INDICE
EDITORIALE: DA UNA “TRANSIZIONE SENZA KABILA” A “ELEZIONI SENZA KABILA”
- LA MAGGIORANZA PRESIDENZIALE
- Il progetto di ristrutturazione del PPRD
- La conferenza stampa del Presidente Joseph Kabila
- Le precisazioni del portavoce della maggioranza presidenziale
- L’OPPOSIZIONE
- Un nuovo schema elettorale
- Il ritiro dell’ACO dal G7
- L’UDPS / Limete annuncia e rinvia l’organizzazione di un suo congresso straordinario
- LA COMMISSIONE ELETTORALE
- LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
EDITORIALE: DA UNA “TRANSIZIONE SENZA KABILA” A “ELEZIONI SENZA KABILA”
1. LA MAGGIORANZA PRESIDENZIALE
a. Il progetto di ristrutturazione del PPRD
Il 22 gennaio, oltre 300 membri del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD) hanno approvato un progetto di revisione degli statuti del partito. Tra le novità, il partito di Joseph Kabila sarà diretto da un presidente, assistito da un vicepresidente e da un segretario permanente. Secondo il nuovo testo, la direzione del PPRD sarà composta da tre organi: il Comitato politico, il Consiglio nazionale e il Segretariato permanente. Il PPRD è attualmente diretto da un segretario generale, Henri Mova Sakanyi, ex ministro ed ex ambasciatore della RD Congo in Belgio. L’attuale ristrutturazione è consecutiva al lavoro svolto da una commissione che era stata istituita dopo la pubblicazione del calendario elettorale nel mese di novembre 2017. «Non vedo chi possa prendere il posto di presidente del partito, se non Joseph Kabila», iniziatore di questo partito fondato il 31 marzo del 2002, ha affermato un membro del direttivo del PPRD. Lo statuto modificato dovrà essere approvato in occasione di un congresso che dovrebbe essere convocato per giugno – luglio 2018.[1]
Secondo alcuni membri dell’opposizione, questa nuova ristrutturazione del PPRD ricorda stranamente quella dell’ANC del Sud-Africa, dove le elezioni presidenziali sono … a suffragio indiretto e il presidente del partito che vince le elezioni legislative diventa automaticamente presidente del paese. Tutto ciò farebbe pensare ad un’eventuale referendum per una revisione della costituzione circa le modalità delle elezioni presidenziali (da dirette a indirette). Una possibilità molto accarezzata dalla maggioranza presidenziale già da molti mesi.
Il posto di presidente del PPRD spetterebbe naturalmente a Joseph Kabila stesso, dato che i nuovi statuti concedono la presidenza all’iniziatore del partito (che è Kabila stesso). Poiché ora è Presidente della Repubblica, sarà difficile per lui accumulare i due ruoli. Quindi, un vicepresidente (che lo stesso Kabila designerà e potrà destituire in qualsiasi incontro del Comitato politico, che si riunirà ogni tre mesi – art.42) servirà per tappare i buchi almeno fino alle prossime elezioni legislative. Date le ingenti spese inerenti all’organizzazione delle elezioni, si sopprimerebbero le elezioni presidenziali a suffragio diretto, per sostituirle con elezioni a suffragio indiretto. Il presidente del partito vincitore delle legislative diventerebbe anche presidente del paese. Ma per arrivare a questo, occorrerebbe un referendum. Non è ovvio, ma il PPRD si vedrebbe obbligato a passare attraverso questa tappa. Senza una modifica costituzionale, è impossibile per Kabila rimanere al potere.[2]
b. La conferenza stampa del Presidente Joseph Kabila
Il 26 gennaio, a Kinshasa, il presidente Joseph Kabila ha tenuto una conferenza stampa con giornalisti nazionali e internazionali.
«Da molti anni, vi è stato detto tutto tranne la verità», ha detto il Capo dello Stato, durante questa conferenza stampa, la prima dopo diversi anni.
Il presidente della RD Congo ha dapprima ricordato il contesto in cui è salito al potere nel 2001: «Occorre partire dall’inizio, dal 26 gennaio 2001. Dieci giorni prima di quella data, la Repubblica Democratica del Congo aveva appena perso il suo presidente, Laurent Désiré Kabila, assassinato». Ha proseguito dicendo che il Congo era stato diviso in diverse zone di infiltrazione, con degli “eserciti di occupazione” da nord a sud. Di fronte a tale situazione, era stato necessario avviare un processo di dialogo. «Non c’era alcuna prospettiva reale sull’esito di questo dialogo, sulla riunificazione del paese o sull’organizzazione delle elezioni», ha detto il Capo dello Stato, precisando che, «sul fronte economico, gli indicatori erano al rosso. Avevamo un debito estero di 14 miliardi di dollari (…). Un debito da pagare, anche se non era stato contratto dal presidente Laurent-Désiré Kabila, ma il Paese avrebbe dovuto pagarlo». Il presidente Kabila ha affermato di considerare come il suo più grande successo l’annullamento quasi totale del debito estero da parte delle Istituzioni internazionali e la “riunificazione del paese”.
Joseph Kabila ha inoltre sottolineato il fatto che la RD Congo abbia potuto dotarsi, sotto il suo governo, di una costituzione che approvata per via referendaria, ha consentito al Paese di organizzare le elezioni del 2006. «Sono stato l’unico a far campagna a favore di questa costituzione», ha dichiarato il presidente, affermando che, in quel tempo, la futura legge fondamentale era stata combattuta da quelli stessi, l’opposizione e la Chiesa cattolica, che oggi dicono di difenderla. Senza alcun dubbio, si tratta di un riferimento, tra gli altri e senza citarne il nome, al principale partito di opposizione, l’UDPS, che in quel tempo aveva boicottato il referendum per la sua approvazione popolare.
