Congo Attualità 422

L’INSEDIAMENTO UFFICIALE DEL SINDACO DEL COMUNE RURALE DI MINEMBWE (SUD KIVU) [2]

INDICE

1. ALCUNE CHIAVI DI LETTURA DELLA CRISI DI MINEMBWE
2. IL MINISTRO RUBERWA RISPONDE ALLE DOMANDE DEI DEPUTATI
3. LA DICHIARAZIONE DEL VESCOVO DELLA DIOCESI DI UVIRA
4. LA REAZIONE DI DUE ESPONENTI BANYAMULENGE DEL SUD KIVU

1. ALCUNEE CHIAVI DI LETTURA DELLA CRISI DI MINEMBWE

Nelle ultime settimane, il comune rurale di Minembwe (Sud Kivu), situato nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (RD Congo), è stato al centro di un’aspra polemica. L’insediamento ufficiale del suo nuovo sindaco, il 28 settembre scorso, ha ravvivato i timori di un’eventuale operazione di “balcanizzazione” da parte del Ruanda e ha diviso la classe politica congolese. Al centro della controversia si trova la comunità ruandofona dei Banyamulenge, a Minembwe maggioritaria e accusata di voler creare un territorio autonomo. La creazione di questo comune rurale e l’insediamento di un sindaco munyamulenge da parte di un ministro, membro egli stesso  di questa comunità etnica, hanno scatenato la polemica, tanto più che, da diversi mesi, si stava constatando un’intensificazione degli scontri tra le milizie dei Banyamulenge e i gruppi armati delle altre comunità etniche. Di fronte al sorgere di una vasta ondata di proteste, il presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, ha deciso di sospendere ciò che è stato finora fatto a Minembwe e di nominare una commissione di esperti per approfondire la questione.
Il coordinatore del Kivu Security Tracker, Pierre Boisselet, ha analizzato questa controversia.
– Chi sono i Banyamulenge presenti nel Sud Kivu?
Si tratta di una comunità tutsi che abita sugli altopiani del Sud Kivu e la cui attività principale è tradizionalmente l’allevamento di bestiame. Il nome Banyamulenge è stato coniato negli anni 1970, per differenziarsi dalle altre comunità ruandofone che vivono nella RD Congo. Questo nome si riferisce al luogo in cui tale comunità si era inizialmente installata: la collina di Mulenge. Parlano una lingua, il Kinyamulenge, molto simile alle lingue parlate in Ruanda e Burundi. È difficile stabilire quanti siano, ma gli ultimi dati degli anni 2.000 indicano una forbice abbastanza ampia che andrebbe da 50.000 a 400.000 persone. Nell’insieme del Sud Kivu, rappresentano una piccola minoranza etnica.
Esiste un certo consenso sul fatto che questa comunità fosse già presente quando, verso la fine del XIX° secolo, arrivarono i colonizzatori. Si tratta di una comunità che molto probabilmente proveniva dal Ruanda e dal Burundi. Non sono affatto degli  immigrati recenti, come a volte viene affermato.
Con l’indipendenza del Paese, nel 1960, essi sono diventati “automaticamente” congolesi. Ma negli anni 1980, sotto Mobutu, alcune leggi avevano messo in discussione la loro “nazionalità congolese”. L’attuale Costituzione del 2006 è ambigua, poiché prevede che: “è congolese di origine, qualsiasi persona appartenente ai gruppi etnici le cui persone e il cui territorio costituivano quello che è diventato il Congo (attualmente Repubblica Democratica del Congo) nel momento dell’indipendenza”. La maggior parte di loro ha quindi la nazionalità congolese. Se alcuni membri della comunità si sono successivamente rifugiati in Ruanda, in Burundi o a negli Stati Uniti, hanno ottenuto lo statuto di rifugiati come cittadini congolesi.
– Alcuni Congolesi sospettano che i Banyamulenge siano una sorta di “quinta colonna” al servizio del Ruanda, per “balcanizzare” l’est della RD Congo a beneficio appunto del vicino Ruanda. È vero o falso?
Il termine “quinta colonna”, quando applicato a un’intera comunità, diventa problematico, perché finisce per gettare sospetti su un determinato gruppo di persone in base alla sua origine.
Come ogni gruppo umano, anche i Banyamulenge hanno opinioni e punti di vista molto diversi e, spesso sono profondamente divisi tra loro. E tra queste divisioni c’è proprio l’atteggiamento nei confronti del Ruanda.
Negli anni 1980-1990 ci fu una forma di solidarietà tra certi Banyamulenge e alcuni rifugiati ruandesi presenti, in quel periodo, in tutta la regione, perché avevano degli avversari comuni: il presidente hutu Juvénal Habyarimana, in Ruanda e, in una certa misura, il presidente Mobutu nello Zaire, a causa delle leggi sulla nazionalità. Durante i primi anni 1990, dei Banyamulenge andarono in Ruanda, per combattere al fianco del Fronte Patriottico Ruandese (FPR), un movimento politico militare tutsi. Alla fine degli anni 1990 e all’inizio degli anni 2000, i Banyamulenge hanno combattuto nelle file dell’Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione del Congo (AFDL) e del Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD), ribellioni a predominanza tutsi attive nella RD Congo, ma fomentate e sostenute dal Ruanda.
Ma ci sono state anche delle divisioni. Alcuni combattenti Banyamulenge si erano distanziati da questi movimenti ribelli, perché non vi avevano trovato abbastanza spazio. Altri hanno scoperto che la loro adesione alla ribellione aveva degradato il loro rapporto con le altre comunità etniche locali. Il deterioramento delle relazioni tra i combattenti Banyamulenge e il governo di Kigali si è particolarmente manifestato al tempo della ribellione del Movimento del 23 marzo (M23), ancora appoggiata dal Ruanda. Quasi nessun Munyamulenge ha partecipato a quest’ultima ribellione. Infatti, tra gli ufficiali dell’esercito congolese che hanno combattuto l’M23, c’era anche un numero significativo di Banyamulenge, come il generale Jonas Padiri. Si può quindi constatare che la relazione tra i Banyamulenge e il regime ruandese è molto più complesso di quanto spesso si può dire.
