Congo Attualità N.299

INDICE

EDITORIALE: IL DIALOGO COME VIRTÙ PERMANENTE

  1. DOPO LA FIRMA DELL’ACCORDO DEL 18 OTTOBRE

  2. La necessità della continuazione di un dialogo veramente inclusivo

  3. La creazione del “Fonte per il rispetto della Costituzione”

  4. IL VERTICE DELLA CIRGL A LUANDA

  5. L’incontro dei ministri degli esteri

  6. Il discorso di apertura e la dichiarazione finale

  7. Le reazioni della Maggioranza

  8. Le reazioni dell’Opposizione

  9. Le reazioni della Società Civile

  10. IL RAGGRUPPAMENTO DELL’OPPOSIZIONE: “CITTÀ MORTE” PER UN SECONDO “CARTELLINO GIALLO” A KABILA

  11. Nuovi arresti

  12. Una giornata “città morte”

  13. L’annuncio di nuove manifestazioni

1. DOPO LA FIRMA DELL’ACCORDO DEL 18 OTTOBRE

 

a. La necessità della continuazione di un dialogo veramente inclusivo

 

Nel suo comunicato del 17 ottobre, l’Unione Europea (UE) aveva auspicato che il dialogo in corso nella RDCongo aprisse la strada a “una nuova fase di un processo politico più inclusivo”.

A questo proposito, il rappresentante dell’UE nella RDCongo, Bertrand Soret, ha precisato che non si tratta di un invito per un secondo dialogo, ma piuttosto di un invito a trovare un meccanismo che permetta di garantire un carattere inclusivo alle conclusioni del dialogo.

«Continuiamo a deplorare il fatto che l’accordo del 18 ottobre non sia sufficientemente inclusivo e che, quindi, i problemi non siano ancora tutti risolti. È quindi necessario trovare un determinato meccanismo politico, affinché un maggior numero possibile di forze politiche aderisca al consenso che è stato raggiunto, al fine di preservare la pace nel paese», ha affermato Bertrand Soret, facendo notare che, per l’Unione Europea, la pace nella RDCongo rimane la preoccupazione principale.

Secondo Bertrand Soret, «non si tratta di ricominciare il dialogo. Si tratta piuttosto di trovare un certo meccanismo, affinché coloro che non hanno partecipato al dialogo si ritrovino in un compromesso che permetta di mantenere la pace in questo paese. La fase di dialogo politico si è conclusa. C’è già un accordo politico e occorre vedere come, a partire da lì, sia possibile tornare al tavolo dei negoziati con un numero maggiore di partecipanti,  affinché sia effettivamente possibile applicare l’accordo politico e si superino le date critiche di dicembre in modo pacifico. Abbiamo accolto con favore i risultati che sono stati raggiunti, anche se pensiamo che non tutto sia stato risolto. Ora si deve vedere come, a partire da lì, si possono ancora migliorare i risultati di questo dialogo, in modo che possano essere attuati».[1]

Il 20 ottobre, i Vescovi membri del comitato di monitoraggio del processo elettorale, un organismo della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), hanno pubblicato un messaggio in cui affermano di aver preso atto delle risoluzioni del dialogo svoltosi alla Cittadella dell’Unione Africana (UA) e di avere preso in esame alcune questioni di attualità, affrontate sia nell’accordo politico per l’organizzazione di elezioni pacifiche, credibili e trasparenti nella Repubblica Democratica del Congo (18 ottobre 2016), sia nel rapporto finale dei lavori del congresso del Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento (4 ottobre 2016).

Nonostante l’organizzazione del dialogo che si è concluso il 18 ottobre, i vescovi notano che, «a due mesi dalla fine del mandato costituzionale dell’attuale presidente della Repubblica, i politici non riescono a giungere ad un accordo per trovare soluzioni pacifiche e consensuali alla crisi socio-politica, che sta prendendo proporzioni sempre più preoccupanti e che rischia di precipitare il paese nel caos».

Eppure, secondo i vescovi, «ci sono dei punti di convergenza che si possono prendere in considerazione, per trovare una via d’uscita dalla crisi in modo pacifico:

  1. Tanto i partecipanti al dialogo che il Raggruppamento dell’opposizione giurano per l’assoluto rispetto della Costituzione e concordano sulla necessità di un ampio consenso, al fine di ottenere l’organizzazione di elezioni libere, trasparenti e pacifiche;
  2. Tutti riconoscono che ormai è materialmente difficile organizzare le elezioni entro la fine del 2016 e, di fatto, tutti accettano un periodo di transizione».

Tuttavia, i vescovi si dicono «molto preoccupati per le grandi divergenze che esistono  tra le varie parti e per il rischio che esse degenerino in uno scontro violento. Si tratta soprattutto:

  1. della durata del periodo transitorio;
  2. dell’esercizio del potere durante questo periodo transitorio, non previsto nelle Costituzione;
  3. Dell’abbinamento delle elezioni (presidenziali, legislative e provinciali)».

Per i Vescovi, «è urgente e necessario che tutte le parti possano incontrarsi in un ambito ancora da concordare, al fine di superare le divergenze, in vista dell’interesse superiore della nazione.

