Congo Attualità n. 303

INDICE

EDITORIALE: CRISI POLITICA E DIALOGO TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE → L’ULTIMA OPPORTUNITÀ

  1. LA CENCO CONTINUA LA SUA MISSIONE DI MEDIAZIONE TRA LA MAGGIORANZA E L’OPPOSIZIONE
    1. Il comunicato della CENCO
    2. Il comunicato della Presidenza della Repubblica
  2. LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE INTENSIFICA LA PRESSIONE
  3. LA FORMAZIONE D’UN NUOVO GOVERNO SOSPESA FINO ALLA CONCLUSIONE D’UNA NUOVA SESSIONE DI DIALOGO?

EDITORIALE: CRISI POLITICA E DIALOGO TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE → L’ULTIMA OPPORTUNITÀ

 

1. LA CENCO CONTINUA LA SUA MISSIONE DI MEDIAZIONE TRA LA MAGGIORANZA E L’OPPOSIZIONE

a. Il comunicato della CENCO

Il 2 dicembre, in un comunicato stampa sulla sua missione di mediazione tra le diverse parti politiche del Paese, la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) ha dichiarato che «questa sua missione è stata incoraggiata dal Presidente della Repubblica e da tutte le parti politiche che hanno partecipato al dialogo nazionale che si è svolto alla Cittadella dell’Unione Africana (UA), da un lato, e quelle che non vi hanno partecipato, dall’altro.

La CENCO ha incontrato tutte le parti implicate per ascoltarle, accogliere le loro proposte e conciliare i loro punti di vista, al fine di arrivare a una soluzione pacifica della crisi.

Questo lavoro ha rivelato molti punti di convergenza tra le diverse parti, ma anche delle discrepanze che richiedono un dialogo diretto sui seguenti punti:

1° Costituzione: la comprensione del concetto di rispetto della Costituzione e le sue implicazioni in relazione alla crisi attuale;

2° Processo elettorale: ordine di successione, calendario elettorale, finanziamento delle elezioni, indipendenza della Ceni e del CSAC;

  1. Funzionamento delle istituzioni durante il periodo di transizione;
  2. Misure di rasserenamento del clima politico;
  3. Meccanismo di controllo sull’attuazione dell’accordo politico;
  4. Modalità del compromesso politico da trovare.

Su queste divergenze, la CENCO ritiene che sia ancora possibile arrivare ad un compromesso politico attraverso un incontro a formato ridotto, se le parti si impegnassero a parteciparvi e dimostrassero la loro buona volontà. La CENCO rimane ancora a disposizione per portare il suo contributo di mediazione.

Il momento è grave. Pertanto, la CENCO invita tutte le parti al senso di responsabilità e alla buona volontà politica, per evitare che il nostro paese cada in una situazione incontrollabile».[1]

Il 2 dicembre, in un comunicato stampa firmato da Bruno Tshibala Nzenzhe, il Raggruppamento delle Forze politiche e sociali acquisite al cambiamento «ha rilevato con soddisfazione l’incessante implicazione dell’alta gerarchia della Chiesa cattolica nella ricerca di una soluzione adeguata alla crisi attualmente in corso nella Repubblica del Congo, una crisi che può provocare il caos. Il Raggruppamento appoggia l’iniziativa adottata dal mediatore per individuare i punti di convergenza e la ricerca di un consenso sui punti di divergenza sollevati.

A questo proposito, e data l’urgenza evidenziata dalla CENCO, il Raggruppamento ribadisce il suo impegno e la sua volontà, più volte espressa, di appoggiare gli sforzi fatti dalla CENCO, in vista dell’organizzazione di un dialogo veramente inclusivo.

Il Raggruppamento si mantiene a completa disposizione della CENCO per i negoziati diretti da essa proposti, al fine di raggiungere un compromesso politico globale che possa condurre all’effettivo svolgimento di elezioni democratiche, credibili, trasparenti e realizzabili nel più breve tempo possibile.

Il Raggruppamento chiede al popolo congolese e alla comunità internazionale di prendere in considerazione la sua costante disponibilità al dialogo, per trovare una soluzione pacifica prima della fine del secondo e ultimo mandato di Joseph Kabila, il 19 dicembre 2016, il che permetterebbe di evitare al Paese il caos voluto dalla sua famiglia politica».[2]

Il 2 dicembre, in un comunicato stampa firmato da Alexis Thambwe Mwamba, i delegati della maggioranza presidenziale che hanno partecipato al dialogo politico nazionale, hanno dichiarato che: «dopo aver preso conoscenza della dichiarazione pubblicata dalla CENCO, sulle convergenze e divergenze tra, da un lato, il consenso contenuto nell’accordo del 18 ottobre 2016 e, dall’altro, le forze politiche e sociali non firmatarie dell’accordo stesso; apprezzando gli sforzi forniti dalla CENCO per conciliare i punti di vista delle diverse parti; prendendo atto del fallimento della missione della CENCO, a causa delle eclatanti contraddizioni esistenti all’interno delle forze politiche e sociali non firmatarie dell’accordo politico e di alcune loro rivendicazioni non conformi allo spirito e alla lettera della Costituzione della Repubblica; deplorando il tempo perso inutilmente e che ha sconvolto il calendario politico concordato dalle parti che hanno partecipato al dialogo politico nazionale per la preparazione di un processo elettorale affidabile e pacifico, 1. dichiariamo di attenerci alle disposizioni dell’accordo politico del 18 ottobre 2016 e 2. invitiamo il Presidente della Repubblica, le altre istituzioni competenti e il facilitatore del dialogo politico a proseguire nell’attuazione di detto accordo».[3]