A una giornalista che gli ha chiesto se si candiderà per un terzo mandato presidenziale, mentre la costituzione congolese non permette a un capo di stato di candidarsi per più di due mandati consecutivi, Joseph Kabila l’ha rinviata alla stessa costituzione. «Qualcuno qui ha una copia della Costituzione? Gliela dia per favore», ha risposto il presidente Kabila, il cui secondo e ultimo mandato presidenziale è terminato in dicembre 2016.
A un altro giornalista che ha chiesto se il capo dello stato, 46 anni e al potere da 17 anni, intendesse indire un referendum per modificare la costituzione, al fine di poter ricandidarsi di nuovo alle prossime elezioni presidenziali, Joseph Kabila ha risposto: «La Commissione elettorale ha pubblicato il calendario delle elezioni. Non vi ho visto alcun punto sull’organizzazione di un referendum». Il calendario elettorale della Commissione elettorale prevede le elezioni presidenziali combinate con le legislature nazionali e provinciali per il 23 dicembre 2018.[3]
Il Presidente Kabila si è detto stupito della contrarietà al processo elettorale da parte di una frangia dell’opposizione e della società civile, tra cui il Comitato Laico di Coordinamento, un gruppo di cristiani impegnati della Chiesa cattolica: «Cosa propongono? Un salto nell’ignoto, senza basi e senza alcun fondamento giuridico, per quanto tempo e se funzionerà o meno. Da parte nostra, abbiamo un obiettivo chiaro: le elezioni. Cercare in tutti i modi di far deragliare il processo elettorale con proposte stravaganti è intollerabile. Se altri pensano di essere intelligenti, di avere delle idee per migliorare il processo elettorale, la porta è aperta. Li aspettiamo».
Interrogato sull’applicazione delle misure di rasserenamento del clima politico, il presidente ha risposto che «ci sono stati molti progressi e ce ne saranno degli altri». Tuttavia, egli si è chiesto: «Cosa si intende veramente per misure di rasserenamento del clima politico? Dovremmo forse liberare tutti i 10.000 prigionieri? Dovremmo avere 3.000 partiti politici?», ricordando inoltre che «la questione del rasserenamento del clima politico è gestita dal CNSA».
- Kabila ha presentato le sue condoglianze alle famiglie in lutto che hanno perso i propri cari durante le proteste del 31 dicembre e del 21 gennaio organizzate dal Comitato Laico di Coordinamento. Egli ha affermato che, «in una manifestazione pacifica, non ci dovrebbe essere alcun morto» e ha sottolineato che gli sbagli delle forze dell’ordine devono essere puniti. Tuttavia, secondo lui, anche gli organizzatori delle varie manifestazioni di protesta devono rispondere delle loro azioni davanti alla giustizia.
Il presidente ha affermato che l’autorità urbana ha il diritto di impedire una manifestazione, sebbene essa sia un diritto costituzionale. Secondo lui, l’approvazione, durante la sessione parlamentare di marzo, della legge sulle manifestazioni pubbliche potrà risolvere molte questioni: «Nostra missione sarà quella di far in modo che si possa evitare la perdita di vite umane, ma non necessariamente attraverso l’interdizione delle manifestazioni».
Il capo dello stato non è stato tenero nemmeno nei confronti della Chiesa cattolica. Senza nominarla direttamente, l’ha chiaramente presa di mira quando ha affermato che è necessario «dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Non si possono confondere i due piani (politica e fede), perché i risultati saranno sempre negativi».
Egli ha fatto notare che parte della chiesa aveva contestato i risultati delle elezioni del 2006 e del 2011, con un chiaro riferimento implicito al cardinale Etsou e al cardinale Monsengwo): «Non ho la mia Bibbia a portata di mano … ma sembra che Gesù Cristo non ha mai presieduto una commissione elettorale».
Joseph Kabila ha avuto parole dure anche per la MONUSCO, accusandola di essere stata incapace di sconfiggere i gruppi armati, aggiungendo: «Abbiamo l’impressione che sia una missione con l’ambizione di rimanere in RD Congo, ma fino a quando? Non c’è nulla di nuovo in ciò che sto dicendo. È dal 2010 che chiedo un piano di disimpegno delle Nazioni Unite. Non esiste una co-gestione del paese con la MONUSCO».[4]
Joseph Kabila ha proposto una riflessione su un’eventuale scelta tra l’organizzazione delle elezioni e lo sviluppo, soprattutto pensando alle risorse umane e finanziarie necessarie. Secondo il presidente, il budget delle elezioni (oltre 1,2 miliardi di dollari) è molto elevato, ben superiore a quello richiesto per lo sviluppo del paese. Egli si è chiesto se la RD Congo possa continuare a dar l’impressione di un paese democratico organizzando elezioni o se essa debba cercare un equilibrio tra organizzazione delle elezioni e sviluppo.
