Congo Attualità n. 271

INDICE:

EDITORIALE: NEL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE E DEI DIRITTI UMANI

  1. LA VISITA DI BAN KI-MOON
    1. Diversi memorandum
    2. La conferenza stampa finale
    3. Il portavoce della Maggioranza Presidenziale: processo elettorale e dialogo
  2. VERSO LE ELEZIONI DEI GOVERNATORI PROVVISORI DELLE NUOVE PROVINCE
    1. Terminata l’operazione di presentazione delle candidature
    2. La lettera del Segretario della Maggioranza Presidenziale alla Commissione elettorale
    3. La pubblicazione della lista provvisoria dei candidati
    4. L’ abominio giuridico della Commissione elettorale
  3. IL PROCESSO IN APPELLO DEI SEI ATTIVISTI DI LUCHA

EDITORIALE: NEL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE E DEI DIRITTI UMANI

 

 

1. LA VISITA DI BAN KI-MOON

a. Diversi memorandum

Il 24 febbraio, nel corso di una visita ufficiale a Kinshasa, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si è intrattenuto con diversi partiti e coalizioni politiche, sia della maggioranza che dell’opposizione, per un ultimo scambio sull’organizzazione di un dialogo politico nazionale in vista delle prossime elezioni. L’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), il Gruppo dei Sette (G7) e la Dinamica dell’Opposizione facevano parte di una stessa delegazione. Parlando a nome dell’UDPS, Bruno Tshibala, vice segretario generale e portavoce del partito, ha confermato la partecipazione dell’UDPS al dialogo, considerato come la strada maestra per risolvere la grave crisi di legittimità che attanaglia il paese dal 2011. Egli ha fatto notare che si sono risolti due grandi problemi: il presupposto di una mediazione internazionale è stato recepito e l’ordine del giorno è stato circoscritto alla problematica elettorale. Il partito di Etienne Tshisekedi ha espresso soddisfazione per il fatto che le Nazioni Unite si siano pienamente coinvolte nell’organizzazione del dialogo.

Da parte loro, Charles Mwando, portavoce del G7, e Joseph Olenghankoy, moderatore della Dinamica dell’Opposizione, hanno motivato la loro decisione di non partecipare al dialogo per il fatto che l’obiettivo implicito in tale iniziativa è quello di consentire il rinvio delle elezioni, violando la Costituzione, istituire un’ennesima transizione e permettere, infine, a Joseph Kabila di candidarsi per un terzo mandato.

Nonostante le loro divergenze, le due tendenze dell’opposizione hanno tuttavia ritenuto che, invece di sostenere il dialogo, la Comunità internazionale dovrebbe fare pressione su quelli che detengono il potere a Kinshasa, per costringerli a riavviare rapidamente il processo elettorale, fornendo alla Commissione elettorale tutti i mezzi economici, legislativi e logistici necessari per organizzare le elezioni entro i tempi previsti dalla Costituzione.[1]

Il 24 febbraio, la Dinamica dell’Opposizione e il G7 hanno incontrato Ban-Ki-Moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite. Durante questo incontro, «la Dinamica dell’Opposizione e il G7 hanno ribadito la loro ferma opposizione a qualsiasi tentativo di modificare o di cambiare la Costituzione del 18 febbraio 2006 e hanno denunciato il bloccaggio del processo elettorale orchestrato dal presidente Kabila e dai suoi sostenitori, con il solo scopo di mantenersi al potere a tutti i costi. Hanno quindi ribadito il loro categorico rifiuto del dialogo nazionale convocato dal presidente Kabila e condannato le restrizioni delle libertà individuali e collettive, le violazioni pianificate dei diritti umani e l’esistenza di un regime totalitario e di un partito unico de facto. La Dinamica dell’Opposizione e il G7 hanno dimostrato al Segretario Generale delle Nazioni Unite che è ancora possibile organizzare le elezioni presidenziali e legislative entro i tempi costituzionali e che la revisione delle liste degli elettori non può costituire un ostacolo a tale possibilità. La Dinamica dell’Opposizione e il G7 hanno richiamato l’attenzione della Comunità internazionale sul fatto che la mancata organizzazione delle elezioni presidenziali entro i tempi costituzionali farebbe precipitare il Paese in una grave crisi istituzionale, di cui il presidente Kabila dovrà assume l’intera responsabilità. Infatti, secondo la Costituzione, il mandato legale e legittimo del presidente Kabila come Presidente della Repubblica Democratica del Congo terminerà il 19 dicembre 2016».[2]

In un memorandum consegnato al Segretario Generale delle Nazioni Unite, la Dinamica dell’Opposizione congolese gli ricorda che «la ricorrente tendenza del potere a violare sistematicamente la Costituzione, a rimettere in causa le questioni relative alla democratizzazione e al rispetto dei diritti umani, a non rispettare il principio di alternanza democratica del potere, a impedire lo svolgimento di un processo elettorale equo, credibile, trasparente e conforme alle esigenze della Costituzione, costituisce, oggi più che mai, un vero e proprio passo indietro per la democrazia e una minaccia per la pace, la stabilità e lo sviluppo della RDCongo. Oggi, il processo elettorale è in pericolo a causa della volontà di un solo uomo, il presidente Kabila, che vuole restare al potere per sempre, in violazione della Costituzione».