Il 2 dicembre, in un comunicato stampa firmato da Jean Lucien Bussa, l’opposizione politica firmataria dell’accordo del 18 ottobre ha affermato di accogliere con favore gli sforzi fatti dalla CENCO per cercare un consenso più ampio all’interno della classe politica congolese. Secondo il comunicato, «essa ha accolto con favore l’iniziativa della CENCO che invita tutti gli attori politici a lavorare insieme per raggiungere l’unico obiettivo dell’accordo: un’alternanza politica pacifica in un tempo ragionevolmente breve.

Ha auspicato la continuazione di una rapida ed efficace attuazione dell’accordo politico del 18 ottobre, che si propone di limitare e ridurre i numerosi ritardi accumulati rispetto alle scadenze costituzionali delle principali elezioni.

Ha affermato che ci sono solo undici mesi tra la nomina del nuovo primo ministro e la data di convocazione degli elettori, il 30 ottobre 2017 e ha quindi chiesto agli uni e agli altri di concentrare le loro energie in questa direzione. Per non allontanarsi dall’obiettivo di organizzare rapidamente le elezioni, ha chiesto a tutte le istituzioni di procedere ad una rapida ed effettiva attuazione dell’accordo politico del 18 ottobre 2016».

Nello stesso comunicato, i delegati dell’opposizione che hanno partecipato al dialogo della Cittadella dell’UA, hanno ricordato che «l’accordo politico del 18 ottobre 2016 ha permesso di individuare una prospettiva chiara e netta e di rassicurare il popolo congolese sulla questione dell’alternanza politica al potere. Lo stesso accordo ha permesso di identificato e formulare una programmazione completa per la continuazione del processo elettorale. Per quanto riguarda l’ordine di successione delle elezioni, l’obiettivo politico dell’organizzazione simultanea, nella stessa data, delle elezioni presidenziali, legislative e provinciali è quello di:

– Ridurre o minimizzare, per quanto possibile, i ritardi accumulati rispetto alle scadenze costituzionali delle principali elezioni;

– Permettere al Presidente della Repubblica eletto di potere nominare un Primo Ministro designato all’interno della maggioranza parlamentare sorta dalle elezioni legislative;

– Garantire il rinnovo delle due camere del Parlamento nello stesso periodo di tempo, o quasi, per risolvere definitivamente la questione dell’illegittimità delle istituzioni politiche;

– Rafforzare la nuova legittimità del Presidente della Repubblica e del Parlamento nazionale con quella delle istituzioni politiche provinciali, cioè , dei nuovi governatori provinciali e dei nuovi deputati provinciali. L’idea finale è quella di normalizzare il ciclo elettorale che è attualmente perturbato».[4]

Secondo il deputato Christophe Lutundula, membro del Raggruppamento, la missione di mediazione della CENCO non è ancora finita, ma continua per evitare il caos nel paese: «Contrariamente a certi commenti, la CENCO non ha ancora concluso la sua missione di mediazione. La CENCO non ha fallito nella sua missione. Attraverso la sua dichiarazione, la CENCO ci ha dato un rapporto intermedio per dirci questo: “ho ascoltato gli uni e gli altri, ho parlato con entrambe le parti. Ecco sei punti sui quali vi invito a sedervi intorno ad un tavolo per mettervi d’accordo e raggiungere un compromesso che possa permettere un’uscita pacifica dalla crisi, evitando al paese di cadere nel caos”. Quelli che dicono che la CENCO ha fallito nella sua missione di mediazione sono quelli che non vogliono una soluzione negoziata e pacifica».[5]

b. Il comunicato della Presidenza della Repubblica

Il 5 dicembre, secondo un comunicato firmato da Néhémie Mwilanya Wilondja, Direttore del Gabinetto della Presidenza della Repubblica, il Capo dello Stato, Joseph Kabila, «ha ricevuto in udienza una delegazione della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) che gli ha presentato un rapporto intermedio sulla sua missione di mediazione, consistente nel mantenere i contatti con gli esponenti dell’opposizione che non ha partecipato al dialogo, al fine di arrivare ad un consenso più ampio sull’accordo politico per l’organizzazione di elezioni pacifiche, credibili e trasparenti nella Repubblica Democratica del Congo, firmato 18 ottobre 2016 alla Cittadella dell’Unione Africana. Come promemoria, l’articolo 24 di tale accordo stipula che “il presente accordo rimane aperto alla firma di altri partiti politici, gruppi politici e altre organizzazioni della società civile che si impegnino a rispettarne tutte le disposizioni”.

La delegazione della CENCO ha terminato l’esposizione del suo rapporto auspicando che il lavoro iniziato possa proseguire il più presto possibile.