«Oggi ci stiamo avviando verso la fine delle operazioni di registrazione degli elettori. Sono più o meno 46 milioni gli elettori già iscritti. In Angola erano 20 milioni. Nel Congo Brazzaville erano 1,2 milioni. In Gabon erano 500 o 600.000. In Kenya, erano 24 milioni, con un tasso di partecipazione del 30%, ciò che significa 8 milioni di elettori. Pertanto, in questo nostro paese, la Repubblica Democratica del Congo, con un territorio molto vasto, le elezioni sono un’operazione veramente complicata e abbiamo, quindi, il dovere di prepararle con grande attenzione. Il budget delle elezioni è di 1,2 miliardi di dollari. Lo dico spesso, in questo paese le elezioni iniziano a costarci molto più che lo sviluppo del paese. Ad un certo punto, dovremo prendere una decisione. Sarà necessario essere citati in tutto il mondo come un paese democratico o è lo sviluppo che conta? Altrimenti, si dovrà trovare un equilibrio tra i due», ha dichiarato Joseph Kabila, chiedendo di «prendere decisioni “coraggiose”, per non essere costretti a spendere tanto denaro solo per avere delle elezioni che costano 1,2 miliardi di dollari su un budget nazionale totale di 6 o 7 miliardi di dollari».[5]
c. Le precisazioni del portavoce della maggioranza presidenziale
Il mandato del presidente Joseph Kabila si è concluso nel mese di dicembre 2016, ma non ci sono state nuove elezioni. Ritardate e rinviate, le elezioni presidenziali dovrebbero finalmente aver luogo nel mese di dicembre 2018, ma alcuni ne dubitano. Se la Costituzione non permette a Joseph Kabila di candidarsi per un terzo mandato, l’opposizione teme che egli stia tentando di trovare il modo per continuare a rimanere al potere.
– A proposito di un eventuale terzo mandato presidenziale di Joseph Kabila, il portavoce della maggioranza presidenziale, André-Alain Atundu, ha affermato che, secondo una delle disposizioni dell’accordo di San Silvestro 2016, avendo terminato i suoi due mandati presidenziali , il presidente Kabila non può ricandidarsi una terza volta. Quindi, nelle condizioni attuali, egli non può presentarsi come candidato alle prossime elezioni presidenziali.
L’accordo di San Silvestro 2016 non è scaduto, anche se la data delle elezioni in esso previste per la fine del 2017 non è stata rispettata. Questo accordo è ancora valido e durerà fino alla fine dello svolgimento delle prossime elezioni.
– Per quanto riguarda il costo delle elezioni, André-Alain Atundu ha affermato che esse sono troppo costose, mentre lo sviluppo economico del paese è altrettanto importante.
Le elezioni costano sempre di più. Le prime, nel 2006, erano costate 350 milioni di dollari, le seconde, nel 2011, erano costate 450 milioni e attualmente 500 milioni. Tutto questo per un budget nazionale complessivo di 7 miliardi di dollari. Il governo ha preso delle disposizioni per fornire mensilmente al Commissione elettorale le risorse finanziarie di cui ha bisogno. La riflessione sulla riduzione del costo delle elezioni appare anche nel testo dell’accordo di San Silvestro 2016. La modalità del voto indiretto ridurrebbe il costo delle elezioni presidenziali. Questa modalità di elezione è applicata in Angola, in Sudafrica, negli Stati Uniti. Quindi, perché non pensare a questa possibilità anche per la RD Congo? Non dimentichiamo che le elezioni non sono un fine in se stesso. Il fine delle elezioni è quello di eleggere persone capaci di promuovere lo sviluppo del Paese. Non c’è contrapposizione tra elezioni e sviluppo.
Tuttavia, a dieci mesi prima delle elezioni, non è realistico pensare ad un cambiamento della modalità di voto. Per ora, si può solo rifletterci sopra. Per le prossime elezioni, c’è già un calendario elettorale. Cambiare la modalità di voto richiederebbe delle modifiche della Costituzione e un referendum, il che non è previsto, né nel calendario elettorale, né nel programma della Maggioranza. Infatti, la maggioranza si sta preparando per le elezioni così come previste nel calendario elettorale. Essa ha addirittura istituito un comitato elettorale e definito un programma d’azione.
– Per quanto riguarda l’idea di una transizione di due anni, con elezioni rinviate al 2019 e senza Joseph Kabila, come suggerito da Martin Fayulu, André-Alain Atundu ha dichiarato che essa non è in conformità né con la Costituzione, né con l’accordo di San Silvestro 2016. È impensabile. La maggioranza si sta già mobilitando per preparare le elezioni. La maggioranza presidenziale è nella logica del calendario pubblicato dalla Commissione elettorale che ha fissato le elezioni per la fine del 2018. L’opposizione, che non è pronta per le elezioni, passa quindi di contestazione in contestazione.
– A proposito di un eventuale referendum per modificare la Costituzione, egli ha fatto notare che tutti i firmatari dell’accordo di San Silvestro 2016: la maggioranza, l’opposizione e la società civile si sono impegnati a non modificare la Costituzione e a non a indire alcun referendum. La maggioranza non è nella logica di un referendum. Quelli che sostengono l’idea di un referendum non sono dei partiti firmatari dell’accordo, anche se alcuni di loro sono membri della maggioranza.[6]
In visita a Parigi, il portavoce della maggioranza presidenziale, André-Alain Atundu, ha accettato di rispondere alle domande di Le Point / Afrique:
– Per quanto riguarda la nomina del successore di Joseph Kabila e, quindi, del candidato della maggioranza presidenziale per le prossime elezioni presidenziali, André-Alain Atundu ha affermato che «la decisione sarà presa nel momento opportuno. Questo momento non è ancora arrivato. Si è istituito un comitato elettorale. C’è un programma d’azione. Il segretario generale della coalizione di maggioranza sta prendendo contatti con tutti i partiti membri. Non si tratta di nominare solo un candidato per le elezioni presidenziali, ma anche quelli per le altre elezioni (legislative nazionali e provinciali) che si terranno in un solo giorno, il 23 dicembre 2018.
