Congo Attualità n. 277

INDICE

EDITORIALE: L’INCOGNITA DEL 27 NOVEMBRE 2016

  1. BLOCCATO ANCHE IL DIALOGO POLITICO NAZIONALE
    1. L’UA nomina Edem Kodjo facilitatore del dialogo nazionale
    2. Ritardi nella creazione del comitato preparatorio
    3. L’UDPS tra illusione e irrealismo
  2. RICORSO DELLA MAGGIORANZA PRESSO LA CORTE COSTITUZIONALE
  3. PROCESSO ELETTORALE

EDITORIALE: L’INCOGNITA DEL 27 NOVEMBRE 2016

 

 

1. BLOCCATO ANCHE IL DIALOGO POLITICO NAZIONALE

a. L’UA nomina Edem Kodjo facilitatore del dialogo nazionale

Il 6 aprile, la Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Nkosazana Dlamini Zuma, ha nominato l’ex primo ministro togolese Edem Kodjo facilitatore del dialogo nazionale. In un comunicato, l’Unione Africana ha affermato che l’obiettivo di tale nomina è di «facilitare la convocazione di un dialogo globale per risolvere i problemi relativi alle prossime elezioni». La presidente della Commissione dell’Unione Africana ha invitato tutte le parti interessate a cooperare con il facilitatore Edem Kodjo.[1]

Il 7 aprile, il giorno dopo la nomina di Edem Kodjo come facilitatore del dialogo nazionale, il segretario generale della Maggioranza Presidenziale (MP), Aubin Minaku, ha annunciato l’imminente creazione del comitato preparatorio del dialogo. In una conferenza stampa a Kinshasa, egli ha chiesto all’opposizione di partecipare a questo incontro, per poter «prendere delle decisioni responsabili riguardo ai grandi problemi» inerenti al processo elettorale.[2]

L’8 aprile, il deputato nazionale dell’opposizione Clément Kanku ha invitato tutti i leader dell’opposizione ad «incontrarsi per trovare un punto di vista comune» sul dialogo nazionale, per potere esigere il rispetto della costituzione. Egli ha dichiarato che, «se oggi la comunità internazionale ha deciso, mediante la risoluzione 2277 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, di accompagnarci in questo processo e se Edem Kodjo è stato designato facilitatore, noi non abbiamo altra scelta che quella di incontrarci per trovare un punto di vista comune, cioè una posizione comune per sbarrare la strada a qualsiasi tentativo di violazione della costituzione da parte della maggioranza presidenziale». A proposito del dialogo, non c’è unanimità all’interno dell’opposizione congolese. Alcuni lo rifiutano. Altri vincolano la loro partecipazione a delle condizioni. Altri ancora hanno annunciato di voler partecipare. L’opposizione sospetta che il capo dello Stato Joseph Kabila, il cui secondo e ultimo mandato termina alla fine di quest’anno, voglia rimanere al potere anche dopo il 2016.[3]

Il 9 aprile, il portavoce del Fronte Cittadino 2016, Jean-Claude Katende, ha chiesto al facilitatore del dialogo politico, Edem Kodjo, di dare garanzie sul rispetto della Costituzione. Egli ha ricordato che il suo movimento non parteciperà al dialogo convocato dal Capo dello Stato.[4]

Il 9 aprile, nel corso di una conferenza stampa, il Gruppo dei 7 (G7), una piattaforma politica di opposizione, ha ribadito il suo rifiuto categorico del dialogo nazionale convocato dal Presidente della Repubblica, perché ritenuto discutibile e incostituzionale. Il popolo congolese non potrà mai accettare un terzo falso rigore: «Il G7 si situa nella logica della risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza che ribadisce il rispetto della costituzione e l’organizzazione delle elezioni entro il tempo previsto dalla stessa costituzione. Tempo che può ancora essere rispettato.

Il G7 ha preso atto del fatto che Edem Kodjo è stato nominato dalla Presidente della Commissione dell’Unione Africana come facilitatore del dialogo.

Il G7 rileva che nel relativo comunicato dell’Unione Africana, non si fa menzione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il G7 sottolinea che la missione affidata a Edem Kodjo non ha alcuna possibilità di riuscire se non si inserisce nella linea della risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza.

