Editoriale Congo Attualità n. 278– a cura della Rete Pace per il Congo
Nella sola prima settimana di maggio, nel Nord Kivu (Repubblica Democratica del Congo) sono state uccise una cinquantina di persone: una quarantina nella zona di Beni, a nord, presumibilmente per opera di miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF), e una decina, in territorio di Rutshuru, più a sud e per mano delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR). Sia le ADF, un gruppo armato di origine ugandese, sia le FDLR, un gruppo armato di origine ruandese, hanno ultimamente intensificato la strategia dei massacri delle popolazioni civili e dei sequestri di persone. Se è relativamente facile fare la conta dei morti, è ben più difficile comprendere ciò che sta succedendo e scoprirne le cause. Per quanto riguarda i massacri di Beni, le autorità congolesi li attribuiscono generalmente alle Forze Democratiche Alleate (ADF), una milizia presentata come un gruppo terrorista islamico di origine ugandese.
Cinque pezzi di un puzzle
– Se non vi è alcun dubbio che le ADF siano responsabili di un certo numero di massacri, un recente rapporto del Gruppo di Studi sul Congo (GEC) ha rimesso in causa la versione ufficiale.
«Le ADF non sono proprio quello che la gente pensa che siano», ha affermato Jason Stearns, l’autore principale del rapporto, sottolineando che «le ADF non sono un’organizzazione islamista straniera, ma una milizia profondamente radicata nella società locale che ha legami con attori politici ed economici locali» e ben inserita nelle reti di contrabbando esistenti, in particolare quella del legname. Il fatto che alcuni degli aggressori parlino Kinyarwanda – una lingua che non è generalmente parlata nella regione di Beni – fa pensare all’implicazione di altri gruppi armati appartenenti a una vasta area geografica. Inoltre, secondo varie testimonianze, «gli aggressori indossano spesso uniformi dell’esercito congolese». Spesso i militari delle FARDC non sono intervenuti, anche quando i massacri sono stati perpetrati vicino alle loro postazioni. Si dice anche che, in alcuni casi, certi comandanti delle FARDC hanno ordinato ai loro uomini di non intervenire.
In base a questi elementi, la conclusione del rapporto è che, «oltre ai comandanti specificamente appartenenti alle ADF, negli attacchi contro la popolazione civile sono implicati anche certi membri delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC), degli ex [ribelli] del Raggruppamento Congolese per la Democrazia – Kisangani / Movimento di Liberazione (RCD-K / ML) e dei membri di milizie locali».
– I massacri sono iniziati il 2 ottobre 2014 a Mukoko e a Kokola, a più di 20 chilometri a nord della città di Beni, esattamente il giorno dopo l’inizio, a Beni, del processo contro i presunti assassini del colonnello Mamadou Ndala, comandante dell’operazione Sukola I condotta contro le ADF, ucciso a pochi chilometri da Beni il 2 gennaio 2014.
Il 3 novembre 2014, davanti al tribunale militare di Beni, un ex ufficiale ribelle dell’ADF, aveva accusato il colonnello Birocho Nzanzu Kosi, membro dell’esercito regolare congolese, di aver ricevuto, dall’alto comando dei ribelli ADF, una somma di 27.000 dollari, per pianificare l’assassinio del colonnello Mamadou Ndala. Secondo l’ex ufficiale ADF, è stato il colonnello Nzanzu Birosho che ha organizzato l’imboscata in cui è caduto il colonnello Mamadou Ndala. È lui che avrebbe comunicato alle ADF il percorso del convoglio del colonnello Mamadou e l’ora in cui era partito da Beni verso Mavivi e diretto a Eringeti. L’ex ufficiale ribelle ADF aveva spiegato anche che, all’interno delle FARDC, il colonnello Nzanzu Birocho aveva il compito di contattare le ADF per le varie operazioni. Era lui che consegnava alle ADF armi, munizioni, uniformi militari, informazioni sulle varie operazioni militari e altri mezzi necessari per le loro attività criminali.
Infine, il 17 novembre 2014, il tribunale militare di Beni ha condannato il colonnello Birocho Nzanzu alla pena di morte, per partecipazione a un movimento insurrezionale e terrorista, le ADF.