Davanti alle due Camere del Parlamento riunite in congresso, il Presidente aveva già affermato: “Tutti quelli che si preoccupano del mio futuro devono sapere che l’avvenire dei membri delle Istituzioni dello Stato, eletti direttamente o indirettamente, è regolato dalla Costituzione” . Questa sua dichiarazione è stata ripresa dai firmatari dell’accordo del 31 dicembre 2016. Ciò significa che dopo due mandati, il presidente Kabila non può più ricandidarsi per un terzo mandato».
– Per quanto riguarda le manifestazioni organizzate dal Comitato Laico di Coordinamento il 31 dicembre e il 21 gennaio scorsi, André-Alain Atundu ha ricordato che, «da qualche tempo a questa parte, le autorità amministrative di Kinshasa e di altre città hanno interdetto le manifestazioni di carattere politico. Tale interdizione concerne indistintamente la maggioranza, l’opposizione e la società civile. Il comportamento dei cattolici deve essere conforme all’accordo vigente tra la RDCongo e lo Stato del Vaticano in cui si riconosce la libertà di religione e di culto, ma anche la laicità dello stato congolese. Con questo accordo, il Vaticano riconosce l’autorità dello stato sui cittadini congolesi. I cattolici, in quanto cittadini congolesi, devono sottomettersi all’autorità amministrativa. Per quanto riguarda l’uso, da parte delle forze dell’ordine, di gas lacrimogeni contro fedeli indifesi all’interno di alcune chiese, l’accordo citato riconosce l’inviolabilità dei luoghi di culto. Tuttavia, nello stesso tempo dice anche che i luoghi di culto non possono essere usati a fini politici. Per questo, occorre evitare ogni tipo di confusione tra una processione religiosa e una marcia politica. In nessun momento delle manifestazioni menzionate c’è stata la volontà di soffocare l’espressione della fede cattolica».[7]
2. L’OPPOSIZIONE
a. Un nuovo schema elettorale
Il 26 gennaio, in un seminario organizzato presso l’Università cattolica del Congo, il presidente del Partito Impegno per la cittadinanza e lo sviluppo (Ecidé), Martin Fayulu, ha presentato la sua attuale visione politica. Transizione senza Kabila, sospensione delle istituzioni della Repubblica, compreso il Parlamento anch’esso fuori mandato, ristrutturazione della Commissione elettorale, nuova operazione di identificazione e registrazione degli elettori e rinvio delle elezioni a dicembre 2019, questo è lo schema proposto dal deputato eletto di Kinshasa per il futuro della RDC. Questa opinione sarebbe condivisa dalla sua famiglia politica, il Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete cui Ecidé appartiene.
Secondo Martin Fayulu, è inaccettabile andare alle elezioni con il presidente Joseph Kabila alla guida del paese, avendo terminato il suo mandato presidenziale già in dicembre 2016 e oltrepassato il periodo di un anno supplementare previsto dall’accordo di San Silvestro 2016. Inoltre, il leader di Ecidé ritiene che le istituzioni dello Stato (senatori e deputati nazionali e provinciali) sorte dalle elezioni del 2006 e del 2011 abbiano già superato abbondantemente il limite del loro mandato e che debbano, quindi, essere sospese. Gli stipendi dei loro membri potrebbero così essere utilizzati per il finanziamento delle elezioni.
Secondo Martin Fayulu, il registro elettorale che la Commissione elettorale sta attualmente preparando è inaffidabile. Per poter organizzare bene le elezioni, egli propone quindi una nuova operazione di identificazione e di registrazione degli elettori, da realizzarsi in tre mesi e in modo simultaneo sull’intero territorio nazionale.
Questo schema elettorale non ha tuttavia incontrato il parere favorevole di un altro relatore invitato al seminario e membro della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo, P. Donatien Nshole, secondo cui il calendario elettorale pubblicato dalla Commissione elettorale deve essere rispettato, a condizione che l’accordo di San Silvestro 2016 venga rigorosamente applicato.[8]
Il movimento cittadino “Pace e Solidarietà” ha pubblicato i risultati finali del “voto cittadino” organizzato nel mese di novembre 2017, per scegliere un “Amministratore” che possa può guidare una transizione senza il presidente Joseph Kabila. Secondo il movimento “Pace e Solidarietà”, organizzatore di questo “voto cittadino” in patria e all’estero, l'”Amministratore” eletto svolgerebbe le funzioni di Capo dello Stato. Il risultato di questo “voto cittadino” è il seguente:
- Cardinale Laurent Monsengwo: 3.581.423 voti (34.22%)
- Dr. Dénis Mukwege: 1.934.254 voti (18,48%)
- Pastore André Bokundua: 808.052 voti (7,72%)
- Mons. Marcel Utembi: 799.646 voti (7,64%)
- Mons. Fridolin Ambongo: 717.137 voti (6,85%)
- Sig. François Biyombo: 517.215 voti (4,94%)
- Sig. Paul Nsapu: 481.837 voti (4,6%)
- Prof. André Mbata: 396.307 voti (3,79%)
- Sig. Christopher Ngoy: 361.747 voti (3,46%)
- Don Donatien Nshole: 320.070 voti (3.06%)
- Julienne Lusenge: 295.420 voti (2.82%)
- Madeleine Kalala: 254.181 voti (2,43%)
Nella RD Congo, al voto hanno partecipato diversi movimenti cittadini, tra cui Filimbi, Lucha, Congolesi in piedi, Conto alla rovescia, È tempo, Risveglio cittadino congolese, etc.[9]
b. Il ritiro dell’ACO dal G7
Il 30 gennaio, in una lunga lettera indirizzata al presidente del G7 Pierre Lumbi, il deputato Dany Banza ha formalizzato il ritiro del suo partito, l’Avvenire del Congo (ACO), dal G7 che appoggia la candidatura di Moïse Katumbi per le prossime elezioni presidenziali:
«Il 10 ottobre 2015 veniva firmato l’atto costitutivo del “G7” con i seguenti obiettivi principali:
- La lotta per il rispetto della Costituzione del 18 febbraio 2006, in particolare sulla questione elettorale, inteso in quel momento sia in termini di data che di alternanza al potere;
- Il non ricorso al referendum per sbloccare gli articoli bloccati della Costituzione;
- La pubblicazione di un calendario elettorale che garantisse la prima alternanza pacifica nella storia della Repubblica Democratica del Congo;
- La partecipazione alle elezioni con un programma condiviso e un candidato comune alla presidenza della Repubblica.