Circa le soluzioni proposte dalle diverse parti, essi vogliono attirare l’attenzione dell’opinione nazionale e internazionale sui seguenti punti:

  1. Fare tutto il possibile per ridurre il periodo di transizione, affinché non superi il 2017;
  2. Le raccomandazioni rivolte al Parlamento, al Governo e alla Commissione elettorale circa il processo elettorale dovrebbero essere formulate in termini precisi e vincolanti;
  3. Il governo di transizione che sarà istituito dovrà avere come priorità: organizzare le elezioni, garantire il rispetto delle libertà fondamentali, tra cui la libertà di espressione, ristabilire l’autorità dello Stato su tutto il territorio nazionale e migliorare la vita sociale della popolazione.
  4. Nel consenso da trovare, è necessario che sia chiaramente affermato che l’attuale Presidente della Repubblica non si presenterà per un terzo mandato, conformemente all’articolo 220 della Costituzione; 5. Per una maggior sicurezza e credibilità dell’attuazione delle raccomandazioni del consenso da trovare, è necessario che il comitato di sorveglianza sia rafforzato da una presenza attiva delle Nazioni Unite».[2]

Il 20 ottobre, un comunicato stampa, il Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento

«1. Ha denunciato l’intensificazione, da parte del regime di Joseph Kabila, degli atti provocatori, delle intimidazioni, della restrizione dello spazio politico, delle violazioni dei diritti umani e delle libertà pubbliche e della strumentalizzazione della giustizia, della CENI e della Corte costituzionale; 2. Ha chiesto la cessazione di questi atti inaccettabili, commessi generalmente durante raid notturni contro i leader del Raggruppamento e centinaia di giovani innocenti, arbitrariamente arrestati e gettati nei sotterranei della polizia politica di Joseph Kabila;

  1. Ha richiesto la liberazione, senza condizioni, di tutti i prigionieri politici, tra cui Eugène Diomi Ndongala, Jean-Claude Muyambo, Huit Mulongo, Moïse Moni Della, Bruno Tshibala e tutti i giovani e gli attivisti della società civile, ingiustamente condannati attraverso procedure giudiziarie del tutto sommarie e di parte;
  2. Ha esigito la cessazione delle procedure giudiziarie intraprese contro i membri dell’opposizione per motivi di carattere politico;
  3. Ha ricordato la sua richiesta dell’organizzazione di un vero dialogo e realmente inclusivo tra i due campi: quello di Joseph Kabila e dei suoi sostenitori che si sono incontrati a Camp Tshatshi, da un lato, e quello del Raggruppamento e dei suoi sostenitori, dall’altro;
  4. Ha constatato che l’accordo risultante dal dialogo non inclusivo che si è svolto a Camp Tshatshi viola la Costituzione della Repubblica e non dà alcuna soluzione alla crisi politica che devasta la Repubblica Democratica del Congo. Al contrario, esso aggrava ulteriormente le tensioni volutamente create e mantenute da Kabila che vuole restare al potere, anche se il suo secondo ed ultimo mandato costituzionale termina il 19 dicembre 2016 alle 23h59.

Da quanto detto sopra, il Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento (i) ha respinto in modo categorico l’accordo di Camp Tshatshi, che non è altro che un simulacro di soluzione alla crisi e il cui unico scopo è la ripartizione e la confisca del potere da parte dei firmatari; (ii) ha chiesto al popolo congolese di non riconoscere il governo che ne risulterà, in quanto esso sarà illegittimo; (iii) ha invitato la comunità internazionale a non riconoscere l’accordo di Camp Tshatsi che, senza dubbio, porterà la Repubblica Democratica del Congo verso il caos;

(iv) ha ribadito la sua disponibilità a partecipare attivamente ad un dialogo inclusivo, in linea con la risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e ha ribadito il suo appello alle Nazioni Unite e all’Unione africana a prendere tutte le misure necessarie per la sua convocazione».[3]

Il 24 ottobre, prendendo atto del dialogo nazionale che ha portato alla firma di un accordo politico grazie, tra l’altro, alla facilitazione dell’Unione Africana, il vice rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Mamadou Diallo, ha dichiarato di sperare che l’attuazione di questo accordo possa contribuire alla creazione di un clima più favorevole al rispetto delle libertà e dei diritti umani, al dibattito politico e all’organizzazione di elezioni credibili, trasparenti e pacifiche. Secondo Mamadou Diallo, è necessario che, dopo la prima fase del dialogo che ha portato alla firma di un accordo politico, le varie parti implicate, tra cui quelle che non vi hanno preso parte, si incontrino intorno a un tavolo con i firmatari dell’accordo, al fine di superare le divergenze e di raggiungere un accordo.[4]

Il 24 ottobre, nel corso di una conferenza stampa a Kinshasa, la Nuova Società Civile Congolese (NSCC) si è detta preoccupata per il rischio di aumento della tensione nell’ambito politico, a causa della non organizzazione delle elezioni presidenziali e legislative entro i tempi previsti dalla Costituzione.

Nello stesso tempo, data la situazione, ha affermato di aver optato per una transizione, a condizione che sia il più breve possibile. Pertanto, essa raccomanda l’organizzazione delle elezioni presidenziali e legislative nazionali entro la fine del 2017. Per quanto riguarda le elezioni dei deputati provinciali, dei senatori e dei governatori, la NSCC ritiene che sia possibile organizzarle 60 giorni dopo. Essa chiede inoltre al governo congolese e ai partner tecnici e finanziari di accelerare l’operazione di revisione delle liste elettorali, fornendo alla Commissione elettorale le adeguate risorse finanziarie, tecniche e logistiche, affinché possa adempiere alla sua missione con tutta trasparenza e regolarità. La NSCC ribadisce la sua richiesta dell’organizzazione di una seconda fase del dialogo inclusivo (qualora non sia possibile ottenere delle negoziazioni dirette) con la partecipazione di tutte le forze politiche e sociali del paese, al fine di rilanciare il processo elettorale in corso e la gestione pacifica del periodo intermedio compreso tra il 19 dicembre 2016 e il 19 dicembre 2017.