Reagendo a questo rapporto, dopo aver ottenuto le osservazioni del segretario generale della maggioranza presidenziale, il Capo dello Stato:

  1. Ha incoraggiato la CENCO a continuare la missione intrapresa e gli ha assicurato il pieno appoggio; 2. Ha attirato l’attenzione della CENCO sulla necessità di ottenere l’autenticazione formale dei documenti di lavoro forniti dalle varie componenti politiche e sociali implicate, firmatarie e non firmatarie dell’accordo politico;
  2. Ha ribadito il suo impegno a rispettare la Costituzione e l’accordo politico del 18 ottobre 2016 considerato, quest’ultimo, come documento di referenza (tabella di marcia) per la risoluzione delle divergenze in materia di organizzazione del processo elettorale nella Repubblica Democratica del Congo, essendo che le osservazioni degli uni e degli altri possono essere oggetto di discussione tra le diverse parti politiche e sociali coinvolte, per un eventuale arricchimento dell’accordo citato, secondo le modalità richieste;
  3. Ha chiesto che i vari gruppi e organizzazioni che incitano i loro membri all’uso della violenza, li invitino piuttosto alla calma».[6]

Il 6 dicembre, in un’intervista, il segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Jean-Marc Kabund, ha affermato che «Kabila deve per forza negoziare con il Raggruppamento dell’opposizione, al fine di raggiungere un accordo che non solo rispetti la Costituzione, ma che disinneschi una bomba che sta per esplodere.

Ciò che il Raggruppamento vuole ottenere attraverso il dialogo è un accordo con Kabila sul suo ritiro dal potere dopo il 19 dicembre. Se noi militiamo per il rispetto della Costituzione, è perché non vogliamo che Kabila rimanga in carica come presidente anche dopo il 19 dicembre. Quindi noi speriamo che Kabila firmi un accordo con noi, in cui egli si impegni a preservare la pace nel Paese dopo il 19 dicembre. Kabila non ha altra via d’uscita, se non quella di firmare un accordo con il Raggruppamento. Seduti intorno a un tavolo, fisseremo dei paletti per l’esercizio del potere dopo il 19 dicembre. Le nostre condizioni sono già note: Kabila non può candidarsi per un terzo mandato. Kabila non può modificare la Costituzione del nostro paese. Il periodo di transizione deve essere il più breve possibile, per permettere di passare rapidamente alle elezioni. Ma per quanto riguarda la gestione del Paese e gli animatori delle istituzioni che saranno istituite dopo il 19 dicembre, sarà nel corso del dialogo che si prenderanno le decisioni necessarie».[7]

Il 6 dicembre, i Vescovi della CENCO hanno continuato la loro missione di mediazione ricevendo i delegati delle varie componenti: il Raggruppamento dell’opposizione guidato da Etienne Tshisekedi, il Fronte per il rispetto della Costituzione guidato da Fidèle Babala, la Società civile guidata da Marie Madeleine Kalala e i co-moderatori del dialogo nazionale, Vital Kamerhe e Alexis Tambwe Mwamba.

Secondo Madeleine Kalala, l’8 dicembre inizieranno dei colloqui diretti tra i delegati dei firmatari dell’accordo del 18 ottobre e i delegati delle formazioni politiche e sociali che non hanno partecipato al dialogo politico nazionale. Ciascuna delle due componenti dovranno presentare una lista di 15 delegati che prenderanno parte alle discussioni.

Da parte sua, Alexis Tambwe Mwamba ha dichiarato che «l’incontro si svolgerà con la partecipazione di un numero ridotto di delegati e in un tempo relativamente breve. Non si tratta di un secondo dialogo, ma di un incontro per conciliare alcune divergenze. I lavori si svolgeranno presso il centro interdiocesano e non supereranno i tre giorni».[8]

Il 7 dicembre, nel corso di una conferenza stampa, il Presidente del Movimento Lumumbista Progressista (MLP), Franck Diongo, ha ritenuto che il ritiro del Presidente della Repubblica alla fine del suo secondo e ultimo mandato non è negoziabile. Il deputato nazionale membro del Raggruppamento ha accusato Joseph Kabila di essere il problema e la causa della situazione di stallo in cui si trova il processo elettorale. Secondo Franck Diongo, la soluzione è il suo ritiro dalla Presidenza: «il 19 dicembre 2016, alle 23:59, Kabila deve ritirarsi, in modo che il 20 dicembre ci siano altri leader, a cominciare dal Presidente della Repubblica (…). A partire dal 20 dicembre, la classe politica congolese si organizzerà per gestire la transizione senza Joseph Kabila». A proposito dei negoziati in corso tra il Raggruppamento dell’opposizione e il potere sotto la mediazione della CENCO, Franck Diongo ha affermato di non credere nella sincerità di chi è attualmente al potere: «Non credo che si possa arrivare ad una soluzione negoziata, perché l’opera di mediazione della CENCO resta sempre un’iniziativa di Kabila per smorzare la tensione prima del 19 dicembre».[9]

Né la firma dell’accordo politico del 18 ottobre, né la nomina di un Primo Ministro, ex membro dell’UDPS, non hanno permesso di risolvere la crisi politica in corso. Per prova, la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) è stata incaricata di risolvere le divergenze ancora esistenti tra la maggioranza presidenziale e il Raggruppamento dell’opposizione. L’obiettivo rimane un accordo più inclusivo che possa garantire un processo elettorale pacifico.

