Congo Attualità n. 297

INDICE

EDITORIALE: UN DIALOGO A TAPPE SUCCESSIVE

  1. IL CONGRESSO DEL RAGGRUPPAMENTO DELL’OPPOSIZIONE
    1. L’apertura del congresso
    2. Il comunicato della Conferenza Episcopale
    3. Il rapporto finale del congresso (alcuni estratti)
    4. Alcune reazioni
  2. IL DIALOGO IN CORSO
  3. LE DICHIARAZIONI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

EDITORIALE: UN DIALOGO CON TAPPE

 

 

1. IL CONGRESSO DEL RAGGRUPPAMENTO DELL’OPPOSIZIONE

a. L’apertura del congresso

Il 3 ottobre, il segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Jean-Marc Kabund, ha affermato che «la posizione dell’UDPS è chiara: le elezioni presidenziali devono essere organizzate entro il periodo costituzionale (…) Ciò che dice il presidente della Commissione elettorale non impegna né l’UDPS, né il popolo congolese». A questo proposito, il 1° ottobre, il presidente della commissione elettorale, Corneille Nangaa, aveva affermato che, «a partire dal 31 luglio 2017, data prevista per la fine delle operazioni di registrazione degli elettori, la Commissione elettorale avrà bisogno di altri 504 giorni per organizzare le elezioni presidenziali abbinate alle legislative nazionali e provinciali». Jean-Marc Kabund ha dichiarato che «l’UDPS non accetterà mai un accordo simile a quello proposto nel dialogo in corso presso la Cittadella dell’Unione Africana (UA)». Egli ha invece auspicato un “vero dialogo inclusivo” e l’uscita del presidente Joseph Kabila dal potere il 19 dicembre 2016, data della fine del suo secondo ed ultimo mandato presidenziale, secondo le disposizioni costituzionali: «Aspettiamo un vero dialogo, per potere identificare le varie responsabilità. Se oggi si accerta che non è più possibile organizzare le elezioni entro i tempi previsti dalla Costituzione, ne trarremo tutte le conseguenze. Ma per quanto riguarda il futuro di Kabila (il presidente della Repubblica), è evidente che egli non potrà restare alla guida del Paese oltre il 19 dicembre». Inoltre, il segretario generale dell’UDPS avanza l’idea d’un nuovo “ordine politico” per gestire il Paese “dopo il 19 dicembre 2016”.[1]

Il 4 ottobre, a Kinshasa, i delegati dei partiti e delle coalizioni politiche membri del Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento si sono riuniti in congresso presso la sede dell’UDPS.

Secondo Franck Diongo, in questo incontro «si discuterà di come gestire il Paese dopo il 20 dicembre, dal momento che Joseph Kabila non sarà più presidente. Ci sarà un periodo di transizione senza Kabila. Le elezioni dovranno essere necessariamente organizzate nel 2017». In un breve discorso di cinque minuti pronunciato durante l’incontro, il presidente del Comitato dei Saggi del Raggruppamento dell’opposizione, Etienne Tshisekedi, ha chiesto al popolo di rifiutare le conclusioni del dialogo attualmente in corso presso la Cittadella dell’Unione africana: «il popolo non deve assolutamente tener conto delle risoluzioni che emergeranno dal dialogo in corso presso la Cittadella dell’UA. A Kabila, mostreremo un cartellino giallo il 19 ottobre e uno rosso il 19 dicembre». Alla fine dell’incontro, è stato presentato il rapporto finale sulle proposte di lavoro emerse nel corso degli ultimi mesi. La prima proposta concerne la richiesta di un nuovo dialogo in cui tutti partecipino. Un dialogo più inclusivo, quindi, con una durata di circa dieci giorni.

Tuttavia, l’opposizione continua a mettere una serie di condizioni. La designazione di un nuovo facilitatore, in sostituzione di quello attuale, Edem Kodjo, nominato dall’Unione Africana ma ricusato dal Raggruppamento dell’opposizione, perché sospettato di essere troppo filo governativo. La liberazione dei prigionieri politici. Lo scioglimento dell’attuale commissione elettorale che non è riuscita ad organizzare le elezioni presidenziali entro i tempi previsti, cioè 90 giorni prima della fine del mandato di Joseph Kabila, come richiesto dalla Costituzione. Infine, e forse è questo il punto più importante, prima di iniziare un dialogo con la maggioranza, il Raggruppamento esige che Joseph Kabila si impegni a lasciare il potere al termine del suo mandato presidenziale, il 19 dicembre 2016, nel rispetto della Costituzione. Secondo il Raggruppamento, se è possibile che il Paese sia obbligato a rinviare l’organizzazione delle presidenziali, non è però possibile che Joseph Kabila rimanga al potere durante questo periodo di transizione, perché ciò equivarrebbe a violare la Costituzione che, a questo proposito, è molto chiara. Ma per poter avviare un “nuovo dialogo inclusivo”, è necessario risolvere un grande problema: come fare affinché la maggioranza accetti di parteciparvi?[2]

