kivu), Maleki Mulala, ha dichiarato che, dal 1° maggio, le Forze Alleate Democratiche (ADF ) hanno ucciso almeno 65 persone, nonostante l’istituzione, il 6 maggio, dello stato d’assedio da parte del Presidente della Repubblica.[20]
Il 30 maggio, durante la notte, quarantotto persone sono state uccise e diverse altre ferite o sequestrate in due attacchi perpetrati da uomini armati non identificati a Boga e a Tchabi, due villaggi situati rispettivamente nei distretti di Bahema-Boga e di Banyali-Tchabi, nel territorio di Irumu, Provincia dell’Ituri, a circa 100 chilometri a sud di Bunia. Secondo la società civile di questi due villaggi, tra le vittime ci sarebbero due militari dell’esercito e degli sfollati del sito di Ruvinga, che è stato allestito nei pressi di Boga e che ospita più di duecento famiglie fuggite dalle violenze delle ADF a Tchabi. Gli aggressori hanno aperto il fuoco sugli sfollati, uccidendone ventotto. Tra le vittime c’è anche il presidente dell’associazione giovani di Boga, i cui familiari sono stati presi in ostaggio. Sono stati incendiati anche sei veicoli e tre case. Un altro gruppo ha fatto irruzione nel centro di Tchabi, nel distretto di Banyari Tchabi, a sud di Irumu, e ha ucciso 20 persone. Altre dieci persone sono state sequestrate e portate nella foresta. Secondo fonti concordanti, in questo duplice attacco sarebbero rimasti feriti anche più di quarantacinque civili.
L’esercito ha avanzato un bilancio provvisorio di 53 morti: 31 a Boga e 22 a Tchabi. Il deputato Ituri Gracien Iracan, da parte sua, ha riportato un totale di circa 60 morti. Il presidente della società civile del territorio di Irumu. Gili Gotabo, ha affermato che «i due attacchi sarebbero stati perpetrati da un gruppo armato di combattenti Banyabuisha che è attivo nella zona da diversi mesi e che recluta nuove leve tra gli sfollati Banyabuishas di Boga e di Tchabi. Questo gruppo opererebbe in collaborazione con le Forze Democratiche Alleate (ADF)». Un altro funzionario della società civile locale ha attribuito le uccisioni ai ribelli ugandesi delle ADF.
Tuttavia, secondo due funzionari locali, è difficile attribuire questi attacchi alle ADF, visto che la zona è caratterizzata anche da forti antagonismi tra i gruppi etnici locali, soprattutto tra i Nyali e i Banyabwisha. Questi ultimi sono degli Hutu congolesi di origine ruandese. Secondo i due funzionari locali, il sito degli sfollati attaccato ospita dei Nyali, mentre un altro sito situato a circa 400 metri di distanza e in gran parte occupato dai Banyabwisha, è stato risparmiato, il che da adito a speculazioni locali sulla questione dell’identità degli aggressori. Dal canto suo, anche il deputato Gracien Iracan non esclude un “regolamento di conti”. Senza far commenti su questo punto, l’esercito ha affermato che tra i 53 morti, ci sarebbero 49 membri dellìetnia Nyali. Si tratta dell’attacco più virulento dall’instaurazione, il 6 maggio, dello stato d’assedio nelle province dell’Ituri e del Nord Kivu.[21]
Intervenendo in Consiglio dei ministri tenutosi l’11 giugno e presieduto dal Primo Ministro Jean-Michel Sama Lukonde, il vice primo ministro e ministro dell’Interno ha affermato che, nella provincia di Ituri, c’è un conflitto tra membri della comunità “Nyali” e quelli della tribù “Banyabwisha”, alleati con le ADF/MTM e le milizie CODECO. Il governo congolese è arrivato a questa constatazione dopo essere venuto a conoscenza del massacro di una cinquantina di persone “Nyali”, perpetrato a Boga, nel territorio di Irumu, la notte del 30 maggio e qualificato come una “azione punitiva premeditata”, e del sequestro di 25 minatori sempre “Nyali” da parte di miliziani CODECO, il 5 giugno, in una miniera d’oro di tipo artigianale e situata nel triangolo della foresta di Boku-Mongbalu-Dala, nel territorio di Djugu.[22]
