Congo Attualità n. 268

INDICE

EDITORIALE: SBLOCCARE CIÒ CHE È BLOCCATO

  1. IL PROCESSO ELETTORALE
    1. La pubblicazione del calendario delle elezioni dei governatori delle nuove province
    2. L’indizione di un bando d’appalto per l’acquisto di materiale elettorale
  2. IL DIALOGO POLITICO NAZIONALE
    1. Gli “Alleati” di Tshisekedi chiedono la designazione di un facilitatore internazionale per il dialogo politico nazionale
    2. Dialogo SÌ, dialogo NO, dialogo SÌ … MA
  3. LA GIORNATA “CITTÀ MORTA” DEL 16 FEBBRAIO
    1. L’opposizione indice una giornata “città morta”
    2. I giorni precedenti
    3. La “giornata città morta”

EDITORIALE: SBLOCCARE CIÒ CHE È BLOCCATO

 

 

1. IL PROCESSO ELETTORALE

a. La pubblicazione del calendario delle elezioni dei governatori delle nuove province

Il 10 febbraio, la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) ha annunciato che le elezioni dei governatori e vice-governatori delle 21 nuove province avranno luogo il 26 marzo. Il periodo di presentazione delle candidature inizia l’11 febbraio e si concluderà il 20 febbraio. I risultati delle elezioni saranno pubblicati il ​​12 aprile. I governatori e i vice-governatori che saranno eletti sostituiranno i commissari straordinari posto che amministrano le nuove province da ottobre 2015. Questi commissari straordinari erano stati nominati in seguito ad una sentenza della Corte costituzionale che aveva chiesto al governo di prendere misure transitorie ed eccezionali per la gestione delle nuove province. La CENI aveva rinviato le elezioni dei governatori di queste province per ben due volte. Programmate dapprima per il 31 agosto, erano state posticipate al 6 ottobre 2015 e, infine, rinviate sine die.[1]

Il relatore della CENI, Jean-Pierre Kalamba, ha affermato che queste elezioni avranno luogo «in conformità con la sentenza della Corte Suprema che aveva condizionato tutte le altre elezioni all’organizzazione di queste elezioni». Secondo Jean-Pierre Kalamba, sul piano giuridico non c’è più alcun ostacolo, perché i regolamenti interni delle Assemblee delle nuove province, finora respinti, sono stati finalmente approvati in seguito ad alcuni emendamenti. È stato superato anche l’ostacolo finanziario, perché il governo ha accettato di sbloccare i due milioni di dollari necessari.

Tuttavia, non tutti i problemi sono stati risolti, perché queste elezioni sono indirette, con un elettorato composto di deputati provinciali eletti nel 2007 per un periodo di cinque anni, ma rimasti al loro posto per mancanza di nuove elezioni. Interrogato sulla questione relativa alla legittimità di questi governatori che saranno eletti in tal modo, il relatore della CENI ha risposto che la legge consente ai deputati provinciali di rimanere in funzione fino alle elezioni dei loro successori.[2]

La pubblicazione del calendario delle elezioni dei governatori e vice-governatori delle nuove province ha scatenato diverse proteste. Primo fra tutti, i membri del G7 hanno diffuso un comunicato stampa firmato dal deputato nazionale e Vice Presidente di questa piattaforma, Charles Mwando Nsimba:

«In una sua dichiarazione resa pubblica il 14 gennaio 2016, il G7 aveva chiesto al presidente della CENI di convocare la tripartita maggioranza – opposizione – CENI e di pubblicare un calendario elettorale consensuale che rispetti le scadenze costituzionali.

Il G7 si sorprende del fatto che, invece di pubblicare un calendario elettorale globale e aggiornato, la Ceni abbia pubblicato un calendario solo per le elezioni dei governatori e vice-governatori delle nuove province.

Il G7 si chiede come la Ceni possa organizzare delle elezioni dei governatori e vice governatori nell’attuale contesto di paralisi delle Assemblee Provinciali e di frazionamento dei partiti politici.