L’accordo politico risultante dal dialogo della Cittadella dell’Unione Africana non è riuscito a risolvere la crisi e, tanto meno, a garantire una transizione pacifica. Al contrario, la tensione politica ha raggiunto proporzioni allarmanti, giorno dopo giorno.

Percependo il pericolo incombente sul futuro del Paese e sotto la pressione degli Stati Uniti d’America, dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite, il Presidente della Repubblica Joseph Kabila ha chiesto alla CENCO di proseguire le consultazioni con il Raggruppamento dell’opposizione e con la maggioranza presidenziale, al fine di conciliare i loro punti di vista. Per evitare il caos, è necessario un accordo veramente inclusivo. È per questo che tutti i partner della RDC hanno accolto con favore la missione della CENCO e attendono con ansia le sue conclusioni.

Il Raggruppamento si è detto disponibile a dei negoziati con la Maggioranza Presidenziale (MP)che potrebbero sancire un’eventuale coabitazione per la gestione della transizione. Sarebbe l’unica via d’uscita dalla crisi. Tuttavia, già il 28 novembre, il Segretario Generale dell’UDPS, Jean-Marc Kabund, aveva affermato che tali negoziati devono necessariamente aver luogo prima del 19 dicembre. Altrimenti, il Raggruppamento troverebbe il modo per far rispettare la Costituzione.

Sarebbe questo il motivo del ritardo constatato nella formazione di un governo detto di “ampia unità nazionale”, nonostante la nomina, il 17 novembre, di Samy Badibanga come nuovo Primo Ministro. Logicamente, essendo il Raggruppamento dell’opposizione d’accordo per una coabitazione con la maggioranza presidenziale durante la transizione, esso dovrebbe fare parte di questo governo. Poiché i negoziati tra le due parti, attraverso la mediazione della CENCO, non sono ancora terminati, è chiaro che non si possa ancora procedere alla formazione del nuovo governo.[10]

2. LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE INTENSIFICA LA PRESSIONE

Il 1° dicembre, il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione in cui

«– constata che, negli ultimi due anni, il presidente Kabila ha cercato, con tutti i mezzi amministrativi e tecnici possibili, di ritardare le elezioni, al fine di rimanere al potere oltre la fine del suo mandato costituzionale;

– deplora il fatto che il governo e la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) non abbiano organizzato le elezioni presidenziali entro i tempi previsti dalla costituzione;

– sottolinea che al governo congolese incombe la responsabilità di creare, nel più breve tempo possibile, le condizioni propizie per lo svolgimento di elezioni trasparenti, credibili e aperte a tutti;

– insiste sul fatto che qualsiasi decisione di rinvio delle elezione deve essere presa nell’ambito di un dialogo politico tra le diverse parti, aperto a tutti, imparziale, trasparente e organizzato prima della fine del mandato del presidente Kabila, nel mese di dicembre 2016;

– accoglie con favore gli sforzi fatti dalla Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) per creare un consenso più ampio su una transizione politica;

– sollecita tutti gli attori politici ad impegnarsi per un dialogo pacifico e costruttivo, al fine di evitare un peggioramento della crisi politica attuale;

– invita le autorità e l’opposizione ad astenersi da qualsiasi atto di violenza o di provocazione e da qualsiasi azione o dichiarazione che potrebbero creare dei disordini;

– riconosce, nello stesso tempo, la necessità di un periodo di transizione durante il quale la Presidenza non può essere esercitata che sotto l’autorità di un Consiglio di transizione in cui l’opposizione abbia un ruolo di primo piano;

– si dice profondamente preoccupato per il deterioramento della situazione dei diritti umani e per il fatto che lo spazio politico è sempre più oggetto di restrizioni, mediante la strumentalizzazione del sistema giudiziario e gli atti di violenza e di intimidazioni perpetrati contro attivisti per i diritti umani, oppositori politici e giornalisti;

– ricorda l’impegno preso dalla RDCongo, nel quadro dell’accordo di Cotonou, di rispettare i principi della democrazia, dello Stato di diritto e della promozione dei diritti umani, tra cui la libertà di espressione, la libertà dei media, il buon governo e la trasparenza dei ruoli politici;

– chiede la liberazione immediata e senza condizioni di tutti i prigionieri politici e invita le autorità a revocare immediatamente tutte le restrizioni alla libertà dei media;

– chiede all’Unione Europea di prendere misure più concrete, al fine di avviare immediatamente la procedura prevista all’articolo 96 dell’accordo di Cotonou e di imporre precise sanzioni, tra cui il non rilascio dei visti e il congelamento dei beni, agli alti funzionari e agli ufficiali delle forze armate responsabili della repressione violenta delle manifestazioni e dello stallo politico che impedisce una transizione del potere pacifica e rispettosa della Costituzione, tra cui Kalev Mutond (capo dell’agenzia nazionale di intelligence), il generale John Numbi (ex capo della polizia nazionale congolese), il generale Gaston Ilunga Kampete (comandante della guardia repubblicana), il generale Gabriel Amisi Kumba (comandante della prima zona di difesa delle FARDC) e il generale Célestin Kanyama (capo della polizia di Kinshasa);

– chiede un’inchiesta completa, approfondita e trasparente sulle violazioni dei diritti umani commesse durante le manifestazioni, al fine di individuarne i responsabili e di consegnarli alla giustizia».