– Dal 2019, la regione degli altopiani del Sud Kivu ha assistito a una recrudescenza delle violenze. Chi sono i protagonisti dei conflitti esistenti tra le varie comunità etniche?
Per quanto riguarda le parti belligeranti, si possono suddividere in quattro gruppi principali: i Gumino e i Twirwaneho, della comunità Banyamulenge, i Mai-Mai Ebu-Ela, della comunità Bembe e i Mai-Mai Biloze Bishambuke, della comunità Fuliru.
– Quali sono le cause del conflitto?
Come succede per tutti i gruppi armati dell’est della RD Congo, ci sono delle persone che prendono le armi per difendere la loro comunità. Ma una volta armati, i membri di questi gruppi iniziano a usare la forza delle armi per i propri interessi, imponendo delle tasse sulla popolazione in cambio di “protezione”, taglieggiando il commercio illegale delle materie prime (minerali e legname), effettuando sequestri di persone a scopo di riscatto o mettendosi al “servizio” dell’autorità locale. Commettendo molte violenze (assalti, furti, stupri, massacri), questi gruppi provocano e rafforzano l’insicurezza degli abitanti che, alla fine, si vedono costretti a sostenere le milizie che, teoricamente, affermano di volerli difendere. In questo modo, si entra nel circolo vizioso delle violenze. E i civili sono ovviamente le prime vittime di queste violenze. A tutto questo, va aggiunta la dimensione internazionale del conflitto. Gli altopiani del Sud Kivu sono un’area strategica che due Paesi limitrofi, il Burundi e il Ruanda, cercano di controllare, stringendo alleanze opportuniste con i vari gruppi armati presenti, congolesi o stranieri, perché è lì dove si sono rifugiati alcuni loro movimenti ribelli, ciò che costituisce per loro una continua minaccia.
– Come si può interpretare la polemica sulla creazione del comune rurale di Minembwe?
Da un punto di vista giuridico, Minembwe è semplicemente un’entità amministrativa locale, niente di più. Non è uno “stato indipendente”. Per capire l’origine di questi problemi territoriali e amministrativi, va detto che i Banyamulenge rappresentano la maggioranza della popolazione nell’area di Minembwe e dintorni. Ma questa area si estende su tre territori: Mwenga, Fizi e Uvira.
Tuttavia, se nell’insieme della zona i Banyamulenge sono la maggioranza, non lo sono però in nessuno dei tre territori citati. Ciò provoca la loro scarsa rappresentazione in tutte le entità amministrative e politiche locali. Di conseguenza, è già da molto tempo che la comunità dei Banyamulenge vorrebbe avere una propria entità territoriale in cui essi sarebbero la maggioranza. Alla fine degli anni 1990 e all’inizio degli anni 2000, l’RCD, il movimento ribelle appoggiato dal Ruanda, controllava quella zona e aveva risposto favorevolmente a tale richiesta, creando il “Territorio di Minembwe”, sottraendo delle terre ai Territori vicini.
Le altre comunità etniche hanno vissuto la creazione del nuovo Territorio di Minembwe come una grande ingiustizia nei loro confronti, come un furto delle loro terre, come un’occupazione del loro territorio. La creazione del Territorio di Minembwe è stata vissuta localmente come un trauma, anche se il territorio è stato posteriormente sciolto in seguito agli accordi di Sun City. In occasione della recente polemica, si sono viste delle carte geografiche di questo ex Territorio di Minembwe, molto più vasto dell’attuale Comune di Minembwe. Ecco ciò che ha provocato l’attuale reazione di rifiuto. Il comune rurale di Minembwe, oggi controverso, è stato creato nel 2013, quando Joseph Kabila era Presidente della Repubblica. Con lo stesso decreto del 2013, nel Sud Kivu sono stati creati quindici comuni rurali. Altri dieci decreti hanno creato una lunga lista di comuni sparsi in tutto il resto del paese. Tutto ciò è stato fatto nell’ambito di un processo di decentramento che ha interessato l’intero territorio nazionale. Il comune di Minembwe era uno degli oltre cento comuni rurali di nuova creazione. È per questo che, in quel tempo, il decreto  passò relativamente inosservato.
Il problema è che la maggior parte dei comuni creati in quel tempo  non sono ancora oggi funzionanti. Ciò che crea una forma di malessere politico è che alla fine di settembre scorso si è proceduto all’insediamento ufficiale del solo sindaco di Minembwe, mentre quelli degli altri comuni del Sud Kivu non sono stati ancora insediati. Allora ci si può porre la domanda: perché lo si è fatto per il comune di Minembwe e non per gli altri? È questo che ha fomentato una lunga serie di sospetti. Il modo in cui è stato fatto è stato decisamente inopportuno e controproducente. C’è stata anche la visita dell’ambasciatore americano a Minembwe, subito dopo, che ha alimentato ulteriormente le speculazioni. È un peccato che una richiesta locale e già concessa dal governo congolese sia stata interpretata e sfruttata come un attacco all’integrità territoriale della RD Congo. Questa avrebbe potuto essere un’opportunità per attenuare le attuali tensioni intercomunitarie. In ogni caso, la polemica e la retorica della “balcanizzazione” purtroppo non aiutano a trovare, con calma, delle soluzioni concrete per una convivenza pacifica.[1]