Il G7 ritiene che la Commissione elettorale abbia pubblicato il calendario delle elezioni dei governatori per dare l’impressione di rilanciare un processo elettorale che, secondo l’opposizione, è stato deliberatamente bloccato dalla Maggioranza al potere. Il G7 ritiene che ciò faccia parte di una strategia più ampia, il cui obiettivo sarebbe di rinviare l’organizzazione delle elezioni presidenziali al di là delle scadenze costituzionali. Ancora una volta, il G7 chiede alla CENI di convocare la tripartita Maggioranza – Opposizione – Ceni che permetta di pubblicare un nuovo calendario elettorale che rispetti le scadenze costituzionali».[3]

Il deputato Henri Thomas Lokondo, della maggioranza presidenziale, ha apprezzato “il coraggio della Ceni” e ha ritenuto “realista” il calendario da essa pubblicato. Tuttavia, egli ha fatto notare che il 26 marzo, data prevista per le elezioni dei governatori, i deputati provinciali saranno ancora in vacanza o appena rientrati. In questo caso, dovranno riunirsi in sessione straordinaria, ciò che comporterà una spesa supplementare a carico delle casse dello Stato, in quanto le sessioni parlamentari straordinarie comportano degli stipendi straordinari. Ha quindi suggerito alla Ceni di organizzare le elezioni in aprile, in occasione delle sessioni ordinarie delle assemblee provinciali.[4]

Secondo Samy Badibanga, portavoce del Gruppo parlamentare dell’UDPS e Alleati, il governo e la CENI vogliono sprecare soldi, energia e tempo per un’elezione illegale da parte di assemblee provinciali illegittime nell’ambito di una procedura ormai obsoleta.

Mentre l’organizzazione delle elezioni presidenziali e legislative, previste per novembre 2016, è bloccata da un anno, l’elezione dei governatori delle nuove province è programmata, nella precipitazione, per il 26 marzo prossimo.

In realtà, l’obiettivo di questo processo elettorale è quello di legittimare l’illegittimità. Perché, in nessun caso, un deputato fuori mandato può conferire a un governatore una legittimità che non ha. È semplice dimostrarlo: l’articolo 158 della legge elettorale prevede che: “i governatori e i vice-governatori provinciali sono eletti (…) dai deputati provinciali”. Tuttavia, l’articolo 197 della Costituzione fissa a 5 anni il mandato dei deputati provinciali. E il mandato dei deputati provinciali eletti nel 2006 è scaduto dal 2011.

All’illegalità delle elezioni previste per il 26 marzo 2016 si aggiunge un secondo livello di illegalità, relativo al principio della democrazia rappresentativa e al diritto fondamentale di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. In effetti, le nuove province non dispongono di alcun eletto proprio, dal momento che non hanno ancora organizzato alcun tipo di elezioni. Non c’è quindi nessun eletto che rappresenti i cittadini delle nuove province. Ne consegue che i deputati fuori mandato dal 2012, dunque illegittimi, non possono eleggere un governatore provinciale a nome di cittadini che non rappresentano.

Infine, il fondamento legale per l’elezione dei governatori contraddice la legge, perché è già scaduto. In effetti, la CENI fonda il suo calendario del 10 febbraio sulla legge elettorale che, all’articolo 168, prevede che “le elezioni del Governatore e del Vice Governatore della provincia si svolgono entro e non oltre ventun giorno dall’installazione del Comitato definitivo dell’Assemblea provinciale”. Circa l’installazione del Comitato definivo dell’Assemblea Provinciale, occorre ricordare l’articolo 9 della legge di programmazione n 15/004 del 28 febbraio 2015 in cui si afferma: “quindici giorni dopo la presentazione del rapporto da parte della Commissione ad hoc e la constatazione da parte dell’Assemblea provinciale esistente, l’Assemblea provinciale di ogni nuova provincia si riunisce, di diritto, in sessione straordinaria per, tra l’altro, l’elezione e l’installazione del suo Comitato definitivo”. Ma queste scadenze sono ormai superate da tempo. Le nuove Assemblee provinciali e loro Comitati non sono più in vigore e non possono eleggere un governatore senza violare la legge che li ha installati. Le disposizioni costituzionali e legislative impongono, quindi, di organizzare dapprima le elezioni, libere e trasparenti, dei nuovi deputati provinciali. Solo loro potranno eleggere dei governatori provinciali legittimi. Le candidature a queste elezioni provinciali sono, peraltro, già stati registrate e le relative cauzioni già incassate.[5]

Il 16 febbraio, la Nuova Classe Politica e Sociale (NCPS) / opposizione nazionalista, ha chiesto al presidente Joseph Kabila di rimandare le elezioni dei governatori e vice-governatori delle nuove province previste dalla Commissione elettorale per il prossimo 26 marzo.

