Congo Attualità n. 295

INDICE

EDITORIALE: NO ALLA VIOLENZA PER RISOLVERE UNA CRISI POLITICA!

  1. LE VIOLENZE DEL 19 E 20 SETTEMBRE A KINSHASA
    1. Una preparazione concordata nella precipitazione dell’ultimo momento
    2. Gli avvenimenti
    3. Le dichiarazioni della Comunità Internazionale
    4. Il messaggio del Presidente e le disposizioni del Procuratore della Repubblica
    5. L’Opposizione ricorre alla giustizia
    6. Per tentare di capire ciò che è successo

EDITORIALE: NO ALLA VIOLENZA PER RISOLVERE UNA CRISI POLITICA!

 

LE VIOLENZE DEL 19 E 20 SETTEMBRE A KINSHASA

a. Una preparazione concordata nella precipitazione dell’ultimo momento

Il 1° settembre, in una lettera indirizzata al Governatore della Città Provincia di Kinshasa, André Kimbuta Yango, le Forze Innovative per l’Unione e la Solidarietà (Fonus) di Joseph Olengankoy l’avevano “informato” sull’organizzazione di una marcia pacifica prevista per il 19 settembre. In risposta, il governatore André Kimbuta aveva invitato gli organizzatori ad una “sessione di lavoro” fissata per il 15 settembre 2016, per definirne le modalità.[1]

Il 13 settembre, il Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento ha annunciato, per il 19 settembre, una serie di manifestazioni, in patria e all’estero, consistenti nell’organizzazione di “sit-in” davanti alle varie sedi della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) e delle Missioni diplomatiche congolesi all’estero, per chiedere l’immediata convocazione delle elezioni presidenziali (secondo l’art.73 della Costituzione) e per comunicare all’attuale Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, un preavviso di 3 mesi, dal 19/09/2016 al 19/12/2016, affinché prenda tutte le disposizioni necessarie, in vista di un passaggio del potere ai vertici dello Stato. Il 19 dicembre corrisponde alla data della fine del secondo e ultimo mandato presidenziale di Joseph Kabila, secondo le disposizioni costituzionali. La data del 19 settembre corrisponde alla data fissata dalla Costituzione congolese per convocare le elezioni presidenziali (tre mesi prima della fine del mandato presidenziale).[2]

Il 15 settembre, Joseph Olengankoy, Franck Diongo, Lisanga Bonganga e Jean-Marc Kabund, membri del Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, hanno partecipato ad una “riunione di lavoro” con il governatore della città-provincia di Kinshasa, André Kimbuta, per prendere gli ultimi accordi circa la manifestazione del 19 settembre a Kinshasa. Entrambe le parti sono ancora in trattative.

Tuttavia, il presidente delle Forze Innovative di Unione e Solidarietà (Fonus), Joseph Olengankoy, ha già annunciato che, in seguito a questa “riunione di lavoro” con il governatore, il Raggruppamento ha ottenuto l’accordo del Governatore per l’organizzazione dei sit-in del 19 settembre davanti alle varie sedi della CENI. «Il governatore ne ha preso atto e ci ha rassicurati sulla sicurezza dei manifestanti», ha dichiarato Joseph Olengankoy uscendo dalla “riunione di lavoro” con André Kimbuta.[3]

Il 16 settembre, André Kimbuta, governatore di Kinshasa ha affermato di non avere ancora dato il via libera al Raggruppamento dell’opposizione, per organizzare il lunedì 19 settembre la marcia e il sit-in davanti alla sede della CENI, perché il Comune sta ancora aspettando che gli organizzatori forniscano i dettagli sull’ora e il luogo di partenza, oltre che sul percorso della marcia. L’autorità municipale ha inoltre sottolineato che la sede della CENI è inviolabile e che, pertanto, i manifestanti non saranno autorizzati ad avvicinarsi ad essa.

Il ministro provinciale degli Interni di Kinshasa, Emmanuel Akweti, ha dichiarato che «gli organizzatori non hanno ancora segnalato il punto di partenza della marcia. Non conoscendo il punto di partenza della manifestazione, né il suo itinerario, l’autorità urbana ha chiesto che i firmatari della richiesta ne forniscano i dovuti chiarimenti. La delegazione dell’opposizione ha promesso di consultarsi, per potere tornare dal governatore, apportando i chiarimenti richiesti. Il Governatore ha fatto osservare che tra le zone prioritarie della città di Kinshasa, il comune di la Gombe è interdetto a manifestazioni pubbliche. Egli ha anche ricordato una disposizione legale secondo la quale la sede della CENI è inviolabile. Ci aspettiamo che gli organizzatori forniscano ulteriori precisazioni, per consentire al governatore di inviare loro una lettera definitiva. Se non ci danno queste precisazioni, non saremo in grado di garantire la sicurezza e se questo fosse il caso, prenderemo delle misure in conformità con le leggi della Repubblica».