Il 1° giugno, sei persone sono state uccise in due attacchi avvenuti nel territorio di Beni, nella provincia del Nord Kivu. Secondo l’amministratore del territorio di Beni, Donat Kibwana, sarebbero state le ADF a uccidere 5 persone e a sequestrarne diverse altre a Mayimoya, nel raggruppamento Bambuba-Kisiki. Inoltre, nel quartiere Mabasele, cellula di Kolikoko, nel comune di Oïcha, degli sconosciuti hanno ucciso una donna mentre si stava recando nei campi. Dall’inizio dello stato d’assedio, le autorità militari non hanno cessato di annunciare numerose vittorie sui gruppi armati, ma gli esperti della regione e i membri della società civile sono molto scettici sulla loro veridicità.[23]
Il 1° giugno, durante la notte, dieci persone sono state uccise e quattro gravemente ferite, in un attacco a Exodus, una miniera d’oro situata a 15 chilometri da Mongwalu, tra il territorio di Djugu e quello di Mambasa (Ituri). Secondo alcune fonti, la miniera è stata attaccata da una coalizione di miliziani dei gruppi armati CODECO e FPIC. Secondo altre, la miniera è stata attaccata dalla fazione Bon Temple della CODECO. Sono state saccheggiate diverse botteghe e varie case.[24]
Il 7 giugno, durante la giornata, 10 civili sono stati uccisi in un nuovo attacco al villaggio di Boga (territorio di Irumu), nella provincia di Ituri. 22 assalitori sarebbero stati uccisi in seguito all’intervento delle FARDC. La società civile di Irumu ha attribuito l’attacco a combattenti delle Forze Democratiche Alleate (ADF). Altre fonti lo attribuiscono a uomini armati non identificati. Secondo Medici Senza Frontiere (MSF), l’ospedale di riferimento di Boga è stato saccheggiato, incendiato e distrutto dagli aggressori.[25]
L’8 giugno, durante la notte, almeno 15 persone sono state uccise e diverse altre prese in ostaggio, in un duplice attacco effettuato dalle ADF nelle località di Chanichi e Mutueyi, situate nel territorio di Beni, in provincia. del Nord Kivu.[26]
2. LA REVISIONE DELLA LEGGE SULL’ORGANIZZAZIONE E IL FUNZIONAMENTO DELLA COMMISSIONE ELETTORALE
a. La strana lentezza della Camera dei deputati
Il 13 maggio, il Segretario Generale della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), padre Donatien N’shole, ha affermato che la procedura relativa alla nomina dei futuri membri della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) è, per il momento, sospeso, poiché l’Assemblea nazionale no ha ancora terminato le riforme elettorali previste. Il segretario generale della CENCO ha sottolineato che la procedura in questione riprenderà solo dopo l’approvazione delle riforme elettorali da parte della Camera dei deputati. Tuttavia, egli ha affermato che, nel frattempo, ogni denominazione religiosa sta esaminando le varie candidature finora ricevute.
Tra le riforme elettorali attese: la revisione della legge elettorale e della legge sull’organizzazione e il funzionamento della CENI.
Questa seconda è attualmente esaminata dall’Assemblea Nazionale. Dopo essere stato dichiarata ammissibile il 21 aprile, essa è stata inviata alla Commissione politica, amministrativa e giuridica (PAJ) per un ulteriore esame. Questa commissione aveva 10 giorni per effettuare i lavori ma, da allora, essa non ha ancora presentato alcun suo rapporto in seduta plenaria. Ciò è preoccupante, visti i tempi ristretti che restano e il ritardo già accumulato nella preparazione delle elezioni previste per il 2023.