In ogni caso, il G7 spera che Edem Kodjo non sia venuto per mettere in causa la risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza, o per aiutare l’attuale maggioranza presidenziale a crearsi una nuova legittimità extra-costituzionale o per sostenere l’organizzazione di un’ennesima transizione che potrebbe durare tre o quattro anni, o per trasformare il dialogo voluto dalla maggioranza presidenziale in un’assemblea costituente con il compito di redigere una nuova costituzione e di istituire un nuovo ordine politico sul modello della seconda Repubblica».[5]

Il 10 aprile, in un comunicato stampa, il leader dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Etienne Tshisekedi, ha dichiarato di aver preso atto della nomina di Edem Kodjo come facilitatore del dialogo politico. Egli ha affermato che, da parte sua, rimane «fedele all’idea della necessità di ricorrere al dialogo come strada maestra per far uscire il processo elettorale dal vicolo cieco in cui il governo di Kinshasa lo ha rinchiuso». Ha dichiarato di volere che il dialogo politico «conduca effettivamente il popolo congolese a delle elezioni, tra cui quelle presidenziali, conformi con la Costituzione e con le scadenze elettorali da essa previste [prima della fine del 2016, ndr]». Egli ha infine minacciato che, «se entro il 24 aprile, non ci sarà nulla di convincente, ho intenzione di chiedere al mio partito, alle forze del cambiamento e a tutto il popolo che, nel 2011, mi ha portato alla guida del Paese, di tirare tutte le conseguenze della persistenza della situazione di stallo, che sappiamo essere stata artificialmente creata e mantenuta da coloro che detengono il potere (…)».

Le piattaforme politiche anti-Kabila, in particolare la Dinamica dell’opposizione e il G7, hanno affermato che non sono state consultate sulla composizione del “Comitato preparatorio” del dialogo. Secondo le loro informazioni, esso comprenderebbe dei rappresentanti della maggioranza, dell’opposizione (con Bruno Mavungu, segretario generale dell’UDPS) e della società civile (con Cathy Kalenga, considerata molto vicina al partito al potere di cui era attivista). «Noi non parteciperemo a questo dialogo made in Kabila», ha insistito un collaboratore di Moïse Katumbi, ex governatore dell’ex Katanga e designato candidato alla presidenza per il G7.[6]

L’11 aprile, in una dichiarazione congiunta rilasciata a Kinshasa con il Centro per la Governance, la Nuova Società Civile ha invitato la classe politica congolese a partecipare al dialogo politico, per trovare un consenso sullo svolgimento delle elezioni entro le scadenze costituzionali. La nuova società civile ha inoltre invitato il facilitatore del dialogo, Edem Kodjo, a rispettare la risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e a garantire lo svolgimento delle elezioni entro le scadenze previste dalla costituzione. D’altronde, Jonas Tshombela ritiene che le elezioni possano ancora essere organizzate entro i tempi costituzionali. Il calendario elettorale pubblicato lo scorso anno dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) prevede le elezioni presidenziali per il 27 novembre 2016.[7]

Il 14 aprile, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) ha chiesto che il facilitatore Edem Kodjo dia una risposta a tutte le sue preoccupazioni, in vista della sua partecipazione al dialogo nazionale. In un comunicato, l’UDPS pone alcune condizioni, tra cui il rispetto della costituzione e delle scadenze previste per le elezioni presidenziali e legislative. Bruno Mavungu, segretario generale dell’UDPS, Edem Kodjo dovrà assicurare che il dialogo conduca al passaggio del potere in modo pacifico, attraverso l’organizzazione di elezioni credibili e pacifiche entro il mese di novembre.[8]