Da più di vent’anni, la regione degli Altipiani che domina il lago Tanganica è stata una delle zone più calde della RD Congo. Nonostante la presenza della Missione dell’Onu e dell’esercito congolese, si registrano scontri quotidiani con centinaia di vittime e migliaia di sfollati. Situata di fronte al Burundi e al Ruanda, questa zona montuosa ospita anche vari gruppi armati provenienti dai paesi vicini: il Congresso Nazionale Ruandese (RNC) del generale tutsi Kayumba Nyamwasa e il Fronte Nazionale di Liberazione (FNL), un movimento hutu di origine burundese. L’insieme del Sud Kivu è così ormai diventato come un “campo da gioco” anche per i paesi vicini, compreso l’Uganda. Tuttavia, per quanto riguarda la dimensione interna del conflitto,  i vari gruppi armati congolesi, conosciuti col nome di Mai-Mai, affermano di voler difendere le loro terre e le loro comunità minacciate dalla presenza dei Banyamulenge. Questi ultimi sono dei pastori di origine ruandese che, giunti sugli altopiani del Sud Kivu verso la fine del XIX° secolo, in seguito ad una disputa con il Mwami (Capo) del Ruanda, vi formarono delle comunità omogenee che di dedicarono  principalmente all’attività di allevamento di bestiame. Poiché il colonizzatore belga non li classificò tra le tribù congolesi originarie, i Banyamulenge sono stati regolarmente considerati come degli stranieri.
Il sentimento di ostilità nei loro confronti è stato esacerbati dal fatto che i giovani della loro comunità furono reclutati dal Ruanda per far parte delle truppe che, alla fine della guerra del 1996-97, cacciarono il presidente Mobutu e portarono Laurent Désiré Kabila al potere. Durante la seconda guerra del Congo (1998 – 2003), i Banyamulenge si arruolarono nel movimento ribelle denominato Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD e, a fianco delle truppe ruandesi, parteciparono a numerosi massacri. In quel tempo, Azarias Ruberwa, un avvocato formatosi a Lubumbashi e leader della comunità di Banyamulenge, era presidente del RCD e aveva già creato il “Territorio” di Minembwe, che comprendeva diverse entità amministrative dei territori di Fizi, Mwenga e Uvira. In seguito agli accordi di pace che, nel 2002, consentirono la riunificazione del Paese e l’annullamento del “Territorio” di Minembwe, Ruberwa divenne uno dei quattro vice presidenti della Repubblica e, come tale, stretto collaboratore di Joseph Kabila ma, nel Sud Kivu, egli era ancora considerato come un “agente” di Paul Kagame.
Nella zona degli Altipiani, la pace non è mai veramente tornata e i pastori Banyamulenge erano regolarmente accusati di essere la “quinta colonna” del Ruanda, se non agenti della “balcanizzazione” del Congo con l’appoggio degli Stati Uniti. Le campagne di odio etnico orchestrate contro di loro sono sempre state accompagnate dal furto del loro bestiame e dall’incendio dei loro villaggi. Questi atti commessi dalle bande armate locali hanno portato a inevitabili rappresaglie da parte dei Banyamulenge. In questo contesto esplosivo, la creazione, ex abrupto, del comune rurale di Minembwe, su un’area di circa 10 km2, secondo il ministro provinciale dell’interno, ha soddisfatto i Banyamulenge, ma ha suscitato le proteste delle altre comunità etniche, tra cui i Babembe, i Bafulero e i Banyindu che hanno denunciato un “fatto compiuto” a scapito dei confini dei territori già esistenti. In modo più esplicito, una certa opinione congolese, già molto “arrabbiata” contro il regime ruandese per il ricordo incessante dei crimini di guerra da esso commessi nella RD Congo tra la fine degli anni 1990 e l’inizio degli anni 2000, teme che la creazione del comune rurale di Minembwe possa non solo provocare dei conflitti di accesso alle terre, ma diventare anche una testa di ponte per il Ruanda stesso.[2]