Secondo padre Donatien Nshole, «ogni confessione religiosa ha già proceduto all’esame delle candidature ricevute, selezionandone 3 al massimo. Nella fase attuale, stiamo seguendo quanto sta accadendo in parlamento, perché sarà alla luce delle riforme della legge sull’organizzazione e il funzionamento della CENI che termineremo questo lavoro già avviato. Siamo preoccupati nel constatare che, in Parlamento, tutto vada a rilento, come se non ci fosse alcuna urgenza. Sembra quasi che ci sia una volontà politica di rallentamento delle riforme, in vista di interessi di parte. Per questo, raccomandiamo ai deputati nazionali di assumersi le loro responsabilità nei confronti delle prossime elezioni previste costituzionalmente per il 2023»[27].
Il 24 maggio, in un’intervista, il coordinatore dell’Associazione Africana per la Difesa dei Diritti Umani (ASADHO), Jean-Claude Katende, dopo aver constatato che il dibattito parlamentare sulla legge relativa alla CENI è praticamente fermo e che la sessione parlamentare di marzo sta per terminare, ha accusato i deputati nazionali di voler bloccare l’esame della legge relativa alla riforma della CENI, ciò che potrebbe essere considerato come un complotto per impedire l’organizzazione delle elezioni nel prossimo 2023.[28]
Il 26 maggio, in un comunicato stampa, l’Università Congolese per l’Impegno Civile (UCEC), un collettivo di movimenti civici, ha chiesto all’Assemblea nazionale di cessare di ostacolare le riforme elettorali, al fine di permettere l’effettiva organizzazione di elezioni libere, trasparenti e inclusive nel prossimo 2023. Ben Bryant, membro dell’UCEC, ha insistito sull’urgenza della riforma della legge sull’organizzazione e il funzionamento della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) e della stessa legge elettorale. Di fronte alla lentezza del Parlamento nell’affrontare la revisione della legge sulla CENI, Ben Bryant ha denunciato il rischio di un possibile rinvio delle prossime elezioni del 2023, in quanto è proprio da questa riforma che dipende la nomina dei nuovi membri della CENI.[29]
b. Il rapporto della Commissione PAJ
Il 28 maggio, la Commissione Politica, Amministrativa e Giuridica (PAJ) dell’Assemblea Nazionale ha presentato in plenaria il rapporto dei suoi lavori sulla proposta di legge avviata da Christophe Lutundula sulla riforma della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Secondo il rapporto, il numero dei membri del Comitato di presidenza della Ceni passa da 6 a 7, in seguito alla creazione di una seconda vicepresidenza destinata all’opposizione politica.
Secondo il deputato nazionale André Mbata, presidente della commissione PAJ, «al vertice del Comitato di presidenza della CENI ci sarà un presidente proveniente dalla società civile, un primo vicepresidente proveniente dalla maggioranza e un secondo vicepresidente membro dell’opposizione . In questo modo, vi saranno rappresentate tutte le componenti».
Tuttavia, la commissione PAJ non è pervenuta a decidere consensualmente a chi, tra la maggioranza e l’opposizione, attribuire gli incarichi di relatore e di questore, lasciando quindi la decisione nelle mani della plenaria.
Affrontando l’aspetto relativo al finanziamento, la commissione PAJ ha proposto l’apertura, da parte del governo e alla fine di ogni ciclo elettorale, di un conto bancario speciale per le elezioni, al fine di evitare ogni possibile rinvio dovuto ad un’eventuale mancanza dei fondi necessari.