Il 15 aprile, rispondendo all’opposizione, Edem Kodjo, il facilitatore designato dall’Unione africana, ha affermato di non trovare alcuna contraddizione tra il suo ruolo e il contenuto della risoluzione 2277, approvata il 30 aprile dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Egli si impegna a rispettare la Costituzione e le scadenze costituzionali. «Tutti siamo per la risoluzione 2277», ha affermato il facilitatore Edem Kodjo, secondo cui il paragrafo 10 della risoluzione 2277 delle Nazioni Unite sostiene fortemente il dialogo avviato dall’Unione Africana (UA). «Siamo per lo stretto rispetto della Costituzione e delle scadenze elettorali da essa previste», insiste Edem Kodjo che auspica, al termine del processo, l’organizzazione di “elezioni credibili, libere e trasparenti”. Secondo lui, «l’UA e il facilitatore non possono non rispettare le scadenze stabilite dalla Costituzione».[9]

b. Ritardi nella creazione del comitato preparatorio

L’11 aprile, nel corso della sua prima conferenza stampa dopo la sua nomina a facilitatore del dialogo politico nella RDC, Edem Kodjo ha annunciato che cercherà di «istituire il comitato preparatorio del dialogo entro la fine di questa settimana». Edem Kodjo ha dichiarato che il dialogo deve essere inclusivo. Ha detto di avere bisogno di un po’ di tempo per consultare quelli che sono ancora contrari. Ha sottolineato però che il dialogo comincerà con quelli che vi sono favorevoli. «Lasceremo le porte aperte anche a quelli [che vi si oppongono]. Quando vorranno unirsi a noi, lavoreremo insieme», ha detto Edem Kodjo, secondo chi il dialogo dovrebbe durare due settimane, anche se si potrà accettare “un suo piccolo prolungamento” e si terrà con l’idea di rispettare le scadenze costituzionali. «Non vengo in un paese che rispetto con l’idea di violare la Costituzione, non lo posso fare, è contro la mia natura», ha detto Edem Kodjo nella conferenza stampa. Tuttavia, il facilitatore dell’Unione Africana (UA) per il “dialogo nazionale”, Edem Kodjo, ha detto che il rispetto delle “scadenze elettorali previste dalla costituzione” è un “problema” che pesa sull’organizzazione delle elezioni presidenziali che dovrebbero avere luogo entro la fine dell’anno. «Il problema è che ci sono delle scadenze che sono fissate dalla costituzione e che devono essere rispettate, [ma] i giorni che passano sono giorni che non permettono di dire che si possa ancora rispettare tali scadenze», ha dichiarato alla stampa l’ex primo ministro togolese che non ha fornito alcuna precisazione su luogo e data del dialogo.[10]

Il 15 aprile, il facilitatore Edem Kodjo ha finalmente annunciato che il comitato preparatorio sarà composto da 30 membri: 12 persone per la maggioranza, 12 per l’opposizione e 6 per la società civile. La dinamica dell’opposizione e il G7 hanno confermato di non volere partecipare, né al comitato preparatorio, né al dialogo. Per quanto riguarda l’opposizione, l’UDPS di Etienne Tshisekedi ha, quindi, ottenuto sei delegati. Ai suoi alleati (Lisanga, con la sua piattaforma Dtp e altri) sono stati attribuiti tre posti. L’opposizione repubblicana di Kengo wa Dongo e il G5 (Ruberwa, Z’haidi, Bitakwira, Bonane e Mbikayi) dovranno condividere i rimanenti tre posti.[11]

Una fonte ben informata ha potuto conoscere in anteprima i nomi delle personalità della Maggioranza Presidenziale (MP) e della società civile che prenderanno parte al comitato preparatorio. Secondo la fonte, i delegati della Maggioranza sarebbero: She Okitundu (principale negoziatore della MP con l’UDPS), l’avvocato Nkulu (ex consigliere speciale di Kabila), Adolphe Lumanu (ex capo di gabinetto di Kabila), Nehemie Mwilanya (attuale capo di gabinetto di Kabila), Felix Kabange (Ministro della sanità, promotore della campagna “Amo la RDC, sostengo il dialogo”), Ramazani Shadari (Presidente del gruppo parlamentare del PPRD), Geneviève Inagosi (deputata ed ex ministro del genere), Alexis Tambwe Mwamba (Ministro della giustizia) e Henri Mova Sakany (presidente del Pprdd). La 12ª persona che manca è ancora oggetto di negoziati.

Per la società civile, i nomi che circolano sono quelli di: Mbeleji, Kathy Kalanga, Jerôme Bonso, pastore Milenge (ECC), Maguy Kiala e Ntatu Mey.