Inoltre, «le gravi violazioni dei diritti umani, le restrizioni delle libertà fondamentali e l’impunità rimangono all’ordine del giorno su tutto il Paese. La repressione degli oppositori al regime, gli arresti arbitrari e le varie minacce, tra cui delle minacce di morte, fanno parte della vita quotidiana. Mentre gli attivisti dei partiti politici prossimi al potere possono organizzare manifestazioni pubbliche e private ​​senza alcuna difficoltà, le manifestazioni e le riunioni dei partiti politici di opposizione e delle associazioni della società civile, sono costantemente ostacolate, impedite, se non addirittura perturbate e represse dagli agenti dei servizi di sicurezza».

Infine, «nella convinzione che è ancora tecnicamente possibile organizzare le elezioni presidenziali e legislative entro i tempi costituzionali, la Dinamica dell’Opposizione chiede al Segretario Generale delle Nazioni Unite di:

  1. Esigere l’apertura dello spazio politico congolese e il rispetto della Costituzione, in particolare per quanto riguarda lo svolgimento effettivo delle elezioni nazionali entro i tempi costituzionali e la libertà di espressione e di manifestazione, in conformità con l’articolo 26 della Costituzione; 2. Rafforzare il mandato della Monusco, integrandovi soprattutto la missione di accompagnamento del processo elettorale;
  2. Ottenere il sostegno della Comunità internazionale, affinché possa portare il suo appoggio finanziario, tecnico e logistico alla Commissione elettorale, in modo da potere organizzare delle elezioni credibili e trasparenti entro i tempi previsti dalla costituzione e assicurare, per la prima volta nella storia del nostro paese, un’alternanza pacifica ai vertici del potere;
  3. Autorizzare la Polizia della Monusco e la sua Brigata di rapido intervento a svolgere un ruolo importante nella sicurezza del processo elettorale, dei leader politici dell’opposizione, degli attivisti della società civile e dei giornalisti;
  4. Aumentare il monitoraggio delle violazione dei diritti umani, mediante la nomina di un rappresentante speciale per i diritti umani nella RDCongo;
  5. Inserire tutte le violazioni dei diritti umani legate al processo elettorale sotto il monitoraggio permanente dell’Ufficio del Procuratore della Corte Penale Internazionale;
  6. Esigere la liberazione di tutti i prigionieri politici e la restituzione dei passaporti agli esponenti dell’opposizione cui sono stati ritirati;
  7. Ottenere l’accesso dei membri dell’opposizione ai mezzi pubblici di informazione e la riapertura di tutte le catene di televisioni prossime ai membri dell’opposizione».[3]

In un memorandum indirizzato al Segretario Generale delle Nazioni Unite, il presidente nazionale del Movimento Progressista Lumumbista, Franck Diongo, ha affermato che «l’attuale crisi politica è stata creata artificialmente dal presidente Kabila, al fine di mantenere il potere a tutti i costi, oltre il suo secondo e ultimo mandato costituzionale. A tal fine, ha privato la Commissione elettorale di dei mezzi di cui ha bisogno e ha utilizzato sua maggioranza politica nelle istituzioni della Repubblica per ritardare tutte le elezioni previste dal 2011 in poi. Il dialogo politico che egli ora propone non è che un sotterfugio per legittimare il suo piano di cambiare la Costituzione e darsi l’opportunità di una presidenza a vita. Alla stragrande maggioranza dei compatrioti che si esprimono legalmente e democraticamente contro il suo sinistro progetto che minaccia il futuro della nazione, il Presidente Kabila risponde restringendo lo spazio delle libertà pubbliche e ricorrendo all’intervento violento della polizia e dell’esercito».

Di fronte a questa situazione, il Presidente del MLP insiste sull’organizzazione delle elezioni presidenziali e legislative nazionali entro i tempi costituzionali e ha chiesto a Ban Ki-Moon di dotare la Monusco di un mandato di monitoraggio e di certificazione delle elezioni, al fine di evitare il caos elettorale del mese di novembre 2011, quando la vittoria, più che discutibile, dell’attuale maggioranza è stata imposta con la forza. Di fronte alle molteplici violazioni dei diritti umani che vengono commesse e di cui si teme un aumento, Franck Diongo chiede al Segretario Generale di nominare un Relatore Speciale per i diritti umani nella RDCongo.[4]

b. La conferenza stampa finale

Il 25 febbraio, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha terminato una visita di 48 ore nella RDCongo. Ban Ki-moon ha incontrato i vari esponenti della politica congolese: il presidente Kabila, la maggioranza, l’opposizione e la società civile.

Durante questi incontri, ha chiesto alla classe politica congolese di privilegiare il dialogo consensuale, per potere arrivare all’organizzazione di elezioni pacifiche.

In una conferenza stampa, Ban Ki-Moon ha affermato: «Occorre un dialogo consensuale tra tutte le parti implicate. Ho incoraggiato il presidente [Joseph Kabila], affinché avvii un dialogo inclusivo. Tutte le parti che ho incontrato hanno dichiarato che desiderano partecipare a un dialogo inclusivo. In ogni modo, non c’è alcun’altra soluzione».

Egli ha invitato l’intera classe politica ad impegnarsi per un dialogo inclusivo e conforme alla Costituzione e ad adottare un calendario elettorale consensuale: «Ho avuto la possibilità di incontrare il presidente Kabila, i membri del Parlamento, i rappresentanti dell’opposizione e della società civile. Ho loro chiesto di impegnarsi in modo costruttivo per un dialogo politico, ho ricordato loro che dobbiamo mettere gli interessi della popolazione al centro delle discussioni. Li ho esortati a lavorare per un processo elettorale inclusivo e credibile, nel rispetto della Costituzione».