Infine, la NSCC esorta il Capo dello Stato Joseph Kabila a rompere il suo silenzio, per dissipare le varie speculazioni che circolano sulla fine del suo ultimo mandato e la sua eventuale candidatura alla prossime presidenziali.[5]

b. La creazione del “Fonte per il rispetto della Costituzione”

Il 29 ottobre, il Movimento per la Liberazione del Congo (MLC) e i suoi alleati hanno presentato una nuova piattaforma politica denominata “Fronte per il rispetto della Costituzione”, cui fanno parte una quarantina di partiti politici e una cinquantina di organizzazioni della società civile. Tra i membri, i movimenti cittadini Lotta per il cambiamento (LUCHA) e Filimbi.

La segretaria generale del MLC, Eve Bazaiba, ha affermato che l’obiettivo del “Fronte per il rispetto della Costituzione” è quello di «conservare la legge fondamentale, perché è il simbolo di un patto repubblicano. La lotta per la tutela della costituzione sarà portata avanti con mezzi legali e pacifici, nel rispetto delle leggi e dei regolamenti della Repubblica. La costituzione simboleggia l’unità nazionale e il popolo congolese dovrà accompagnarci nelle nostre azioni per proteggerla».

Il “Fronte per il rispetto della Costituzione” rifiuta l’accordo sorto dal dialogo nazionale. Secondo Eve Bazaiba, ci sono solo due opzioni. «O optiamo per quell’accordo che viola la Costituzione e  che ci porta verso una deriva dittatoriale, o optiamo per la Costituzione che conduce alla pace e alla stabilità del nostro paese», ha detto la segretaria generale del MLC, ritenendo necessario che, dopo il 19 dicembre 2016, il Paese abbia un nuovo presidente della Repubblica. Ella ha aggiunto: «Noi abbiamo optato per il rispetto della Costituzione e di tutti quei meccanismi di organizzazione dell’esercizio del potere in essa contenuti e che possono contribuire a salvare il nostro paese, assicurandone la pace e la stabilità». Invece di un dialogo, il “Fronte per il rispetto della Costituzione” propone la creazione di un comitato tecnico, al fine di rileggere la Costituzione come dovrebbe essere intesa. «Abbiamo degli esperti che sanno leggere la Costituzione e che possono interpretarne tutti gli aspetti tecnici e logistici. Essi possono contribuire alla realizzazione dell’aspirazione profonda del popolo congolese che è quella di vedere il presidente Joseph Kabila lasciare il suo posto alla fine del suo secondo ed ultimo mandato, cioè il 19 dicembre 2016 e non oltre», ha precisato Eve Bazaiba.

Tra quelli che rifiutano le conclusioni del dialogo nazionale, alcuni ritengono che dovrebbe essere il presidente del Senato, Leon Kengo Wa Dondo, a guidare la transizione dopo il 19 dicembre 2016, con il compito di organizzare le elezioni presidenziali per le quali non dovrebbe candidarsi.[6]

2. IL VERTICE DELLA CIRGL A  LUANDA

a. L’incontro dei ministri degli esteri

Il 24 ottobre, i ministri degli esteri dei Grandi Laghi si sono incontrati a Luanda (Angola), per preparare il vertice dei Capi di Stato che si terrà il 26 ottobre nella capitale angolana e in cui si tratterà il caso della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo). L’incontro è organizzato congiuntamente dalla Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (CIRGL), le Nazioni Unite, la SADC e l’Unione Africana.

Il ministro degli Esteri angolano, George Chicoti, ha affermato che il vertice prenderà atto delle conclusioni del dialogo facilitato dal diplomatico togolese Edem Kodjo e formulerà delle raccomandazioni per incoraggiare tutte le parti a far proprie le risoluzioni proposte e ciò per preservare la pace nella RDCongo. Per il ministro degli Esteri angolano, questo vertice non rimetterà in questione il contenuto dell’accordo politico firmato a Kinshasa il 18 ottobre. Secondo lui, non ci sarà nessun nuovo dialogo e nessuna data nuova per le elezioni, come richiesto dal Raggruppamento dell’opposizione. Il ministro angolano ha dichiarato che «il dialogo è stato abbastanza aperto. Tutte le parti erano state invitate. Naturalmente, ci sono dei partiti e delle coalizioni politiche che non vi hanno aderito. Penso tuttavia che l’accordo resta aperto e che tutti gli altri partiti di opposizione che non hanno partecipato al dialogo possono aderirvi. Credo anche che ciò che è stato già firmato, debba essere accettato». Secondo il capo della diplomazia angolana, non si tratta nemmeno di discutere sulle posizioni della Conferenza episcopale congolese e della comunità internazionale che chiedono l’organizzazione delle elezioni entro il 2017: «Non credo che ci si possa orientare in tal senso, altrimenti tutti fanno il proprio calendario. Ci sono alcuni che vogliono tre anni, altri vogliono sei mesi, altri vogliono un anno. Credo che l’essenziale sia che i Congolesi si mettano d’accordo su una data».[7]

In un comunicato stampa, una coalizione di 33 organizzazioni non governative congolesi hanno chiesto ai Capi di Stato che si incontreranno a Luanda di sostenere l’apertura di un secondo dialogo più inclusivo e maggiormente rispettoso della Costituzione. Questo è anche il parere di tutti quelli – società civile e membri dell’opposizione – che rifiutano l’accordo politico firmato il 18 ottobre a Kinshasa. Si tratta di un testo che conferma il prolungamento del mandato di Joseph Kabila oltre il 2016 e l’organizzazione delle elezioni non prima del mese di aprile 2018.

