Editoriale Congo Attualità n. 363 – a cura di Rete Pace per il Congo
Il 24 agosto, la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) ha pubblicato la lista provvisoria dei candidati per le elezioni presidenziali e legislative nazionali.
Delle 25 candidature pervenute alla CENI per le elezioni presidenziali, 19 sono state dichiarate ammissibili e 6 inammissibili. Tra i candidati esclusi dalla competizione elettorale: Jean Pierre Bemba, candidato per il Movimento di Liberazione del Congo (MLC), un partito dell’opposizione.
Un altro membro dell’opposizione, Moïse Katumbi, designato candidato per “Insieme per il Cambiamento”, si trova in esilio in Belgio e non è riuscito a presentare il dossier della sua candidatura poiché, quando ha tentato di ritornare in patria per farlo, ne è stato impedito.
Sia Jean Pierre Bemba che Moïse Katumbi sono oggetto di procedure giudiziarie.
Due casi emblematici di esclusione
La candidatura di Jean Pierre Bemba non è stata convalidata dalla Commissione elettorale in seguito alla sua “condanna, a un anno di carcere e al pagamento di una multa di 30.000 euro, pronunciata contro di lui dalla Corte Penale Internazionale (CPI), per subornazione di testimoni”.
Jean Pierre Bemba potrà introdurre un ricorso in appello presso la Corte costituzionale. Infatti, se la legge elettorale congolese prevede l’esclusione, dalla competizione elettorale, delle persone condannate “in via definitiva” per “corruzione”, questa disposizione potrebbe non riguardare il suo caso, per due motivi. Primo: egli è stato condannato dalla CPI e in primo grado, non per “corruzione”, ma per “subornazione di testimoni” nell’ambito di un processo per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, da cui è stato recentemente assolto. Secondo: avendo fatto ricorso in appello, egli è ancora in attesa di una sentenza definitiva da parte della CPI.
Anche Moïse Katumbi, ex governatore dell’ex Katanga, è rimasto escluso dalla competizione elettorale perché, secondo l’opposizione, è vittima di un accanimento giudiziario intrapreso dall’attuale regime al potere contro di lui, per impedirgli di presentarsi come candidato alle prossime elezioni presidenziali.
Si potrebbe dire che le cause dei problemi giudiziari di Moïse Katumbi vanno ricercate in due date ben precise. Il 23 dicembre 2014, in un discorso tenuto a Lubumbashi, Moïse Katumbi fece ricorso all’immagine di un “terzo penalty discutibile”, per far riferimento a un’eventuale candidatura di Joseph Kabila per terzo mandato presidenziale, tassativamente non conforme alle disposizioni costituzionali. Il 30 marzo 2016, Moïse Katumbi è designato dal comitato politico del G7 come candidato alle presidenziali previste per il 27 novembre di quello stesso anno, ma la cui organizzazione rimaneva ancora molto incerta e ipotetica.
Infatti, in aprile 2016, Moïse Katumbi è accusato di reclutamento di mercenari e di attentato contro la sicurezza dello Stato. In maggio 2016, parte per l’Europa, in esilio. Circa un mese dopo, in giugno 2016, è condannato, in contumacia, dalla giustizia congolese, per appropriazione indebita di un edificio.
A questi problemi di carattere giudiziario, si aggiungono problemi di nazionalità. Secondo fonti giornalistiche, avrebbe perso la nazionalità congolese, essendo stato in possesso, per 17 anni, di una seconda nazionalità, ciò che non è permesso dalla costituzione congolese.
È del tutto legittimo discutere sulla strumentalizzazione o meno della giustizia e della Commissione elettorale da parte dell’attuale regime, ma la realtà è che queste due grandi personalità dell’opposizione, che avrebbero potuto ottenere un elevato consenso popolare al momento delle elezioni, rimangono, almeno per il momento, escluse dalla competizione elettorale.
Tuttavia, per Jean Pierre Bemba rimane ancora aperta la possibilità, anche se molto incerta, di esservi reintegrato, in seguito al ricorso in appello presso la Corte costituzionale.
Invece, per quanto riguarda la situazione di Moïse Katumbi, sembra molto difficile che egli possa presentare la propria candidatura perché, prima di tutto, il tempo per farlo è già terminato e, in secondo luogo perché, i suoi ripetuti annunci (almeno 4 o 5) e tentativi di ritorno in patria non hanno finora dato alcun esito positivo. Inoltre, l’Ufficio stranieri in Belgio gli ha ultimamente ritirato il passaporto e la giustizia belga lo ha iscritto sul registro degli indagati per “falso” in passaporto.
L’opposizione di fronte a due sfide
Restano in lizza altre due figure importanti dell’opposizione: Félix Tshisekedi, presidente dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), e Vital Kamerhe, presidente dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC). Il primo gode di un’ampia popolarità ereditata dal padre Etienne Tshisekedi, storico rappresentante dell’opposizione congolese. Il secondo ha una lunga esperienza della vita politica del Paese.
– La principale sfida che l’opposizione deve ora affrontare con urgenza è quella di un’eventuale unica candidatura comune. Si tratta di una questione di massima importanza, in un contesto di elezioni presidenziali a suffragio universale diretto e a un solo turno, in cui il presidente della repubblica è eletto a maggioranza relativa. Di fronte al candidato unico del Fronte Comune per il Congo (FCC), coalizione formata dai partiti membri della Maggioranza Presidenziale (MP) e dai partiti dell’Opposizione membri dell’attuale governo, l’opposizione può sperare in una sua eventuale vittoria elettorale solo se riuscirà a optare per un unico suo candidato comune.
Qualora non vi riuscisse, è molto probabile che essa perda le elezioni, poiché ogni singolo candidato dell’opposizione, preso individualmente, non riuscirà a competere con il candidato unico di una coalizione così ampia come quella del FCC che comprende tutta la MP e la sedicente opposizione che partecipa al governo.
– Una seconda sfida che i partiti dell’opposizione dovranno affrontare con altrettanta urgenza è quella della designazione e formazione dei testimoni (osservatori) che saranno membri dei seggi elettorali nel corso dell’operazione elettorale propriamente detta. È ormai inutile che i partiti dell’opposizione si irrigidiscano in un atteggiamento di rifiuto dell’attuale registro elettorale e della macchina per votare. A meno di quattro mesi dalla data fissata per le elezioni, il 23 dicembre 2018, non c’è più il tempo materiale per prendere altre decisioni. L’unica cosa che resta ancora possibile è quella di assicurare un controllo rigoroso sulle liste degli elettori e sull’uso della macchina per votare, al fine di impedire ogni tentativo di brogli elettorali che potrebbe essere intrapreso dal regime attualmente al potere.