b. Il comunicato della Conferenza Episcopale

Il 4 ottobre, invitato a partecipare al congresso del Raggruppamento dell’opposizione, il vice segretario della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), l’Abbé Donatien Nshole, ha presentato ai partecipanti il comunicato che la CENCO ha rivolto al Raggruppamento dell’opposizione a proposito del dialogo:

«La CENCO si dice convinta del fatto che solo un dialogo inclusivo nel rispetto dell’ambito costituzionale … è il quadro più appropriato per risolvere la crisi socio-politica del Paese.

La CENCO ha sospeso la sua partecipazione al dialogo in corso, perché l’ha ritenuto non sufficientemente inclusivo. L’ha fatto per potere verificare la disponibilità del Raggruppamento al dialogo, in vista di un ampio consenso.

In effetti, la CENCO ha sempre voluto che le forze vive della nazione, pur nella loro diversità, si riuniscano intorno ad un tavolo per trovare delle soluzioni di uscita dall’attuale crisi socio-politica e ciò in modo pacifico e non violento. Purtroppo, il dialogo in corso presso la Cittadella dell’UA si sta svolgendo senza la partecipazione del Raggruppamento, per ovvi motivi menzionati nelle sue dichiarazioni e relativi alle condizioni che esso ha posto per poter parteciparvi.

La CENCO continua a chiedere, a chi di dovere, di fare in modo che le vostre esigenze siano prese in considerazione, almeno per quanto è possibile. Ma, nello stesso tempo, ella vuole ricordarvi che le condizioni poste non dovrebbero costituire degli impedimenti irreversibili capaci di bloccare il dialogo tra le varie parti. Ci troviamo in una situazione di emergenza e la situazione è grave. Ci sono stati dei morti. I politici dovrebbero sapere andare rapidamente a ciò che è essenziale: salvare vite umane, salvare la nazione in pericolo, grazie ad uno spirito di reciproca concessione. È necessario che tiriate tutte le conseguenze della risoluzione 2277 cui avete aderito e che invita tutti al dialogo. Qualsiasi iniziativa che vada nella direzione di un dialogo inclusivo non deve essere respinta a priori. Il popolo congolese vi aspetta al dialogo, per svolgere il ruolo di difensori dei valori della Costituzione.

Concretamente, da questo congresso la CENCO aspetta le vostre proposte per porre fine alla crisi in modo pacifico. Essa si affida alla vostra disponibilità a mettervi intorno a un tavolo, in un ambito da concordare con quelli che hanno iniziato il dialogo presso la Cittadella dell’UA, per trovare un consenso ampiamente condiviso, sia per la stabilità del nostro Paese che per il benessere del popolo congolese».[3]

c. Il rapporto finale del congresso (alcuni estratti)

  1. CONTESTO POLITICO

Sul piano politico, il processo elettorale è bloccato per volontà di Joseph Kabila. Alla base di questo blocco: la confisca delle risorse pubbliche a fini di parte e la manipolazione delle forze armate, della polizia nazionale, dei servizi di intelligence e dell’amministrazione territoriale. La stessa cosa vale anche per le istituzioni della Repubblica su cui si basa qualsiasi sistema democratico: il Parlamento, il Governo, la Corte Costituzionale, le giurisdizioni dell’ordine giudiziario e, nel caso della RDC, la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), diventate ormai dei semplici strumenti nelle mani del potere. Ovunque in tutto il paese, i membri dei partiti politici di opposizione e tutti coloro che disapprovano i metodi dittatoriali del regime Kabila vengono repressi, arbitrariamente arrestati e condannati a dure pene, mediante procedure giudiziarie ingiuste e sommarie.