Dal lato dell’opposizione, rimane un blocco quasi insormontabile, perché l’UDPS rivendica tutti i 12 posti, anche se dovesse poi riservarne qualcuno per i suoi alleati e quelli considerati come “veri oppositori”. I vari Steve Mbikayi, Bitakwira, Azarias Ruberwa e Zahidi Ngoma che, benché desiderino partecipare al dialogo, sono considerati dall’UDPS come “falsi oppositori” o “oppositori di turno” e, praticamente, non hanno alcuna possibilità di essere cooptati dall’UDPS di Etienne Tshisekedi. Ma gli “oppositori pro Dialogo”, tra cui Bitakwira e Steve Mbikayi, non vogliono avere nulla a che fare con la posizione dell’UDPS. Anzi, i due deputati nazionali citati stanno minacciando di boicottare il dialogo perché, secondo loro, l’UDPS non può parlare a loro nome. Ma la Maggioranza non esiterà a sacrificarli se l’UDPS non cambia atteggiamento. A questo punto, non ci si può lamentare di non essere stati avvertiti: sin dalla pubblicazione della sua “road map”, l’UDPS aveva fatto sapere c’erano solo due campi: quello di Joseph Kabila Kabange (JKK) e alleati e quello di Étienne Thitshekedi e alleati. Questo secondo campo rappresenterebbe, sempre secondo la road map dell’UDPS, l’intera “opposizione”. Ciò significa che, per l’UDPS, la questione più importante rimane la soluzione del contenzioso elettorale del 2011 e che Tshisekedi è ancora convinto che a lui solo appartiene il titolo di capo di stato … In effetti, egli continua a dire che gli si è “rubata” la vittoria.[12]

«Ci sono dei politici che affermano di far parte dell’opposizione, ma sono al governo. Vari membri della cosiddetta opposizione hanno già dichiarato che il dialogo darà origine ad un periodo di transizione guidato dallo stesso Joseph Kabila. Noi non sosteniamo questa linea e nelle nostre file non vogliamo questo tipo di politici», ha detto Felix Tshisekedi, segretario nazionale responsabile delle relazioni esterne del partito.[13]

Il 28 aprile, nel corso di una conferenza stampa, il portavoce della Nuova Classe Politica e Sociale (NCPS) / opposizione nazionalista, Steve Mbikayi Mabuluki, ha criticato l’approccio adottato dall’UDPS: «In questi ultimi giorni, l’opinione pubblica nazionale è venuta a conoscenza delle dichiarazioni dell’UDPS, che rivendica per sé il diritto di designare tutti i 12 delegati dell’opposizione che saranno membri del Comitato preparatorio del dialogo. L’UDPS aggiunge che la delegazione dell’opposizione che parteciperà al dialogo sarà guidata dal suo presidente nazionale, poiché l’UDPS è come la punta di diamante di questo dialogo, per aver già avuto degli incontri bilaterali con degli esponenti della maggioranza presidenziale a Venezia e a Ibiza. L’UDPS pretende il diritto di designare i 12 posti del comitato preparatorio riservati all’opposizione, poiché alcuni oppositori hanno proposto un periodo di transizione guidato da Kabila. Nella sua argomentazione, anche se in maniera velata, anche l’UDPS sostiene un periodo di transizione, ma guidato dal suo Presidente Nazionale come Capo dello Stato. L’UDPS ritiene che chi vuole essere designato come delegato membro del comitato preparatorio del dialogo, debba obbligatoriamente allinearsi sulle posizioni dell’UDPS. La NCPS dice no a un simile approccio della questione.