– Sempre secondo il Gruppo di Studi sul Congo (GEC), tenuto conto della forte presenza di ex ufficiali dell’Esercito Popolare del Congo (APC, il braccio armato del RCD-K / ML) in seno alle truppe dell’esercito nazionale stanziate a Beni e dei legami storici tra l’APC e le ADF, è possibile che dei militari FARDC provenienti dall’APC, siano stati implicati nei massacri. Infatti, vari testimoni credibili confermano la partecipazione di ex ufficiali dell’APC in alcuni massacri, soprattutto durante la seconda metà del 2014. Vi avrebbero successivamente rinunciato, quando si sono accorti che la spirale di violenza era ormai sfuggita dalle loro mani. Un ufficiale delle FARDC ha testimoniato che era stato contattato dai suoi ex compagni del RCD-K/ML nel 2014, per partecipare ai massacri. Egli si è detto «convinto che, all’inizio, gli autori dei massacri facevano parte di una coalizione di ex M23, ex-APC e alcuni smobilitati delle ADF». Da ricordare, inoltre, che il presidente del RCD-K/ML, Mbusa Nyamwisi, è stato membro della delegazione del M23 nelle trattative con il Governo congolese svoltesi a Kampala, in Uganda, dopo la sconfitta del M23 nel 2013.
– Tra le cause della violenza, Teddy Kataliko, uno dei leader della società civile della provincia del Nord Kivu, in cui si trova il territorio di Beni, cita anche le «rivalità locali».
A questo proposito è significativo l’articolo di La Croix pubblicato il 21 ottobre 2014 sul sequestro, il 10 ottobre 2012, dei tre padri assunzionisti, della parrocchia di Mbau. Secondo il quotidiano francese, «i tre padri assunzionisti erano Nande. Ma erano stati inviati in una parrocchia prevalentemente Bambuba, un’etnia tradizionalmente ostile ai Nande», spiegava a La Croix Nicaise Kibel’Bel Oka, il direttore del bimestrale Les Coulisses. Secondo questo giornalista, «la popolazione di Mbau aveva chiesto dei preti membri della sua comunità. Probabilmente, una parte di essa è rimasta profondamente delusa» dall’arrivo di tre religiosi membri di un’etnia diversa dalla loro. Secondo Nicaise Kibel’Bel Oka, è in questo clima di malcontento all’interno della comunità parrocchiale che i tre religiosi sarebbero stati sequestrati da un gruppo armato locale, i Mai-Mai dell’Unione per la Riabilitazione della Democrazia nel Congo (URDC) di Hilaire Kombi Paluku, poi consegnati alle ADF. Creata nel 2012, l’URDC è patrocinata da politici e uomini d’affari opposti al governo centrale. Si è ben presto alleata con il M23 e ha stretto alleanza con le ADF.
– In un articolo dal titolo “L’ora delle rivelazioni sull’assassinio del P. Vincent Machozi e sui massacri di Beni”, il sito benilubero.com ritorna più volte sull’esistenza di un gruppo armato denominato “Mai-Mai Kyaghanda Yira” e creato da Nzanzu Kyakere Roger, alias Berlin, in collaborazione con Daniel Masinda, alias Eric. Questo gruppo armato Mai-Mai sarebbe in stretto contatto con un ufficiale disertore delle FARDC, il colonnello Richard Bisambaza, ex membro del CNDP e ex membro del M23, fuggito a Kampala, in Uganda.
Per un’inchiesta internazionale
Ci si trova, dunque, di fronte a un groviglio di assenza dello Stato e di corruzione, di inefficienza dei servizi di sicurezza (esercito e polizia) e di una loro possibile implicazione in una serie interminabile di massacri della popolazione civile, di gruppi armati e di alleanze opportuniste, di conflitti fondiari e di rivalità interetniche, di voci infondate e di false notizie… la situazione è complessa e tutto concorre a mantenere la confusione, l’insicurezza e la violenza.
Solo un’inchiesta internazionale può contribuire ad individuare gli autori, i complici e i mandanti dei massacri, dei crimini contro l’umanità e delle violazioni dei diritti umani di cui sono vittime le popolazioni del Kivu in generale e del territorio di Beni in particolare.
Una petizione è in linea per sollecitarla: firmare e far conoscere questa petizione: Una inchiesta internazionale sui massacri di Beni-Lubero (RDCongo).