In sintesi, il popolo congolese vive sempre più nel terrore e nell’incertezza del futuro e ciò per volontà di un solo uomo, Joseph Kabila che, arrivato alla fine del suo secondo e ultimo mandato presidenziale, vuole restare al potere, in violazione della Costituzione e contro la volontà del popolo sovrano. Joseph Kabila è arrivato fino al punto di aver voluto organizzare un pseudo dialogo nazionale, che è in realtà un monologo tra le componenti della sua maggioranza, al fine di legittimare la propria strategia di conservazione del potere, violando la stessa Costituzione.

  1. ORDINE DEL GIORNO

L’ordine del giorno del congresso del Raggruppamento comprende i seguenti punti:

  1. Le conseguenze della non convocazione delle elezioni presidenziali, da parte della CENI, il 19 settembre 2016;
  2. La fine del secondo e ultimo mandato presidenziale di Joseph Kabila, il 19 dicembre 2016;
  3. Il processo elettorale;
  4. L’esercizio del potere dopo il 19 dicembre 2016;
  5. Il dialogo politico inclusivo;
  6. Le garanzie necessarie per l’applicazione delle conclusioni del dialogo inclusivo.

III. APPROFONDIMENTI SUI PUNTI DELL’ORDINE DEL GIORNO

  1. LA NON CONVOCAZIONE DELLE ELEZIONE PRESIDENZIALI

Il 19 settembre 2016, la CENI non ha convocato le elezioni del Presidente della Repubblica, come previsto dall’articolo 73 della Costituzione. La CENI ha intenzionalmente violato la Costituzione della Repubblica.

La responsabilità di questa violazione della costituzione non è solo della CENI, ma anche del governo della Repubblica che, volutamente, non ha messo a disposizione le risorse finanziarie necessarie per questo scopo e del Presidente Kabila, che non ha assicurato che queste due istituzioni dello Stato adempissero ai loro obblighi costituzionali, secondo l’articolo 69 della Costituzione.

Il Raggruppamento dell’Opposizione esige delle sanzioni contro le istituzioni responsabili di questa situazione di stallo politico. A tal fine, chiede le dimissioni immediate dei membri della CENI e del Governo, per la loro responsabilità circa l’impasse elettorale attuale.

Per quanto riguarda il Presidente della Repubblica, già avvisato, il Raggruppamento intensificherà l’organizzazione delle azioni pacifiche che, iniziate il 19 e il 20 settembre, raggiungeranno il loro culmine il 19 dicembre 2016, quando egli sarà costretto ad abbandonare il potere.

  1. LA FINE DEL SECONDO E ULTIMO MANDATO PRESIDENZIALE DI JOSEPH KABILA

Il 19 dicembre 2016 marca la fine del secondo e ultimo mandato presidenziale di Joseph Kabila. Quando il suo mandato presidenziale avrà perso la sua legalità e legittimità, secondo le disposizioni degli articoli 5 comma 1, 70 comma 1 e 220 comma 1 della Costituzione, se resterà al potere anche dopo tale data, Joseph Kabila violerà intenzionalmente la Costituzione della Repubblica e ciò costituisce un atto di alto tradimento. Di conseguenza, secondo il Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, a partire dal 20 dicembre 2016, il Sig. Joseph Kabila non potrà più né parlare né agire in nome della Repubblica Democratica del Congo, sia all’interno che all’esterno del paese. Pertanto:

1) il Raggruppamento dell’opposizione chiederà al popolo congolese di non riconoscere più l’autorità, d’altra parte illegittima e illegale, di Joseph Kabila e di resistere pacificamente al colpo di stato che verrà operato con la benedizione della Corte costituzionale;

2) il Raggruppamento inviterà i partner esterni e l’insieme della Comunità internazionale a non trattare più con il signor Joseph Kabila per conto della Repubblica Democratica del Congo;

3) il Raggruppamento avvierà ogni tipo di azioni pacifiche, in conformità con l’articolo 64 della Costituzione e con le leggi della Repubblica, per mettere fine alla menzogna e al tradimento della nazione perpetrati dal Sig. Joseph Kabila.

  1. IL PROCESSO ELETTORALE

Secondo il Raggruppamento, il processo elettorale deve essere conforme alla Costituzione, trasparente e credibile.

3.1. Quadro istituzionale

Il Raggruppamento esige che tutte le istituzioni implicate nel processo elettorale, in particolare la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), la Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore per gli audiovisivi e la Comunicazione (CSAC), siano veramente indipendenti, neutrali e imparziali. In effetti, nella loro attuale configurazione, la CENI e la Corte costituzionale sono di parte e sbilanciate a favore della maggioranza kabilista. Per quanto riguarda il CSAC, esso non riesce a garantire né il libero accesso ai mezzi pubblici da parte delle diverse correnti di opinione, né l’imparzialità dei media in generale.