Da parte loro, i paesi occidentali insistono sull’organizzazione delle elezioni nel 2017 piuttosto che nel 2018. Tuttavia, secondo le dichiarazioni del ministro degli Esteri dell’Angola, George Chicoti, l’accordo politico raggiunto è una buona soluzione ed è necessario incoraggiare i Congolesi ad applicarlo. Il vertice di Luanda potrebbe quindi limitarsi a condannare le violenze del 19 settembre e ad approvare l’accordo politico firmato a Kinshasa.[8]

b. Il discorso di apertura e la dichiarazione finale

Il 26 ottobre, a Luanda (Angola), nel suo discorso di apertura della riunione del Meccanismo regionale di controllo sull’applicazione dell’accordo quadro per la pace, la sicurezza e la cooperazione nella regione dei Grandi Laghi, il Presidente angolano Eduardo Dos Santos ha affermato che, «nella Repubblica Democratica del Congo (RDCongo, la creazione di un governo di unità nazionale e di transizione permetterà di mettere fine al clima di protesta e di destabilizzazione e di preservare la pace e la stabilità».

«(…) La pace e la stabilità sono condizioni essenziali per il normale funzionamento del Paese e delle sue istituzioni. Esse permettono la partecipazione attiva e consensuale di nuovi attori politici al processo in corso», ha sottolineato il presidente angolano.

Il presidente Eduardo Dos Santos ha «invitato coloro che vogliono prendere il potere a coltivare lo spirito di pace che deve caratterizzare il processo elettorale, a rispettare le leggi della Repubblica e a far prova di pazienza fino all’organizzazione effettiva delle prossime elezioni».

«È importante sapere che coloro che vogliono prendere il potere possono farlo democraticamente, nel rispetto delle leggi e della volontà sovrana degli elettori», ha egli aggiunto.

Il presidente dell’Angola ha affermato che «è meglio attendere qualche mese in più, per farlo [prendere il potere] in un clima di sicurezza e di tranquillità, piuttosto che intraprendere le incerte vie della violenza, perché si sa come e perché essa inizia, ma non quando finisca».

«Per coloro che aspirano a governare, è più facile e sempre meglio farlo in un clima di pace e di ordine sociale, piuttosto che prendere il potere nelle condizioni di un paese devastato», ha suggerito Eduardo Dos Santos.

Il Presidente angolano ha accolto con favore la firma dell’accordo politico siglato alla fine del dialogo organizzato a Kinshasa e ha invitato gli attori della politica e della società civile congolese a al consenso e al rispetto della legge e dell’ordine costituzionale. Secondo lui, il recente accordo dimostra che il dialogo è l’unica via valida per risolvere le contraddizioni e superare le crisi e i conflitti, per garantire la pace politica e sociale, in conformità con le leggi vigenti.

Egli ha fatto osservare che è solo in un clima di pace e di stabilità che è possibile ottenere «un processo elettorale serio, onesto e credibile», sia per le persone che andranno a votare che per gli osservatori elettorali della comunità internazionale.[9]

Il 26 ottobre, si è concluso il vertice di Luanda sulla RDCongo. I Capi di Stato africani della Regione dei Grandi Laghi e della SADC hanno apportato il loro appoggio all’accordo che conferma il rinvio delle elezioni dal 2016 al 2018 e che mantiene Joseph Kabila al potere oltre la fine del suo mandato, fino alle prossime elezioni. Secondo la dichiarazione finale, i Capi di Stato della CIRGL «si sono congratulati con il presidente Joseph Kabila per la convocazione del dialogo nazionale; hanno ringraziato tutte le parti che vi hanno partecipato; hanno accolto con favore la firma, il 18 ottobre 2016, dell’accordo politico globale relativo all’organizzazione di elezioni pacifiche, credibili e trasparenti nella Repubblica Democratica del Congo; hanno preso atto con soddisfazione delle misure finora adottate dal governo per rinforzare la fiducia e l’hanno esortato a compiere ulteriori passi in questa direzione. Hanno condannato le violenze del 19 e 20 settembre 2016 e hanno chiesto a tutte le parti di non cercare soluzioni alla crisi politica che con mezzi pacifici e conformi con la Costituzione della RDCongo e con la risoluzione 2277 ( 2016) del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Hanno esortato tutte le parti interessate a partecipare al dialogo nazionale e ad adottare una tabella di marcia che contenga delle misure concrete che garantiscano l’organizzazione delle elezioni; ancora una volta hanno chiesto a tutte le parti di rispettare i principi, gli ideali e le aspirazioni del popolo congolese come sancite dalla Costituzione e i principi e le linee guida della SADC e dell’Unione Africana in materia di elezioni democratiche, conformemente alla risoluzione 2277 (2016) del Consiglio di Sicurezza dell’Onu».[10]