Contattato, Joseph Olenghankoy, che aveva firmato la lettera a nome dell’opposizione, non ha smentito quanto detto da Emmanuel Akweti e ha affermato che le precisazioni richieste saranno trasmesse alle autorità urbane entro e non oltre sabato 17 settembre.[4]

Il 17 settembre, André Kimbuta, governatore di Kinshasa, si è recato presso la sede del partito FONUS per discutere con i delegati del Raggruppamento dell’opposizione sulla manifestazione del 19 settembre a Kinshasa. All’uscita da questo incontro, André Kimbuta ha dichiarato che «è solo oggi che confermo di avere preso atto della marcia del Raggruppamento dell’opposizione. Abbiamo concordato che la marcia partirà dalla piazza dello scambiatore per arrivare in Viale Trionfale. L’itinerario della marcia comprende i viali Liberazione, Kalembelembe e Kasavubu. Dopo il comizio, una delegazione dell’opposizione si recherà presso la sede della CENI per presentarle il memorandum. Non ci sarà nessun sit-in».[5]

b. Gli avvenimenti

Il 19 settembre, il Presidente del Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, Etienne Tshisekedi, ha indirizzato al presidente della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), Corneille Nangaa, una lettera di cui riportiamo alcuni estratti:

«L’articolo 73 della Costituzione le impone imperativamente di convocare le elezioni presidenziali 90 giorni prima della fine del mandato del presidente in carica. Questo lunedì, 19 settembre 2016 corrisponde alla data in cui la CENI è tenuta a convocare il popolo congolese per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, in sostituzione di Joseph Kabila, il cui secondo e ultimo mandato scadrà il 19 dicembre 2016 … Pertanto, il Raggruppamento, in nome del popolo sovrano della RDCongo, le esige di convocare le elezioni presidenziali entro le ore 23:59. Nel caso in cui non adempisse a questo dovere, il Raggruppamento invita la Commissione a trarre tutte le conseguenze, tra cui le dimissioni, lasciando ai Congolesi la libertà di organizzare un processo elettorale credibile, libero, democratico, trasparente e conforme alla Costituzione. Inoltre, in questo stesso giorno, il Raggruppamento ricorda a Joseph Kabila il preavviso di 90 giorni relativo alla fine del suo secondo e ultimo mandato e l’insediamento di un nuovo presidente della Repubblica il 20 dicembre 2016».[6]

Il 19 settembre, a Kinshasa, l’opposizione è pronta per iniziare la manifestazione prevista per esigere che la Commissione elettorale convochi l’elettorato per le elezioni presidenziali, come previsto dalla Costituzione, e per ricordare al Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, che mancano solo tre mesi per arrivare al 19 dicembre 2016, data in cui prenderà fine il suo secondo e ultimo mandato presidenziale, secondo le disposizioni costituzionali. Tuttavia, già prima dell’inizio della manifestazione, in alcuni quartieri della città, si sono registrati intensi scontri tra i manifestanti dell’opposizione e gli agenti della polizia antisommossa.[7]

La manifestazione doveva iniziare alle 13h00, ma è stata impedita e annullata prima del suo inizio. Il Governo e l’Opposizione si accusano vicendevolmente sulla responsabilità degli scontri. Secondo la società civile, gli scontri sono iniziati al mattino, quando i manifestanti tentavano di raggiungere il punto di partenza del corteo, nei pressi dell’interscambio del quartiere Limete. Secondo Georges Kapiamba, presidente dell’Associazione Congolese per l’Accesso alla Giustizia (Acaj), «la polizia aveva accerchiato l’intera zona universitaria e tentava di impedire che i giovani raggiungessero il punto di partenza. È per questo che i giovani hanno reagito».[8]

Secondo Martin Fayulu, membro della Dinamica dell’opposizione e colpito alla testa da un proiettile, «la manifestazione stava svolgendosi in modo assolutamente pacifico quando, arrivati sul viale Trionfale che conduce verso il Parlamento, le forze di sicurezza sono violentemente intervenute per impedirla».[9]

Da parte della Maggioranza, il portavoce del governo, Lambert Mende, ha affermato che la manifestazione non era affatto pacifica. È il motivo per cui le autorità hanno finalmente deciso di vietarla. Egli ha dichiarato che «ben presto ci si è resi conto che non era una manifestazione pacifica che l’opposizione aveva preparato, ma uno scenario da guerra civile, con atti di distruzione e di vandalismo. Si è quindi deciso di annullare l’evento, perché l’obiettivo era semplicemente quello di perturbare l’ordine pubblico».[10]

In una conferenza stampa, il ministro degli interni, Evariste Boshab, ha affermato che «la città di Kinshasa si è trovata a dovere affrontare un vero movimento insurrezionale».[11]