Secondo il portavoce della NCPS / opposizione nazionalista, il deputato Steve Mbikay, gli attuali deputati provinciali sono illegittimi perché fuori mandato, essendo stati eletti nel 2006 per un mandato di cinque anni. Non possono quindi eleggere dei governatori.

«Dei deputati provinciali illegittimi non può conferire a dei governatori provinciali una legittimità che non hanno. Se i deputati provinciali sono legittimi per eleggere i governatori delle nuove province, perché allora non hanno eletto i governatori delle province che sono, tutti, fuori mandato? Perché non hanno potuto eleggere i nuovi senatori?», si chiede Steve Mbikayi.

Inoltre, egli ha fatto notare che i deputati provinciali assegnati alle nuove province sono stati eletti in province che non esistono più. Essi, pertanto, non possono appartenere alle nuove province, che sono delle nuove entità giuridiche a sé stanti. Infine, Steve Mbikayi accusa la Maggioranza Presidenziale di avere barato, inviando i suoi candidati governatori in queste province come commissari straordinari, per consentire loro di fare campagna per quattro mesi, acquisire familiarità con i deputati provinciali e procurarsi i mezzi per corromperli.[6]

Con le elezioni dei governatori delle nuove province e la ripresa delle attività parlamentari nelle nuove entità provinciali, riemergeranno anche i problemi di fondo. Dove si riuniranno le assemblee provinciali? Che locali avranno a disposizione i nuovi ministri provinciali e i loro collaboratori? Con che fondi rimunerare i nuovi quadri politici, come i dieci nuovi ministri per provincia e i loro collaboratori? Come pagare i nuovi capi di gabinetto, consulenti e personale di supporto che avranno trovato “lavoro”, grazie alla creazione di nuove assemblee provinciali e nuovi governatorati provinciali? Si tratta di problemi aggiuntivi per il Tesoro che è già alle prese con urgenze elettorali, sullo sfondo di una diminuzione delle entrate nelle casse dello Stato, a causa del crollo dei prezzi delle materie prime.[7]

b. L’indizione di un bando d’appalto per l’acquisto di materiale elettorale

Il 10 febbraio, la Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) ha indetto ufficialmente un bando di gara per l’acquisto del materiale necessario per la revisione del database elettorale. La spesa prevista è di circa 200 milioni di $. Obiettivo del bando è quello di identificare il miglior operatore che soddisfi le esigenze della Commissione Elettorale. Secondo il codice degli appalti, ci vorranno quattro o cinque mesi prima di potere designare la società in questione. Quindi, la selezione finale avverrà nel mese di giugno o all’inizio di luglio. Secondo la Costituzione, il corpo elettorale deve essere convocato tre mesi prima della fine del mandato del presidente. Pertanto, per rispettare la scadenza costituzionale, le elezioni presidenziali dovrebbero essere indette prima della fine di settembre. Rimarrebbero pertanto solo tre o quattro mesi per distribuire il materiale e per effettuare l’operazione di revisione delle liste degli elettori. Missione impossibile? Secondo la CENI, “non si possiamo indire delle elezioni senza corpo elettorale” ma, con più risorse finanziarie e logistiche, sarebbe possibile ridurre la durata dell’operazione di revisione delle liste elettorali.[8]

Il 13 febbraio, nel corso di un incontro con le istituzioni provinciali di Kinshasa, il presidente della CENI, Corneille Nangaa, ha affermato che l’operazione di revisione del database elettorale durerà almeno sedici o diciassette mesi.[9]

Il movimento cittadino Filimbi ha reagito all’annuncio della Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) relativo all’indizione di una nuova gara d’appalto per l’acquisto del materiale necessario per la revisione delle liste elettorali. Secondo Filimbi, tale annuncio minaccia il rispetto delle scadenze elettorali previste dalla Costituzione, mette a rischio l’organizzazione delle elezioni entro la fine del 2016 e conferma, ancora una volta, la volontà politica di rinviare le elezioni.

Secondo il coordinatore di Filimbi, Floribert Anzuluni, «si era firmato un contratto provvisorio con la società Zetes. È la stessa società che ha gestito il processo di iscrizione degli elettori nel 2005 e nel 2011. Il contratto è dunque già stato assegnato e, normalmente, si sarebbe dovuto portarlo a termine. Ma stranamente, oggi, ci troviamo di fronte a un nuovo bando di gara che ovviamente allungherà i tempi».