2. IL MINISTRO RUBERWA RISPONDE ALLE DOMANDE DEI DEPUTATI

Il 27 ottobre, il ministro del Decentramento, Azarias Ruberwa, ha risposto alla ventina di domande che i deputati nazionali gli avevano rivolto in occasione della seduta plenaria del 19 ottobre.
In primo luogo, egli ha affermato di essersi recato a Minembwe con un ordine di missione emesso dal Consiglio dei ministri su richiesta del suo collega della difesa, il ministro Aimé Ngoy Mukena, incaricato per una missione di pace in alcune province del Paese maggiormente colpite dall’insicurezza: «È in un consiglio dei ministri che il ministro della Difesa ha chiesto che, in quanto esponente politico del Sud Kivu e membro del governo, lo accompagnassi nella missione di pace che aveva intrapreso, soprattutto per la tappa di Minembwe, nel territorio di Fizi, nel Sud Kivu. Non sono quindi stato io a prendere l’iniziativa di questa missione».
Ha fatto notare di non essere implicato nella creazione del comune rurale di Minembwe, che risale a diversi anni fa, quando non era ministro. Per quanto riguarda i confini del comune in questione, egli ha confermato che la superficie di questo comune occupa solo una piccola parte del territorio di Fizi, senza invadere gli altri tre territori di Mwenga, Uvira e Walungu.
Azarias Ruberwa ha sottolineato di non essere stato lui a presiedere l’atto d’insediamento del sindaco del comune di Minembwe, ma il ministro degli interni del Sud Kivu. Ha spiegato che questo atto è di competenza del ministro provinciale degli affari interni, secondo l’articolo 56 della legge relativa all’organizzazione delle entità territoriali decentralizzate. Ha quindi qualificato di “bugiardo” il ministro provinciale degli interni della provincia del Sud Kivu che, in un suo comunicato, aveva dichiarato di aver proceduto all’insediamento del sindaco di Minembwe su richiesta del ministro Ruberwa. Su questo, il ministro del decentramento ha fatto osservare che «il 12 ottobre, il ministro provinciale ha tenuto una conferenza stampa in cui si è detto sorpreso che la popolazione si fosse tanto agitata per un atto così semplice che, secondo lui, “aveva compiuto nell’ambito delle sue competenze».
Azarias Ruberwa si è detto contrario alla richiesta dei deputati nazionali di annullare il decreto relativo all’istituzione del comune rurale di Minembwe. Secondo lui, una simile procedura sarebbe precoce e discriminatoria: «La richiesta, da parte dei deputati, di un decreto del Primo Ministro relativo all’annullamento dell’atto di insediamento del sindaco del comune di Minembwe e di una sentenza, da parte del Consiglio di Stato, relativa all’annullamento del decreto sulla creazione del comune di Minembwe, mi sembra precoce e discriminatoria. È necessario effettuare una verifica sul posto, consultando gli archivi dell’amministrazione e del governo e le persone che hanno compiuto questi atti di loro competenza. Ovviamente, nel complesso, ci sono state delle entità proposte dalle province, ma non confermate da Kinshasa e altre proposte da Kinshasa, ma non attuate dalle province. Tutto ciò richiede ulteriori approfondimenti». Il ministro ha parlato anche della commissione d’inchiesta che sarà istituita per chiarire le questioni riguardanti il controverso comune rurale di Minembwe, situato nel territorio di Fizi (Sud Kivu). Secondo Ruberwa, questa commissione d’inchiesta dovrebbe prendere in considerazione tutte le entità territoriali decentrate, tra cui 77 città e 506 comuni, create dal decreto del 2015. In caso contrario, si tratterrebbe di una commissione discriminatoria.[3]

Il 27 ottobre, nella sua replica alle risposte date dal ministro del Decentramento, Azarias Ruberwa, il deputato nazionale Muhindo Nzangi si è detto non convinto delle risposte ricevute. Egli ha affermato che, nei suoi due interventi, il ministro ha mentito su diverse questioni, aggiungendo che «un ministro che dà delle risposte errate o incomplete può essere accusato di oltraggio al Parlamento». Ha poi dichiarato che le spiegazioni date sulla presenza del ministro a Minembwe durante l’insediamento del sindaco di Minembwe, Gad Mukiza, non sono state convincenti. Muhindo Nzangi ha insistito sul fatto che è stato il ministro Azarias Ruberwa l’attore principale dell’atto d’insediamento del sindaco di Minembwe: «L’ha ideato e l’ha programmato. Ha fatto di tutto. per intimidire le comunità locali, presentandosi con diplomatici, militari e parlamentari. Ho sufficientemente dimostrato che si tratta di un conflitto di competenze».
Nonostante le spiegazioni di Ruberwa, il deputato ha confermato che il comune di Minembwe invade il territorio di Mwenga e che non soddisfa i criteri richiesti per la creazione di un comune. Ha insistito sulla natura fraudolenta della creazione di questo comune, per quanto riguarda la sua superficie, il numero degli abitanti e la procedura amministrativa e politica che ha portato a questo stato di cose.
Il deputato Muhindo Nzangi ha dimostrato che la creazione di Minembwe come comune rurale non soddisfa le condizioni previste dall’articolo 46 della legge sull’organizzazione delle entità decentralizzate: «Il comune è un agglomerato, un centro abitato in cui ci sono molte case. Il comune non è un insieme di fattorie sparse qua e là e nemmeno una zona in cui le famiglie vivono sparse in campagna. Minembwe non è un agglomerato di case. È un raggruppamento di diversi villaggi. Se vogliamo raggruppare diversi villaggi in dei comuni, allora l’intero Congo sarebbe un insieme di comuni. Inoltre, tra i criteri che possono garantire che Minembwe sia un comune, c’è anche quello relativo al numero degli abitanti: almeno 20.000. Il ministro Ruberwa ha parlato di 36.000 abitanti, ma, secondo alcune inchieste, si tratta solo di 7.000 abitanti. Quindi, con questa cifra, Minembwe non può essere considerato come comune. Per quanto riguarda la procedura da seguire, essa è la seguente: la proposta di decreto da parte del Ministro dell’Interno, il parere conforme dell’Assemblea provinciale e, infine, la firma del decreto da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri. Per quanto riguarda Minembwe, l’Assemblea provinciale del Sud Kivu, consultata dal ministro dell’Interno, aveva rilevato che Minembwe non soddisfaceva le condizioni previste dall’articolo 46 della legge per essere riconosciuto come comune».
Il deputato eletto a Beni (Nord Kivu) ha stimato che il ministro del decentramento, Azarias Ruberwa, è caduto in un conflitto di interessi, utilizzando l’affare Minembwe per gli interessi del suo gruppo etnico: «Quando il ministro ha detto che i Belgi avevano loro concesso un distretto che poi era stato loro tolto, vuole insinuare che vogliono recuperare quelle terre. Di fronte a tale pretesa, come reagirebbe la popolazione locale?». È così che egli ha chiesto al ministro Azarias Ruberwa di dimettersi dal governo. Ha inoltre chiesto che l’atto di insediamento del sindaco del comune rurale di Minembwe (Sud Kivu) sia annullato e che il decreto n° 13/030 del 30 luglio 2013, relativo alla creazione di nuovi comuni, sia immediatamente riportato e corretto.
Le proposte del deputato Muhindo Nzangi verranno presentate come raccomandazioni durante le prossime sedute parlamentari. La presidente dell’Assemblea nazionale, Jeannine Mabunda, ha annunciato di voler istituire una commissione per approfondire le varie questioni e raccomandazioni.[4]