Si è detto molto preoccupato per il processo elettorale, dichiarando: «Sono preoccupato per i ritardi accumulati nel processo elettorale perché contribuiscono ad aumentare le tensioni politiche relative a un’eventuale possibilità di un terzo mandato del presidente Kabila. Ho chiesto agli esponenti politici di concordare un calendario elettorale consensuale».

Ban Ki-moon ha espresso la sua preoccupazione anche per quanto riguarda la restrizione dello spazio democratico e ha chiesto il rispetto delle libertà civili: «Sono preoccupato anche per la crescente restrizione dello spazio democratico e, in particolare, per il fatto che sono presi di mira soprattutto gli esponenti dell’opposizione, i membri della società civile, i difensori dei diritti umani e i giornalisti. Le libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica sono di vitale importanza per una vita politica dinamica e per un processo di rinnovamento democratico».

A proposito delle sfide che il continente africano deve affrontare, si è così espresso: «L’anno scorso, in occasione del vertice dei capi di Stato dell’Unione africana, ho sollevato questo problema. Ho detto loro: per favore, non aggrappatevi al potere. Ascoltate ciò che il popolo dice. Ascoltate attentamente le sue difficoltà e le sue aspirazioni. Ma quando arriva la fine del vostro mandato costituzionale, per favore, non pretendete di restare al potere. Il popolo ha bisogno di una buona governance. No alla corruzione, No all’impunità. È necessario favorire lo stato di diritto, assicurando la responsabilità e la trasparenza. L’Africa è piena di ricchezze, di risorse naturali e umane. Ma il modo in cui vengono utilizzate queste risorse dipende dalla classe dirigente. I governanti devono dare l’esempio e avere una condotta esemplare, per essere capaci di garantire ed accelerare lo sviluppo economico e sociale».[5]

Il 25 febbraio, in una conferenza stampa a Kinshasa, Gabriel Kyungu wa Kumwanza, presidente dell’UNAFEC e membro del G7, una coalizione di 7 partiti dell’opposizione, ha dichiarato: «Siamo pienamente d’accordo con il Segretario Generale delle Nazioni Unite che chiede un dialogo politico con il potere, ma a condizione che ciò avvenga sotto l’egida della comunità internazionale». Secondo Gabriel Kyungu wa Kumwanza, il presidente Kabila non dovrebbe essere implicato nel dialogo politico, il cui obiettivo è di spianare la strada per le prossime elezioni, essendo che «il presidente Kabila è già a fine mandato e che il dialogo dovrebbe concentrarsi sul futuro del Paese dopo il suo mandato».[6]

Al termine della sua visita di 48 ore nella RDCongo, Ban Ki-Moon si è costituito “avvocato difensore” del dialogo politico inclusivo convocato dal Presidente congolese. In effetti, egli si è chiaramente schierato a favore di questo forum, che egli considera ormai come l’unica via da percorrere per arrivare a una vera pace, alla stabilità delle istituzioni e ad un progresso nei vari settori. Egli si è quindi detto favorevole a questo tipo di incontro inizialmente proposto dall’opposizione e respinto da Joseph Kabila e dalla Maggioranza Presidenziale, che poi ne hanno fatto il loro cavallo di battaglia privilegiato.

La maggioranza presidenziale ha esultato mentre udiva Ban Ki-moon nel sostenere fermamente il dialogo politico inclusivo, senza tuttavia preoccuparsi di interiorizzare le dichiarazioni da lui fatte nello stesso contesto, chiedendo alle autorità di organizzare elezioni credibili entro i tempi previsti dalla Costituzione, di garantire le libertà individuali e collettive, di impegnarsi nella difesa dei diritti umani, ecc.

Si può dunque essere certi che tale entusiasmo generato dalle parole del Segretario generale dell’ONU a sostegno del dialogo politico e inclusivo di Kabila, non potrebbe che essere di breve durata, per lasciare spazio ad una successiva frustrazione collettiva con conseguenze imprevedibili. Di fronte alla frustrazione collettiva che potrebbe insediarsi all’interno della maggioranza presidenziale, si manifesterà l’entusiasmo degli scettici che sbarcheranno sulla scena politica nazionale, scandendo le garanzie richieste da loro stessi e dalla Comunità internazionale e alle quali Ban Ki moon ha fatto alcun riferimento durante la sua ultima visita a Kinshasa. Si può immaginare il resto: davanti alla minaccia di una conflagrazione sempre possibile, la comunità internazionale sarà costretta a intervenire, a cominciare dall’emiciclo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a New York.[7]

c. Il portavoce della Maggioranza Presidenziale: processo elettorale e dialogo

Il 27 febbraio, a Kinshasa, il portavoce della Maggioranza Presidenziale, Andre-Alain Atundu, ha tenuto una conferenza stampa sulla problematica del processo elettorale. In primo luogo egli ha affermato che, «benché sia fondamentale e normativa per il funzionamento del Paese, la costituzione non è un pensiero compiuto. Essa è un pensiero pensante e, come tale, essa è sottomessa al mutare dei tempi e cambiamenti in evoluzione. Non è dunque insensato e irragionevole introdurre l’evoluzione e il cambiamento nella costituzione, data l’evoluzione della situazione. In breve, si tratterrebbe di fare una riflessione profonda sulla nostra costituzione: Ha risposto alle speranze? È ancora valida per la situazione attuale?».