Questa risoluzione sarà sottoposta al Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri europei esteri del 12 dicembre, in cui sarà discusso, tra altri, il caso della RDCongo, affinché possano prendere le decisioni appropriate.[11]

Il 1° dicembre, in una dichiarazione sulla situazione della Repubblica Democratica del Congo, l’Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri, Federica Mogherini, ha affermato che «l’unico modo per garantire la stabilità nella RDCongo è quello di garantire, per la prima volta nella sua storia, una transizione democratica.

Una conferma chiara e netta da parte del Presidente Kabila – sul suo impegno a rispettare i limiti previsti dalla costituzione a proposito del mandato presidenziale e a non modificare l’attuale Costituzione durante il periodo di transizione – contribuirà a calmare la situazione.

Derogare alle scadenze costituzionali – anche se tecnicamente è ormai inevitabile – non è possibile che sulla base di un accordo veramente inclusivo che garantisca un periodo di transizione pacifica e il più breve possibile. È per questo che l’Unione Europea ha sostenuto l’iniziativa di un dialogo facilitato dall’Unione Africana.

L’accordo politico del 18 ottobre rischia, tuttavia,di non soddisfare queste aspettative. Pertanto, continueremo a sostenere pienamente gli sforzi fatti dalla Conferenza dei Vescovi del Congo, per rendere l’accordo politico più robusto e inclusivo. Invitiamo sia il governo che l’opposizione a cooperare in modo costruttivo in questa direzione.

L’Unione Europea si impegna, con i suoi partner, a fare in modo che il ciclo elettorale e il ruolo della Commissione Elettorale siano rafforzati. Solo in tale contesto e sulla base di un accordo veramente inclusivo, l’UE prenderà in considerazione la possibilità di un sostegno finanziario alle elezioni. Grande è il rischio che, in occasione del 19 dicembre, si possa assistere ad un aumento della violenza, soprattutto dopo la sanguinosa repressione del 19 e 20 settembre, che ha lasciato sulle strade di Kinshasa più di 50 morti. Un rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani identifica chiaramente le responsabilità dell’apparato di sicurezza dello Stato.

Purtroppo, anche nelle ultime settimane si sono registrati numerosi atti di repressione perpetrati contro membri dell’opposizione e della società civile, tra cui arresti in gran parte ingiustificati, chiusura o disturbo di emissioni radio, tra cui RFI. L’Unione Europea lancia un chiaro invito al nuovo governo affinché rispetti i diritti umani e le libertà fondamentali e garantisca la sicurezza senza ricorrere alla repressione».[12]

Il 5 dicembre, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (ONU) ha chiesto agli attori politici congolesi di «lavorare in buona fede e in uno spirito di compromesso, per trovare una rapida soluzione politica prima del 19 dicembre», data che segna la fine del secondo e ultimo mandato presidenziale di Joseph Kabila. In una dichiarazione rilasciata a New York, il Presidente del Consiglio di Sicurezza, Román Oyarzun Marchesi, ha detto di sperare che questa collaborazione permetta «l’organizzazione, il più presto possibile o, almeno, entro un tempo accettabile, di elezioni pacifiche, credibili, aperte a tutti».

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è detto preoccupato «per il fatto che la mancanza di una soluzione tempestiva e consensuale alla crisi politica in corso rischia di destabilizzare il paese e la regione nel suo complesso, come dimostrato dalle violenze del 19 e 20 settembre».

Román Oyarzun Marchesi ha elogiato gli sforzi di mediazione attualmente intrapresi dalla Conferenza Episcopale Nazionale del Congo e l’ha incoraggiata a proseguire la sua azione a favore della conciliazione.

Il Consiglio di Sicurezza ha dichiarato di avere preso atto dell’accordo politico, firmato il 18 ottobre a conclusione del dialogo politico, e della nomina di un nuovo Primo Ministro.

Secondo Román Oyarzun Marchesi, il Consiglio di Sicurezza si è sentito «incoraggiato per l’impegno unanime dimostrato dagli attori congolesi per impedire la destabilizzazione (…) e garantire la stabilità, lo sviluppo e il consolidamento della democrazia costituzionale». Nel suo discorso, il Presidente del Consiglio di Sicurezza ha chiesto alle parti politiche che non hanno firmato l’accordo politico del 18 ottobre, di «continuare a partecipare al dialogo».

Il Consiglio ha inoltre esortato il governo e le altre parti interessate a creare le condizioni necessarie per garantire la libertà di opinione e di espressione, la libertà di riunione e di accesso equo ai media, tra cui i media di stato.