Crediamo che se il dialogo politico inclusivo raccomandato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riguarda solo l’UDPS e la maggioranza presidenziale; se l’obiettivo del dialogo è di risolvere il contenzioso elettorale del 2011; se lo scopo del dialogo è quello di ottenere il potere supremo; se per partecipare al dialogo, si deve giurare lealtà all’UDPS, questo tipo di dialogo non ci interessa e vi rinunciamo. Da parte nostra, non riconosciamo all’UDPS il diritto di designare i rappresentanti dei vari partiti di opposizione che dovranno partecipare al comitato preparatorio del dialogo, perché essi non dipendono da essa. Noi crediamo in un dialogo politico inclusivo che possa aprire la strada ad elezioni credibili diverse da quelle del 2006 e del 2011».[14]

c. L’UDPS tra illusione e irrealismo

Le esigenze della roadmap dell’UDPS, tra cui la bipolarizzazione della scena politica, potrebbero rivelarsi irrealistiche. L’UDPS si pone come unico interlocutore legittimo del potere e ritiene che il dialogo debba svolgersi tra due blocchi: quello dell’UDPS e quello del Potere. Facendo riferimento alla configurazione politica del dialogo, la tabella di marcia dell’UDPS, nel suo punto III. A., identifica i protagonisti della crisi politica in corso: “Le elezioni hanno avuto il merito di riconfigurare politicamente la classe politica congolese e di tracciare chiaramente la linea di demarcazione tra coloro che sostengono il sistema in vigore e i loro alleati, da una parte, e coloro che reclamano la verità delle urne, dall’altra. Le due tendenze sono chiare: i sostenitori dello statu quo, da una parte, e coloro che sostengono il cambiamento, dall’altra. Inoltre, se il contenzioso elettorale del 2011 sembra essere la causa principale dell’attuale crisi politica congolese, è normale che il dialogo dovrà effettuarsi tra il presidente eletto, Etienne Tshisekedi, accompagnato dai suoi alleati membri del campo del cambiamento e il presidente proclamato, Joseph Kabila, accompagnato dai suoi alleati membri del campo per lo statu quo”.

La roadmap dell’UDPS mette in discussione l’esistenza di altre ali dell’opposizione, tra cui quelle che non sono alleate con la segreteria del partito di Limete. Si tratta di una richiesta impossibile, difficilmente accettabile sia dal potere che dal resto dell’opposizione. Come e dimenticare e mettere da lato dei grandi gruppi dell’opposizione, come l’Opposizione Repubblicana, con il suo leader, Léon Kengo wa Dondo; la Dinamica dell’Opposizione, con dei partiti del calibro del MLC di Jean-Pierre Bemba, dell’UNC di Vital Kamerhe? Con quale alchimia si potrebbe ignorare l’esistenza del G7, con dei partiti così importanti come il MSR, l’ARC, l’UNADEF e l’UNAFEC e con delle personalità del tipo Pierre Lumbi, Olivier Kamitatu, José Endundo, Gabriel Kyungu, Charles Mwando e Moïse Katumbi? Per di più, quest’ultimo è addirittura stato designato dal G7 come suo candidato alla presidenza.

È evidente che la bipolarizzazione richiesta da Tshisekedi è molto aleatoria. Sarà impossibile imporla al resto della classe politica e alla società civile.

Per quanto riguarda l’ordine del giorno del dialogo, la tabella di marcia di Tshisekedi, nel suo punto III.B., propone, tra l’altro: “Occorrerà che i responsabili dei brogli elettorali del 2011 siano allontanati dalla gestione del paese e dall’organizzazione del processo elettorale”.

È chiaro che Tshisekedi prende di mira Kabila e la sua poltrona. Per il presidente dell’UDPS, il dialogo sarebbe il momento opportuno per procedere al passaggio delle consegne tra Kabila e lui stesso. Tshisekedi spera ancora che un Presidente della repubblica riconosciuto dalla comunità internazionale gli lasci il potere in modo così facile? Utopico.[15]

2. RICORSO DELLA MAGGIORANZA PRESSO LA CORTE COSTITUZIONALE

Il 18 aprile, oltre 200 deputati hanno presentato alla Corte costituzionale una richiesta di interpretazione degli articoli 70, 103 e 105 della Costituzione. Questi articoli riguardano i mandati del presidente della Repubblica, dei deputati e dei senatori. Tra i firmatari della petizione, c’è anche una cinquantina di deputati dell’opposizione.

Secondo i deputati firmatari, il presidente della Repubblica e i deputati devono rimanere in carica fino all’insediamento effettivo dei loro successori eletti, come i senatori, i deputati provinciali e i governatori provinciali che sono stati eletti nel 2006 e che sono ancora in funzione.