Da parte sua, il portavoce del governo, Lambert Mende, smentisce queste paure e promette che le scadenze costituzionali saranno rispettate: «È completamente folle. L’iniziativa presa dalla CENI è la prova che, nel 2016, ci saranno delle elezioni. Quindi, a meno che non si voglia cercare il pelo nell’uovo, non si può negare che ciò che si vuole è che le elezioni si svolgano nel 2016».[10]

2. IL DIALOGO POLITICO NAZIONALE

a. Gli “Alleati” di Tshisekedi chiedono la designazione di un facilitatore internazionale per il dialogo politico nazionale

L’8 febbraio, in una dichiarazione firmata da Lisanga Bonganga e resa pubblica in serata, i partiti politici che sostengono il presidente dell’UDPS hanno invitato la Presidente della Commissione dell’Unione Africana di nominare, il prima possibile, un facilitatore internazionale per istituire un comitato preparatorio e convocare il dialogo politico nazionale:

«Il 26 gennaio 2016, a Kinshasa / Gombe, una delegazione dei partiti, gruppi e personalità politiche alleati del presidente Etienne Tshisekedi aveva incontrato Edem Kodjo, inviato speciale di Nkosazana Zuma, presidente della Commissione dell’Unione Africana (UA).

In una nota consegnata a Edem Kodjo alla fine dell’incontro, si affermava che, nel mese di novembre 2016, si terranno le elezioni come previste dalla Costituzione: le presidenziali, le legislative e le provinciali e che il presidente Joseph Kabila non dovrebbe candidarsi per un terzo mandato consecutivo. In tal modo, il 2016 rappresenta la fine definitiva del suo mandato.

In questa prospettiva, le elezioni presidenziali avranno un significato singolare perché, per la prima volta nella storia della RDCongo, esse marcheranno e consacreranno l’alternanza democratica desiderata dal popolo congolese. In tale occasione, il presidente Joseph Kabila sarà onorato di passare il potere, in modo pacifico, al nuovo presidente eletto.

Oggi, a dieci mesi da questa data decisiva, il governo del presidente Joseph Kabila continua a ricorrere a qualsiasi tipo di sotterfugio per impedire l’organizzazione delle prossime elezioni.

È dunque per evitare che la lunga e interminabile crisi di legittimità riporti il nostro Paese in una situazione di violenza che il presidente Etienne Tshisekedi continua instancabilmente a proporre un dialogo politico trasparente e inclusivo, fondato sull’accordo quadro di Addis Abeba e sulle due successive risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (2098 e 2211).

Gli Alleati del presidente Etienne Tshisekedi constatano che Edem Kodjo era stato designato per una missione esplorativa, in vista dell’organizzazione del dialogo politico convocato dal presidente Joseph Kabila. Dopo l’incontro, il 4 febbraio a Bruxelles, tra Edem Kodjo e il presidente Etienne Tshisekedi, gli Alleati del presidente Etienne Tshisekedi ritengono che la missione esplorativa di Edem Kodjo sia terminata.

Gli Alleati del presidente Etienne Tshisekedi ritengono dunque che la Presidente della Commissione dell’Unione Africana, rispettosa dell’accordo quadro di Addis Abeba e delle due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (2098 e 2211) … possa, fin d’ora, designare un facilitatore internazionale per il dialogo politico, avendo come missione di:

– Comporre, in comune accordo con le due parti congolesi implicate, le liste del Comitato preparatorio del dialogo politico trasparente e inclusivo;

– Convocare il dialogo politico trasparente e inclusivo.

A tal fine, la missione del facilitatore così designato dovrà essere accompagnata da una tabella di marcia vincolante per quanto riguarda il rispetto della Costituzione e delle scadenze costituzionali». Tra i firmatari di questa dichiarazione: il G14, il SET (Sostegno a Etienne Tshisekedi), la Dinamica Tshisekedi presidente, il Condor, il Movimento presidenziale popolare, il Fronte Popolare e l’Unione per la Nazione.[11]