Affrontando la questione del processo elettorale, Alain Atundu ha fatto un particolare riferimento alle elezioni dei deputati nazionali e del Presidente della Repubblica. Egli ha detto che «il processo elettorale si scontra oggi con delle difficoltà oggettive, che oscurano la prospettiva di potere organizzare tali elezioni entro i tempi previsti dalla costituzione».

Egli ha continuato il suo intervento ricordando la convocazione del dialogo politico inclusivo. «L’opposizione radicale non vuole aderire al dialogo inclusivo sul processo elettorale convocato dal Capo dello Stato, adducendo come pretesto il fatto che, nell’ambito dell’accordo di Addis Abeba, solo il Segretario Generale delle Nazioni Unite, attraverso il suo rappresentante nella RDCongo, potrebbe convocare e presiedere questo dialogo. Il comunicato congiunto dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia, dell’Unione Africana, delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea ha messo fine a questa polemica piuttosto bizantina. Infatti, il comunicato congiunto delle quattro organizzazioni internazionali riconoscere inequivocabilmente al Presidente della Repubblica il diritto di convocare questo dialogo sul processo elettorale, inteso come un modo reale e leale per una soluzione consensuale sul processo elettorale.

Il Presidente della Repubblica ha il diritto di convocare il dialogo politico inclusivo sulla base dell’articolo 69 della Costituzione, perché “è il garante … del rispetto dei trattati e accordi internazionali” e, allo stesso tempo, uno dei firmatari dell’accordo stesso di Addis Abeba.

Il rispetto per i tempi previsti dalla costituzione per organizzare le elezioni presidenziali e legislative è un altro argomento ampiamente e diversamente discusso dai politici. A questo proposito, la maggioranza presidenziale, seguendo il Presidente della Repubblica, sostiene che il dialogo politico è uno strumento adeguato per conciliare vantaggiosamente gli imperativi tecnici e le esigenze costituzionali per quanto riguarda il rispetto del calendario e l’organizzazione delle elezioni. Questo suggerimento, coerente con lo spirito della Costituzione e della democrazia, è stato respinto, per principio, da una parte dell’opposizione per il presunto motivo che si tratta di una manovra orchestrata dalla maggioranza presidenziale per continuare a guidare il paese in modo indebito.

Ma le quattro organizzazioni internazionali (OIF, UA, ONU e UE) hanno percepito i meriti della proposta della maggioranza presidenziale, quando parlano di elezioni in condizioni di pace, di trasparenza e di regolarità e in data opportuna. Sono espressioni adeguate che procedono da un’analisi obiettiva dei fatti e da una corretta percezione della problematica elettorale, al di là di ambizioni non dette e di pretese goffamente espresse.

Infine, il comunicato conferma il ruolo di Edem Kodjo, la cui designazione è il risultato di una stretta collaborazione tra le quattro organizzazioni in base al principio di sussidiarietà. Edem Kodjo, il facilitatore designato dall’Unione africana, gode quindi del sostegno e della fiducia di tutta la comunità internazionale. È dunque da escludere la nomina di un altro facilitatore internazionale da parte del Segretario Generale delle Nazioni Unite. D’altra parte, lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite ha invitato tutte le parti politiche implicate a facilitare il suo lavoro».[8]

2. VERSO LE ELEZIONI DEI GOVERNATORI PROVVISORI DELLE NUOVE PROVINCE

a. Terminata l’operazione di presentazione delle candidature

Il 20 febbraio, la CENI ha chiuso l’operazione di presentazione delle candidature per le elezioni dei governatori e vice governatori delle 21 nuove province. Secondo i dati disponibili, sono stati ritirati 203 moduli d’iscrizione per le candidature, tra cui 81 sono stati ritirati da partiti politici, 10 da coalizioni politiche e 112 da indipendenti. In totale, la CENI ha registrato 135 dossier di candidature presentati, tra cui 37 presentati da partiti politici, 18 da coalizioni politiche e 80 da indipendenti. Nello stesso tempo, la CENI ha annunciato, in conformità con l’articolo 16 della legge elettorale, l’inizio del periodo di eventuali ritiri, aggiunte o sostituzioni di candidature. La durata di questo periodo è di cinque giorni, dal 21 al 25 febbraio. La lista provvisoria dei candidati per provincia sarà pubblicata il 28 febbraio, dopo deliberazione dell’Assemblea Plenaria della Ceni.[9]

b. La lettera del Segretario della Maggioranza Presidenziale alla Commissione elettorale

Il 23 febbraio, in una lettera indirizzata al Comitato della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), Aubin Minaku, segretario generale della Maggioranza Presidenziale (MP), non ha riconosciuto la validità delle candidature alle elezioni dei governatori e vice governatori delle 21 nuove province presentate da alcuni membri di partiti e personalità politiche della MP che non hanno ottenuto la “autorizzazione della [loro] famiglia politica” a candidarsi a tali elezioni, benché come indipendenti. La MP chiede quindi alla CENI di ritirare tali candidature. Inoltre, Aubin Minaku ha chiesto al presidente della Ceni di ritenere come scadute tutte le candidature dei membri della MP presentate prima del 10 febbraio 2016, data della pubblicazione del calendario delle elezioni dei governatori. Il segretario generale della MP raccomanda che i candidati indipendenti possano dimostrare, mediante dichiarazione ufficiale, di non appartenere più a partiti politici membri della MP. Nel mirino del segretario generale della MP ci sono, tra altri, 10 dei 14 candidati del campo presidenziale che hanno presentato le loro candidature come indipendenti nelle province del Tanganica, Alto Lomami, Lualaba e Alto Katanga, quattro nuove province create dallo smembramento dell’ex Katanga.[10]

Sarebbero sessantanove le candidature che Minaku Aubin ha chiesto alla CENI di ritirare.