Alla fine, a Luanda, Joseph Kabila ha ottenuto l’incondizionato appoggio che egli si aspettava.  È stato lodato per avere organizzato il dialogo con l’opposizione e per aver ottenuto la firma di un accordo politico. L’unica richiesta fatta al potere, quella di prendere nuove misure, affinché il dialogo sia più inclusivo, è stata addirittura ritirata dal comunicato finale, anche se era un requisito più volte espresso sia dalla comunità internazionale che dalla Chiesa cattolica. Nessuna critica sul rinvio di un anno e mezzo per le elezioni o sul fatto che Joseph Kabila rimanga al potere fino alle prossime elezioni. Si è dunque ben lontani dalla posizione dell’Unione Europea. Ben lontani anche da quella del Raggruppamento dell’opposizione congolese che chiede un nuovo dialogo e una transizione senza Joseph Kabila.[11]

Molte sono state le reazioni dopo il vertice di Luanda che ha appoggiato l’accordo politico firmato tra la maggioranza e una parte dell’opposizione e che si è congratulato con Joseph Kabila per la convocazione del dialogo nazionale. Se il governo congolese accoglie con favore questo appoggio, una parte dell’opposizione respinge fermamente le conclusioni dei Capi di Stato riunitisi in Angola. Sulla dichiarazione finale del vertice di Luanda, la Maggioranza Presidenziale (MP) e l’opposizione hanno dunque punti di vista diversi.[12]

c. Le reazioni della Maggioranza

Per la maggioranza presidenziale, si tratta di un riconoscimento degli sforzi fatti dal Capo dello Stato. Andre-Alain Atundu, portavoce della maggioranza, ha così reagito: «Si tratta di  una giusta ricompensa agli sforzi perseveranti, e spesso ingiustamente criticati, fatti dal presidente Kabila, per consolidare la democrazia nel nostro paese e per promuovere la coesione nazionale (. ..). Davvero egli merita questo riconoscimento. L’Unione Africana ha riconosciuto la qualità del lavoro svolto durante il dialogo, una iniziativa che ha condotto ad un consenso tanto atteso sul processo elettorale, in particolare sulla rielaborazione del registro elettorale, l’ordine di successione delle elezioni e il calendario elettorale. Mi auguro che il Raggruppamento dell’opposizione sappia ritornare alla ragione e che finalmente possa rivedere la sua posizione».[13]

Il portavoce del governo congolese, Lambert Mende, ha dichiarato: «Siamo soddisfatti nel constatare che i Capi di Stato della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi abbiano chiaramente appoggiato le iniziative prese dal presidente Kabila e che abbiano rivolto un appello a tutti i nostri connazionali, affinché possano aderire alle risoluzioni che abbiamo delineato, evitando una gestione più o meno caotica o violenta di questa fase molto delicata e compresa tra la fine del mandato, il secondo, del presidente e l’organizzazione effettiva delle prossime elezioni».[14]

Il 29 ottobre, il deputato nazionale della Maggioranza Presidenziale (MP), Henry Thomas Lokondo, ha affermato che, «dopo aver letto le conclusioni del vertice di Luanda, va detto che tale vertice ha fatto un gioco di bilanciamento, per non dire di funambolismo». In un’intervista, il deputato eletto per la circoscrizione di Mbandaka ha ricordato che il vertice di Luanda ha accolto con favore l’accordo risultante dal dialogo nazionale ma che, nello stesso tempo, esso chiede agli attori politici e sociali congolesi di rispettare i principi, gli ideali e le aspirazioni del popolo congolese, come sanciti dalla Costituzione. «In altre parole, il vertice ha detto sì all’accordo, ma propone che si debba continuare a dialogare. Come si sa, il dialogo è una virtù permanente. Quindi occorre fare tutto il possibile affinché il dialogo sia più inclusivo, come richiesto anche dalla risoluzione 2277 dell’Onu che il vertice stesso ha evocato», ha sottolineato il deputato Lokondo, secondo cui la posizione dei Capi di Stato africani entra nell’ambito dell’interesse superiore della nazione e del popolo congolese. «È come dire che il lavoro non è ancora finito e che tutto può in qualsiasi momento essere ri-qualificato per il solo interesse superiore della nazione», ha egli detto sottolineando, a questo proposito, che il Presidente della Repubblica del Congo, Denis Sassou Nguesso, che ha partecipato al vertice e il Presidente Kagame, rappresentato dall’ambasciatore, hanno insistito sul fatto che il dialogo possa continuare.[15]

d. Le reazioni dell’Opposizione

Se per la Maggioranza Presidenziale il vertice di Luanda rappresenta un forte appoggio al presidente Kabila, per Christophe Lutundula, vice presidente del movimento di opposizione G7, non è così chiaro: «Avremmo voluto che il comunicato finale fosse più chiaro. Tuttavia, non vi vedo alcun riferimento all’organizzazione delle elezioni nel 2018, né alla questione dei mandati presidenziali … Tutti questi problemi non vi vengono affrontati. Ciò significa che non vi è alcun appoggio esplicito al presidente Kabila e che, in ogni caso, l’ultima parola spetta ai Congolesi».

Per i movimenti cittadini, tuttavia, i complimenti rivolti al Presidente Kabila rappresentano una grande delusione. Essi avevano infatti chiesto ai Capi di Stato riuniti a Luanda di respingere al mittente l’accordo che prolunga il mandato del Presidente Kabila oltre i tempi previsti dalla costituzione e che, soprattutto, rinvia le elezioni ad aprile 2018 come minimo. Tuttavia, essi non si sono sorpresi del messaggio emesso dal vertice di Luanda. Godefroy Mwanabwato, attivista di Lucha, ha fatto notare: «Chi sono le persone che vi hanno partecipato? Si tratta di Capi di Stato che hanno sia modificato le Costituzioni dei loro rispettivi paesi o che sono al potere da 25, 30 anni. Da loro, non ci si sarebbe potuto aspettare nulla di buono».[16]

Da parte sua, l’opposizione non nasconde la sua più profonda delusione, anche se alcuni dei suoi membri dicono di non essere affatto sorpresi dei contenuti della dichiarazione del Vertice di Luanda.