Da allora, il G7 si è distinto per la sua partecipazione attiva all’interno dell’opposizione, in particolare:
– nel momento della creazione del Raggruppamento delle forze dell’opposizione acquisite al cambiamento, il “RASSOP”, guidato dal defunto presidente Etienne Tshisekedi, morto il 01 febbraio 2017, la cui lotta politica rimane memorabile e unica;
– nel momento della firma dell’accordo del 31 dicembre 2016, che non è ancora stato applicato nella sua interezza e globalità.
Tuttavia, due grandi eventi politici hanno marcato la fine del 2017: in primo luogo, la pubblicazione del calendario elettorale da parte della Commissione elettorale, che ha fissato le elezioni presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali per il 23 dicembre 2018 e, in secondo luogo, l’approvazione della legge che modifica e completa la legge elettorale 06/006 del 9 marzo 2006, introducendo una soglia di rappresentatività dell’1% a livello nazionale e del 3% a livello provinciale.
Il primo fatto ha aperto la strada a un processo elettorale che, almeno teoricamente, porta il nostro Paese verso l’alternanza ai vertici dello Stato tanto desiderata, un processo che ha chiaramente il tacito appoggio della popolazione congolese, che ha sete di elezioni e il sostegno dichiarato di tutta la comunità internazionale.
Il secondo fatto, cioè l’introduzione di una soglia di ammissibilità (di sbarramento), costituisce per noi un vero e proprio sconvolgimento politico, paragonabile alla firma dell’accordo di Sun City, perché annuncia un nuovo ordine politico in cui molte forze politiche spariranno e esige da tutte le formazioni politiche delle scelte decisive e cruciali per il loro futuro.
L’Avvenire del Congo “ACO” ritiene di aver adempiuto alla propria missione nei confronti del G7, almeno per quanto riguarda i suoi primi tre obiettivi sopra menzionati.
Per quanto riguarda il quarto obiettivo, la partecipazione alle elezioni con un candidato comune del G7 per la Presidenza della Repubblica, è facile constatare che si è arrivati a certe differenze difficili da conciliare, fino al punto che la nostra effettiva partecipazione al G7 è messa in discussione, tenendo conto anche del clima di sfiducia reciproca che si è creato con l’introduzione di riunioni selettive. Inoltre, le scelte che a suo tempo il G7 aveva fatto erano legate a condizioni specifiche, ma oggi la creazione del Raggruppamento dell’Opposizione, di cui il G7 è membro, richiede una logica di candidatura unica dell’opposizione per le elezioni presidenziali, in vista di massimizzare le possibilità di vittoria.
Ancor di più, il partito non dimentica da dove proviene e ricorda che è il suo peso politico che gli aveva permesso di essere dapprima membro del comitato politico della maggioranza presidenziale e del governo della Repubblica, poi membro del consiglio di presidenza del G7, del comitato politico del G7 e, infine, membro del Consiglio dei Saggi del Raggruppamento dell’Opposizione. Questo peso politico deve essere, se non migliorato, almeno preservato e questo è possibile solo attraverso un lavoro di sensibilizzazione della base nel profondo Congo, lavoro titanico, tenuto conto delle enormi dimensioni del paese e del poco tempo che rimane fino alle prossime elezioni.
Il partito rimane saldo nelle sue convinzioni, principalmente in quelle relative al principio democratico e all’alternanza politica … e persiste in questa posizione, perché focalizzato sulla vera aspettativa del popolo, quella di “elezioni libere, democratiche e pacifiche”. Un hai è meglio di due avrai, dice un proverbio. Abbiamo la data del 23 dicembre 2018 e, a nostro modesto parere, sarebbe necessario che tutte le forze della nazione lavorassero per evitare ogni altro rinvio di questo data.
Per non allontanarsi da questo obiettivo primordiale, gli sforzi fatti e la lotta intrapresa per l’applicazione delle misure di rasserenamento del clima politico previste dall’Accordo di San Silvestro 2016 devono essere concomitanti con la preparazione delle elezioni entro la suddetta data.
