Editoriale Congo Attualità n. 271 – a cura della Rete Pace per il Congo
I Sì e i No di Ban-Ki-Moon
Il 25 febbraio, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha terminato una visita di 48 ore nella RDCongo. Nella conferenza stampa conclusiva, egli ha chiesto alla classe politica congolese di privilegiare un dialogo politico inclusivo, per potere concordare un calendario elettorale consensuale che permetta di organizzare, nel rispetto della Costituzione, le prossime elezioni in modo trasparente, credibile e pacifico.
Nello stesso tempo però, si è detto preoccupato per i ritardi accumulati nel processo elettorale, perché contribuiscono ad aumentare le tensioni politiche provocate dall’eventualità di un prolungamento del secondo e ultimo mandato costituzionale del presidente Kabila e dalla possibilità di un suo terzo mandato anticostituzionale. Ha espresso la sua preoccupazione anche per l’aumento delle violazioni dei diritti umani e per la crescente restrizione dello spazio democratico e, in particolare, per il fatto che sono presi di mira soprattutto gli esponenti dell’opposizione, i membri della società civile, i difensori dei diritti umani e i giornalisti.
Come si può constatare, da una parte, Ban Ki-Moon si è costituito in “avvocato difensore” del dialogo politico inclusivo convocato dal Presidente Kabila, chiedendogli personalmente di assicurarne lo svolgimento. D’altra parte, facendo riferimento alle violazioni dei diritti umani e al restringimento dello spazio democratico, egli stesso sembra riconoscere che non ci sono le condizioni sufficienti che possano permettere di sedersi, tutti insieme, intorno ad uno stesso tavolo per confrontarsi e prendere decisioni condivise che possano permettere di costruire il futuro.
Le conseguenze del voler rimanere al potere a qualsiasi costo
In realtà, al di là delle divergenze e degli interessi di parte, ciò che blocca l’avvio del dialogo e la preparazione delle prossime elezioni è soprattutto l’assoluto attaccamento al potere da parte di chi già lo detiene. Ban Ki-Moon lo ammette esplicitamente quando, a proposito delle sfide che il continente africano deve affrontare, si è così espresso: «L’anno scorso, in occasione del vertice dei Capi di Stato dell’Unione Africana, ho sollevato questo problema. Ho detto loro: per favore, non aggrappatevi al potere. Ascoltate ciò che il popolo dice. Ascoltate attentamente le sue difficoltà e le sue aspirazioni. Ma quando arriva la fine del vostro mandato costituzionale, per favore, non pretendete di restare al potere».
È questa ostinazione di voler rimanere al potere che deteriora, rallenta e blocca il processo elettorale e che, al momento delle elezioni, è all’origine dei brogli elettorali.
– Uno degli ultimi esempi è la lettera del segretario generale della Maggioranza Presidenziale (MP) al presidente della Commissione elettorale sulla questione delle candidature alle prossime elezioni dei governatori delle 21 nuove province. In tale lettera, Aubin Minaku chiede che la Commissione elettorale dichiari non accettabili le candidature trasmesse da membri o ex membri della MP che intendono presentarsi come candidati indipendenti a tali elezioni. Il motivo apportato nella lettera è che questi candidati non avrebbero ottenuto l’autorizzazione del Comitato Direttivo della coalizione. Secondo molti osservatori, la lettera rappresenta un’ennesima indebita ingerenza della MP in ciò che è di competenza di altre istituzioni. Spetta infatti alla Commissione elettorale valutare, sulla base della legge elettorale, l’accettabilità o meno delle candidature presentate. È compito della Corte Costituzionale convalidare o meno le candidature ritenute accettabili dalla Commissione elettorale. Non è compito dei Segretari dei partiti o delle coalizioni politiche.
– Un altro esempio è quello dei brogli elettorali commessi in occasione delle elezioni presidenziali e legislative nazionali del mese di novembre 2011. Se ci sono stati dei casi di schede elettorali pre-compilate a livello dei centri di voto locali, tuttavia il maggior numero dei brogli elettorali è stato constatato a livello dei Centri, provinciali e nazionale, di elaborazione e di sintesi dei risultati, quando questi sono stati manomessi e modificati, sottraendo voti a certe liste e aggiungendoli ad altre.
Dalle dichiarazioni ai fatti
Questi esempi dimostrano che, se è necessario continuare a parlare di dialogo, d’inclusione e di consenso, è altrettanto necessario passare dalla fase dei rapporti e delle dichiarazioni a quella delle inchieste e procedure giudiziarie, delle pressioni e delle sanzioni nei confronti di chi viola i diritti umani, reprime le libertà fondamentali di opinione, di espressione e di manifestazione o non rispetta i valori fondanti della democrazia, come 1. la fedeltà alla Costituzione, 2. la partecipazione del popolo alla vita politica del Paese mediante lo strumento delle elezioni, 3. la suddivisione del potere nelle sue tre dimensioni costitutive: potere legislativo (Parlamento), potere esecutivo (Governo) e potere giudiziario (Giustizia) e 4. il rispetto dei trattati internazionali.