La lettera di Aubin Minaku ha originato una controversia all’interno della classe politica.

A Bandundu città (Kwilu), per esempio, il candidato indipendente Michel Balabala, attuale commissario straordinario di quella provincia ed ex membro del Partito Lumumbista (Palu), non riconosce ad Aubin Minaku il potere di impedirgli di candidarsi. In questo senso, egli ha affermato che il Palu non è membro della MP, ma solo un suo alleato. Un altro candidato indipendente, membro dell’ARC di Olivier Kamitatu, si è detto sorpreso del fatto che il segretario generale della MP lo includa nella sua famiglia politica: «non sono membro della maggioranza presidenziale. Sono un candidato indipendente e non dipendo da alcun raggruppamento politico. Sono un candidato indipendente in conformità con la legge elettorale. Non appartengo alla ARC-MP, ma all’ARC-Olivier Kamitatu». Egli ha precisato che il presidente dell’ARC, Olivier Kamitatu, non ha trovato nessun inconveniente a che si candidi come indipendente alle elezioni dei governatori delle nuove province. Fonti prossime alla CENI hanno affermato che la lettera di Aubin Minaku potrebbe porre un problema per quanto riguarda la richiesta fatta ad un candidato indipendente di dimostrare la sua uscita dalla MP, una disposizione che la legge elettorale non prevede affatto.[11]

Il 27 febbraio, il portavoce della Maggioranza Presidenziale, André-Alain Atundu, ha ritenuto legittima e legale l’invalidazione dei candidati della maggioranza presidenziale che si sono presentati come indipendenti. «È una questione di disciplina, un’esigenza dei valori che caratterizzano la democrazia. Volevano perturbare i calcoli della nostra famiglia politica. Avrebbero dovuto sottomettersi agli obblighi imposti dalla legge», ha detto Atundu, aggiungendo che la procedura della maggioranza presidenziale è giustificata dal dovere di trasparenza nei confronti dell’elettorato che non ama gli sdoppiamenti.[12]

c. La pubblicazione della lista provvisoria dei candidati

Il 29 febbraio, la Commissione elettorale ha pubblicato la lista provvisoria dei candidati alle elezioni dei governatori e vice-governatori delle ventuno nuove province. Il relatore di questa istituzione, Jean-Pierre Kalamba, ha dichiarato che, tra le 97 candidature ricevute, 21 sono state dichiarate inammissibili. Jean-Pierre Kalmba ha spiegato che alcuni candidati hanno presentato la loro candidatura in concorrenza con quelle stabilite dalla Maggioranza Presidenziale di cui sono ancora membri. «Nelle elezioni precedenti, essi sono stati eletti come deputati nazionali, deputati provinciali, senatori o governatori nella lista della maggioranza presidenziale. Su questa base, non possono presentarsi come candidati indipendenti», ha affermato Jean-Pierre Kalamba. I candidati dispongono di due giorni (1 e 2 marzo) per presentare ricorso dinanzi i tribunali d’appello.[13]

Inizialmente, erano 135 le candidature presentate, ma in seguito a una lunga serie di ritiri e cancellazioni, alla fine, solo 76 casi sono stati ritenuti ricevibili. Sullo sfondo: un regolamento di conti all’interno della maggioranza presidenziale, soprattutto dopo l’uscita del G7 (sette partiti che hanno aderito all’opposizione) dalla coalizione.

Ventuno candidature non sono state ritenute valide e trentotto candidati si sono ritirati. Alcuni di questi hanno dichiarato di essere stati sottoposti a pressioni e di aver ricevuto delle intimidazioni da parte della maggioranza. La Commissione elettorale ha affermato di non aver ricevuto alcuna informazione del genere. Il G7, del resto, precisa di non avere presentato alcun candidato a nome della piattaforma di questi sette partiti di opposizione.[14]

Il 29 febbraio, il portavoce del governo, Lambert Mende, che è anche membro del Comitato Politico della maggioranza, ha dichiarato che il fatto che questi candidati non apparissero sulla lista delle candidature presentate dalla maggioranza non dava loro il diritto di presentarsi come indipendenti e ha aggiunto che si tratta, quindi, di disciplina di partito. La Commissione elettorale gli dà ragione e parla di candidature illegali, poiché questi candidati avrebbero dovuto trasmettere ai loro partiti d’origine le loro dimissioni.[15]

d. L’ abominio giuridico della Commissione elettorale

In seguito alla pubblicazione, da parte della commissione elettorale, della lista provvisoria dei candidati per le elezioni dei governatori nelle 21 nuove province, Henry Thomas Lokondo, deputato della maggioranza, ha chiesto a tutte le Corti d’Appello della Repubblica, di «correggere questo abominio giuridico della Commissione elettorale». Secondo lui, escludendo molti candidati indipendenti dalle elezioni, la Commissione elettorale dà l’impressione di rispondere agli ordini di una certa famiglia politica. Henry Thomas Lokondo ha affermato che la sanzione per quei candidati indipendenti che hanno rinunciato di presentarsi nelle liste dei loro partiti o delle loro coalizioni politiche, non è di tipo giuridico, ma politico: «Anche se uno appartiene a una coalizione politica, se vuole candidarsi come indipendente, è libero di farlo. L’unica sanzione di cui può essere oggetto è di tipo politico, ma non giuridico. Anche il Presidente della Repubblica si è candidato come indipendente due volte, nel 2006 e nel 2011, anche se era membro del PPRD e della MP».[16]