Secondo Román Oyarzun Marchesi, le autorità devono rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali. Inoltre, il Consiglio di Sicurezza ha esortato l’opposizione ad «agire in modo responsabile, assicurando la natura pacifica delle loro manifestazioni».

Il Consiglio di Sicurezza ha invitato tutti i partiti politici a far prova di moderazione nelle loro azioni e dichiarazioni, affinché non facciano ricorso alla violenza, al linguaggio violento o alla provocazione. Esso ha infine invitato i leader dei partiti politici e i loro membri a «risolvere le loro divergenze con mezzi pacifici».[13]

Il 5 dicembre, l’ambasciatore Matthew Rycroft, rappresentante permanente del Regno Unito presso le Nazioni Unite, durante il briefing del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla Repubblica Democratica del Congo, ha affermato che «ci sono solo due settimane prima della fine del secondo mandato del presidente Kabila. Due settimane per prevenire ulteriori violenze, altri morti, più conflitti in un paese che ha già troppo sofferto. Quindi, ora, in questa sessione, abbiamo la possibilità di inviare un chiaro messaggio al Presidente Kabila: faccia la scelta giusta. Rispetti la Costituzione, rispetti il popolo congolese, accetti il limite costituzionale di due mandati presidenziali. Si impegni a non candidarsi (per un terzo mandato incostituzionale). Assicuri che le elezioni siano organizzate il più presto possibile. La Costituzione è chiara: il secondo mandato del Presidente Kabila termina il 19 dicembre. La limitazione costituzionale a un massimo di due mandati non può essere modificata. Il governo deve quindi raggiungere un accordo politico consensuale e conforme alla Costituzione, prima di tale data. In realtà, non c’è altra opzione possibile».[14]

3. LA FORMAZIONE D’UN NUOVO GOVERNO SOSPESA FINO ALLA CONCLUSIONE D’UNA NUOVA SESSIONE DI DIALOGO?

Il 20 novembre, circa le dimensioni del nuovo governo Badibanga, il deputato nazionale eletto nella circoscrizione di Uvira (Sud Kivu), Justin Bitakwira, ha affermato che il nuovo governo dovrà comprendere un maggior numero di posti ministeriali in rapporto a quello di Matata Ponyo, che ne comprendeva 48 (tre vice primi ministri, due ministri di stato, trentatre ministri e dieci viceministri): «Occorrerebbe un governo equilibrato. Per questo sarebbe necessario ampliarlo leggermente, aggiungendo qualche posto ministeriale: tre – cinque ministri e tre – cinque vice-ministri in più».

Questa opinione è condivisa anche da Crispin Ngoy, uno dei comunicatori della maggioranza presidenziale. Anch’egli ritiene che il governo risultante dal dialogo debba essere più ampio rispetto al governo uscente e ciò per potere soddisfare tutti: «Non si può mantenere le stesse dimensioni di prima, perché ora c’è un governo di coalizione nazionale. È quindi necessario soddisfare tutte le componenti, in modo che nel prossimo governo ci sia armonia e non ci siano ostacoli che ritardino ancora di più l’organizzazione delle elezioni».

Ma, da parte sua, sotto copertura di anonimato, un esponente dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC), ha affermato che sarà necessario evitare di formare un governo troppo vasto e costoso, visto che avrà bisogno di fondi per lo svolgimento delle elezioni e per migliorare la condizioni di vita della popolazione congolese.[15]

Per quanto riguarda la composizione del nuovo governo, il presidente del Movimento dei Riformatori Liberali (MRL), Patrick André Kakwata, ha dichiarato che «per ragioni di inclusività, di pace e di stabilità, sarebbe auspicabile anche la partecipazione di qualcuno che non ha partecipato al dialogo della Cittadella dell’UA, soprattutto perché abbiamo un denominatore comune che è la RDCongo».[16]

Henri Thomas Lokondo ha raccomandato al Primo Ministro Samy Badibanga di formare un governo di soli trentacinque ministri. Egli ritiene che, tenendo conto del budget limitato lasciato dal governo uscente, un governo troppo vasto rischierebbe di compromettere l’attuazione delle principali missioni assegnategli dal Capo dello Stato e dall’accordo politico: l’organizzazione delle elezioni e il miglioramento delle condizioni di vita: «In un paese che è sull’orlo del fallimento, con una popolazione di oltre 70 milioni, con un budget di 4,5 miliardi di dollari, anche se si tratta ancora solo di previsioni, con una riserva di valuta presso la Banca centrale di soli 800 milioni di dollari, agire diversamente sarebbe un atto di irresponsabilità collettiva».[17]

Il 23 novembre, l’ex primo ministro Adolphe Muzito si è espresso ancora una volta sulle attuali questioni politiche. Secondo lui, il nuovo Primo Ministro Samy Badibanga dovrebbe dapprima individuare una coalizione con cui potere poi formare il suo governo. In un secondo momento, questa coalizione politica dovrebbe elaborare un programma di governo. La terza tappa sarebbe quella della formazione del governo.