Secondo il rapporto della commissione PAJ presentato in seduta plenaria dal deputato André Mbata, «la commissione ha deciso di porre fine al malgoverno della CENI, sottoponendone la gestione ad un controllo esterno e interno. Sono finiti i tempi in cui la CENI poteva essere utilizzata come una mucca da mungere, per arricchimenti personali o interessi politici. Inoltre, per evitare gli errori del passato, quando ci si opponeva a qualsiasi forma di controllo in nome dell’indipendenza, come se questa fosse un assoluto, e per porre fine all’impunità che ne derivava, i membri della CENI saranno passibili di sanzioni da parte del Consiglio di Stato e potranno essere costretti alle dimissioni e, al termine della loro funzione, essere anche perseguiti in giustizia». Allo stesso modo, per evitare ogni eventuale appropriazione indebita di fondi pubblici, la commissione PAJ ha mantenuto l’obbligo, per i membri della CENI, di fare una dichiarazione scritta dei loro patrimoni, elencando i loro beni e immobili, compresi quelli dei loro familiari più stretti, come il coniuge e i figli maggiorenni ancora a carico della coppia.[30]
La commissione PAJ dell’Assemblea nazionale ha respinto la proposta iniziale di istituire un comitato permanente di valutazione e di controllo (COPEC) della CENI contenuta nella proposta di legge presentata da Lutundula. Nella suo rapporto, la commissione ha ritenuto che aumentare il numero degli organi rischierebbe di appesantire la macchina elettorale. A questo proposito, il presidente della Commissione, André Mbata, ha fatto notare che si è registrato un aumento nella quota di partecipazione della società civile: «La proposta di legge prevedeva una composizione della CENI in una forma paritaria tra forze politiche e società civile: 5 membri provenienti dalla maggioranza, altri 5 provenienti dall’opposizione e i restanti 5 provenienti dalle organizzazioni della società civile … sarà quindi l’Assemblea Plenaria composta dai 15 membri che eserciterà il controllo interno della CENI al posto di una COPEC che non farebbe altro che moltiplicare inutilmente gli organi e appesantire la macchina elettorale».
Nel suo testo iniziale, il deputato nazionale Christophe Lutundula, divenuto poi ministro del governo centrale, aveva proposto l’abolizione dell’assemblea plenaria della CENI perché, secondo lui, non aveva alcun potere effettivo. Per questo aveva proposto la creazione di una Commissione permanente di valutazione e di controllo (COPEC), incaricata di monitorare il processo elettorale e di valutare e di controllare la conformità o meno, sia degli atti dei membri del Comitato di presidenza, sia le attività della CENI nel suo insieme.[31]
La commissione PAJ dell’Assemblea Nazionale ha inoltre proposto che i membri della CENI, una volta nominati, non possano più ricevere ingiunzioni dalle componenti che li hanno nominati, né subirne pressioni, tanto meno essere da esse sostituiti.
Secondo il presidente della Commissione, André Mbata, «la commissione ha voluto rafforzare l’indipendenza dei membri della CENI, proteggendoli dalle pressioni di chi li ha nominati e, soprattutto, da quella delle autorità morali del partito o coalizione di appartenenza. Di conseguenza, una volta nominati e entrati in carica, i membri della CENI non possono partecipare ad alcuna attività dei partiti politici, come avveniva in passato, quando alcuni membri della CENI rimanevano iscritti ai partiti politici da cui ricevevano istruzioni e utilizzavano le risorse della CENI per finanziare le attività dei partiti che li avevano nominati. Nemmeno i membri della CENI provenienti dalla società civile possono continuare ad assumere ruoli di leadership all’interno di organizzazioni della società civile. Secondo la commissione PAJ, i membri della Ceni non possano essere sottoposti ad alcun tipo di pressione e non possono, quindi, essere sostituiti o costretti a dimettersi secondo il parere delle componenti che li hanno nominati». Si ricorda che, nella vecchia legge, ogni componente poteva cambiare il suo delegato all’interno della CENI quando voleva.[32]
Il 28 maggio, l’Assemblea nazionale ha approvato il rapporto della Commissione politica, amministrativa e giuridica (PAJ) relativo alla proposta di legge che modifica e integra la legge organica n. 10/013 del 28 luglio 2010 sull’organizzazione e il funzionamento della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), come modificata e integrata dalla proposta di legge organica n. 13/012 del 19 aprile 2013 avviata da Christophe Lutundula, ultimamente nominato ministro del governo centrale. Il Comitato di presidenza della Camera dei deputati ha concesso 48 ore ai deputati nazionali per presentare eventuali emendamenti procedurali e due giorni alla commissione PAJ per inserire nel nuovo testo gli emendamenti formulati dai deputati. Secondo il rapporto della commissione PAJ, la Plenaria della CENI sarà composta da 15 membri così distribuiti: 6 per la maggioranza, 4 per l’opposizione, 5 per la società civile. Per quanto riguarda il comitato di presidenza, esso comprenderà 7 membri (1 designato dalla società civile, 4 presentati dalla maggioranza e 2 scelti dall’opposizione).[33]