Le circostanze e il contesto politico che ci hanno uniti non essendo più gli stessi e alla luce delle ragioni sopra menzionate, principalmente quella relativa al disaccordo sull’articolo 7, punto 7, dell’atto costitutivo del G7 che chiede di: “presentare una candidatura comune e unica per le prossime elezioni presidenziali”, abbiamo il dovere di trasmettervi la decisione del partito l’Avvenire del Congo “ACO” sul suo ritiro volontario dal G7, in conformità con l’articolo 11, paragrafo 1, dello stesso atto costitutivo. Il partito ha bisogno, pur rimanendo nell’ambito dell’opposizione, di ricuperare tutta la sua autonomia, in modo da consentirgli di prendere, in modo indipendente, le decisioni ritenute più opportune per affrontare le sfide che gli si presentano».[10]
c. L’UDPS / Limete annuncia e rinvia l’organizzazione di un suo congresso straordinario
Il 1° febbraio, le tre tendenze dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) hanno partecipato rispettivamente a tre messe di ringraziamento, per onorare la memoria di Etienne Tshisekedi, il presidente del partito deceduto il 1° febbraio 2017 a Bruxelles (Belgio) e la cui salma rimane ancora conservata in un obitorio di quella città, in seguito alla persistenza di divergenze tra il governo, il partito e la famiglia biologica, circa le modalità dei funerali e il luogo di sepoltura.
La messa dell’UDPS / Limete si è svolta nella cattedrale di Notre Dame du Congo a Lingwala, la messa dell’UDPS / Tshibala ha avuto luogo a Notre Dame de Fatima a Gombe e quella dell’UDPS / Mubake si è celebrata nella chiesa di Christ Roi a Lemba.
Un anno dopo la morte di Etienne Tshisekedi, l’UDPS esiste ancora, ma più che mai diviso e ancora senza alcun presidente. Le prossime elezioni presidenziali sono previste per dicembre 2018, ma il partito si trova ancora senza presidente, perché non ha ancora organizzato alcun congresso per eleggerlo. Etienne Tshisekedi non è ancora stato sostituito alla guida del partito. Un partito che è anche vittima delle sue divisioni interne che, già implicite sin dal tempo in cui Etienne Tshisekedi era ancora in vita, sono poi esplose in modo esplicito dopo la sua morte. Esempio: Bruno Tshibala, compagno di viaggio di Etienne Tshisekedi, si disputa con il figlio di Etienne Tshisekedi, Felix, la leadership del partito, fino al punto di essere espulso dal partito stesso. Contro il parere dei suoi ex compagni, ha poi accettato l’incarico di Primo Ministro e, ultimamente, si è impegnato in una battaglia legale per recuperare a proprio favore il nome e la sede del partito. Privata di Etienne Tshisekedi, figura intransigente e mobilitante, l’UDPS non riesce più a portare in piazza né i suoi aderenti, tanto meno il popolo. «Abbiamo registrato vari fallimenti», ha ammesso uno dei responsabili del partito, riconoscendo che «i tempi in cui era sufficiente un semplice appello di Etienne appartengono ormai al passato».[11]
In un intervento video, il segretario generale dell’UDPS, Jean-Marc Kabund, ha dichiarato che il leader del Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete, Felix Tshisekedi, per molto tempo presentato come il candidato che suo padre aveva indicato per guidare il governo di transizione nel contesto dell’accordo di San Silvestro 2016, non era in definitiva la vera scelta di Etienne Tshisekedi. Jean-Marc Kabund ha affermato che Étienne Tshisekedi, leader storico dell’opposizione congolese e, in quel momento, presidente del Raggruppamento dell’Opposizione, non voleva che suo figlio fosse il candidato di questa coalizione al posto di Primo Ministro del governo di transizione. «Inizialmente, [Etienne Tshisekedi] aveva proposto il nome di Valentin Mubake come primo ministro. Non aveva affatto proposto [il nome di suo figlio, Felix Tshisekedi]», ha egli spiegato. Secondo Kabund, sono le varie componenti del Raggruppamento, tra cui il G7 e l’AR, che avrebbero minacciato di abbandonare la coalizione nel caso in cui Mubake fosse stato nominato Primo Ministro. «Il presidente Etienne Tshisekedi ha avuto molte difficoltà ad accettare il nome di Félix, suo figlio», ha egli insistito.
Valentin Mubake, ex vice segretario generale dell’UDPS, è stato espulso dal partito per avere contestato la nomina di Felix Tshisekedi a questo incarico, alla fine attribuito a un altro leader dell’UDPS, Bruno Tshibala.[12]
L’8 febbraio, a Kinshasa, il segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Jean Marc Kabund, ha annunciato che il partito terrà il suo congresso straordinario dal 26 al 27 febbraio 2018, per eleggere il suo nuovo presidente, in sostituzione di Etienne Tshisekedi, deceduto il 1° febbraio 2017. Sono previsti 617 delegati del partito e un centinaio di invitati. Il budget del congresso ammonta a circa 170.000 dollari che dovrebbero provenire dai contributi dei membri e attivisti del partito.
Jean Marc Kabund ha annunciato alcuni criteri per presentarsi come candidati alla presidenza dell’UDPS: essere di nazionalità congolese, essere membro dell’UDPS da almeno vent’anni, avere un livello di studi corrispondente almeno a un diploma, avere un’esperienza professionale e politica comprovata attraverso un percorso regolare all’interno dell’UDPS. Inoltre, Jean Marc Kabund ha dichiarato che «Félix Tshilombo, figlio di Étienne Tshisekedi, sarà ovviamente candidato alla presidenza del partito», aggiungendo che, «se sarà eletto presidente dell’UDPS, sarà pure candidato alla presidenza della Repubblica» . La candidatura di Félix Tshilombo è stata decisamente respinta da Tarcisse Loseke, presidente delegato dell’UDPS / ala Bruno Tshibala, precisando che «ogni successione dinastica a capo dell’UDPS è immorale e inammissibile».