L’11 febbraio, in occasione della presentazione degli eventi commemorativi del 34° anniversario dell’UDPS, fondato il 15 febbraio 1982, il segretario generale del partito, Bruno Mavungu, alla domanda se l’UDPS potrebbe partecipare al dialogo politico insieme con gli altri partiti di opposizione, ha risposto che, «secondo l’UDPS, il dialogo trae le sue origini in tutto ciò che è successo in occasione delle elezioni presidenziali del 2011: Etienne Tshisekedi ha vinto le elezioni, ma è Joseph Kabila che è stato proclamato vincitore. Questo è il nocciolo del problema. Pertanto, l’UDPS non riconosce né Kabila come Presidente della Repubblica, né le sue istituzioni. La pubblicazione dei risultati delle elezioni presidenziali del 2011 ha causato la divisione del Paese in due blocchi, quello di Tshisekedi e quello di Kabila. L’UDPS sta ancora cercando la verità delle urne». Questa teoria fa sì che l’UDPS auspichi un dialogo che dovrebbe avere un formato ridotto ai rappresentanti di Etienne Tshisekedi e di Joseph Kabila. Bruno Mavungu ritiene che l’inclusività del dialogo dovrebbe essere presa in considerazione in rapporto alla crisi di legittimità politica nata in seguito alle elezioni presidenziali del 2011.[12]

b. Dialogo SÌ, dialogo NO, dialogo SÌ … MA

Il 12 febbraio, presso il Centro interdiocesano di Kinshasa, l’Ufficio di Collegamento con il Parlamento (BLP) della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) ha organizzato un forum sul tema “Il dialogo è un’opportunità per rilanciare il processo elettorale nel paese”.

Il senatore della maggioranza She Okitundu ha ricordato i limiti dell’organizzazione delle elezioni e le violenze post-elettorali constatate nel corso dei due cicli elettorali del 2006 e del 2011. Di conseguenza, è necessario che i Congolesi si riuniscano intorno ad uno stesso tavolo per preparare al meglio il 3° ciclo elettorale. Egli ha sostenuto che il dialogo è una necessità, nella misura in cui permetterà di avere elezioni pacifiche e conformi agli standard internazionali. Ma l’organizzazione di questo forum dovrà rispettare la sovranità del paese.

Il deputato nazionale dell’opposizione Gregoire Mirindi ha affermato che, dopo il fallimento delle elezioni del 2006 e del 2011, l’opposizione aveva chiesto l’organizzazione di un dialogo, ma il governo l’aveva sempre considerato inopportuno. Ha quindi dichiarato che l’opposizione rifiuta il dialogo, perché il governo ha dimostrato la sua malafede nell’organizzare le elezioni. Egli ha sottolineato che il Governo ha l’obbligo di finanziare le elezioni e di garantire la sicurezza delle persone e delle cose e la CENI quello di organizzare le elezioni. Perché, allora, organizzare un dialogo in questo periodo?

Padre Donatien Nshole, vice segretario generale della CENCO, ha dichiarato: «La CENCO si situa in mezzo ai pro-dialogo e agli anti-dialogo. Essa ritiene che il dialogo sia il modo migliore per porre fine alla crisi del paese». Ha inoltre precisato che la CENCO auspica che il dialogo non violi alcuna disposizione della Costituzione. Ha sottolineato che il dialogo dovrebbe svolgersi in conformità con il quadro costituzionale e non causare il temuto rinvio delle elezioni. Egli ha escluso che il dialogo possa concludersi con la creazione di un governo di transizione. Il rappresentante della CENCO ha, infine, esortato tutte le parti a rispettare la Costituzione.

Infine, il presidente della Ceni, Corneille Nangaa, non ha usato alcun linguaggio diplomatico per condannare la doppiezza dei politici che rifiutano di assumersi la responsabilità di risolvere i problemi del paese. Circa le funzioni della CENI, egli ha ricordato le varie problematiche elettorali, tra cui il database elettorale del 2006, con 25 milioni di elettori, quello del 2011, con 7 milioni di elettori supplementari, la questione degli arretrati elettorali, la pubblicazione del calendario elettorale, dapprima parziale poi globale, con i dibattiti che ne sono seguiti e il bilancio complessivo attribuito alla CENI. Egli ha sostenuto che, nonostante il ritiro del paragrafo che, nel gennaio 2015, aveva sollevato tanta contestazione, la legge elettorale indica chiaramente che la CENI deve procedere all’assegnazione dei seggi alle varie circoscrizione secondo il dati demografici della popolazione. Egli ha riferito anche sulla problematica delle nuove province sorte dallo smembramento territoriale e su quella dei certificati elettorali emessi al di fuori del circuito ufficiale. Ha presentato l’esemplare del nuovo certificato elettorale e ha infine concluso dicendo che si aspetta che i politici svolgano pienamente il loro ruolo in modo che la CENI possa continuare la suo parte di lavoro.[13]

3. LA GIORNATA “CITTÀ MORTA” DEL 16 FEBBRAIO

a. L’opposizione indice una giornata “città morta”

Il 10 febbraio, la Dinamica dell’Opposizione, il G7 e il Fronte Anti-Dialogo hanno indetto una giornata “città morta” prevista per il 16 febbraio. In una dichiarazione politica pubblicata a Kinshasa, queste tre piattaforme dell’opposizione hanno chiesto ai Congolesi di «restare a casa, non andare a lavorare e non mandare i bambini a scuola».