Tuttavia, la ripartizione dei vari ruoli all’interno del Comitato di presidenza della CENI continua a dividere maggioranza e l’opposizione. Il Fronte Comune per il Congo (FCC), che è all’opposizione, insiste per occupare a tutti i costi il posto del relatore della CENI. Esso giustifica la sua posizione citando il caso di Jean-Pierre Kalamba che, nell’anteriore configurazione della CENI, ha ricoperto questo incarico, essendo membro dell’UDPS e, quindi, dell’opposizione. Ciò che la Sacra Unione per la Nazione, ora maggioritaria, non è pronta ad accettare. Le discussioni sono bloccate, perché la maggioranza vorrebbe occupare sia la carica di relatore che quella di questore.[34]
Il deputato nazionale Delly Sesanga ha riconosciuto i progressi fatti nella riforma della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Tuttavia, egli ha rilevato che alcune importanti innovazioni presentate da Christophe Lutundula, autore della proposta di legge che modifica e integra quella attuale sulla CENI, non sono state accolte dalla commissione PAJ. Secondo lui, questa situazione abbassa il livello di intensità della riforma che inizialmente ci si aspettava.
Sulla questione del controllo della CENI, Delly Sesanga ha osservato che, «avendo omesso la COPEC, sarebbe stato necessario introdurre altre misure di controllo perché, oggi, nella CENI ci sono 15 membri, di cui 7 sono membri anche del Comitato di presidenza. Se questi 7 si accordano con altri due membri dell’assemblea plenaria, riusciranno sempre ad evitare qualsiasi forma di controllo su di essi. In questo modo, il Comitato di presidenza potrà continuare a gestire le grandi questioni logistiche e gli importanti interessi finanziari senza che tutto questo sia soggetto a controllo».
Affrontando l’aspetto relativo al finanziamento delle elezioni, Delly Sesanga ha insistito sulla creazione di un conto speciale inserito nel budget dello Stato, al fine di consentire il finanziamento delle elezioni al momento opportuno: «le risorse necessarie per l’organizzazione delle elezioni devono essere identificate a monte, in modo periodico e continuo, per non trovarsi sprovvisti nel momento in cui servono. E così abbiamo proposto non di creare un fondo speciale, ma di creare un conto speciale che sarebbe alimentato dagli stanziamenti ad esso assegnati secondo il budget annuale dello Stato e che consentirebbe di conservare detti stanziamenti da un esercizio all’altro, in modo che possano essere utilizzati per finanziare il processo elettorale, secondo le varie necessità». Inoltre, per garantire la trasparenza, Delly Sesanga ha insistito sulla retta composizione della segreteria esecutiva nazionale e delle segreterie esecutive provinciali che sono la spina dorsale della CENI: «Proponiamo che nella legge si precisino le modalità di reclutamento dei membri di queste segreterie, ma anche le garanzie amministrative che possono consentire di avere una CENI fortemente strutturata in autonomia, neutralità, professionalità e competenza al servizio delle elezioni».[35]
Il Consorzio delle organizzazioni della società civile impegnate per la difesa delle riforme elettorali ha accolto con favore l’impegno dimostrato dalla Commissione PAJ dell’Assemblea nazionale nel portare avanti la revisione della legge organica sulla Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI), in vista della prossima nomina dei suoi nuovi membri. Tuttavia, ha espresso la sua preoccupazione per la timidezza delle riforme adottate dalla commissione PAJ, soprattutto per quanto riguarda la depoliticizzazione e l’indipendenza di questo organismo elettorale. Secondo queste organizzazioni della società civile, «questa timidezza si riflette nel fatto che alla società civile, simbolo di neutralità, non è stato riservato che il suo ruolo di presidenza del Comitato direttivo, senza che le siano concesse le vere leve gestionali della CENI. Inoltre, rimane ancora irrisolta la questione della politicizzazione della CENI, in quanto 4 membri su 7 appartenenti al Comitato di presidenza sono membri della maggioranza e altri 2 sono membri dell’opposizione. Il Consorzio si è detto preoccupato anche a proposito della nozione di “personalità indipendente”, ancora poco chiara e generica».