Gridando “Kabila torna a casa!” o “Kabila vattene!”, dei giovani hanno eretto barricate e incendiato dei pneumatici in mezzo alle strade. Sono stati segnalati casi di saccheggi, di vandalismo e di incendi di veicoli. Intorno alle 11:00 (1000 GMT), la polizia ha fatto ricorso all’uso di gas lacrimogeni per disperdere varie centinaia di manifestanti che, lanciando delle pietre, tentavano di avanzare verso Palazzo del Popolo (il Parlamento).[12]

I manifestanti hanno saccheggiato e incendiato alcune sedi di vari partiti politici membri della maggioranza presidenziale o ad essa prossimi: quella del PPRD, il partito presidenziale, situata a Limete; un’altra del PPRD, situata a Kalamu; quella del RCD, situata a Limete e quella del CNC di Pius Mwabilu. Si sono constatati anche diversi casi di saccheggi e d’incendi di edifici pubblici, come scuole, tribunali, stazioni di polizia.[13]

Durante la notte tra il 19 e il 20 settembre, quattro sedi di partiti di opposizione, tra cui l’UDPS, le FONUS, l’ECIDE e il MLP, sono state saccheggiate e incendiate da militari fortemente armati.[14]

Il 20 settembre, gli scontri tra manifestanti e polizia sono continuati per tutto il giorno. Come il giorno prima, sono stati attaccati diversi simboli dello Stato, come i sotto-commissariati di polizia. Ci sono stati anche diversi saccheggi. Intorno alle 19:30 (1830 GMT), la maggior parte della città sembra essere ritornata alla normalità. Il bilancio delle violenze di questi due giorni è di 50 morti, secondo il Raggruppamento dell’opposizione, di 17 (3 agenti di polizia e 14 “saccheggiatori”) secondo le autorità. Secondo Ida Sawyer, membro di Human Rights Watch (HRW) e recentemente espulsa dal Congo, il bilancio sarebbe di 37 civili uccisi dalle forze di sicurezza (tra cui 17 nella sola giornata del 20 settembre), 6 agenti di polizia e 1 membro del partito presidenziale uccisi dai manifestanti.[15]

Il 21 settembre, il portavoce della Polizia Nazionale Congolese (PNC), il colonnello Mwana Mputu, ha affermato che un bilancio ancora provvisorio delle manifestazioni del 19 e 20 settembre a Kinshasa, è di trentadue morti, tra cui quattro agenti di polizia, e di cento quattordici persone arrestate. Secondo la PNC, 19 persone sono state uccise il 19 settembre e 13 il giorno seguente. Tra i 13 morti del 20 settembre, 9 erano del quartiere Mont Amba, 2 del quartiere Funa, 1 del quartiere di Lukunga e 1 del quartiere di Tshangu.

Delle 114 persone arrestate, 41 sono già state deferite presso il pubblico ministero per essere presentare davanti ai giudici, secondo la procedura di flagranza. 77 sono ancora in corso di verbalizzazione delle loro dichiarazioni.

Per quanto riguarda i danni materiali registrati nel solo 20 settembre, nel suo rapporto la polizia cita il saccheggio e l’incendio di un commissariato, di dodici sotto commissariati e di 4 sedi di partiti politici dell’opposizione, tra cui quelli dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) di Etienne Tshisekedi, dell’Impegno per la Cittadinanza e lo Sviluppo (ECIDE) di Martin Fayulu, delle Forze Innovative per l’Unità e la Solidarietà (FONUS) di Joseph Olengankoy e del Movimento Lumumbista Progressista (MLP) di Franck Diongo.

Il colonnello Mwana Mputu ha menzionato anche il saccheggio dell’Università del CEPROMAD a Masina, del Tribunale di pace di N’djili, di due distributori di carburanti di Cobil presso l’Università di Kinshasa (UNIKIN), dell’Istituto Mont Amba e di due agenzie della Banca internazionale per l’Africa in Congo (BIAC) e Ecobank. Sono state saccheggiate anche delle residenze private e vari veicoli sono stati incendiati o distrutti. La PNC ha ammesso che, per ripristinare l’ordine pubblico durante i due giorni delle manifestazioni, è stata appoggiata dall’esercito nazionale.[16]

Il 22 settembre, in un comunicato, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, ha dichiarato che, nelle violenze del 19 e 20 settembre a Kinshasa, sono state uccise almeno 50 persone, tra cui quattro agenti di polizia. Almeno 77 i feriti e circa 300 le persone arrestate. Zeid Ra’ad Al Hussein ha “condannato con forza” gli attacchi perpetrati da persone non identificate contro la sede del partito al governo, un tribunale, una scuola e vari edifici governativi, tra cui stazioni di polizia. Egli ha pure condannato altri crimini commessi durante le manifestazioni, tra cui saccheggi e distruzione di beni.

Nello stesso tempo, egli ha dichiarato di aver ottenuto delle informazioni secondo le quali, in certi quartieri della capitale, degli agenti della Guardia Repubblicana, dell’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR) e della Polizia Nazionale Congolese (PNC) hanno fatto irruzione in case private e proceduto ad una serie di perquisizioni. Per questo, i civili non hanno potuto uscire da casa per diverse ore. L’Alto Commissario ha affermato che «vari civili sono rimasti uccisi per essere stati colpiti, alla testa o al torace, da proiettili sparati con armi da fuoco» e ha «fermamente condannato la forza eccessiva chiaramente utilizzata dalle forze di difesa e di sicurezza contro i manifestanti».