Il G7, una coalizione di 7 partiti di opposizione, ha denunciato la violazione degli articoli 101, 104 e 197, comma 6 della Costituzione, che sanciscono il principio della libertà delle candidature. Il G7 ha ricordato che, in base a tali disposizioni, un candidato può essere presentato da un partito politico o da una coalizione politica o può lui stesso presentarsi come candidato indipendente. Il deputato Lutundula, presidente dell’Alleanza dei Democratici per il Progresso e membro del G7, ha fatto osservare che «ciò che ha fatto la Commissione elettorale non era ancora mai stato fatto nel nostro paese. Non si è mai chiesto a qualcuno di presentare le sue dimissioni da un partito o da una coalizione, affinché la sua candidatura possa essere convalidata come indipendente. Inoltre, l’articolo 22 della legge elettorale, che determina il caso di invalidamento, non contiene questo requisito». Per conseguenza, egli ha chiesto le dimissioni del Comitato della Commissione elettorale: «purtroppo, oggi la Commissione elettorale è riuscita a convincere anche i più scettici, circa il fatto che non offre più alcuna garanzia di indipendenza, neutralità e imparzialità. E questo è molto grave. L’opposizione ha quindi il diritto di contestare la Commissione elettorale e di esigere la sostituzione di quelle persone che sono alla sua direzione».[17]

Il 1° marzo, in una dichiarazione resa pubblica presso la sede del G7 da José Endundo, in presenza di Vital Kamerhe, Freddy Matungulu, Jean-Claude Vuemba, Jean-Bertrand Molisho, José Makila, Emery Okundji, Alain Mbaya … la Dinamica dell’Opposizione e il G7 hanno fatto notare che

«la decisione della Commissione elettorale di dichiarare invalide certe candidature indipendenti presentate per le elezioni dei governatori e vice-governatori delle nuove province – Si basa sulla lettera del 23 febbraio 2016, mediante la quale il segretario della coalizione politica della Maggioranza Presidenziale, Aubin Minaku, chiedeva il ritiro delle candidature di partiti politici e di personalità membri della sua piattaforma;

– Si riferisce alle disposizioni dell’articolo 34 della decisione del 26 febbraio 2015 relativa alle misure di attuazione della legge elettorale.

– Afferma che i candidati implicati sono stati eletti, nel corso delle precedenti consultazioni, a nome della coalizione della “maggioranza presidenziale”».

Tuttavia, la Dinamica dell’Opposizione e il G7 ricordano che:

«– Le candidature in questione sono state presentate da indipendenti, mentre le disposizioni dell’articolo 34 della decisione del 26 febbraio 2015 si riferiscono piuttosto alla presentazione di una lista da parte di un partito politico membro di una coalizione politica. In effetti l’articolo 34 in questione stipula che “un partito politico membro di una coalizione politica [come la maggioranza presidenziale] non può presentare una lista di candidati in una circoscrizione elettorale in cui la coalizione [dei partiti] ne ha [già] presentata un’altra”;

– Nessun deputato nazionale, nessun deputato provinciale e nessun senatore è mai stato eletto nella lista della coalizione politica della “maggioranza presidenziale”, perché tale coalizione non ha mai presentato alcun candidato nelle precedenti consultazioni.

Ne consegue che, con questa decisione, la Commissione elettorale ha introdotto una nuova modalità di verifica della validità delle candidature che non è conforme né con la Costituzione né con la legge elettorale. Con questa decisione, la Commissione elettorale ha dimostrando la sua totale sottomissione all’attuale potere».[18]

Il 1° marzo, un collettivo di 33 ONG ha qualificato la procedura della Commissione elettorale come “scandalosa e anti-democratica“. Nel corso di una conferenza stampa, le 33 organizzazioni non governative hanno accusato la Commissione elettorale di aver obbedito ai “dettami della maggioranza presidenziale“. In questo modo, esse affermano, la Ceni ha ipotecato la sua indipendenza. «Consideriamo scandaloso ciò che è accaduto, perché Commissione elettorale è una istituzione di sostegno alla democrazia che non può piegarsi ai dettami o agli ordini di un individuo, anche se è Presidente dell’Assemblea nazionale o segretario generale della Maggioranza presidenziale», ha dichiarato Georges Kapiamba, coordinatore del Collettivo delle 33 organizzazioni non governative.[19]