Inoltre, il Raggruppamento esige la ristrutturazione di queste tre istituzioni strumentalizzate dal potere e pretende che un gruppo di esperti delle Nazioni Unite (ONU) e dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF) affianchi la CENI, per rafforzare le sue capacità e la sua imparzialità. Il Raggruppamento ricorda che la neutralità e l’imparzialità sono delle caratteristiche che la Costituzione impone anche alle Forze Armate, alla Polizia Nazionale, ai servizi segreti, all’amministrazione territoriale e nazionale.

3.2. La registrazione degli elettori

Il Raggruppamento ritiene che la procedura seguita attualmente sia come una forma implicita di censimento generale della popolazione, utilizzata per ritardare ulteriormente le elezioni presidenziali, al fine di permettere a Kabila di rimanere al potere, violando le disposizioni della Costituzione e contro la volontà del popolo congolese. Per questo motivo, il Raggruppamento chiede un’attenta valutazione dell’operazione di registrazione degli elettori in corso, per garantirne la regolarità ed accelerarne i tempi di realizzazione.

3.3. Ordine di successione delle elezioni

Il Raggruppamento denuncia con forza la strategia del prolungamento dei mandati dei politici eletti, cui il regime di Kabila ha fatto ricorso già da diversi anni. Secondo il Raggruppamento, tutte le istituzioni, i cui membri sono arrivati a fine mandato, dovrebbero cessare di funzionare. Per questo, il Raggruppamento chiede, ancora una volta, che le elezioni siano organizzate il più presto possibile, al fine di riempire i posti vacanti creati.

Inoltre, data l’importanza di ogni tipo di elezioni e delle disposizioni costituzionali e per non complicare troppo le operazioni di voto, secondo il Raggruppamento:

1) la priorità deve essere data alle elezioni presidenziali abbinate, come in passato, alle legislative nazionali; 2) le elezioni legislative provinciali e senatoriali dovrebbero essere organizzate entro 30 giorni, al massimo, dopo la proclamazione dei risultati provvisori delle elezioni presidenziali e legislative nazionali; 3) le elezioni locali, urbane e municipali si terranno dopo l’insediamento delle istituzioni nazionali e provinciali.

3.4.Calendario elettorale

Un calendario elettorale sarà frutto di un consenso tra le parti implicate nel dialogo e dovrà apparire nel documento finale. Il calendario elettorale dovrà razionalmente integrare tutte le operazioni pre-elettorali e elettorali riguardanti le elezioni presidenziali e parlamentari, com’è avvenuto nel 2006 e nel 2011.

Tutte le altre questioni relative al processo elettorale non affrontate dal Congresso saranno oggetto di discussioni nel quadro di un vero dialogo inclusivo e credibile, organizzato in conformità con la risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

  1. L’ESERCIZIO DEL POTERE DOPO IL 19 DICEMBRE 2016

È dal 2012 che i mandati dei deputati provinciali, dei governatori e vice governatori delle province e dei senatori sono arrivati al loro termine. Il mandato presidenziale di Joseph Kabila terminerà il 19 dicembre 2016 e quello dei deputati nazionali terminerà in febbraio 2017. Così, in pochi mesi, la Repubblica Democratica del Congo, per volontà di Joseph Kabila, si troverà in un’inedita situazione di uno Stato in cui le istituzioni nazionali e provinciali, composte da membri eletti, avranno perso ogni legittimità. Ne risulterà, quindi, un vuoto di potere che, in un regime di democrazia, non può che emanare dal popolo sovrano, come prescritto, tra l’altro, nell’articolo 5, paragrafo 1 della Costituzione della Repubblica. Pertanto, il Raggruppamento sottolinea la necessità di definire un regime speciale che dovrà assicurare la gestione del Paese, in modo tale che si possa organizzare le elezioni il più rapidamente possibile e nel rispetto della Costituzione e delle norme democratiche.

  1. DIALOGO POLITICO INCLUSIVO

Il Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento riafferma il suo appoggio alla risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, unico ambito in cui dovrà svolgersi il dialogo politico, al fine di porre fine alla crisi politica deliberatamente creata dal Sig. Joseph Kabila.