3. LA DICHIARAZIONE DEL VESCOVO DELLA DIOCESI DI UVIRA

Il 1° ottobre, in una “dichiarazione sul comune di Minembwe e l’insediamento delle sue autorità”, il vescovo di Uvira, Mons. Sébastien Muyengo, ha affrontato la spinosa questione dell’insediamento ufficiale delle autorità amministrative del comune rurale di Minembwe.
Secondo lui, «invece di favorire la pace, quest’atto di insediamento del sindaco ha suscitato molta animosità e rischia di provocare disordini tra la popolazione, soprattutto a causa del trattamento “speciale” riservato al comune di Minembwe, a scapito dei molti altri, tra cui Sange, Luvungi e Kiliba nel territorio di Uvira; Fizi, Misisi, Lulimba e Swima nel territorio di Fizi; Kamanyola nel territorio di Walungu, mentre il territorio di Mwenga ne è stato completamente privato. Mentre la maggior parte dei comuni rurali sono stati creati all’interno di un unico territorio, il comune di Minembwe si estende su tre territori, occupando una buona parte della riserva di Itombwe, tra Fizi e Mwenga, e una buona parte del distretto di Bavira, verso Bijombo, Kagogo e Kishebwe, ecc.».
Secondo Mons. Sébastien Muyengo, tra i 250 comuni rurali sparsi sull’intero territorio nazionale, solo Minembwe fa problema. Secondo lui, il riconoscimento di Minembwe come comune rurale è un tentativo di creare un intero territorio riservato ai membri della comunità Banyamulenge, identificata come dei Congolesi di origine ruandese e di etnia tutsi: «Per le nostre popolazioni, il comune di Minembwe è l’ultimo tentativo, dopo il fallimento del Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD) quando  era al potere con l’appoggio del regime ruandese, di creare un intero Territorio per i “Banyamulenge”, identificati come Congolesi di origine ruandese e di etnia tutsi. Ieri si trattava della questione della nazionalità, oggi si tratta di quella delle terre. Ma se è possibile attribuire la nazionalità a chi la richiede e se la merita, non è altrettanto possibile distribuire la terra senza alcuna condizione. Inoltre, le nostre popolazioni ritengono che si tratti non di un comune rurale, ma di “terre o territori occupati” con la forza, ciò che, per loro, è un’umiliazione».
Il Vescovo di Uvira ha invitato il Capo dello Stato Felix Tshisekedi ad assumersi le proprie responsabilità per trovare una soluzione: «Con le nostre popolazioni, ci poniamo queste domande: cosa ne dice il Presidente della Repubblica, Félix Antoine Tshisekedi? Continuerà ad affermare che non ha nulla a che fare con questa situazione, perché risale a prima che egli arrivasse al potere? Quando si diventa Presidente della Repubblica, ci si fa carico del destino del Paese, con il suo passato, il suo presente e il suo futuro. Per quanto riguarda il comune di Minembwe, non cesseremo mai di interrogarci sulla responsabilità del presidente Félix Tshisekedi, soprattutto perché il responsabile di ciò che è successo e sta succedendo è la stessa persona che guida il ministero del decentramento, dal tempo del suo predecessore fino al suo. Più che il programma dei primi 100 giorni, il problema del comune di Minembwe costituisce un banco di prova per il Capo dello Stato: alla fine, da che parte sta? Per “il popolo prima”, come aveva giurato suo padre, o per chi l’ha messo sul trono per servirsene, al fine di ottenere ciò che, finora, non è stato possibile? Temiamo che se non prenderà alcuna ferma decisione sul caso di Minembwe, il processo di smembramento o di “balcanizzazione” del Paese sarà portato a termine con la sua complicità. Ciò che nel diritto costituzionale costituisce un atto di “alto tradimento”».
Il Vescovo di Uvira ha precisato che «in Africa, e particolarmente nella RD Congo, la terra è sacra e i suoi proprietari sono i capi tradizionali» e si è posto due domande: «oltre alla legge Bakajika che attribuisce allo Stato il potere di gestire la terra,  i capi tradizionali sono stati consultati sulla frammentazione di questi territori? Che cosa resta del loro potere di “guardiani delle nostre terre” se le cose vanno così?».
Dopo aver ricordato che, nella sua ultima enciclica “Fratelli Tutti”, Papa Francesco ci chiede a tutti di vivere la fraternità e l’amicizia sociale che passa attraverso l’accoglienza reciproca e il rifiuto dell’esclusione degli altri, mons. Sébastien Muyengo ha affermato che «è possibile vivere in pace, l’uno accanto all’altro, in questo grande e bellissimo Paese che Dio ci ha donato, senza che sia necessario che ciascuno tracci confini per il proprio territorio».
Infine, ha invitato al dialogo, come via maestra per la risoluzione pacifica del conflitto interetnico di Minembwe (Sud Kivu): «Avendo la nostra diocesi scelto come tema pastorale per l’anno 2020-2021, “Vi lascio la pace, vi do la mia pace (Gv 14:27)”, ci appelliamo alla responsabilità di tutti, per evitare i disordini, le violenze e, persino, la guerra. Per quanto riguarda le nostre comunità di base, le invitiamo alla calma e al rifiuto di ogni mezzo di violenza, per favorire la via del dialogo, che è un processo sempre lento e difficile, ma i cui frutti sono la pace, il perdono e la riconciliazione».[5]