Questa interpretazione della Costituzione viene respinta dall’opposizione secondo cui, alla scadenza del mandato presidenziale, si dovrà instaurare un periodo di transizione che durerà fino all’elezione di un nuovo presidente della Repubblica.[16]

Il 19 aprile, il deputato nazionale dell’UNC, Sam Bokolombe, ha affermato che il ricorso alla Corte Costituzionale da parte della maggioranza trae la sua origine da una lettura errata del paragrafo 2 dell’articolo 70 della Costituzione. «La maggioranza pensa che, fintanto che non si organizzano nuove elezioni, il presidente Joseph Kabila resterà al suo posto. Ma si sbagliano», ha egli fatto osservare.

Secondo Sam Bokolombe, il paragrafo 2 presuppone che le elezioni presidenziali siano già state effettuate e riguarda il periodo post elettorale in cui ci si trova in un contesto di transizione democratica con due presidenti, uno in esercizio, ma a fine mandato, e l’altro neo-eletto. La Costituzione prescrive che il Presidente uscente rimane in funzione fino all’effettivo insediamento del nuovo presidente già eletto.

Sam Bokolombe indica che occorre riferirsi al paragrafo 1 dell’articolo 74 che stipula: “Il Presidente della Repubblica eletto entra in funzione entro dieci giorni dalla pubblicazione dei risultati finali delle elezioni presidenziali”. L’insediamento del nuovo presidente prevede la cerimonia di prestazione di giuramento. Chiaramente, la funzione del presidente in esercizio ma uscente continua anche dopo lo scrutinio elettorale, ma cessa entro e non oltre i 10 giorni dopo la pubblicazione dei risultati finali delle elezioni presidenziali da parte della Corte costituzionale.

In sintesi, per una giusta comprensione del paragrafo 2 dell’articolo 70, occorre leggere anche l’articolo 73 che prevede l’inizio del periodo elettorale 90 giorni prima della fine del mandato, cioè a partire dal mese di settembre 2016, e l’articolo 74, paragrafo 2, che stabilisce la durata della transizione democratica tra il presidente uscente e quello entrante.

Da quanto sopra citato, Sam Bokolombe ritiene che il ricorso alla Corte Costituzionale nasconda l’intenzione di vedere questa istituzione, che molti ritengono asservita al potere, convalidare l’errata lettura della maggioranza e vincolare la fine del mandato dell’attuale presidente all’insediamento del “nuovo Presidente della Repubblica ancora da eleggere”. Egli ha affermato che «tutto ciò è contrario alla lettera e allo spirito del Costituente che ha chiaramente fissato il numero e la durata dei mandati presidenziali e che non ha previsto il caso di non svolgimento delle elezioni entro i tempi costituzionali».

Il pericolo inerente all’interpretazione fornita dalla Maggioranza presidenziale è che ogni Presidente in funzione rinvierebbe l’elezione del suo successore a tempo indeterminato, per rimanere al potere il più a lungo possibile. L’attuale Costituzione in vigore, sia nella lettera che nello spirito, non permette in alcun modo di aprire la strada a una così dannosa e ingiusta possibilità.[17]

Secondo alcuni osservatori, il ricorso alla Corte Costituzionale sulla questione relativa alla fine del mandato del Capo dello Stato attualmente in carica, ha come obiettivo quello di bypassare il dialogo. Infatti, uno degli argomenti di discussione durante il dialogo sarebbe quello relativo allo statuto di Joseph Kabila, in caso di mancato svolgimento delle elezioni presidenziali il 27 novembre 2016 e, quindi, di un mancato insediamento del suo successore il 20 dicembre 2016. Se la Corte costituzionale desse ragione alla maggioranza presidenziale e dichiarasse che l’attuale Capo dello Stato può o deve rimane in carica fino a quando il paese non abbia un Presidente della Repubblica eletto, il dialogo diventerebbe inutile. Perché, di che cosa dovrebbero poi discutere i delegati della maggioranza presidenziale, dell’opposizione e della società civile, se la Corte Costituzionale avesse già stabilito che il Presidente della Repubblica in funzione può esercitare un mandato a tempo indeterminato?