Pertanto, il Raggruppamento ribadisce il suo invito alla comunità internazionale in generale, e alle Nazioni Unite, in particolare, ad implicarsi maggiormente, in concertazione con l’Unione Africana, per creare le condizioni necessarie per la convocazione e per lo svolgimento di un dialogo autentico, credibile e veramente inclusivo.

Secondo il Raggruppamento, a questo dialogo dovranno partecipare due parti: i partecipanti alle discussioni in corso presso la Cittadella dell’Unione Africana, da un lato, e il Raggruppamento dell’opposizione e quelli che condividono le sue posizioni, dall’altro.

Per quanto riguarda l’ordine del giorno, esso dovrà essere concentrato sui seguenti punti:

  1. le questioni relative al processo elettorale;
  2. il regime speciale che dovrà assicurare la gestione del paese, in modo da organizzare le elezioni nel rispetto della Costituzione e delle norme democratiche;
  3. i meccanismi appropriati per garantire il rispetto degli impegni assunti e il buon svolgimento del processo elettorale.

Affinché il dialogo politico inclusivo si svolga nella serenità e nella fiducia reciproca tra le parti, il Raggruppamento riafferma che è indispensabile che chi è al potere operi per il rasserenamento del clima politico attraverso:

  • la liberazione senza condizioni di tutti i prigionieri politici e di opinione, sia a Kinshasa che all’interno del Paese;
  • l’abbandono di procedure giudiziarie ingiuste e ispirate da ragioni politiche contro i leader dell’opposizione; • il ritorno, in condizioni di sicurezza, degli esiliati politici congolesi;
  • la cessazione di tutte le forme di angherie, intimidazioni e minacce proferite contro i membri dell’opposizione a Kinshasa e all’interno del Paese;
  • la cessazione degli abusi fiscali, amministrativi e polizieschi perpetrati contro i membri dell’opposizione e della società civile;
  • la cessazione e l’interdizione dello sdoppiamento dei partiti politici dell’opposizione;
  • la revoca di tutte le restrizioni alla libertà di stampa e di espressione;
  • il libero accesso ai mezzi di comunicazione pubblici da parte di tutte le correnti di pensiero e di opinione; • la riapertura di tutti i media vicini dell’opposizione finora chiusi;
  • la libertà di movimento dei membri dell’opposizione.

Inoltre, il Raggruppamento considera che sia molto importante che le parti implicate nel dialogo politico inclusivo si impegnino precedentemente e chiaramente a rispettare:

  1. l’intangibilità del Patto repubblicano e del nuovo ordine politico contenuti nell’accordo globale e inclusivo di Sun City, in particolare per quanto riguarda la limitazione del numero e della durata dei mandati del Presidente della Repubblica;
  2. la Costituzione del 18 febbraio 2006;
  3. il primato dello Stato di diritto, i diritti umani, le libertà fondamentali, individuali e collettive;
  4. la Risoluzione 2277 (2016) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare nelle sue disposizioni concernenti il dialogo politico, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e l’apertura dello spazio politico.

Per quanto riguarda la facilitazione del dialogo inclusivo, il Raggruppamento chiede urgentemente alle Nazioni Unite e all’Unione africana di affidarla ad una personalità la cui statura internazionale le conferisca l’autorità morale sufficiente per ottenere la fiducia di tutte le parti interessate e per garantire la neutralità e l’imparzialità. È opportuno che questa personalità sia scelta al di fuori dei leader internazionali già implicati, a diversi livelli, nelle varie crisi della regione dei Grandi Laghi e in contatto con i vari ambienti politici congolesi. La facilitazione può anche essere assicurata collegialmente da un gruppo i cui membri siano in grado di adempiere tale missione, nelle stesse condizioni di fiducia, neutralità e imparzialità. Secondo il Raggruppamento, la durata del dialogo politico inclusivo non potrà superare i dieci (10) giorni.