Egli si è detto particolarmente colpito da certe informazioni secondo le quali «degli uomini in uniforme hanno direttamente partecipato ad alcuni attacchi perpetrati contro le sedi di sei partiti di opposizione, tra cui quella dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS)». A questo proposito, egli ha sottolineato che gli attacchi della notte tra il 19 e il 20 settembre sono stati commessi a guisa di «resa dei conti dopo le violenze commesse nel corso della giornata del 19 settembre stesso». Per cui egli ha «esortato il governo a ritirare immediatamente dalle strade la Guardia Repubblicana, per dispiegarvi, invece, agenti di polizia adeguatamente formati e dotati di attrezzature appropriate per il controllo della folla».[17]

c. Le dichiarazioni della Comunità Internazionale

Il 19 settembre, il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon, si è detto profondamente preoccupato per i violenti scontri avvenuti tra manifestanti e forze di sicurezza a Kinshasa. Ban Ki-moon ha condannato la violenza ed esorta tutti i leader politici e i membri dei loro partiti ad astenersi da qualsiasi atto che possa aggravare la situazione. Egli chiede alle autorità congolesi di «assicurarsi che, nel corso delle manifestazioni, le forze di sicurezza nazionali non facciano un uso esagerato della forza». Il Segretario Generale delle Nazioni Unite invita inoltre tutti i leader politici a superare le loro divergenze in modo pacifico e attraverso il dialogo, conformemente con la risoluzione 2277 (2016) del Consiglio di Sicurezza.

Da parte sua, in un comunicato, l’Unione Europea invita tutte le parti a far prova di moderazione. L’UE ritiene che la violenza scoppiata a Kinshasa sia «una conseguenza della mancata organizzazione delle elezioni presidenziali entro i tempi previsti dalla costituzione». Secondo l’UE, è necessario che il calendario elettorale sia elaborato e pubblicato il più rapidamente possibile e che il periodo di rinvio delle elezioni presidenziali e legislative sia il più corto possibile. Secondo l’Unione Europea, la crisi non può essere risolta con la violenza, da qualunque parte essa provenga. L’UE ha dichiarato che «i fatti di questa giornata ricordano l’estrema urgenza di arrivare alla conclusione di un dialogo politico inclusivo, sostanziale e i cui risultati siano rispettosi dei principi costituzionali e della risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». Anche gli Stati Uniti hanno condannato la violenza scoppiata a Kinshasa. Essi invitano tutte le parti alla moderazione e ad evitare provocazioni, aggiungendo che il governo congolese ha «la responsabilità primaria di proteggere i diritti umani, compresi quello di organizzare riunioni pacifica e quello relativo alla libertà di espressione». Per gli Stati Uniti, gli eventi che si sono verificati a Kinshasa dimostrano «la necessità di un dialogo veramente inclusivo per raggiungere un consenso sull’organizzazione delle elezioni presidenziali e assicurare, in tal modo, il primo passaggio democratico del potere».[18]

Secondo il ministro degli Esteri francese, Jean-Marc Ayrault, l’attuale situazione congolese è «molto pericolosa ed estremamente preoccupante». «Ciò che è urgente è sapere la data delle elezioni», ha egli dichiarato, aggiungendo che, «se sono costantemente rinviate, significa che Kabila ha l’intenzione di rimanere al potere. È una situazione inaccettabile».

In un comunicato, il ministro degli affari esteri belga ha chiesto “moderazione” e ha voluto incoraggiare tutti gli attori politici congolesi ad «operare pacificamente per l’organizzazione di elezioni a breve termine».[19]

Il 21 settembre, condannando le violenze di Kinshasa, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha «invitato tutte le parti ad evitare ulteriori violenze e provocazioni e a risolvere le loro divergenze in modo pacifico». Il Consiglio ha chiesto alle autorità di «rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali, in particolare la libertà di riunione». Il Consiglio di Sicurezza ha sottolineato «l’importanza cruciale dell’organizzazione di elezioni presidenziali pacifiche, credibili, trasparenti, entro un tempo opportuno e in conformità con la Costituzione».[20]

Il 22 settembre, in un comunicato, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, ha dichiarato che «l’elevato numero di vittime civili, l’incendio delle sedi di diversi partiti politici e la persistenza di una situazione ancora tesa costituiscono un chiaro avvertimento sulla possibilità di una grave crisi che potrebbe verificarsi molto presto. I segni ci sono, e le autorità devono abbandonare la loro posizione estremamente conflittuale e costruire ponti nei confronti dell’opposizione». Zeid Ra’ad Al Hussein ha quindi affermato che «ciò di cui oggi la RDCongo ha bisogno è un clima politico più sereno che possa favorire un dialogo inclusivo e l’organizzazione di elezioni libere ed eque».[21]