Il consorzio ha infine sottolineato che, nel caso in cui questa riforma non riuscisse a garantire “la trasparenza, la credibilità e l’indipendenza” della CENI, non potrà in alcun modo appoggiarla, perché da essa dipenderà il futuro dell’espressione democratica attraverso le elezioni.[36]
c. L’approvazione del disegno di legge che modifica la legge sull’organizzazione e il funzionamento della Commissione Elettorale
Il 4 giugno, l’Assemblea nazionale ha approvato il disegno di legge che modifica e integra la legge organica sull’organizzazione e il funzionamento della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Sui 337 deputati che hanno preso parte al voto, 336 hanno votato “sì” e solo 1 ha votato “no”.
Il posto di relatore è quello che ha creato una profonda divisione tra i deputati della maggioranza (Sacra Unione) e quelli dell’opposizione (FCC). In seguito a questa divergenza all’interno della commissione PAJ, il presidente dell’Assemblea nazionale ha tentato di trovare un consenso su tale questione. Non essendoci riuscito, Christophe Mboso ha sottoposto il caso in seduta plenaria che, naturalmente, ha votato a favore della maggioranza. Il posto di Relatore è stato quindi assegnato alla maggioranza (USN). Qui di seguito, la nuova configurazione del Comitato di presidenza della CENI:
– Presidente: società civile
– 1° vicepresidente: Maggioranza (USN)
– 2° vicepresidente: Opposizione
– Relatore: Maggioranza (USN)
– Relatore aggiunto: Maggioranza (USN)
– Questore: Opposizione
– Vice Questore: Maggioranza (USN).
Questo disegno di legge modifica, tra l’altro, il criterio di eleggibilità dei membri della CENI, stabilendo che “nessuno può essere nominato membro della CENI se è o è stato dirigente nazionale o provinciale di un’organizzazione politica o di un’organizzazione della società civile affiliata un’organizzazione politica nei 5 anni precedenti la sua designazione”.
Inoltre, esso modifica anche il numero dei membri della CENI che passa da 13 a 15 membri: 5 per la maggioranza parlamentare, 5 per l’opposizione e 5 per la società civile, di cui 2 per le confessioni religiose, 2 per le organizzazioni di osservazione ed educazione elettorale e 1 per le organizzazioni femminili per la difesa dei diritti delle donne.
Approvata in prima lettura, questa proposta di legge organica sarà trasmesso al Senato per una seconda lettura. Se il Senato l’approverà negli stessi termini dell’Assemblea nazionale, esso sarà trasmesso al Presidente della Repubblica per la sua promulgazione, dopo che la Corte Costituzionale l’abbia dichiarato conforme alla Costituzione.[37]
Il 9 giugno, il portavoce del presidente della Chiesa di Cristo in Congo (ECC), il pastore Éric Senga, ha affermato che «il maggior problema resta la rappresentanza della società civile a livello del comitato di presidenza: un solo membro della società civile e altri sei membri di partiti o raggruppamenti politici. In secondo luogo, per quanto riguarda la questione del meccanismo di controllo della CENI, il rifiuto di creare una commissione permanente di valutazione e di controllo (COPEC) e l’attribuzione della missione di controllo all’assemblea plenaria della stessa CENI rendono impossibile ogni tentativo di controllo, in quanto la CENI ne diventa giudice e parte in causa nello stesso tempo».[38]
Il 9 giugno, il Senato ha approvato il rapporto della commissione PAJ relativo all’esame della proposta di legge organica sul funzionamento e l’organizzazione della CENI.[39]
L’11 giugno, il Senato ha approvato la proposta di legge organica sulla riforma della CENI.