4. LA REAZIONE DI DUE ESPONENTI BANYAMULENGE DEL SUD KIVU

Il 7 ottobre, Jacques Rukeba, nota personalità del Sud Kivu, ha reagito alla dichiarazione del vescovo della diocesi di Uvira, mons. Sébastien-Joseph Muyengo che, recentemente, aveva denunciato il trattamento “speciale” riservato al comune rurale di Minembwe, a scapito di molti altri. Jacques Rukeba ha affermato che il comune di Minembwe ha una superficie di soli 10 chilometri quadrati e che è situato solo nel territorio di Fizi. Egli ha precisato che, nel 2013, con decreto n. 13/029 del 13 giugno 2013, il primo ministro Augustin Matata Ponyo Mapon aveva eretto a comuni e città ben 310 agglomerati abitativi che soddisfacevano le condizioni richieste in materia. In data 22 luglio, con decreto n. 15/013 del 22 luglio, la stessa autorità firmò un altro decreto che sospendeva alcune disposizioni del decreto anteriore. Nel 2018, il primo ministro Bruno Tshibala aveva firmato il decreto n. 18/020 del 30 maggio, con il quale revocava le suddette sospensioni, al fine di consentire il funzionamento di queste entità amministrative create dal primo decreto del suo predecessore. In novembre 2018, il Vice Primo Ministro e Ministro dell’Interno aveva firmato il decreto ministeriale 25 / CAB / VPM / MINITERSEC / HMS / 075/2018, relativo alla nomina di Mukiza Nzabinesha Gad e di Esumbicho Sadiki, rispettivamente sindaco e vice borgomastro del comune rurale di Minembwe. Non restava altro da fare che insediare queste due autorità in forma ufficiale, ciò che è stato fatto, il 28 settembre scorso. dal Ministro provinciale dell’Interno, Lwabanji Lwasingabo, autorità competente in materia.[6]