Il 24 settembre, l’Unione Africana, le Nazioni Unite, l’Unione Europea e l’Organizzazione Internazionale della Francofonia hanno congiuntamente lanciato un appello alla calma, al dialogo e ad una rapida organizzazione di elezioni “credibili”. In una dichiarazione congiunta, rilasciata a New York in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, queste quattro organizzazioni si son dette «molto preoccupate per i recenti episodi di violenza sopravvenuti a Kinshasa e altrove». Esse «chiedono a tutti gli attori politici, della maggioranza presidenziale e dell’opposizione, di dar prova di moderazione nelle loro azioni e nelle loro dichiarazioni, e di chiedere ai membri dei loro rispettivi partiti di rinunciare alla violenza». Infine, queste organizzazioni invitano le autorità congolesi a «promuovere e proteggere i diritti umani e il rispetto delle libertà fondamentali (…),soprattutto in occasione di manifestazioni pubbliche».

Il Sottosegretario Generale delle Nazioni Unite per le Operazioni di Pace, El Ghassim Wane, ha affermato che «il comunicato riflette la preoccupazione della Comunità internazionale per gli incidenti avvenuti recentemente nella Repubblica Democratica del Congo. Noi, ovviamente, abbiamo ribadito il nostro appoggio al dialogo nazionale in corso, sottolineando, al tempo stesso, la necessità di un’inclusività la più ampia possibile, perché solo l’inclusività è una garanzia di stabilità e di successo. Un dialogo inclusivo è la condizione per una stabilità duratura e per la creazione delle condizioni necessarie per l’organizzazione, nel più breve tempo possibile, di elezioni che siano trasparenti e credibili, entro l’ambito della Costituzione congolese, in modo da consolidare i risultati ottenuti da oltre un decennio».[22]

d. Il messaggio del Presidente e le disposizioni del Procuratore della Repubblica

Il 21 settembre, il Capo dello Stato, Joseph Kabila, attraverso il direttore del suo ufficio (Néhémie Mwilanya), ha rivolto al popolo congolese un suo messaggio a proposito delle violenze che si sono scatenate a Kinshasa il 19 e il 20 settembre. In un comunicato letto alla Radio Televisione Nazionale Congolese (RTNC), Joseph Kabila ha presentato le sue condoglianze alle vittime e ha fatto di nuovo appello al dialogo. Ma indica anche le responsabilità su quanto avvenuto. In questo messaggio, Joseph Kabila afferma l’esistenza di un divario tra l’obiettivo dichiarato dal Raggruppamento dell’opposizione che aveva indetto la manifestazione del 19 settembre e la reale intenzione degli organizzatori che, secondo lui, era quella di approfittare della manifestazione per scatenare «una violenza cieca o, peggio, una sommossa popolare».

Facendo riferimento all’annuncio, da parte del Procuratore della Repubblica, di azioni legali contro gli autori delle violenze e i loro complici, il Capo dello Stato ha «promesso alle vittime il suo totale appoggio alle procedure giudiziarie (già) intraprese».

«Il ricorso all’insurrezione non può essere un’alternativa al dialogo in corso», ha insistito il Capo dello Stato. Attraverso questo comunicato, il presidente Joseph Kabila ha chiesto a tutti coloro che non hanno ancora aderito al dialogo nazionale di parteciparvi, per «rafforzare il consenso elettorale e politico che si sta già delineando ed evitare, in tal modo, al nostro popolo, delle inutili e ingiustificate sofferenze». Dopo aver rivolto un messaggio di condoglianze alle famiglie delle vittime, tra cui «gli agenti della polizia nazionale caduti nell’esercizio della loro funzione: quella di garantire la sicurezza delle persone e delle strutture», Joseph Kabila ha invitato alla calma e ha chiesto alla popolazione di riprendere le sue attività normali.[23]

Il 21 settembre, il Procuratore Generale della Repubblica, Flory Kabange Numbi, ha ordinato alla polizia di ricercare, anche negli ospedali, e arrestare tutti gli organizzatori delle manifestazioni del 19 e 20 settembre e gli autori materiali e intellettuali dei saccheggi, uccisioni e incendi perpetrati in tali manifestazioni. «La polizia deve cercarli ovunque si nascondano», ha detto Kabange Numbi. Parlando alla stampa, egli ha affermato che saranno intraprese delle procedure giudiziarie contro gli autori degli omicidi e dei saccheggi e contro i loro complici. Il Procuratore Generale della Repubblica ha assicurato che il dipartimento delle migrazioni ha ricevuto l’ordine di impedire eventuali partenze di qualsiasi organizzatore della manifestazione e di tutte le persone implicate nelle violenze perpetrate nel corso di tale manifestazione, precisando che «è stato loro proibito di uscire dal territorio nazionale, perché devono rispondere dei loro atti di fronte alla legge».[24]