Il segretario dell’Unione Democratica africana (UDA) originale, partito politico membro del Raggruppamento dell’opposizione, ritiene che la posizione dei leader africani non riflette che la loro propria realtà. Martin Mukonkole afferma: «È una grande delusione per noi, ma non ne siamo sorpresi, perché sappiamo che quei Capi di Stato africani presenti a Luanda sono al potere perché hanno violato la costituzione dei loro Paesi, o perché si sono imposti con la forza a scapito del principio democratico. Dicono che sono al potere perché sono stati eletti, ma dimenticano che sono stati eletti per un tempo ben determinato e limitato. Da parte mia, avevo osato pensare che quei Capi di Stato fossero stati capaci di ammettere l’assoluta necessità di un dialogo veramente inclusivo e di un’alternanza democratica ai vertici del potere».[17]

L’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), il principale partito di opposizione, ha denunciato l’appoggio dei Capi di Stato membri della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (CIRGL) all’accordo politico concluso tra la maggioranza presidenziale e parte dell’opposizione. Il segretario generale dell’UDPS, Jean-Marc Kabund wa Kabund, ha affermato che, «l’Unione Africana in generale e la CIRGL in particolare, hanno fallito ancora una volta nella loro missione. Oggi, il popolo congolese aspira alla democrazia e all’alternanza. Si tratta della prima alternanza che i Congolesi attendono da 56 anni, cioè dall’accesso all’indipendenza». Egli ha aggiunto: «Purtroppo, il vertice di Luanda ha ucciso la democrazia nel nostro paese e ciò non può che esacerbare la tensione nel nostro paese, poiché il popolo congolese è determinato a far rispettare la Costituzione, a fare tutto il possibile affinché questo paese possa accedere all’alternanza del potere. È il popolo congolese che deve avere l’ultima parola, perché ha il suo destino in mano e solo a lui spetta decidere sul suo futuro».[18]

L’Unione Democratica Africana Originale (UDA Originale) ha vigorosamente criticato le risoluzioni finali del vertice di Luanda sulla crisi del Congo. Secondo questo partito politico, le conclusioni del vertice di Luanda non concernono in alcun modo la vita nazionale del paese. «La vita nazionale congolese è retta dalla Costituzione della RDCongo e non da un piano strategico privato pensato dal potere di Kinshasa insieme ai suoi colleghi africani che condividono con lui le stesse ambizioni di restare al potere senza alcuna limitazione, contro la volontà del loro popolo e in violazione della costituzione e delle leggi», si legge in un comunicato firmato da Jean Martin Mukonkole Kibonge, segretario generale del partito. Secondo questa formazione politica guidata da Claudel Lubaya, l’attuale potere non gode più né della fiducia, né del sostegno, né della legittimità del popolo congolese. Questo partito, membro del Raggruppamento dell’opposizione, ha pertanto annunciato al popolo congolese che il vero vertice sulla RDC si terrà il 19 dicembre 2016. Secondo lo stesso comunicato, «contrariamente al vertice della vergogna svoltosi a Luanda, il vero vertice sulla RDC si terrà il 19 dicembre 2016, quando il popolo sovrano si assumerà le sue responsabilità e annuncerà le sue risoluzioni, conformemente all’articolo 64 della nostra Costituzione».[19]

e. Le reazioni della Società Civile

Il coordinatore del CEPADHO, una ONG per la difesa dei diritti umani con sede a Beni (Nord Kivu), si è detto scioccato per il fatto che i Capi di Stato africani della Regione dei Grandi Laghi presenti a Luanda (Angola) abbiano approvato l’accordo politico risultante dal dialogo nazionale svoltosi a Kinshasa. Omar Kavota chiede ai Capi di Stato africani della CIRGL e della SADC di collaborare con il governo congolese per fare in modo che le forze politiche che hanno boicottato il dialogo possano aderire alle sue conclusioni. E ciò sarà possibile, secondo lui, se il Governo prenderà in considerazione le loro rivendicazioni. Egli si è detto convinto che è solo prendendo in considerazione le rivendicazioni di quelle forze politiche che il paese potrà evitare il caos e arrivare ad un’alternanza pacifica ai vertici dello Stato.[20]

Il 30 ottobre, il professor Alphonse Ntumba Luaba ha affermato che l’appoggio dei Capi di Stato della CIRGL, recentemente riunitisi a Luanda (Angola), non è conforme al protocollo di questa organizzazione sulla democrazia e il buon governo. «Mi chiedo perché la CIRGL non abbia voluto fare riferimento al protocollo sulla democrazia e il buon governo che parla dei periodi di organizzazione delle elezioni e chiede agli Stati membri di fare in modo che le elezioni rispettino i tempi stabiliti dalla costituzione, in modo che il capo dello stato sia eletto entro quei tempi e che gli stessi contenziosi elettorali siano risolti in tempo, affinché il nuovo presidente eletto presti giuramento entro i tempi previsti dalla costituzione», ha precisato l’ex segretario generale della CIRGL. Egli ritiene che il vertice di Luanda, svoltosi il 26 ottobre, abbia semplicemente deciso di ignorare il protocollo sulla democrazia e il buon governo della CIRGL, di cui alcuni capitoli trattano precisamente dell’organizzazione delle elezioni entro i tempi costituzionali. Alphonse Ntumba Luaba attribuisce questo atteggiamento dei Capi di Stato della CIRGL alla mancanza del rispetto dei testi. «Non abbiamo una cultura dei testi, sia a livello dei singoli Stati che a livello di organizzazioni regionali. Cosa posso farci? Solo lo constato», ha egli concluso.[21]