Il segretario generale dell’UDPS ha ricordato che questo congresso straordinario è stato convocato in conformità con l’articolo 26 dello statuto del partito secondo il quale, “in caso di decesso, dimissioni, incapacità permanente e fine mandato del presidente del partito, un direttorio composto dal presidente della Convenzione democratica del partito, dal segretario generale del partito e dal presidente della Commissione elettorale permanente del partito, assume l’interim per un periodo non superiore a 30 giorni, alla fine dei quali esso convoca una sessione speciale del Congresso, per eleggere il nuovo presidente del partito”. Tuttavia, Jean Marc Kabund ha ammesso che la situazione è eccezionale, in quanto due dei tre membri del Direttorio nazionale abilitati per convocare un Congresso straordinario non sono più, secondo lui, in carica. D’altra parte, l’ala del partito fedele al primo ministro Bruno Tshibala ha già tenuto un proprio congresso e ha già nominato il sostituto di Etienne Tshisekedi.[13]
Il 12 febbraio, il portavoce dell’UDPS, Augustin Kabuya, ha annunciato che il congresso del partito, previsto per il 26-27 febbraio, è stato rinviato al prossimo mese di marzo. Il partito giustifica questo posticipo a causa della marcia dei cristiani cattolici prevista il 25 febbraio. «Occorre appoggiare la marcia organizzata dal Comitato Laico di Coordinamento (CLC) per il 25 febbraio e mobilitare la base dei nostri militanti affinché vi partecipi. Per questo, abbiamo rinviato il congresso al mese di marzo. La data sarà comunicata in un ulteriore comunicato», ha egli affermato. Secondo un comunicato reso pubblico dal dipartimento della comunicazione di questo partito di opposizione, è per creare un fronte comune di pressione sul potere di Kinshasa che l’UDPS dice di mobilitare i suoi combattenti: «Si chiede a tutti i combattenti di partecipare in modo massiccio alla marcia» annunciata dal CLC. Secondo vari osservatori, il partito sta incontrando molte difficoltà per ottenere i 170.000 $ preventivati dalla Commissione preparatoria per organizzare il Congresso. Scopo principale del congresso è di eleggere il successore di Étienne Tshisekedi, deceduto un anno fa in Belgio.[14]
3. LA COMMISSIONE ELETTORALE
Il 31 gennaio, il presidente della Commissione elettorale, Corneille Nangaa, ha annunciato la fine dell’operazione di identificazione e di registrazione degli elettori. Secondo le statistiche fornite, sono stati aperti 17.784 centri di iscrizione (CI) sui 17.759 previsti, ovvero 25 in più del previsto e si sono ordinati 54 milioni di certificati elettorali. Al 29 gennaio 2018, gli elettori registrati erano 46.021.454, di cui 24.231.197 uomini e 21.790.257 donne, cioè il 111,9% rispetto al numero di elettori previsti.
Corneille Nangaa ha precisato che i dati forniti sono ancora provvisori e che saranno inviati al centro di trattamento per ulteriore verifica.
Egli ha aggiunto che l’operazione di rielaborazione e di controllo dei dati sarà effettuata utilizzando il sistema di identificazione biometrica automatica denominato AFIS / ABIS. Questa operazione consisterà nell’individuare automaticamente i potenziali doppioni, mediante il confronto delle impronte digitali e delle fotografie, a partire dal database degli elettori e la conferma o meno dei duplicati rilevati (aggiudicazione).
Secondo Corneille Nangaa, le registrazioni dei minorenni verranno eliminate dal registro elettorale.
Nel caso dei doppioni, si manterrà come valida l’ultima registrazione di ogni persona che si sia iscritta due o più volte. I casi dei doppioni saranno comunicati alla giustizia.
Le operazioni di identificazione e di registrazione degli elettori erano cominciate il 31 luglio 2016 a Gabdolite, a nord di Ubangi. Sono durate quindi diciotto mesi.
Dopo tale operazione di registrazione degli elettori seguirà le seguenti fasi:
– la centralizzazione, elaborazione e verifica dei dati;
– la pubblicazione, il 6 aprile 2018, delle statistiche degli elettori, per entità;
– l’approvazione, il 23 aprile e la promulgazione, l’8 maggio, della legge sulla ripartizione dei seggi in parlamento;
– la realizzazione di un controllo esterno del registro elettorale, dal 6 al 25 maggio;
– la convocazione dell’elettorato, il 23 giugno;
– l’operazione di presentazione delle candidature per le elezioni provinciali, dal 24 giugno all’8 luglio;
– l’operazione di presentazione delle candidature per le elezioni presidenziali e legislative nazionali, dal 25 luglio all’8 agosto e
– la data delle elezioni (presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali), il 23 dicembre 2018.[15]
4. LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
Il 18 gennaio, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione in cui chiede al presidente congolese Joseph Kabila e al suo governo di garantire l’organizzazione delle elezioni presidenziali e legislative previste per il 23 dicembre 2018. Si è rammaricato che non si sia rispettata la data fissata per la loro organizzazione, cioè entro la fine dell’anno 2017, in conformità con l’accordo di San Silvestro2016. Il Parlamento europeo ha esortato il governo della RD Congo a garantire l’organizzazione di elezioni libere e inclusive, a pubblicare un budget elettorale realistico, a mettere a disposizione della Commissione elettorale tutti i mezzi necessari per organizzare le elezioni alla data prevista, a liberare i prigionieri politici e ad aprire le adeguate procedure giudiziarie nei confronti degli autori di violenze, in particolare quelle perpetrate durante la repressione del 31 marzo dicembre. Gli eurodeputati hanno sottolineato che qualsiasi contributo dell’UE al processo elettorale dovrebbe essere subordinato all’adozione, da parte del governo congolese, di queste misure concrete che dimostrino la sua volontà politica di organizzare le elezioni nel mese di dicembre prossimo.[16]