Secondo certe fonti, nella sua richiesta di informazioni n° 6224 del 21 settembre, il Procuratore Generale della Repubblica (PGR) ha formalizzato l’interdizione di uscita dal Paese nei confronti di varie personalità dell’opposizione ricercate per insurrezione. Si tratta di Joseph Olengakoy (Fonus), Jean-Marc Kabund e Bruno Tshibala (UDPS), Ingele Ifoto, Sama Lukonde (G7), Martin Mukonkole (UDA), Franck Diongo (MLP), Willy Mishiki, Lisanga Boganga e Kitenge Yezu. Il PGR chiede che siano arrestati e condotti presso lo Stato Maggiore Generale. Secondo molti osservatori, simili disposizioni condurranno ad un ulteriore deterioramento del clima politico.[25]

e. L’Opposizione ricorre alla giustizia

Il 21 settembre, reagendo al discorso del presidente Joseph Kabila, Peter Kazadi, uno dei dirigenti dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) e consigliere giuridico di Etienne Tshisekedi, ha affermato che la “responsabilità penale” di ciò che è accaduto a Kinshasa non è dell’UDPS, ma del governo. «Il Procuratore Generale della Repubblica non dovrebbe interessarsi delle persone che hanno partecipato ad una manifestazione in modo pacifico e in conformità con la Costituzione del paese (…) Egli dovrebbe interessarsi piuttosto di tutti quelli che hanno dimostrato l’intenzione di violare la nostra Costituzione (…) Se ci sono delle persone da arrestare, egli dovrebbe iniziare da questi ultimi e da coloro che hanno ucciso dei semplici cittadini congolesi con i mezzi dello stato», ha dichiarato Peter Kazadi, riferendosi ai civili uccisi il 19 e il 20 settembre a Kinshasa. A proposito della richiesta del presidente Kabila di partecipare al dialogo, Peter Kazadi ha ribadito la posizione del Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento: il rifiuto di partecipare ad “un monologo organizzato in un campo militare“.

All’appello di Didier Reynders, ministro degli Esteri belga, per un nuovo dialogo “veramente inclusivo“, Peter Kazadi si è detto “felice” di constatare che «la comunità internazionale va finalmente nella direzione delle rivendicazioni dell’UDPS».[26]

Il 21 settembre, nel corso di una conferenza stampa, il segretario generale dell’UDPS, Jean-Marc Kabund, ha affermato che il bilancio dell’incendio della sede del suo partito nella notte del 20 settembre è di sette persone carbonizzate e di una decina di militanti ancora dispersi. Egli ha anche affermato che, «per quanto riguarda le violenze del 19 e 20 settembre, l’UDPS ne attribuisce la responsabilità al Vice Primo Ministro e Ministro degli Interni, Evariste Boshab, e al ministro dello Sport, Denis Kambayi, perché hanno reclutato dei briganti e hanno fornito loro delle armi bianche, con il doppio fine di attaccare i manifestanti e di saccheggiare le sedi dei partiti della maggioranza, per poi attribuirne la paternità al Raggruppamento dell’opposizione e giustificare, in tal modo, l’interdizione della manifestazione (…); al Governatore della città-provincia di Kinshasa, André Kimbuta, perché ha autorizzato la manifestazione senza prendere misure sufficienti per garantire la sicurezza dei manifestanti; ai generali Charles Bisengimana, Celestin Kanyama e Gabriel Amisi perché, pur trovandosi sul campo delle operazioni, non hanno impedito l’uso di armi letali durante la manifestazione del 19 settembre e hanno organizzato il commando che ha attaccato la sede dell’UDPS nella notte dello stesso 19 settembre». Secondo l’UDPS, il bilancio della repressione delle manifestazioni del 19 e 20 settembre a Kinshasa e in altre città è di 100 morti, 1.000 feriti e 2.500 arresti.[27]

Il 21 settembre, in una intervista concessa alla RTBF, Etienne Tshisekedi, presidente dell’UDPS, ha invitato i Congolesi a «continuare la loro mobilitazione fino alla partenza di Kabila dal potere, qualunque ne sia il prezzo da pagare».[28]

Il 21 settembre, il Gruppo dei 7 (G7), una delle principali coalizioni membri del Raggruppamento dell’opposizione, ha chiesto l’apertura di un’inchiesta internazionale indipendente, per stabilire le responsabilità della sanguinosa repressione della marcia organizzata dall’opposizione il 19 settembre. Questa piattaforma politica denuncia con chiarezza le “brutalità commesse dalla polizia” e l’uso di “armi letali” che hanno causato la morte di più di 50 manifestanti. Il G7 accusa il Governo di essere responsabile delle violenze commesse. Secondo il G7, un altro responsabile di questa tragedia è la Commissione elettorale che non ha convocato le elezioni presidenziali entro i tempi previsti dalla costituzione. Inoltre, il G7 rifiuta, in anticipo, le risoluzioni che potranno uscire dal dialogo “facilitato” da Edem Kodjo e chiede nuovi negoziati politici.[29]