Il 1° marzo, il presidente del Partito Kabilista (PK), Jeannot Mwenze Kongolo, ha chiesto alla Commissione elettorale di rinviare l’organizzazione delle elezioni dei governatori delle 21 nuove province, per evitare di violare la costituzione del paese. In una conferenza stampa tenuta a Lubumbashi (Haut Katanga), Mwenze Kongolo ha affermato che le assemblee provinciali non esistono più e che gli attuali deputati provinciali, già fuori mandato, non hanno la qualità di eleggere i nuovi governatori. «Riteniamo che questo modo di procedere sia assurdo e al di fuori della Costituzione. Nel nostro ultimo incontro, la Commissione elettorale ci ha parlato di Assemblee provinciali già fuori mandato. Come si può dunque far risuscitare un cadavere politico per andare a votare?», si è chiesto Mwenze Kongolo. Secondo lui, infatti, sarebbe stato necessario iniziare con le elezione dei nuovi deputati provinciali che, a loro volta, avrebbero eletto i nuovi governatori.[20]

Il 2 marzo, il presidente dell’Unione Cristiana per il Rinnovamento e la Giustizia (UCRJ), Joseph N’Singa Udjuu, e il senatore del Movimento di Liberazione del Congo (MLC), Jacques Djoli, hanno fatto ricorso in appello, poiché i loro nomi non sono stati riportati sulla lista provvisoria dei candidati alle elezioni dei governatori delle 21 nuove province. Il primo denuncia il fatto che la sua candidatura “non sia stata dichiarata né ricevibile, né irricevibile” da parte della Commissione elettorale. Il secondo respinge il motivo di incompatibilità evocato dalla Commissione elettorale per invalidare la sua candidatura.

In una conferenza stampa a Kinshasa, Joseph Untube N’Singa Udjuu, membro della Maggioranza Presidenziale (MP), giustifica la sua decisione di ricorrere in appello per il fatto che la sua candidatura a governatore della provincia di Maindombe non sia stata dichiarata “né ammissibile, né inammissibile” dalla Commissione elettorale. Egli ha accusato la Commissione elettorale di aver “sottratto un documento dei servizi dello Stato“. Secondo N’Singa Udjuu, il suo dossier sarebbe stato perso tra la fase dell’accettazione e quella dell’Assemblea plenaria della Commissione elettorale. Precisando che la scomparsa del dossier relativo alla sua candidatura costituisce un atto di “terrorismo politico“, egli ha denunciato le interferenze e le pressioni politiche della Maggioranza Presidenziale, cui appartiene, sull’attività e funzionamento della Commissione elettorale. Da parte sua, il senatore Jacques Djoli ha affermato di ritenere che la Commissione elettorale abbia invalidato la sua candidatura sulla base dell’articolo 20 della Legge Organica sul funzionamento della Commissione elettorale, per il fatto che è stato vice presidente della Commissione tra il 2011 e il 2013. L’articolo in questione stabilisce che, prima di entrare in funzione, ogni membro della Commissione giura di non svolgere qualsiasi tipo di attività che possa compromettere la neutralità, l’indipendenza, la trasparenza e l’imparzialità della Commissione elettorale. Ma Jacques Djoli ha fatto riferimento anche all’articolo 19 della stessa legge organica, in cui si afferma che nessun membro della Commissione può, durante il suo mandato, presentarsi come candidato in un’elezione. Ma ora, non essendo più membro della Commissione elettorale, egli non si ritiene più sottoposto al giuramento.[21]

3. IL PROCESSO IN APPELLO DEI SEI ATTIVISTI DI LUCHA

Il 26 febbraio, dopo la condanna dei sei militanti di Lotta per il Cambiamento (Lucha) a due anni di carcere, la difesa ha fatto ricorso alla Corte d’Appello e ha chiesto chiede l’annullamento del verdetto precedente. La sentenza di condanna, per “disobbedienza all’autorità”, era stata emessa il 24 febbraio dal Tribunale di grande istanza di Goma.

Il 1° marzo, anche l’accusa ha fatto ricorso alla Corte d’appello e chiede la riqualificazione dei fatti, riprendendo in considerazione le infrazioni che non erano state ritenute dal giudice di primo grado. In particolare, l’accusa ha fatto riferimento ai reati di associazione a delinquere e di attentato contro la sicurezza dello Stato. Il processo di appello dovrebbe iniziare il 3 marzo.

Un collettivo di 33 ONG congolesi ha disapprovato la condanna degli attivisti di Lucha. In una conferenza stampa tenuta il 1° marzo a Kinshasa, il coordinatore di questa struttura, Georges Kapiamba, ha affermato: «È uno scandalo! L’accusa aveva chiesto dieci anni e ritiene insignificanti i due anni. Inoltre, chiede che la Corte ordini lo scioglimento del movimento Lucha, che considera essere un’associazione a delinquere». Georges Kapiamba ritiene che ogni tipo di condanna dei sei attivisti violi i diritti riconosciuti a tutti i cittadini: «la condanna degli attivisti di Lucha è una grave violazione delle libertà fondamentali, tra cui la libertà di espressione, di opinione e di manifestazione». L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha denunciato un “processo iniquo“, una “sopraffazione” nei confronti della società civile e un “restringimento dello spazio democratico“. I sei membri di Lucha erano stati arrestati il 16 febbraio, giorno dichiarato dall’opposizione “giornata città morta”, per chiedere il rispetto delle scadenze elettorali previste dalla Costituzione.[22]