Tutti i 95 senatori che hanno preso parte alla seduta plenaria hanno votato all’unanimità a favore. Votata in termini identici a quelli dell’Assemblea nazionale, la legge sarà trasmessa al Presidente della Repubblica per la sua promulgazione. Trattandosi di una legge organica, essa dovrà essere trasmessa alla Corte Costituzionale per essere da essa dichiarata conforme alla costituzione. Dopo tale sentenza, il Presidente della Repubblica dispone di 15 giorni di tempo per promulgarla. Nel caso in cui il Presidente non si pronunciasse entro il tempo impartito, la legge sarà automaticamente considerata promulgata.[40]
[1] Cf Radio Okapi, 18.05.’21
[2] Cf Séraphin Banangana – 7sur7.cd, 21.05.’21
[3] Cf Stéphie Mukinzi – Politico.cd, 29.05.’21; Actualité.cd, 29.05.’21
[4] Cf Bantou Kapanza Son – 7sur7.cd, 30 e 31.05.’21
[5] Cf Bantou Kapanza Son – 7sur7.cd, 05.’06,’21
[6] Cf Radio Okapi, 07.06.’21
[7] Cf Radio Okapi, 10.06.’21
[8] Cf Radio Okapi, 08.06.’21
[9] Cf Radio Okapi, 08.06.’21; Azarias Mokonzi – Politico.cd, 08.06.’21
[10] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 11.06.’21
[11] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 26.05.’21 https://actualite.cd/index.php/2021/05/26/rdc-etat-de-siege-voici-les-maires-bourgmestres-et-administrateurs-des-territoires et https://actualite.cd/2021/05/26/rdc-etat-de-siege-decouvrez-les-maires-bourgmestres-et-administrateurs-des-territoires
[12] Cf Stéphie Mukinzi – Politico.cd, 29.05.’21; Actualité.cd, 29.05.’21
[13] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 29.05.’21
[14] Cf Radio Okapi, 04.06.’21; Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 03.06.’21
[15] Cf Radio Okapi, 05.06.’21
[16] Cf Muamba – Actualité.cd, 05.06.’21
[17] Cf Yassin Kombi – Actualité.cd, 26.05.’21; Bantou Kapanza Son – 7sur7.cd, 26.05.’21
[18] Cf Freddy Upar – Actualité.cd, 26.05.’21
[19] Cf Radio Okapi, 30.05.’21
[20] Cf Joël Kaseso – 7sur7.cd, 30.05.’21
[21] Cf Radio Okapi, 31.05.’21; AFP – Lalibre.be/Afrique, 31.05.’21; Freddy Upar – Actualité.cd, 31.05.’21
[22] Cf Serge Sindani – Politico.cd, 12.06.’21
[23] Cf Bantou Kapanza Son – 7sur7.cd, 01.06.’21
[24] Cf Radio Okapi, 02.06.’21; Actualité.cd, 02.06.’21
[25] Cf Actualité.cd, 08.06.’21; Radio Okapi, 08.06.’21
[26] Cf Azarias Mokonzi – Politico.cd, 08.06.’21
[27] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 13.05.’21; Clément Muamba – Actualité.cd, 14.05.’21
[28] Cf Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 25.05.’21
[29] Cf Merveil Molo – 7sur7.cd, 26.05.’21
[30] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 28.05.’21; Clément Muamba – Actualité.cd, 28.05.’21
[31] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 29.05.’21
[32] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 29.05.’21
[33] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 29.05.’21
[34] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 31.05.’21
[35] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 29.05.’21
[36] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 29.05.’21
[37] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 04.06.’21; Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 04.06.’21
[38] Cf Radio Okapi, 10.06.’21
[39] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 09.06.’21
[40] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 11.06.’21