Il 13 ottobre, in una lettera, l’ex deputato del Sud Kivu, Enock Ruberangabo Sebineza, ha reagito alla dichiarazione di mons. Sebastien-Joseph Muyengo Mulombe, vescovo della diocesi di Uvira, a proposito della creazione del comune di Minembwe e dell’insediamento del suo sindaco.
La regione degli altopiani dell’Itombwe è una striscia di terra che, estendendosi da nord a sud, lambisce i quattro territori amministrativi di Uvira, Mwenga / Itombwe, Fizi e Walungu (Kahya) per almeno 200 km. Le sue montagne formano la linea di demarcazione tra diversi corsi d’acqua del bacino del fiume Ruzizi ad est, e quelli dei bacini dei fiumi Elila e Ulindi, ad ovest. Alcune sue montagne raggiungono un’altitudine di quasi 3.500 m, e le temperature notturne nella stagione secca a volte raggiungono i -5° C. La popolazione è costituita dai Banyamulenge, pastori che praticano un’agricoltura complementare alla zootecnia; i Babembe, principalmente agricoltori e cacciatori; i Bafulero e, in una certa misura, i Banyindu.
Si tratta di una terra inadatta per l’agricoltura, ma la sua savana si rivela adatta per l’allevamento, il che spiega il fatto che gli agricoltori vi siano arrivati in un secondo momento. Nel 2011, secondo fonti del servizio veterinario locale, 170.000 dosi destinate dalla FAO alla campagna di vaccinazione delle mucche non furono sufficienti per un totale stimato in 210.000 capi di bestiame. Da ciò si poteva dedurre che, in 10 anni, il totale dei capi di bestiame avrebbe potuto raddoppiare, raggiungendo una cifra stimata in oltre 500.000 mucche. La maggior parte di questo bestiame apparteneva ai Banyamulenge e, in misura minore, ai Bafulero. Oggi più della metà di questi capi di bestiame è stata decimata dai gruppi armati.
Il comune rurale di Minembwe, oggetto di controversia, è uno dei comuni creati con il decreto del 13 giugno 2013, successivamente sospeso per mancanza dei mezzi necessari per la loro attuazione e per alcune difficoltà tecniche, a livello nazionale, relative ai confini che dovevano essere corretti dai servizi competenti dello Stato congolese.
Va ricordato che Minembwe, in quanto agglomerazione da riconoscere come comune, era stato unanimemente proposto all’Assemblea provinciale del Sud Kivu dai deputati del distretto elettorale di Fizi, tutti membri della comunità Babembe. C’è un documento che lo conferma.
Successivamente, nel 2018, con il decreto Tshibala n° 18/020 del 30 maggio 2018, il governo nazionale decise di revocare questa sospensione per alcune entità del Sud Kivu. Con questo decreto, si resero effettive quattro entità amministrative del Sud Kivu: le città di Uvira, Kamituga e Baraka e il comune rurale di Minembwe. Furono insediati i sindaci delle tre città, ma non il sindaco del comune. Una procedura sospettabile che rivelò la diversità di trattamento tra queste quattro entità.
Se si vuole parlare di un trattamento speciale per Minembwe, lo si deve fare anche per le altre tre entità. Non è il caso oggi. Solo Minembwe è consegnato alla vendetta popolare, “crocifiggilo, crocifiggilo”, al punto da essere qualificato come cancro da estirpare dalla RDC, secondo il comunicato stampa del 5 ottobre 2020 firmato da Valentin Mubake, gravi affermazioni passibili di accusa. E Martin Fayulu aggiunge: «Se lasciamo Minembwe nelle mani di questi occupanti, domani saremo senza paese. Saremo il primo popolo africano da essere colonizzato da un altro popolo africano». Chiaramente, secondo Valentin Mubake e Martin Fayulu, occorre cacciare gli occupanti.
Ormai il comune di Minembwe è considerato come una terra invasa da degli stranieri che sono i Banyamulenge.
Per quanto riguarda i confini del comune rurale di Minembwe: di 10 km in linea d’aria, è situato entro i limiti di parte del Territorio di Fizi. Le indicazioni corrette e precise si trovano nel Decreto numero 13/029 del 13 giugno 2013, relativo al conferimento dello statuto di città e di comune ad alcune agglomerazioni della Provincia del Sud Kivu, Gazzetta Ufficiale della RDC, servizio della Presidenza del Repubblica del 20 giugno 2013, col.198:
Allegato 3: i confini dei comuni elencati all’art.8 (pag.103 del citato decreto)
Comune di Minembwe:
NORD: il torrente Kalungi e il fiume Minembwe,
SUD: il torrente Sara e il fiume Kabanja,
EST: la catena dei monti Mukoko e la foresta di Rugmero,
OVEST: il fiume Mateganya.
Il contesto è quello di certe teorie sulla questione della nazionalità dei Tutsi congolesi. Le candidature dei Banyarwanda in generale e dei Banyamulenge in particolare furono rifiutate in occasione delle elezioni del 1982, 1987 e della Conferenza Nazionale Sovrana (CNS), perché erano considerati stranieri. La conseguenza logica di questa esclusione fu la loro non partecipazione all’Alto Consiglio della Repubblica – Parlamento di Transizione (HCR-PT), il Parlamento che sorse in seguito agli incontri della CNS. L’artefice di questa politica fu l’onorevole Anzuluni Bembe Isilonyonyo, originario di Fizi, ex presidente di questa istituzione, con il pieno sostegno degli eletti del Kivu, come succede ancora oggi a proposito della questione di Minembwe, 38 anni dopo.
In quel tempo, fu istituita una commissione d’inchiesta, la “Vangu Mambweni”, e le sue conclusioni non potevano essere diverse dall’obiettivo originale che era quello di denazionalizzare i Banyamulenge. Il vescovo di Uvira in quel tempo, Mons. Jérome Gapangwa, ne pagò il prezzo, essendo stato preso di mira da questa commissione che, composta principalmente da estremisti selezionati a tal fine, approvò una parodia di Risoluzione, secondo la quale il Vescovo, membro della comunità dei Banyamulenge, fu dichiarato straniero e accusato di voler creare l’immaginario “Impero Hima-Tutsi”. Questo fu l’argomento invocato, in quel tempo, per attaccare politicamente la sua comunità. In seguito, la società civile iniziò una campagna talmente infamante contro di lui a tal punto che, caduta nella trappola, la Santa Sede lo ritirò. Oggi, come allora, si ricorre al tema della balcanizzazione per giustificare la battaglia contro Minembwe.