Secondo il comunicato, l’opposizione vuole «onorare la memoria delle vittime della barbarie del 16 febbraio 1992». I promotori dell’iniziativa ricordano che, in quel giorno, «più di 2 milioni di donne e uomini hanno avuto il coraggio di alzarsi in piedi con determinazione, chiedendo la riapertura della Conferenza Nazionale Sovrana». La manifestazione fu repressa nel sangue dal regime di Mobutu.

Ma l’appello dell’opposizione non si limita solo al ricordo del 16 febbraio 1992. Secondo il testo della dichiarazione, «oggi, la democrazia è di nuovo minacciata e il processo elettorale è volutamente ritardato da tendenze dittatoriali e da ripetuti tentativi di violazione della Costituzione».

I membri dell’opposizione vogliono ricordare a Joseph Kabila che «egli è il garante della Costituzione ed è, quindi, necessario che egli stesso la rispetti e la faccia rispettare da tutti».

Essi chiedono a tutti di «mobilitarsi, per lanciare un serio avvertimento a Joseph Kabila e a quelli che sono tentati di violare la costituzione per rimanere al potere per tutta la vita».

Le tre piattaforme dell’opposizione aggiungono di avere voluto proporre «una giornata “città morta” per dire no al rinvio delle elezioni, no a un terzo mandato presidenziale, no a una presidenza a vita, no alla violazione della Costituzione e per dire sì a un’organizzazione delle elezioni presidenziali entro i tempi previsti dalla costituzione e sì all’alternanza politica e per denunciare le ormai troppo frequenti violazioni delle libertà fondamentali delle persone, garantite dalla costituzione».[14]

L’ex governatore del Katanga, Moïse Katumbi, ha chiesto alla popolazione di aderire alla giornata città morta programmata per 16 febbraio: «Sono d’accordo con la proposta dell’opposizione e della società civile per una giornata città morta. La popolazione deve aderire, perché si tratta di un un’importante azione pacifica che deve costringere il governo a rispettare la Costituzione e ad ascoltare la voce del popolo che soffre».

Sull’appello lanciato dall’ex governatore, il sindaco della città di Lubumbashi, Jean Oscar Sangouza, non ha voluto commentare. Tuttavia, il 14 febbraio ha pubblicato una dichiarazione in cui ha chiesto alla popolazione di Lubumbashi di continuare normalmente le loro attività quotidiane. Inoltre, il sindaco ha messo in guardia tutti coloro che oseranno provocare disordini.

Ha inoltre iniziato una campagna di sensibilizzazione nei confronti dei funzionari statali, dei commercianti, dei direttori di imprese, di scuole, di istituti superiori e delle università, invitandoli a recarsi al lavoro come di solito. Sui media locali vengono letti dei comunicati a questo riguardo.[15]

Il 15 febbraio, in un messaggio pubblicato in occasione del 34° anniversario del partito, il presidente dell’UDPS, Etienne Tshisekedi, ha infine invitato i membri del partito ad aderire all’appello del Fronte Cittadino 2016: «Appoggio tutte le manifestazioni pacifiche programmate per fare pressione sul governo, in particolare la “giornata città morta” prevista per il 16 febbraio 2016». Si tratta di un’adesione dell’ultimo minuto che ha preso di sorpresa molti membri del partito. La scorsa settimana, infatti, Bruno Mavungu, segretario generale del partito, aveva pubblicamente rifiutato di aderire a questo giorno “città morta”, arrivando ad accusare gli organizzatori di volere ricuperare la data molto simbolica del 16 febbraio per scopi politici. Una posizione che aveva suscitato grande scalpore in seno all’UDPS, avendo alcuni membri accusato il segretario generale di voler agire in solitario, per salvare i suoi buoni rapporti con il potere, in vista di un possibile governo di unità nazionale.[16]

b. I giorni precedenti

Il 14 febbraio, nel primo pomeriggio, il deputato dell’opposizione e presidente del partito politico Impegno per la Cittadinanza e lo Sviluppo (Ecide), Martin Fayulu, è stato arrestato presso la sede del suo partito, da otto persone, di cui cinque soldati armati e tre persone in abiti civili. È stato rilasciato in serata.