Il presidente del partito politico di opposizione Movimento Lumumbista Progressista (MLP), Franck Diongo, la cui sede è stata bruciata il 20 settembre a Kinshasa, ha presentato una denuncia contro “il governo congolese e i suoi complici”. Egli li accusa di crimini contro l’umanità, violazione di domicilio, distruzione dolosa, incendio doloso, tentato omicidio, omicidio e stupro. In tale denuncia, il deputato nazionale accusa anche alcuni esponenti della Maggioranza Presidenziale (MP). Franck Diongo ha affermato: «il 19 settembre, tra le 15:00 e le 16:30, varie jeep hanno sostato davanti al mio ufficio, insieme a due bus Transco a bordo dei quali c’erano delle persone in tenuta civile e altre in uniforme. Hanno esplorato il posto e proferito minacce. Hanno sparato contro i vetri delle finestre dell’ufficio del segretario generale e hanno promesso di ritornare durante la notte per appiccare il fuoco». Secondo il presidente del MLP, la denuncia è un test sull’indipendenza del Procuratore Generale della Repubblica che ora deve dimostrare che non è lì per servire gli interessi della maggioranza.[30]

Il 23 settembre, il presidente del comitato dei saggi del Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, Etienne Tshisekedi, ha dichiarato di aver incaricato il segretario generale del suo partito, l’UDPS, di presentare al Procuratore Generale della Repubblica una denuncia a carico di alcune autorità politiche e dei servizi di sicurezza accusate di essere “gli autori della strage” del 19 e 20 settembre a Kinshasa. La denuncia concerne le seguenti autorità:

Evariste Boshab, Vice Primo Ministro e Ministro degli Interni e della Sicurezza;

Denis Kambayi Tshimpungu, Ministro della Gioventù e dello Sport;

André Kimbuta, governatore di Kinshasa;

Generale Bisengimana, commissario generale della Polizia Nazionale Congolese;

Generale Kanyama, commissario di polizia della città / provincia di Kinshasa e

Generale Gabriel Amisi, comandante della 1ª regione militare della RDCongo.

Essi sono accusati di “infrazioni gravi contro gli strumenti internazionali di protezione dei diritti umani, contro la Costituzione e contro le leggi della Repubblica Democratica del Congo“. Il leader dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale spera che la giustizia congolese dimostri la sua indipendenza nei confronti del potere costituito.[31]

f. Per tentare di capire ciò che è successo

Il 19 e il 20 settembre, Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo, è stata oggetto di una violenza di matrice politica che ha causato la morte di molte persone. Sono tre le cose da sapere per capire la crisi politica congolese.

– Qual è l’origine della crisi?

La Repubblica Democratica del Congo sta attraversando un periodo di incertezza politica sin dai tempi della contestata rielezione del presidente Joseph Kabila nel novembre 2011, in seguito a delle elezioni marcate da incalcolabili brogli elettorali. Arrivato in seconda posizione, secondo i risultati ufficiali, l’avversario Etienne Tshisekedi, fondatore dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), ha continuato a rifiutare la rielezione di Kabila. Egli si considera il “Presidente eletto” dal Paese e nega ogni legittimità al presidente Kabila e al Parlamento. La situazione di stallo istituzionale è tale che, dal novembre 2011, non è stato organizzato nessun tipo di elezioni dirette.

A parte il Presidente, il cui mandato terminerà nel mese di dicembre 2016, e i deputati nazionali, tutti gli altri (deputati provinciali, senatori nazionali e governatori delle province), eletti nel 2006, sono rimasti in carica anche dopo il 2011 fino ad oggi, nonostante siano fuori mandato. I governatori delle nuove province, eletti nei primi mesi del 2016, sono stati eletti indirettamente da deputati provinciali già fuori mandato.

– Perché tanta violenza a Kinshasa?

Gli abitanti di Kinshasa non hanno mai amato Joseph Kabila che hanno sempre considerato come uno “straniero” proveniente dall’est. Nelle elezioni del 2006 e del 2011, entrambi marcate da violenze elettorali, la popolazione aveva votato in massa per i più grandi concorrenti di Kabila: Jean-Pierre Bemba (nel 2006) e Etienne Tshisekedi (nel 2011). La crisi economica, che il paese sta affrontando da quasi un anno, contribuisce a peggiorare le condizioni di vita degli abitanti di Kinshasa (circa 10 milioni, di cui quasi la totalità lotta per sopravvivere alla miseria) e provoca un sentimento di frustrazione e di rigetto del potere di Joseph Kabila.

– Perché proprio il 19 settembre?