  1. GARANZIE DI ATTUAZIONE

Secondo il Raggruppamento, entrambe le parti partecipanti al dialogo, cioè il Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite cambiamento, da un lato, e la maggioranza kabilista e alleati, dall’altro, si accorderanno sui meccanismi adeguati che possano garantire il rispetto degli impegni presi e il completo svolgimento del processo elettorale.[4]

d. Alcune reazioni

Secondo Jean-Marc Kabund-A-Kabund, nuovo segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), se le elezioni presidenziali non saranno organizzate entro i tempi previsti dalla costituzione – ipotesi ormai sicura, «occorrerà pensare a un meccanismo che, alla fine del mandato del Presidente uscente, garantisca l’alternanza in una situazione di non-organizzazione delle elezioni presidenziali». In altre parole, il Raggruppamento dell’opposizione immagina uno scenario di transizione senza Kabila. E naturalmente, con Tshisekedi nel ruolo principale, quello di presidente ad interim incaricato di condurre il Paese verso delle elezioni pacifiche. «Sarebbe una grande fine di carriera politica per un uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta per l’avvento di uno Stato di diritto nella RDCongo», si è permesso di dire, il 18 settembre, Moïse Moni Della, uno degli animatori del Raggruppamento. Ma il giorno successivo, egli è stato arrestato, per aver preso parte alla grande manifestazione dell’opposizione.[5]

Il 5 ottobre, il giorno dopo il congresso del Raggruppamento delle Forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, il portavoce della Maggioranza Presidenziale (MP), André-Alain Atundu, ha affermato che «questo congresso non ha portato niente di nuovo che non sia già stato sentito o evocato. In realtà, si è trattato piuttosto di un incontro di radicalizzazione e d’indottrinamento dei simpatizzanti e alleati di Tshisekedi, per attuare il loro programma di prendere il potere attraverso il caos e la violenza delle manifestazioni di piazza».[6]

Il 6 ottobre, nel corso di un’intervista, Jean-Baudoin Mayo, deputato nazionale dell’UNC, ha giustificato la partecipazione del suo partito al dialogo politico in corso. Egli ha detto: «Bene le manifestazioni di piazza. Possono riuscire a cacciare Kabila dal potere, ma potrebbero anche non riuscirci. In Burkina Faso, esse sono riuscite a cacciare il presidente Blaise Compaoré. Ma è anche vero che in Burundi, Gabon, Congo Brazzaville e Ciad, i presidenti sono riusciti a rimanere al potere nonostante tutte le manifestazioni indette … Di fronte a ciò, il dialogo è una virtù ed è per questo che l’UNC ha deciso di partecipare al dialogo».

Jean-Baudoin Mayo ha anche criticato il Raggruppamento dell’opposizione che ha chiesto un “secondo dialogo più inclusivo”, definendo tale richiesta come “un ostinato errore”. Secondo lui, il Raggruppamento “persiste nell’errore” e si chiede: «Tutti avevamo detto che avremmo partecipato al dialogo. Perché allora non vengono?».[7]

Il deputato della Maggioranza Presidenziale (MP), Henry Thomas Lokondo, ha affermato che l’idea di istituire un regime speciale dopo la fine del secondo e ultimo mandato del presidente Kabila è incostituzionale. «Non sono d’accordo con gli amici del Raggruppamento quando dicono che è necessario istituire un regime speciale che assicuri la gestione del paese, in modo tale da organizzare rapidamente le elezioni, in conformità con la Costituzione. Si tratta di una grande contraddizione, perché ogni “regime speciale” comporta la sospensione della Costituzione», ha egli dichiarato. Secondo lui, solo il popolo può decidere l’istituzione di un tale regime: «È necessario rispettare il principio del parallelismo della forma. È il popolo congolese che aveva approvato la costituzione. Solo il popolo congolese può cambiarla». Il deputato della MP appoggia, tuttavia, l’idea di convocare un nuovo dialogo più inclusivo, richiesto anche dal Raggruppamento dell’opposizione.[8]

Il presidente dell’Associazione Africana dei diritti dell’uomo (ASADHO), Jean-Claude Katende, ha dichiarato di non potere accettare la proposta del Raggruppamento sull’istituzione di un “regime speciale a partire dal 20 dicembre 2016”, data che marca la fine del secondo e ultimo mandato del presidente Joseph Kabila secondo la Costituzione. Secondo questa associazione, se il presidente Joseph Kabila non deve violare la Costituzione, nemmeno l’opposizione può farlo. Il presidente dell’ASADHO si è così espresso: «Se non accettiamo che la maggioranza presidenziale violi la Costituzione della Repubblica, nemmeno accetteremo degli atti dell’opposizione che potrebbero violare la costituzione».[9]