All’analisi della richiesta inoltrata dai deputati della maggioranza, cui si sono aggiunti una sessantina di loro colleghi dell’opposizione, sembra che, in realtà, il loro vero obiettivo sarebbe quello di utilizzare una possibile decisione della Corte costituzionale a favore dell’attuale Presidente della Repubblica, per ottenere, nello stesso tempo, il prolungamento anche del proprio mandato. In questo caso, l’Assemblea nazionale potrebbe seguire l’esempio del Senato nella via del “prolungamento” che questa istituzione ha imboccato dal 2012. La Repubblica Democratica del Congo inaugurerebbe un inedito schema di un Presidente della Repubblica, un Senato e un’Assemblea nazionale fuori mandato.

Ciò è percepito da molti come una mancanza di rispetto nei confronti del popolo sovrano primario, dal quale gli animatori delle tre istituzioni della Repubblica hanno ricevuto dei mandati chiaramente limitati nel tempo per servire la nazione. Per eleganza politica, alla scadenza dei loro diversi mandati, i rappresentanti eletti dovrebbero semplicemente prendere atto della fine del loro mandato e, se il caso, ritornare a sollecitare il voto del popolo. Ma l’intenzione deliberata di ignorare, ancora una volta, il sovrano primario fa pensare a un colpo di forza pianificato da lungo tempo.[18]

3. PROCESSO ELETTORALE

In un’intervista rilasciata a 7SUR7.CD, alla domanda se sia ancora possibile organizzare le elezioni entro i tempi previsti dalla costituzione, Olivier Kamitatu, vice presidente del G7, ha risposto che «recentemente, gli esperti dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF) hanno affermato che la revisione parziale del database elettorale per integrarvi i nuovi maggiorenni potrebbe richiedere circa cinque mesi. Se si cominciasse subito, l’operazione potrebbe essere effettuata entro settembre / ottobre 2016. Per quanto riguarda le risorse finanziarie, ciò che è stato possibile fare nel 2011 può essere rifatto nel 2016. Secondo i risultati annunciati ogni settimana dalla troika e tenendo conto delle spese fatte, il governo può disporre anche dei fondi necessari per l’organizzazione delle elezioni. Dipende solo dalla sua volontà politica. Su questa questione, occorre ricordare che, negli ultimi due anni, si è speso più di un miliardo di dollari in progetti o acquisti che non comparivano nel bilancio dello Stato. Queste spese non sono mai state autorizzate dalla rappresentanza nazionale (Parlamento). Questo denaro avrebbe potuto essere utilizzato per finanziare il processo elettorale e garantire, in tal modo, la coesione e la pace sociale. Per quanto riguarda la comunità internazionale, essa è pronta ad accompagnarci, sia tecnicamente che finanziariamente, qualora la Commissione elettorale pubblichi il calendario elettorale globale e il piano di finanziamento da parte del Governo».

Circa le conseguenze politiche che potrebbero essere causate da una mancata organizzazione delle elezioni entro i tempi costituzionali, egli ha affermato che, «per ora, si è ancora in tempo per organizzare le elezioni in conformità con la Costituzione. Se il Presidente della Repubblica, il governo e la Commissione elettorale non riuscissero nella loro missione costituzionale, occorrerà, in primo luogo, che ne traggano le conseguenze dimettendosi; in secondo luogo, sarà necessario che spieghino al popolo perché c’è stato denaro per una moltitudine di progetti non approvati, come l’immobile intelligente e gli aerei di linea e non c’è per le elezioni. In terzo luogo, si dovrà designare un’autorità provvisoria come prescritto dalla Costituzione. Non si tratta di una transizione, ma di un interim con un nuovo presidente ad interim con l’unica missione di organizzare le elezioni entro i 90 giorni».