La data del 19 settembre è simbolica. È in tale data che la Commissione elettorale avrebbe dovuto convocare le elezioni presidenziali. Secondo la Costituzione, le elezioni presidenziali devono essere convocate dalla Commissione elettorale 90 giorni prima della fine del mandato del presidente della Repubblica in esercizio. Il secondo e ultimo mandato dell’attuale Presidente terminerà, secondo le disposizioni della costituzione, il19 dicembre 2016. Il “Raggruppamento delle forze politiche e sociali per il cambiamento”, una piattaforma politica creata lo scorso giugno attorno ad Étienne Tshisekedi, aveva indetto una manifestazione per il 19 settembre, a tre mesi esatti dalla fine del mandato di Kabila, per significargli un “preavviso” di tre mesi, affinché lasci il potere il 19 dicembre 2016 e la Commissione elettorale organizzi le elezioni presidenziali entro tale data.[32]

Dietro all’intenso braccio di ferro tra il regime del presidente Joseph Kabila e l’opposizione, è il popolo congolese che sta esprimendo la sua esasperazione nei confronti di un Governo incapace di migliorare la sue condizioni di vita quotidiana. Al di là del braccio di ferro che contrappone il partito presidenziale all’opposizione sulla questione della data delle elezioni presidenziali, l’attuale crisi è motivata da una profonda aspirazione del popolo a vivere in uno Stato di diritto che garantisca a tutti una giusta sicurezza e un’equa ridistribuzione delle ricchezze del paese. In questo vasto territorio – più di quattro volte superiore a quello della Francia – che è la Repubblica Democratica del Congo, nulla funziona correttamente: né la scuola, né il sistema sanitario, né la giustizia, né il mercato del lavoro. Tutti i settori sono intaccati dal virus di una corruzione endemica a tutti i livelli della società. «Qui, i funzionari dello Stato non servono il popolo, ma si servono del popolo», ha confidato a La Croix un osservatore delle Nazioni Unite di ritorno dalla Repubblica Democratica del Congo.

La vita quotidiana è dura e amara. Per la maggior parte dei 75 milioni di abitanti, la vita quotidiana è un vero combattimento: ciascuno cerca di sbrogliarsela come può, in un mondo spietato, dove nulla è certo, nulla funziona normalmente, tutto è in rovina e in uno stato d’abbandono.[33]

[1] Cf Politico.cd, 15.09.’16

[2] Cf AFP – Africatime, 14.09.’16

[3] Cf Politico.cd, 15.09.’16

[4] Cf Actualité.cd, 16.09.’16

[5] Cf Actualité.cd, 17.09.’16

[6] Cf Politico.cd, 20.09.’16 Testo completo: http://www.politico.cd/en-off/2016/09/20/voici-lettre-detienne-tshisekedi-a-corneille-nangaa.html

[7] Radio Okapi, 19.09.’16

[8] Cf AFP – Jeune Afrique, 19.09.’16

[9] Cf RFI, 19.09.’16

[10] Cf RFI, 19.09.’16

[11] Cf AFP – Voa, 19.09.’16

[12] Cf AFP – Jeune Afrique, 19.09.’16

[13] Cf 7sur7.cd, 19.09.’16

[14] Cf RFI, 20.09.’16

[15] Cf AFP – Onewovision, 21.09.’16

[16] Cf Radio Okapi, 21.09.’16

[17] Cf AFP – Africatime, 22.09.’16; Politico.cd, 22.09.’16

[18] Cf Radio Okapi, 20.09.’16

[19] Cf AFP – Voa, 19.09.’16

[20] Cf Jeune Afrique, 22.09.’16

[21] Cf AFP – Africatime, 22.09.’16; Politico.cd, 22.09.’16

[22] Cf Radio Okapi, 24.09.’16; RFI, 25.09.’16

[23] Cf RFI, 22.09.’16; Texte complet du communiqué: 7sur7.cd, 21.09.’16 http://7sur7.cd/new/violences-a-kinshasa-kabila-accuse-le-rassemblement-discours-ci-dessous/

[24] Cf 7sur7.cd, 21.09.’16; Politico.cd, 21.09.’16

[25] Cf 7sur7.cd, 23.09.’16 http://7sur7.cd/new/f-diongo-s-lukonde-kitenge-yezu-j-olengakoy-l-bonganga-j-m-kabund-b-tshibala-w-mishiki-ingele-ifoto-et-m-mukonkole-poursuivis-pour-insurrection-pr-le-pgr/

[26] Cf Politico.cd, 21.09.’16

[27] Cf Actualité.cd, 21.09.’16; Texte complet du communiqué: 7sur7.cd, 22.09.’16 http://7sur7.cd/new/ludps-charge-boshab-et-kambayi/

[28] Cf RTBF – Congoforum, 21.09.’16

[29] Cf 7sur7.cd, 21.09.’16

[30] Cf Radio Okapi, 23.09.’16

[31] Cf Radio Okapi, 23.09.’16 Texte complet de la Plainte: http://www.radiookapi.net/sites/default/files/2016-09/plainte_de_tshisekedi.pdf

[32] Cf AFP – Onewovision, 20.09.’16

[33] Cf La Croix – Via Onewovision, 21.09.’16