Il 3 marzo, la Corte d’Appello di Goma ha tenuto la sua prima udienza in secondo grado, in assenza degli avvocati della difesa. L’udienza è durata solo 5 minuti. Già all’inizio della seduta, gli imputati hanno indicato alla Corte di non aver ricevuto la notifica dell’udienza che il giorno precedente, nel tardo pomeriggio, inviata loro presso il carcere di Munzenze. Gli avvocati della difesa hanno rifiutato di presentarsi, perché i loro clienti sono stati avvisati meno di 24 ore prima dell’apertura dell’udienza, mentre la legge prevede un periodo di otto giorni tra le due azioni, per consentire agli imputati di preparare la loro difesa. Un’altra udienza è stata finalmente fissata per il giorno successivo, il 4 marzo, con avvocati designati dalla Corte.[23]

Lo stesso 3 marzo, sempre a Goma, è ripreso il processo di altri due militanti di Lucha, arrestati il 28 novembre 2015 con altre sette persone, in occasione di una manifestazione contro i massacri commessi nel territorio di Beni dove, da ottobre 2014, sono state uccise più di 500 persone. Dal mese di marzo 2015, la giustizia congolese ha arrestato, processato o condannato una decina di attivisti di Lucha. Tra di loro, Fred Bauma, uno dei responsabili del movimento, arrestato il 15 marzo 2015 a Kinshasa, mentre partecipava a un incontro internazionale sulla democrazia in Africa.

Egli rimane ancora detenuto nel carcere di Makala e il suo processo è in fase di stallo. Già da mesi, il clima politico è molto teso e l’opposizione, le Nazioni Unite e varie organizzazioni per la difesa dei diritti umani continuano a denunciare la politica repressiva adottata dalle autorità.[24]

Il 4 marzo, a Goma, i sei attivisti di Lucha perseguiti per “tentativo d’incitamento alla rivolta” sono stati condannati, in appello, a sei mesi di prigione. Alla ripresa dell’udienza, gli avvocati della difesa hanno, per le numerose irregolarità constatate, ricusato i giudici e sono usciti dall’aula del tribunale. La Corte ha nominato altri quattro avvocati difensori, ma anche loro hanno abbandonato l’aula, perché la Corte ha rifiutato di rinviare la causa, per consentire loro di prendere conoscenza del dossier.

In un comunicato, Lucha ha denunciato la nuova sentenza di condanna: «I nostri compagni sono stati condannati senza che essi abbiano potuto difendersi. La sentenza è stata pronunciata senza l’assistenza di avvocati difensori e la Corte d’Appello si è ostinatamente rifiutata di concedere loro il tempo necessario per preparare la loro difesa. La Corte si è quindi basata esclusivamente sulla versione dei fatti fornita dal Pubblico Ministero. La riduzione della pena è stata una sorpresa, ma non ci ha apportato alcun sollievo. I nostri sei compagni non hanno commesso alcun crimine e nessun giorno in carcere è giustificabile».

Da parte sua, il direttore dell’Ufficio dell’Onu per i diritti umani nella RDC, José Maria Aranaz, si è detto «preoccupato per la strumentalizzazione del sistema giudiziario congolese a scapito della società civile», aggiungendo che «questa sentenza è un segno della repressione in corso contro la libertà di espressione».

In un comunicato, la Voce dei Senza Voce (VSV), una delle principali organizzazioni congolesi per la difesa dei diritti umani, ha dichiarato che «l’accanimento giudiziario contro gli attivisti di Lucha è una vergogna per la giustizia congolese».[25]

[1] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 25.02.’16

[2] Cf Le Phare – Kinshasa, 29.02.’16 http://www.lephareonline.net/la-dynamique-et-le-g7-rappellent-la-ligne-rouge-19-decembre-2016/

[3] Cf Le Phare – Kinshasa, 25.02.’16 http://www.lephareonline.net/le-cahier-de-charges-de-la-dynamique-de-lopposition-au-sg-de-lonu/

[4] Cf Le Phare – Kinshasa, 25.02.’16 http://www.lephareonline.net/diongo-propose-la-surveillance-des-elections-par-la-monusco/

[5] Cf RFI, 25.02.’16

[6] Cf Radio Okapi, 26.02.’16

[7] Cf Kambale Mutogherwa – La Tempête des Tropiques – Kinshasa, 26.02.’16

[8] Cf Le Phare – Kinshasa, 29.02.’16 http://www.lephareonline.net/la-majorite-persiste-et-signe-dialogue-inclusif/

[9] Cf Forum des As – Kinshasa, 23.02.’16 http://www.forumdesas.org/spip.php?article6777

[10] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 25.02.’16

[11] Cf Radio Okapi, 26.02.’16

[12] Cf Didier Kebongo – Forum des As – Kinshasa, 29.02.’16

[13] Cf Radio Okapi, 29.02.’16

[14] Cf RFI, 29.02.’16

[15] Cf RFI, 29.02.’16

[16] Cf Radio Okapi, 29.02.’16

[17] Radio Okapi, 01.03.’16

[18] Cf Le Phare – Kinshasa, 02.03.’16 http://www.lephareonline.net/la-dynamique-et-le-g7-en-colere-contre-la-ceni/

[19] Cf Radio Okapi, 01.03.’16

[20] Cf Radio Okapi, 02.03.’16

[21] Cf Radio Okapi, 02.03.’16

[22] Cf Radio Okapi, 02.03.’16; Habibou Bangré – Jeune Afrique, 02.03.’16

[23] Cf Radio Okapi, 03.03.’16; AFP – Kinshasa, 03.03.’16

[24] Cf AFP – Kinshasa, 03.03.’16

[25] Cf AFP – Radio Okapi, 05.03.’16