3. IL RAGGRUPPAMENTO DELL’OPPOSIZIONE: “CITTÀ MORTE” PER UN SECONDO “CARTELLINO GIALLO” A KABILA

a. Nuovi arresti

Il 6 ottobre, Leopold Watshera, segretario generale del Movimento Lumumbista Progressista (MLP), un partito membro del Raggruppamento dell’opposizione, è stato arrestato nel pomeriggio, a Kinshasa, da uomini armati, ma in tenuta civile. Questi ultimi l’avrebbero accusato di essere in possesso di foto delle vittime della repressione del 19 e 20 settembre. È ciò che ha affermato il presidente del MLP, Franck Diongo, spiegando che il suo partito sta cercando di identificare le vittime degli eventi del mese scorso, morti e feriti. Secondo Franck Diongo è questo tipo di attività che potrebbe spiegare l’arresto di Leopold Watshera, effettuato come segno di intimidazione nei confronti dei membri del suo partito.[22]

Il 9 ottobre, il segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Bruno Tshibala, è stato arrestato dalle forze di sicurezza all’aeroporto internazionale di N’Djili, mentre stava per prendere l’aereo per Bruxelles (Belgio). Oltre alle sue funzioni in seno  all’UDPS, Bruno Tshibala è anche il portavoce del “Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento”, creato in giugno scorso intorno alla figura del fondatore dell’UDPS, Etienne Tshisekedi. L’UDPS condanna con forza questo arresto, definito come «una provocazione della maggioranza kabilista che pensa che la Repubblica sia una sua proprietà privata».

Secondo una fonte della Direzione Generale delle Migrazioni (DGM), l’arresto di Bruno Tshibala  è conseguente ad una requisizione del Procuratore Generale della Repubblica (PGR).

Secondo una fonte della magistratura, il suo nome appare in una lista di una decina di esponenti del “Raggruppamento dell’opposizione” inviata dal Procuratore Generale della Repubblica ai servizi delle migrazioni, con l’ordine di arrestarli nel caso in cui volessero uscire dal territorio nazionale.

Sulla lista allegata alla requisizione del PGR emessa il 21 settembre scorso appaiono i nomi di: Joseph Olenga Nkoy, Kitenge Yesu, Franck Diongo, Lisanga Bonganga, Ingele Ifoto, Jean Marc Kabund, Willy Mishiki, Martin Mukonkole, Sama Lukonde Kyenge e Bruno Tshibala.

Il PGR aveva emesso tale requisizione in seguito alle violenze registrate durante le manifestazioni del 19 e 20 settembre. Secondo l’Onu, tali violenze hanno causato la morte di almeno 53 persone (49 civili e quattro agenti di polizia). La manifestazione era stata indetta dal “Raggruppamento dell’opposizione”, a tre mesi dalla fine del mandato del Presidente Kabila (al potere dal 2001), per esigere l’organizzazione delle elezioni presidenziali entro i tempi stabiliti dalla Costituzione e il ritiro di Kabila dal suo incarico di Presidente della Repubblica il 20 dicembre prossimo, data che segna la fine del suo secondo ed ultimo mandato presidenziale. Il Raggruppamento e le autorità si rimandano a vicenda la responsabilità delle violenze infine degenerate in sommossa popolare. Il Governo ha accusato il Raggruppamento di “tentativo di insurrezione”. Da parte sua, Bruno Tshibala aveva accusato le forze di sicurezza di avere aperto il fuoco sui manifestanti sin dall’inizio della manifestazione e aveva qualificato il governo di “potere sanguinario”.[23]

b. Una giornata “città morte”

Il 15 ottobre, il “Raggruppamento” dell’opposizione ha chiesto al popolo congolese di osservare una “giornata città fantasma”, prevista per il 19 ottobre e presentata come un cartellino giallo emesso contro Joseph Kabila, per spingerlo a lasciare la Presidenza alla fine del suo secondo ed ultimo mandato, il 19 dicembre, prima che gli sia brandito il cartellino rosso.[24]

Il 19 ottobre, l’appello dell’opposizione ad aderire alla giornata “città morta”, per chiedere al presidente Joseph Kabila di lasciare il potere il 19 dicembre, è stato ben accolto a Kinshasa, ma abbastanza ignorato in altre grandi città. L’operazione “cartellino giallo” organizzata dal Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento ha paralizzato Kinshasa, dove le strade erano praticamente deserte e quasi tutti i negozi chiusi per tutto il giorno. In vari luoghi della città, diversi gruppi di giovani sono scesi in strada portando in mano dei cartellini gialli. Non sono stati segnalati incidenti gravi anche se, a Mombele (in centro), la polizia ha sparato in aria, per disperdere un gruppo di 200 giovani, alcuni dei quali armati di machete. L’appello è stato ampiamente seguito anche a Mbuji-Mayi, roccaforte di Etienne Tshisekedi.

A Lubumbashi e a Kisangani, invece, l’appello è stato meno seguito. Nella maggior parte delle città, si è registrato un rallentamento delle attività durante la mattinata, ma si è ritornati alla normalità entro mezzogiorno. A Matadi, l’attività portuaria è stata normale, mentre a Mbandaka (nord-ovest), la città ha preso un colore giallo, in quanto la gente si è recata al lavoro, ma vestita di color giallo, in segno di contestazione.