2. IL DIALOGO IN CORSO

Il 3 ottobre, i lavori del dialogo sono continuati in un comitato ristretto. La questione della precisazione della data delle elezioni presidenziali continua a dividere le diverse parti che partecipano al dialogo. La Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) sostiene che, per motivi di ordine tecnico, le elezioni presidenziali, abbinate alle legislative nazionali e provinciali, non potranno aver luogo prima del mese di novembre 2018. La Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) mantiene la sospensione della sua partecipazione e chiede che le conclusioni del Dialogo in corso presso la Cittadella dell’Unione Africana siano aperte anche alle proposte del Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento.[10]

Il 3 ottobre, in un comunicato, l’ufficio della facilitazione ha indicato che l’assemblea plenaria del dialogo politico è stata rinviata ad una data successiva, in attesa delle conclusioni del comitato ristretto. Questo gruppo di lavoro è composto da cinque rappresentanti della Maggioranza Presidenziale (MP), cinque dell’Opposizione politica, tre provenienti dalla società civile e due dal gruppo delle personalità indipendenti.[11]

Il 9 ottobre, il portavoce della Nuova Società Civile del Congo (NSCC), Jonas Tshombela, a affermato che il futuro delle risoluzioni del dialogo nazionale in corso è ancora molto incerto. In un’intervista, egli ha dichiarato che il dialogo si trova in una fase di totale stallo, a causa delle posizioni della maggioranza presidenziale (MP) e dell’opposizione. «Ci sono alcuni che sostengono che l’attuale presidente non dovrebbe più candidarsi. Il che non è accettato dagli altri. Alcuni pensano che le elezioni potrebbero svolgersi il 25 novembre 2018 e gli altri insistono che possono essere organizzate prima della fine del 2017», ha commentato Jonas Tshombela. Da parte sua, il facilitatore del dialogo continua le consultazioni con la maggioranza e con l’opposizione, per cercare di convincere entrambe le parti a fare concessioni, al fine di facilitare la firma di un accordo politico.[12]

Secondo Sam Bokolombe, deputato nazionale e segretario nazionale dell’UNC (Unione per la Nazione Congolese), partito di Vital Kamerhe, la crisi attuale deriva dal fatto che le elezioni presidenziali non sono state organizzate entro i tempi previsti dalla Costituzione. «Vi annuncio la probabilità di un fallimento di questo dialogo. Siamo ancora lontani da un possibile accordo. La maggioranza presidenziale non è disposta a cedere, soprattutto per quanto riguarda il fatto che Kabila non possa più ricandidarsi. Qualsiasi tipo di dialogo con Kabila non avrà possibilità di riuscire, perché Kabila non sarà mai d’accordo sul fatto di non ripresentarsi alle elezioni», ha dichiarato Sam Bokolombe, deputato nazionale dell’UNC. Secondo lui, è la maggioranza presidenziale che sta bloccando la firma di un accordo finale, rifiutando di affidare il posto di primo ministro all’opposizione e di fissare una data precisa per lo svolgimento delle elezioni presidenziali.

Secondo lui, la maggioranza ha finora rifiutato di cedere la gestione della transizione all’opposizione, nonostante essa stessa non sia stata capace (o non abbia voluto) di organizzare le elezioni entro i tempi previsti dalla costituzione. Sam Bokolombe ha precisato che gli estremisti della maggioranza hanno finora respinto l’idea di includere nell’accordo politico l’impegno da parte del Presidente Kabila di non ricandidarsi per un terzo mandato. Secondo lui, «la gestione del periodo intermedio da parte dell’opposizione e il fermo impegno da parte del Capo dello Stato di non ricandidarsi per un terzo mandato non sono negoziabili». Secondo il deputato dell’UNC, l’attuale dialogo in corso presso la Cittadella dell’UA ha rivelato la vera intenzione dei Kabilisti, quella di rinviare le elezioni e mantenersi al potere: «Il probabile fallimento del dialogo in corso illustra sufficientemente i limiti dell’opzione per il dialogo di fronte a un regime che, in malafede, ha evidentemente deciso di mettere il paese nel caos, con l’unico obiettivo di rimanere al potere».[13]