Fu in questo contesto che scoppiò la guerra del 1996 con una quadrupla convergenza di interessi:
i. Tutti i congolesi erano indistintamente stanchi dei 32 anni di dittatura di Mobutu,
ii. I Banyamulenge, dichiarati stranieri nel proprio paese, erano minacciati di espulsione,
iii. Il regime ruandese si sentiva minacciato dalla presenza dei responsabili del genocidio del 1994  nei campi dei rifugiati ruandesi, allestiti nei pressi delle sue frontiere in uno stato disorganizzato,
iv. Le potenze occidentali volevano una nuova leadership alla guida dello Zaire.
Occorre ricordare che il fattore scatenante della guerra del 1996 fu la sfortunata decisione dell’HCR-PT di espellere i Banyamulenge dalla RDC.
Dopo il 1996, le successive ribellioni, manipolate dalle potenze militari regionali, hanno continuato a dare un colpo fatale alla convivenza tra le diverse comunità locali, esacerbando i conflitti etnici e strumentalizzandoli contro i Banyamulenge.
Il risentimento contro i Banyamulenge si è basato su ciò che è considerato come un fallimento degli estremisti, in seguito al ritorno dei Banyamulenge nel cerchio nazionale, dopo l’accordo globale e inclusivo stipulato a conclusione dei negoziati di Sun City e di Pretoria (Sud Africa) nel 2002. Avendo ciò risvegliato i vecchi demoni in letargo degli anni Mulelisti, ossia lo spirito Mayi-Mayi, ritornano ad apparire delle milizie che, fomentate e appoggiate  dalle comunità vicine, incitano all’esclusione o addirittura all’espulsione dei Banyamulenge dalla RDC.
La storia si ripete. Il figlio di Anzuluni Bembe, Floribert Anzuluni, membro del movimento civico Filimbi, paravento di certi politici del Kivu e fedele erede dell’ideologia del progetto paterno di portare a termine l’opera iniziata dalla famiglia nei primi anni 1990, non ha mai smesso di parlare a favore dei mayi-mayi e contro il comune di Minembwe. Tal padre, tal figlio! si dice.
Recentemente, la violenza che imperversa sugli altopiani da aprile 2017, ha visto nascere un’innaturale alleanza delle milizie Mai-Mai con i ribelli burundesi sostenuti dal Ruanda, per combattere i Banyamulenge. Varie decine di migliaia di mucche vengono sistematicamente rubate e vendute in tutta la provincia. Persino i servizi dello stato ne riscuotono le tasse. Anche degli ufficiali dell’esercito regolare sono stati arrestati, per aver distribuito delle munizioni alle milizie Mayi Mayi che hanno attaccato i villaggi dei Banyamulenge.
Nel paragrafo 2 della dichiarazione, ci sono delle cose non vere. In effetti, nel Decreto Matata del 13 giugno 2013, non esiste alcun comune che comprenda le località citate nella dichiarazione. Si tratta, quindi, di una totale confusione.
Nel terzo punto della dichiarazione, viene aperta una lunga e tragica pagina della contestazione della cittadinanza dei Banyamulenge. Vi si parla di due tipi di popolazioni. Quella che si considera come propria: “la (nostra) popolazione umiliata”, e le altre, identificate come congolesi di “origine ruandese” e di etnia tutsi. Si tratterrebbe di una seconda categoria alla ricerca di terre e richiedente di una nazionalità, con una precisazione aggiuntiva: se la nazionalità può essere attribuita a dei richiedenti meritevoli, l’assegnazione di terre è tuttavia inconcepibile. Questi commenti sono estremamente inaccettabili, perché contribuiscono a contrapporre ulteriormente le varie comunità.
Vorrei dire che, come rappresentante ufficiale della mia comunità alle riunioni di Sun City e del Parlamento di transizione, ho votato in modo inequivocabile contro l’articolo 10 della Costituzione del nostro paese com’era stato adottato dal parlamento di transizione, perché proponevo di mantenere il riferimento alla data del 1885, anno dell’accordo di Berlino sulla suddivisione dell’Africa. Dico questo per prevenire i manipolatori che vogliono far credere che, nel 1960, si distribuì la nazionalità ai Banyamulenge. Ciò che io dissi quel giorno: “i Banyamulenge non hanno mai chiesto alcuna nazionalità, non la chiedono e non la chiederanno mai, poiché sono dove sono da quando si erano fissati i confini di ciò che è diventato il Congo nel 1885”, aveva ricevuto il frenetico applauso degli onorevoli colleghi dell’emiciclo di Palazzo del Popolo.
Le insinuazioni contenute nel paragrafo possono creare confusione e causare il peggio. Discorsi di questo tipo possono incitare certe comunità contro quella incriminata, considerata come una minoranza di fatto da attaccare. I mayi-mayi, e i loro alleati burundesi di Red Tabara, che da quasi 4 anni stanno conducendo una spietata guerra contro i Banyamulenge aspettano solo questo tipo di discorsi per mobilitarsi maggiormente e intensificare i massacri e i saccheggi.
In conclusione, penso che sia ancora possibile riparare i danni causati dalla dichiarazione, per camminare insieme e contribuire alla costruzione della pace nei territori di Fizi, Uvira e Mwenga.[7]

[1] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 20.10.’20
[2] Cf Colette Braekcman – lesoir.be, 07.10.’20
[3] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 27.10.’20; Radio Okapi, 28.10.’20; Merveil Molo – 7sur7.cd, 28.10.’20
[4] Cf Actualité.cd, 27.10.’20; Elysée Odia – 7sur7.cd, 27.10.’20
[5] Cf Bertin Bulonza – Laprunellerdc.info, 05.10.’20 ; Jordan Mayenikini – Actualité.cd, 05.10.’20; Afriwave.com, 07.10.’20  https://www.afriwave.com/2020/10/07/rdc-affaire-minembwe-mgr-sebastien-joseph-muyengo-interpelle-felix-tshisekedi-et-les-politiques-du-kivu/
[6] Cf Laprunellerdc.info, 08.10.’20
[7] Cf Laprospériteonline.com, 16.10.20   https://laprosperiteonline.net/2020/10/16/top/minembwe-enock-ruberangabo-sebineza-ecrit-a-mgr-sebastien-joseph-muyengo/