«Avevo già fatto notare che la nomina del primo ministro, designato tra le file dell’opposizione, doveva essere preceduta dalla creazione di una coalizione sulla base delle priorità del programma del governo, definite dai partiti politici che dovrebbero far parte del governo stesso. Ciò significa che il primo ministro doveva provenire da un partito politico dell’opposizione membro della coalizione, la cui formalizzazione avrebbe dovuta essere identificata in precedenza da un informatore. Non essendo questa procedura stata rispettata, mentre il paese funziona all’interno di un sistema parlamentare, la Repubblica sarà gestita da un governo che non si basa su alcuna coalizione, che non ha un programma da essa elaborato e da un Primo Ministro proveniente, non dalla coalizione (indipendente), ma dalla volontà del solo Presidente della Repubblica.

Il primo ministro e il suo governo non avranno da dove prendere i contenuti del loro programma, essendo che l’accordo globale (firmato il 18 ottobre) non è che una tabella di marcia per l’organizzazione delle elezioni e l’organizzazione delle elezioni non è che un compito amministrativo. Basandosi sui partiti politici della coalizione, il Primo Ministro avrebbe la legittimità e la base politica necessaria per essere capo della Maggioranza e avrebbe, in tal modo, ricevuto da essa gli elementi necessari all’elaborazione del programma del suo governo, in concertazione con il capo dello Stato, in conformità con la Costituzione.

Il contrario è quindi incostituzionale, perché nella situazione attuale, il Primo Ministro, designato al di fuori di qualsiasi coalizione e di qualsiasi partito politico, è un indipendente (come il capo dello Stato stesso). Poiché indipendente dai partiti politici, sarà quindi obbligato a svolgere il programma del capo dello Stato (perciò irresponsabile davanti al Parlamento) e, quindi, potrà evitare il controllo da parte della rappresentanza nazionale, davanti alla quale dovrebbe, invece, essere politicamente responsabile. Ne deriva che la presentazione del suo programma di governo davanti al Parlamento, per l’investitura, non sarà che una mera formalità.

Secondo questa procedura, il Primo Ministro rischia di essere semplicemente un alto funzionario dello Stato, incaricato di mettere in esecuzione solo la visione del capo dello Stato, ignorando quella della coalizione. In tal modo, l’esclusione dei partiti politici dal gioco politico farà del Primo ministro un mero coordinatore dell’esecutivo in un regime presidenziale (violazione dello spirito della Costituzione).

Il Primo Ministro designato ha una debolezza, quella di essere un indipendente che non proviene da alcun partito politico e, meno ancora, da un partito politico di opposizione. Ciò costituisce una violazione sia dell’accordo che della Costituzione.

Tuttavia, questa debolezza potrebbe essere, nello stesso tempo, una forza, perché essa lo predispone ad essere un buon federatore dei partiti politici in vista di una possibile coalizione se, per la formazione del suo governo, procedesse nel modo seguente: in un primo momento, consultare i partiti politici, non per formare un governo, ma per definire le linee principali del programma di governo; in un secondo tempo, consultare i suddetti partiti, per ottenere da loro degli uomini con i profili necessari per formulare il programma da presentare al Parlamento per l’investitura e per garantire la sua attuazione.

Questa procedura ha i seguenti vantaggi:

1) costituire una coalizione che sarà alla base della sua azione e rendere il Capo del Governo responsabile nei confronti della coalizione stessa;

2) evitare di avere, nel governo, dei partiti politici o dei ministri provenienti dall’opposizione che, continuando a sostenere di appartenere all’opposizione, si metterebbero nella posizione di non assumere la responsabilità dell’azione di governo, azione in cui hanno tuttavia partecipato;

3) evitare la presenza, all’interno del Governo, di persone che non appartengono ad alcun partito politico membro della coalizione e il passaggio di persone da una posizione all’altra, senza il consenso dei loro partiti politici;

4) favorire la coesione del governo e quella dei partiti politici in seno alla coalizione;

5) restituire ai partiti politici il loro ruolo di leadership».[18]

Il 24 novembre, la direzione politica dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC), ha preso la decisione di partecipare al governo Badibanga, ma senza il suo leader, Vital Kamerhe. Questo partito, tuttavia, chiede che il primo ministro si impegni ad assicurare il pieno rispetto dell’accordo della Cittadella dell’Unione Africana, a risolvere la questione dell’insicurezza nell’est del Paese e a prendere ulteriori misure che possano favorire il rasserenamento del clima politico. Vital Kamerhe ha egli stesso annunciato che non farebbe parte della squadra di governo, precisando che «si può servire il Paese anche senza occupare dei posti ministeriali».[19]

Il 25 novembre, il deputato nazionale Delly Sessanga ha affermato che i partiti politici di opposizione che hanno partecipato al dialogo della Cittadella dell’Unione Africana e che hanno deciso di partecipare al governo che Samy Badibanga sta formando, cesseranno di essere dei partiti dell’opposizione. Tra questi partiti, ci sono l’UNC di Vital Kamerhe, la CDR di Jean Lucien Bussa, l’ATD di José Makila, il PT di Steve Mbikayi e l’ARCN di Justin Bitakwira.

