Editoriale Congo Attualità n. 379 / A cura di Rete Pace per il Congo
Con l’organizzazione delle elezioni indirette dei senatori nazionali e dei governatori delle province, rispettivamente il 15 marzo e il 10 aprile, si è praticamente concluso il ciclo elettorale a livello nazionale e provinciale. È quindi opportuno fare una prima valutazione.
Prima priorità: l’organizzazione delle elezioni locali
Nella convinzione che, in una dinamica democratica, i cambiamenti politici si attuano a partire dalla base e attraverso la via delle elezioni, sarebbe opportuno pensare già alla preparazione delle prossime elezioni locali. Secondo il calendario elettorale, esse avrebbero dovuto essere state indette il 18 marzo scorso e organizzate il 22 settembre prossimo. Si è quindi già in ritardo, ma ciò non può essere un motivo sufficiente per gettarle nel dimenticatoio. Tanto più che la Commissione elettorale dispone già di gran parte dei mezzi per organizzarle (computer per la registrazione dei nuovi elettori, urne, cabine elettorali e macchine per votare).
Poiché le elezioni locali non sono ancora mai state organizzate, la Commissione elettorale dovrebbe farne una priorità e potrebbe prevederle, tenendo conto del ritmo elettorale sopra proposto,
per il primo trimestre 2021, cioè verso la metà dell’attuale legislatura a livello nazionale (Presidenza della Repubblica e Parlamento). In tal modo, la Commissione elettorale potrebbe disporre di circa due anni e mezzo per preparare le prossime elezioni presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali, previste costituzionalmente per fine 2023.
Seconda priorità: il ritorno ad elezioni presidenziali a due turni
Dopo la constatazione dell’inadeguatezza di elezioni presidenziali a suffragio universale diretto a un solo turno e dell’enorme difficoltà di organizzare troppe elezioni nello stesso giorno, come avvenuto il 30 dicembre scorso, sarebbe necessario pensare a un nuovo calendario elettorale che tenga conto dell’insieme delle elezioni,
Soprattutto per quanto riguarda il primo punto, si può constatare che, in un contesto di bassa affluenza alle urne e di elezioni a maggioranza relativa, il rischio è che il Presidente della Repubblica sia eletto da un gruppo minoritario di cittadini. Inoltre è opportuno ricordare che la costituzione del 2006 prevedeva che il Presidente della Repubblica fosse eletto a maggioranza assoluta e che, nel caso in cui tale maggioranza non fosse raggiunta, si procedesse a un secondo turno in cui sarebbe stata sufficiente la maggioranza relativa. Nel 2011, in seguito a una discutibile revisione costituzionale, il Parlamento stabilì che il Presidente fosse eletto a maggioranza relativa in elezioni a un solo turno.
Sapendo che l’attuale legislatura arriverà a suo termine alla fine dell’anno 2023, si potrebbe pensare a un calendario elettorale che possa prevedere un ciclo elettorale suddiviso in tre momenti, come d’altronde previsto nella costituzione del 2006: 1) primo turno delle elezioni presidenziali abbinato alle legislative nazionali, 2) secondo turno delle presidenziali abbinato alle legislative provinciali, 3) elezioni locali.
Considerando che, come previsto dalla costituzione del 2006, il secondo turno delle presidenziali deve svolgersi quindici giorni dopo il primo turno, ne deriva che le legislative nazionali e provinciali dovrebbero svolgersi nello stesso periodo di tempo. Le elezioni locali potrebbero essere collocate a metà legislatura, cioè a una distanza approssimativa di due anni e mezzo prima delle elezioni presidenziali e legislative seguenti.
Questo ritmo elettorale richiederebbe che la Commissione elettorale aggiornasse il registro elettorale (liste degli elettori) ogni due anni e mezzo, prima di ogni scadenza elettorale, senza dover procedere a una nuova operazione di registrazione di tutti gli elettori.
Disponendo già di un registro elettorale, sarebbe sufficiente che la Commissione elettorale trasmettesse ad ogni centro di registrazione le rispettive liste degli elettori, le esponesse al pubblico, le pubblicasse sul suo sito web e, in collaborazione con le autorità locali, apportasse le dovute modifiche (eliminazione dei nominativi degli elettori defunti, registrazione dei nuovi maggiorenni, cambi di residenza, …).
Il ritorno allo schema elettorale previsto dalla costituzione del 2006 implicherebbe una nuova revisione della costituzione e della legge elettorale attualmente in vigore, il che dovrebbe essere una delle priorità dell’attuale Parlamento.
Terza priorità: la ristrutturazione della Commissione elettorale
Inoltre, sarebbe auspicabile che l’attuale Parlamento procedesse a una coraggiosa revisione della legge sull’organizzazione e il funzionamento della Commissione elettorale, in vista di una maggior indipendenza di quest’ultima nei confronti del potere esecutivo.
Secondo la legge attualmente in vigore, “la Commissione elettorale è composta da tredici membri. Dieci sono designati dalle forze politiche che compongono l’Assemblea Nazionale. Tra essi, sei delegati, tra cui due donne, sono designati dalla maggioranza e quattro, tra cui una donna, sono designati dall’opposizione. Gli altri tre membri sono designati dalla società civile, comprendente le confessioni religiose, le organizzazioni femminili per la difesa dei diritti delle donne e le organizzazioni di educazione civica e elettorale.
La Commissione elettorale comprende due organi: l’Assemblea plenaria e il Comitato di presidenza.
L’Assemblea plenaria comprende tutti i tredici membri della Commissione.
Il Comitato di presidenza è composto da sei membri: un presidente, designato dalla società civile; un vicepresidente, designato dalla maggioranza; un relatore, designato dall’opposizione politica; un vice relatore, designato dalla maggioranza; un questore, designato dalla maggioranza; un vice questore, designato dall’opposizione politica”.
Per un’istituzione di appoggio alla democrazia, com’è la Commissione elettorale, questa composizione risulta essere troppo politica, a favore della maggioranza e a scapito dell’opposizione e della società civile.
Si potrebbe quindi pensare ad una sua composizione diversa. Su un totale di tredici membri della plenaria, cinque potrebbero essere designati dalla Società Civile, quattro dalla Maggioranza e altri quattro dall’Opposizione. Per quanto riguarda i sei membri del Comitato Direttivo, due potrebbero essere scelti tra i delegati della Società civile, altri due tra i delegati della maggioranza e i restanti due tra i delegati dell’opposizione. Ciascuna delle tre componenti (Società Civile, Maggioranza e Opposizione) avrebbe diritto a un titolare e a un vice.
Questa composizione più paritaria ed equa potrebbe contribuire a una maggiore indipendenza della Commissione elettorale e a una sua maggior trasparenza, soprattutto per quanto riguarda la pubblicazione dei risultati elettorali che dovrebbe essere effettuata in modo dettagliato (seggio elettorale per seggio elettorale, circoscrizione elettorale per circoscrizione elettorale) non solo nei centri di voto, ma anche sul suo sito web, ciò che non è stato fatto per le elezioni presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali del 30 dicembre scorso.