All’est, la città di Bukavu, roccaforte di Vital Kamerhe, ha totalmente ignorato l’appello lanciato dal Raggruppamento. A Goma, capoluogo del Nord Kivu, l’appello dell’opposizione è stato seguito in modo diverso. Il traffico era normale, ma la maggior parte dei negozi sono rimasti chiusi. In tarda mattinata, 200 persone circa hanno partecipato ad una piccola manifestazione, ma senza incidenti. Essi portavano in mano dei cartellini gialli in mano e gridavano “Il tuo mandato è finito! Devi andare a casa!”. Nel nord del Nord Kivu, si sono registrate proteste simili a Beni e a Butembo.[25]

In un’intervista, Jean-Marc Kabund ha precisato che «il Raggruppamento dell’opposizione ritiene che è Etienne Tshisekedi, presidente del Comitato dei saggi, che dovrebbe essere il valido sostituto di Kabila dopo il 19 dicembre», fino al periodo delle elezioni.[26]

c. L’annuncio di nuove manifestazioni

Il 25 ottobre, in un comunicato stampa, il Presidente del Consiglio dei Saggi del Raggruppamento delle Forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, Etienne Tshisekedi wa Mulumba, ha annunciato che terrà un comizio pubblico, il sabato 5 novembre 2016, alle ore 11, nella piazza di Viale Trionfale di Kinshasa, per attirare l’attenzione dell’opinione nazionale e internazionale sulle principali questioni politiche del momento. A questo proposito, va ricordato che, in seguito ai disordini del 19 e 20 settembre, il governo provinciale ha vietato tutte le manifestazioni pubbliche fino a nuovo avviso.[27]

Il 28 ottobre, il Raggruppamento dell’opposizione ha annunciato, per il 19 novembre, una marcia pacifica seguita da un sit-in davanti a Palazzo del Popolo. È in una lettera inviata al Municipio di Kinshasa a nome del Raggruppamento che le Forze Innovatrici per l’Unione e la Solidarietà (Fonus) hanno informato il governatore della città sull’organizzazione di questo evento, il cui obiettivo sarebbe quello di chiedere il rigoroso rispetto della costituzione, l’organizzazione di un dialogo inclusivo, la liberazione dei prigionieri politici e l’apertura di un’inchiesta internazionale sui fatti del 19 e 20 settembre. Sapendo che il governatore della città ha vietato ogni tipo di manifestazione politica pubblica fino a nuovo avviso, il Raggruppamento insiste sul gatto che il diritto alla libertà di manifestazione è garantito dalla Costituzione.[28]

Il 31 ottobre, in un comunicato stampa, il vice governatore di Kinshasa, Clément Bafiba Zomba, ha ribadito il divieto, fino a nuovo avviso, di organizzare manifestazioni politiche a Kinshasa. Questa decisione era stata presa dall’autorità urbana dopo i disordini del 19 e 20 settembre, dal momento che, secondo la dichiarazione, «gli organizzatori non offrono garanzie sufficienti sulla loro capacità di mantenere sotto controllo una manifestazione pubblica».[29]

[1] Cf Radio Okapi, 27.10.’16

[2] Cf Le Congolais.cd, 21.10.’16  http://www.lecongolais.cd/message-de-la-cenco-sur-le-dialogue-national-et-la-situation-securitaire-en-rdc/

[3] Cf Forum des As – Kinshasa, 21.10.’16  Testo completo: http://www.forumdesas.org/spip.php?article9169

[4] Cf Le Phare – Kinshasa, 25.10.’16

[5] Cf Orly-Darel Ngiambukulu – Forum des As – Kinshasa, 25.10.’16

[6] Cf Radio Okapi, 29.10.’16; RFI, 30.10.’16

[7] Cf RFI, 24.10.’16

[8] Cf RFI, 26.10.’16

[9] Cf Radio Okapi, 26.10.’16; AFP – Africatime, 26.10.’16

[10] Cf RFI, 26.10.’16; Le Potentiel – Kinshasa, 27.10.’16

[11] Cf RFI, 26.10.’16; Le Potentiel – Kinshasa, 27.10.’16

[12] Cf RFI, 28.10.’16

[13] RFI, 26.10.’16; Radio Okapi, 27.10.’16

[14] Cf RFI, 28.10.’16

[15] Cf Radio Okapi, 29.10.’16

[16] Cf RFI, 26.10.’16; Le Potentiel – Kinshasa, 27.10.’16

[17] Cf Radio Okapi, 27.10.’16

[18] Cf Poly Muzalia, BBC Afrique, Kinshasa, 27.10.’16; RFI, 28.10.’16

[19] Cf Will Cleas Nlemvo – Actualité.cd, 27.10.’16

[20] Cf Radio Okapi, 27.10.’16

[21] Cf Radio Okapi, 31.10.’16

[22] Cf RFI, 08.10.’16

[23] Cf Radio Okapi, 10 et 13.10.’16; AFP – Africatime, 10.10.’16

[24] Cf AFP – Africatime, 16.10.’16

[25] Cf AFP – Politico.cd, 20.10.’16

[26] Cf Actualité.cd, 27.10.’16

[27] Cf La Prospérité via Congosynthèse.com, 26.10.’16

[28] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 28.10.’16

[29] Cf Will Cleas Nlemvo – Actualité.cd, 01.11.’16