3. LE DICHIARAZIONI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

Il 3 ottobre, in un’intervista a TV5 Monde, il ministro francese per gli affari esteri e lo sviluppo internazionale, Jean-Marc Ayrault, ha criticato il presidente Joseph Kabila per «non rispettare la Costituzione al fine di mantenersi al potere» e per creare le condizioni di una guerra civile. Jean-Marc Ayrault ha denunciato il fatto che, «una volta preso il potere, non si vuole più lasciarlo». «Questa situazione deve finire», ha egli sottolineato. Dietro queste parole, un solo nome: quello di Joseph Kabila: «Denuncio questo presidente che ha un solo obiettivo: non rispettare la Costituzione per mantenersi al potere». Jean-Marc Ayrault si dice preoccupato per l’insicurezza e la tensione sociale constatate. «C’è il rischio di una guerra civile. Per evitarla è necessario che si rispetti la Costituzione, che si fissi una data precisa per le elezioni presidenziali e che il dialogo nazionale sia effettivamente inclusivo». Infine, in accordo con gli Stati Uniti, egli ha brandito la minaccia di sanzioni, se la situazione dovesse degenerare: «Se è necessario arrivare a delle sanzioni, le imporremo, ma invito soprattutto ad usare la ragione. Se le autorità vogliono il bene del loro popolo, devono rispettare la Costituzione. Non si tratta d’interferenze esterne. Si tratta semplicemente del rispetto del diritto e dei principi».[14]

Il 3 ottobre, il ministro britannico per gli affari esteri e responsabile per l’Africa, Tobias Ellwood, ha affermato che «il Regno Unito si rammarica del fatto che il corpo elettorale non sia stato convocato 3 mesi prima della fine del mandato del presidente Kabila, come richiesto dalla Costituzione». “Nuovo dialogo per un nuovo accordo politico”, “Kabila deve cedere il potere pacificamente”, “elezioni presidenziali nel 2017, con una data specifica”: questi sono i tre requisiti che il governo britannico ha formulato all’attenzione delle autorità congolesi. Londra insiste sul passaggio del potere tra il presidente uscente e il suo successore, in modo pacifico e attraverso le urne. In questo senso, il ministro Tobias Ellwood ha affermato che «una delle più grandi eredità che il presidente Kabila può lasciare al suo popolo è un trasferimento pacifico e democratico del potere, il primo nella storia della RDCongo. Esortiamo dunque il Presidente Kabila e il suo governo a farsi carico di tale responsabilità». Fondamentalmente contrario allo “slittamento” delle elezioni presidenziali, Tobias Ellwood esorta tutte le parti ad arrivare urgentemente ad un «accordo su una data precisa per le elezioni presidenziali nel 2017». Per quanto riguarda eventuali problemi di ordine tecnico, finanziario e di altro tipo, il governo britannico si è dichiarato «pronto a sostenere il processo elettorale congolese, sia finanziariamente che diplomaticamente. Tuttavia, la responsabilità principale per l’organizzazione delle elezioni spetta al governo della RDCongo». Chiaramente, come molti altri paesi occidentali (Belgio, Francia, Germania, Svizzera, Stati Uniti d’America, Canada …), il Regno Unito auspica che la Repubblica Democratica del Congo rompa con l’oscuro passato di “presidenti a vita” e intraprenda la via del cambiamento democratico, garanzia per la coesione nazionale, la stabilità politica, la pace e il progresso socio-economico.[15]

[1] Cf Politico.cd, 03.10.’16

[2] Cf RFI, 05.10.’16 ; Actualité.cd, 04.10.’16

[3] Cf 7sur7.cd, 04.10.’16 http://7sur7.cd/new/conclave-la-cenco-delivre-un-message-dapaisement-document/

[4] Cf texte complet:7su7.cd, 04.10.’16 http://7sur7.cd/new/wp-content/uploads/2016/10/RAPPORT-FINAL-DU-CONCLAVE-DU-RASSEMBLEMENT-version-corrigée-3.pdf

Congoforum.be, 04.10.’16 http://www.congoforum.be/fr/nieuwsdetail.asp?subitem=41&newsid=205815&Actualiteit=selected

[5] Cf Jeune Afrique, 11.10.’16

[6] Cf Radio Okapi, 05.’10.’16

[7] Cf 7sur7.cd, 06.10.’16; Politico.cd, 06.10.’16

[8] Cf Radio Okapi, 06.10.’16

[9] Cf Politico.cd, 06.10.’16

[10] Cf Actualité.cd, 03.10.’16

[11] Cf Xinhua – Africatime, 04.10.’16

[12] Cf Radio Okapi, 10.10.’16

[13] Cf Eric Wemba – Le Phare – Kinshasam 10.10.’16; Le Potentiel – Kinshasa, 10.10.’16

[14] Cf Simon Henri – Jeune Afrique, 04.10.’16

[15] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 04.10.’16