Autore della legge sullo statuto dell’opposizione, Delly Sessanga spiega che la legge è chiara: fa parte dell’opposizione chi non è al governo. Egli precisa che, «quando un partito politico partecipa alla gestione del governo, cessa di essere membro dell’opposizione. Deve essere noto che l’opposizione non è un elemento di identità. È uno statuto, una caratteristica del momento Quando c’è alternanza, non è escluso che i partiti che oggi sono all’opposizione domani potrebbero trovarsi nella maggioranza e quelli che oggi sono nella maggioranza, potrebbero domani trovarsi all’opposizione. L’opposizione è dunque uno status, non un elemento di identità. Non bisogna confondere le due cose. Quando si è al governo, si è perso lo statuto di partito dell’opposizione, ma non si è persa la propria identità politica. La coalizione che si creerà per formare il nuovo governo farà sì che tutti i partiti che vi aderiranno, perderanno il loro statuto di partiti di opposizione, per il semplice fatto di trovarsi in una coalizione di maggioranza che dirige il Paese. Il governo che si formerà alla fine delle consultazioni sarà un governo di coalizione. Sarà una coalizione di maggioranza che governerà. Ma nel nostro sistema costituzionale, non si può far parte del governo e continuare a far parte dell’opposizione».[20]

Il 26 novembre, il Primo Ministro nominato in seguito all’accordo politico del 18 ottobre, Samy Badibanga, ha quasi completato le consultazioni in vista della formazione del nuovo governo. Quasi tutti i partiti politici che hanno partecipato al dialogo politico della Cittadella dell’Unione Africana hanno dato il loro parere sul futuro governo.

Secondo alcune informazioni, sarà un esecutivo composto da circa 64 membri, tra cui quattro vice primi ministri e cinque ministri di stato, trentasei ministri e diciotto viceministri. Tra altri, vengono citati i nomi di Evariste Boshab (PPRD), Pierre Kangudia (UNC), Luigi Gizenga (PALU), Michel Bongongo (UFC), Azarias Ruberwa (RCD), Madeleine Kalala (società civile), Lambert Mende (CCU), Modeste Bahati (AFDC ) e Raymond Tshibanda (ULDC).

Secondo una fonte della maggioranza presidenziale, se la composizione del nuovo governo non è ancora nota, è perché Joseph Kabila e la Maggioranza Presidenziale sono ancora in attesa di un segnale proveniente dal Raggruppamento dell’opposizione che non ha partecipato al dialogo.

Secondo la stessa fonte, «l’accordo rimane ancora aperto a tutti quelli che vorranno aderirvi. Per questo, abbiamo ampliato la composizione del governo da 55 a 64 membri, con l’obiettivo di incorporare i membri del Raggruppamento nel governo Badibanga».[21]

[1] Cf Forum des As – Kinshasa, 05.12.’16 Testo completo: http://www.forumdesas.org/spip.php?article9653

[2] Cf Le Phare – Kinshasa, 05.12.’16 http://www.lephareonline.net/communique-de-presse-rassemblement/

[3] Cf Le Phare – Kinshasa, 05.12.’16 http://www.lephareonline.net/communique-de-presse-de-majorite-delegues-de-majorite-presidentielle-dialogue-politique-national-inclusif-reunis-vendredi-02-decembre-2016/

[4] Cf 7sur7.cd, 03.12.’16 Testo completo : http://7sur7.cd/new/a-11-mois-de-la-convocation-du-corps-electoral-j-l-bussa-tire-la-sonnette-dalarme/

[5] Cf Radio Okapi, 03.12.’16

[6] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 06.12.’16

http://www.lepotentielonline.com/index.php?option=com_content&view=article&id=15862:consultations-de-la-cenco-kabila-desavoue-la-mp&catid=85&Itemid=472

[7] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 06.12.’16

[8] Cf Rachel Kitsita – Actualité.cd, 06.12.’16

[9] Cf Stany Bujakera – Actualité.cd, 07.12.’16

[10] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 01.12.’16

[11] Cf Testo completo: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//NONSGML+TA+P8-TA-2016-0479+0+DOC+PDF+V0//FR

[12] Cf testo completo http://www.europarl.europa.eu/plenary/fr/debate-details.html?date=20161201&detailBy=date

[13] Cf Radio Okapi, 06.12.’16

[14] Cf Politico.cd, 06.12.’16 http://www.politico.cd/actualite/la-une/2016/12/06/lalarmante-dure-declaration-de-lambassadeur-royaume-uni-a-lonu-envers-kabila.html

[15] Cf Radio Okapi, 21.11.’16

[16] Cf Actualité.cd, 21.11.’16

[17] Cf Radio Okapi, 23.11.’16

[18] Cf Adolphe Muzito – Le Potentiel – Kinshasa, 24.11.’16 http://www.lepotentielonline.com/ consultations-du-premier-ministre-badibanga-est-ce-pour-la-formation-du-gouvernement-ou-pour-la-mise-en-place-d-une-coalition

[19] Cf Radio Okapi, 25.11.’16

[20] Cf Stanys Bujalera Tshiamala – Actualité.cd, 25.11.’16

[21] Cf Actualité.cd, 29.11.’16