Invece di un dialogo politico, Olivier Kamitatu ha proposto dei negoziati diretti, sottolineando che «qualunque sia la forma delle negoziazioni, esse devono però partire da un presupposto: che il Presidente dica che non si candiderà, che non cambierà la Costituzione e che non cercherà un terzo mandato». Per quanto riguarda Edem Kodjo, nominato facilitatore del dialogo nazionale dall’UA, Olivier Kamitatu ha affermato che «dovrebbe proporre uno schema rispettoso della risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, della Costituzione e delle scadenze elettorali da essa previste».[19]

Il 13 aprile, il Vice Presidente della Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI), Norbert Basengezi, ha annunciato che il processo di revisione delle liste degli elettori avrà inizio nel mese di luglio. La CENI ha anche annunciato che presto saranno reclutati circa 100.000 agenti elettorali, per condurre l’operazione di revisione del database elettorale, un’operazione che porterà al rilascio di una nuova carta di registrazione degli elettori (certificato elettorale).

Il vice relatore della CENI, Onésime Kukatula Falashi, ha affermato che occorre fare una distinzione tra un aggiornamento e la revisione delle liste degli elettori. Secondo lui, l’attuale operazione è piuttosto una revisione delle liste elettorali, perché si ricomincerà a registrare gli elettori da 0. In questo modo, i nomi dei defunti sono automaticamente eliminati e quelli che hanno cambiato indirizzo andranno a farsi registrare nei loro nuovi luoghi di residenza. Per quanto riguarda il rischio che vi siano dei doppioni, egli ha avvertito che sarà difficile che qualcuno possa iscriversi due volte, perché si registrano anche le impronte digitali.[20]

Il 27 aprile, nel corso della riunione mensile del comitato di partenariato di appoggio al ciclo elettorale, il Rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite nella RDCongo, Mamadou Diallo, ha dichiarato che tutti i partner della RDCongo sono pronti ad accompagnare la Commissione elettorale, per “permettere al popolo congolese di andare alle elezioni nel giro di pochi mesi”. Da parte sua, l’ambasciatore dell’Unione Europea, Michel Dumond, si è detto convinto del fatto che un consenso politico derivante da un dialogo inclusivo potrebbe facilitare l’arrivo di aiuti esterni: «Una volta che si sia raggiunto un accordo politico su un calendario elettorale consensuale, realistico e globale, l’Unione Europea sarà pronta a sostenere il processo elettorale». Da parte sua, il presidente della Commissione elettorale, Corneille Nangaa, ha annunciato che, il 7 maggio, si inizierà un test di prova del materiale necessario per la revisione del registro elettorale. Il comitato di partenariato di appoggio al ciclo elettorale è composto da delegati della Commissione elettorale, del governo congolese, degli ambasciatori di alcune organizzazioni internazionali.[21]

[1] Cf Radio Okapi, 07.04.’16

[2] Cf Radio Okapi, 08.04.’16

[3] Cf Radio Okapi, 08.04.’16

[4] Cf Radio Okapi, 09.04.’16

[5] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 11.04.’16

http://www.lepotentielonline.com/index.php?option=com_content&view=article&id=14361:le-g7-n-acceptera-pas-un-3eme-faux-penalty&catid=85:a-la-une&Itemid=472

[6] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 11.04.’16

[7] Cf Radio Okapi, 12.04.’16

[8] Cf Radio Okapi, 16.04.’16

[9] Cf RFI, 16.04.’16

[10] Cf Radio Okapi, 11.04.’16 ; Gino Rehema – topcongo, via www.congosynthese.com, 11.04.’16

[11] Cf 7sur7 cd – via congoforum, 15.04.’16

[12] Cf 7sur7 cd – via congoforum, 16.04.’16

[13] Cf Radio Okapi, 27.04.’16

[14] Cf Forum des As – Kinshasa, 29.04.’16 http://www.forumdesas.org/spip.php?article7408

[15] Cf AfricaNews , via www.congosynthese.com, 20.04.’16

[16] Cf Radio Okapi, 18.04.’16

[17] Cf Tshieke Bukasa – Le Phare – Kinshasa. 20.04.’16

[18] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 22.04.’16

[19] Cf Israël Mutala – 7sur7, via www.congosynthese.com, 12.04.’16

[20] Cf Radio Okapi, 14.04.’16; Tshieke Bukasa – Le Phare – Kinshasa, 15.04.’16

[21] Cf Radio Okapi, 28.04.’16