Editoriale Congo Attualità n. 279– a cura della Rete Pace per il Congo
La Corte Costituzionale ha risposto alla richiesta di interpretazione dell’articolo 70 della Costituzione inoltrata da parlamentari per lo più della maggioranza presidenziale. Secondo questo articolo, “il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto per un mandato di cinque anni rinnovabile una sola volta. Alla fine del suo mandato, il Presidente della Repubblica resta in funzione fino all’insediamento effettivo del nuovo Presidente eletto”.
La maggioranza presidenziale aveva praticamente chiesto se, alla fine del suo mandato, il Presidente della Repubblica potesse continuare ad esercitare la sua funzione di Presidente, nel caso in cui non si riuscisse ad organizzare le elezioni presidenziali entro le scadenze elettorali fissate dalla costituzione.
Il Presidente della Repubblica resta in funzione fino all’insediamento effettivo del nuovo Presidente eletto
Nella parte conclusiva della sentenza, la Corte dispone che, “per consacrare il principio della continuità dello Stato affermato dall’articolo 69 della Costituzione, l’articolo 70, paragrafo 2 della Costituzione, permette al Presidente della Repubblica in carica di rimanere in funzione fino all’effettiva installazione del nuovo presidente eletto”.
La sentenza è conforme al secondo comma dell’articolo 70, secondo cui, “alla fine del suo mandato, il Presidente della Repubblica resta in funzione fino all’insediamento effettivo del nuovo Presidente eletto”. Ma la sentenza rivela alcuni limiti intrinseci.
Per quanto riguarda il principio della continuità dello Stato, la sentenza fa riferimento all’articolo 69, secondo cui “il Presidente della Repubblica assicura la continuità dello Stato”, ma non fa alcun riferimento all’articolo 73, secondo cui, esattamente per assicurare la continuità alla Presidenza della Repubblica, le elezioni presidenziali sono convocate dalla Commissione elettorale 90 giorni prima della fine del mandato del presidente uscente. L’articolo 73 è rafforzato dall’articolo 74 che stipula: “Il Presidente della Repubblica eletto entra in funzione entro i 10 giorni successivi alla proclamazione dei risultati definitivi delle elezioni presidenziali”.
Inoltre si può notare che, nella sua sentenza, la Corte costituzionale si limita ad una semplice enunciazione del secondo comma dell’articolo 70, astenendosi dal fare una seppur minima allusione all’organizzazione o meno delle elezioni presidenziali entro i tempi fissati dalla Costituzione.
In tal modo, se la Corte dà un’interpretazione dell’articolo 70 sul piano giuridico, la problematica relativa all’articolo 70 rimane intatta sul piano politico.
A questo proposito, alcuni potrebbero dire che, se la Commissione elettorale non riuscirà ad organizzare le prossime elezioni presidenziali entro le scadenze previste dalla Costituzione, ciò non potrà essere attribuito alla Presidenza della Repubblica, ma al Governo, per non avere assicurato il finanziamento indispensabile, o al Parlamento, per non avere approvato a tempo le leggi necessarie. Se ciò è vero, si tratta però di una mezza verità in quanto, secondo l’articolo 69 della Costituzione, “il Presidente della Repubblica … veglia al rispetto della Costituzione e assicura … il regolare funzionamento dei pubblici poteri e delle istituzioni”. Quindi anche il Presidente della Repubblica avrà la sua parte di responsabilità nel caso di mancate elezioni presidenziali entro le scadenze previste dalla Costituzione, tanto più che, secondo l’articolo 79, il Presidente della Repubblica convoca e presiede il Consiglio dei Ministri”, anche se, “in caso d’impedimento, egli delega questo potere al Primo Ministro”.
Inoltre, affermando che il Presidente in esercizio rimane in funzione fino all’insediamento effettivo del nuovo Presidente eletto, la Corte dichiara che il Presidente rimarrà in funzione fino all’organizzazione di elezioni presidenziali future di cui, però, non precisa alcuna scadenza o data. In tale situazione, il rischio è che un Presidente della Repubblica abbia la via libera per poter decidere di rimanere alla guida del Paese a tempo indeterminato (alcuni mesi, alcuni anni, alcuni quinquenni, alcuni decenni), apportando sempre nuovi motivi per rinviare continuamente le elezioni all’infinito.
Il dibattito rimane ancora aperto, soprattutto sul piano politico
Come si può constatare, anche dopo la sentenza della Corte Costituzionale, il dibattito rimane ancora aperto, sul piano giuridico e, soprattutto, sul piano politico.
Sul piano giuridico, le più alte Istituzioni dello Stato, tra cui la Presidenza della Repubblica, il Governo, il Parlamento e la Commissione elettorale potrebbero essere messe sotto inchiesta per violazione della Costituzione nei suoi articoli relativi all’organizzazione delle elezioni: uno Stato che si rispetti non può privare, anche se temporaneamente o per qualsiasi motivo (finanziario, tecnico, logistico, politico) i suoi cittadini del loro diritto al voto. Sarebbe una grave omissione che potrebbe essere qualificata di alto tradimento nei confronti del popolo.
Sul piano politico, considerando ormai impossibile organizzare elezioni ben preparate nello spazio di pochi mesi, le varie forze politiche e sociali dovranno incontrarsi, per cercare un consenso su una possibile soluzione che possa permettere di organizzare le prossime elezioni presidenziali in modo trasparente e credibile e nel tempo più breve possibile. La Commissione elettorale potrebbe facilitare tale soluzione, proponendo una bozza di calendario elettorale completo che renda note le date delle varie elezioni, a partire da quelle Presidenziali.