Il 20 gennaio, in un comunicato stampa congiunto, gli ambasciatori di Stati Uniti e Gran Bretagna, Jennifer Haskell e John Murton, hanno dichiarato la loro adesione all’appello per la piena attuazione dell’accordo di San Silvestro 2016 e il loro appoggio alle iniziative popolari che la incoraggiano, comprese le marce pacifiche organizzate dal Comitato Laico di coordinamento. I due paesi hanno affermato che l’attuazione dell’accordo è in corso, ma che è ancora imperfetta e hanno deplorato la mancata applicazione delle misure di rasserenamento del clima politico e la violenta repressione di manifestazioni pacifiche. I due ambasciatori di Stati Uniti e Gran Bretagna si sono detti convinti del fatto che l’Accordo del 31 dicembre 2016 sia la base essenziale per il primo trasferimento pacifico del potere nella storia della RD Congo. In questo contesto, hanno affermato di non appoggiare l’appello a una “transizione senza Kabila” guidata da personalità non elette. Questa posizione degli anglo-sassoni è stata fortemente criticata da alcuni movimenti cittadini che ritengono di avere il diritto di ricorrere all’articolo 64 della Costituzione, per ottenere le dimissioni del presidente Kabila, il cui mandato presidenziale è scaduto da dicembre 2016.[17]
Il 25 gennaio, in una lettera a Joseph Kabila, cinque senatori statunitensi hanno chiesto garanzie per un’effettiva organizzazione delle elezioni nella data stabilita dalla Commissione elettorale e hanno esortato il presidente congolese a dichiarare pubblicamente che non si candiderà alle prossime elezioni presidenziali. Appoggiando le dichiarazioni del Consiglio di Sicurezza, dell’Unione Africana, dell’Unione Europea e, più recentemente, della Chiesa cattolica sulla necessità di tenere le elezioni nella data indicata, i senatori statunitensi hanno chiesto «chiare garanzie sul fatto che il governo e la Commissione elettorale rispetteranno il calendario elettorale e non intraprenderanno alcuna azione che possa ritardare ulteriormente le elezioni», aggiungendo: «a tal fine, faremo in modo che il governo adotti le misure necessarie per attuare il calendario della Commissione elettorale, fornendo le risorse adeguate e approvando le leggi elettorali necessarie». I cinque senatori hanno insistito sul fatto che non solo si devono organizzare le elezioni, ma che si devono rispettare anche i criteri di libertà e trasparenza. Essi hanno fatto notare che la revisione della costituzione per concedere un altro mandato al presidente uscente sarebbe “controproducente” e hanno insistito sul fatto che Joseph Kabila dovrebbe esprimere pubblicamente il suo impegno a non farvi ricorso: «Qualsiasi tentativo di modificare la costituzione o di cambiare i limiti inerenti al numero dei mandati presidenziali sarebbe controproducente. I rappresentanti del suo governo continuano a ripetere che Lei si sta impegnando per la realizzazione di queste elezioni e che non intende oltrepassare il numero massimo di due mandati presidenziali previsto dalla costituzione. Le chiediamo quindi di fare una dichiarazione pubblica in tal senso». Secondo questi senatori, le misure di rasserenamento del clima politico, tra cui la liberazione dei prigionieri politici, la cessazione della repressione delle manifestazioni pubbliche e l’apertura dello spazio politico sarebbero dei segni chiari dell’impegno a lavorare per la promozione della democrazia nella RD Congo.[18]
[1] Cf Actualité.cd, 22.01.’18
[2] Cf Hubert Leclercq – La Libre / Afrique, 26.01.’18 https://afrique.lalibre.be/14197/rdc-changer-les-regles-du-jeu-pour-prolonger-kabila/
[3] Cf Radio Okapi, 26.01.’18
[4] Cf 7sur7.cd, 26.01.’18
[5] Cf Actualité.cd, 26.01.’18
[6] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 31.01.’18
[7] Cf J. J. Arthur Malu-Malu – Le Point/Afrique, 01.02.’18 http://afrique.lepoint.fr/actualites/andre-alain-atundu-il-ne-s-agit-pas-d-une-operation-de-persecution-des-chretiens-01-02-2018-2191391_2365.php
[8] Cf Adiac-Congo – Mediacongo.net, 27.01.’18
[9] Cf Stanislas Ntambwe – Le Potentiel – via Mediacongo.net, 06.02.’18
[10] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 31.01.’18 http://www.jeuneafrique.com/525683/politique/rdc-moise-katumbi-perd-un-allie-dany-banza-quitte-le-g7/
[11] Cf Radio Okapi, 01.02.’18; RFI, 01.02.’18
[12] Cf Politico.cd, 08.02.’18
[13] Cf Radio Okapi, 08.02.’18
[14] Cf Stanys Bujakera Tshiamala – Actualité.cd, 12.02.’18; Grevisse Tekilazaya – Cas-info.ca, 12.02.’18; Alphonse Muderhwa – 7sur7.cd, 12.02.’18
[15] Cf Gel Boumbe – diacenco.com, 01.02.’18; Radio Okapi, 01.02.’18
[16] Cf mediacongo.net, 18.01.’18
[17] Cf Israël Mutala – 7sur7.cd, 20.01.’18; Actualité.cd, 20.01.’18 https://actualite.cd/2018/01/20/rdc-usa-grande-bretagne-actions-pacifiques-respect-de-laccord-contribuent-processus-electoral/
[18] Cf Jacques Kini – Actualité.cd, 26.01.’18