È sotto scorta militare che il deputato dell’opposizione è stato ricondotto a casa sua dopo essere stato detenuto per diverse ore, nonostante la sua immunità parlamentare. Martin Fayulu si trovava presso la sede del suo partito per preparare una campagna di sensibilizzazione sulla giornata “città morta” del 16 febbraio, quando è stato arrestato in circostanze da lui stesso raccontate: «Cinque militari armati e tre civili sono arrivati nel mio ufficio … Hanno detto di essere venuti perché erano stati informati di alcuni tafferugli. Ho detto loro che non c’era alcun tafferuglio in corso. Mi hanno chiesto di aprire la mia auto. Ho aperto la macchina. Hanno visto dei documenti da distribuire alla popolazione per informarla che il 16 febbraio sarà “giornata città morta” su tutto il territorio nazionale. Allora mi hanno detto che devo andare dal loro capo. Ho detto di no e perché. E hanno cominciato a picchiarmi. Mi hanno picchiato, mi hanno ferito e mi ha buttato nella loro jeep. Mi hanno condotto alla DEMIAP, i servizi di intelligence militare».

Secondo il portavoce del governo, Lambert Mende, Martin Fayulu è stato arrestato per aver incitato a infrangere l’ordine pubblico. Da parte sua, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Triphon Kin-kiey Mulumba, ha affermato che «il deputato Martin Fayulu è stato arrestato in flagranza. Non so quali documenti avesse con sé, forse dei volantini».

Il Segretario Generale dell’Ecide aveva denunciato delle intimidazioni nei confronti del presidente del partito: «Siamo convinti che si tratti di intimidazioni. Martin Fayulu aveva firmato l’appello per la “giornata città morta” prevista per il 16 febbraio. Era già da un po’ che era oggetto di minacce e di intimidazioni a cui non cederà».

L’inviato speciale degli Stati Uniti per la Regione dei Grandi Laghi, Tom Perriello, ha espresso preoccupazione: «Criminalizzare l’opposizione e le voci dissidenti può solo creare instabilità».

Il responsabile dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ritiene che «arrestare un leader dell’opposizione è un ulteriore grave passo che conferma che lo spazio politico si sta riducendo sempre più e che, nella RDCongo, aumentano sempre più le restrizioni dei diritti e delle libertà».

Una preoccupazione condivisa dall’ONG Human Rights Watch (HRW). Per la responsabile Ida Sawyer, questo arresto è un segnale molto preoccupante: «Questo è l’ultimo caso di repressione contro gli oppositori e gli attivisti della società civile che chiedono il rispetto delle scadenze costituzionali nell’ambito dell’organizzazione delle elezioni».[17]

Il 15 febbraio, il governo ha ricordato che il 16 febbraio è un giorno feriale. In una dichiarazione ufficiale, il Vice Primo Ministro e Ministro del Lavoro ha sottolineato che il 16 febbraio non è incluso nella lista dei giorni festivi. Pertanto, tutti i dirigenti e i funzionari statali hanno l’obbligo di recarsi nei loro luoghi di servizio, sotto pena di essere sanzionati secondo le disposizioni legislative in vigore.

A questo proposito, il Ministro della funzione pubblica, Pascal Isumbisho, ha dichiarato: «Non c’entra per nulla la “giornata città morta”. Si deve andare a lavorare come qualsiasi altro giorno [di lavoro]. Vorrei ricordarlo a tutti gli agenti e funzionari dello Stato […] Tutti i segretari generali, i direttori e i capi dipartimento devono assicurarsi che si lavori come al solito».

Il commissario della polizia della città di Kinshasa, il generale Célestin Kanyama, ha insistito: «Tutti devono andare a lavorare, poiché non è una giornata festiva». Pertanto, ha avvertito, la polizia verrà dispiegata in tutta la città, per arrestare chiunque tenti di impedire la libertà di movimento degli altri.[18]

Il 15 febbraio, la Maggioranza Presidenziale ha informato l’opinione nazionale dell’annullamento della sua manifestazione prevista il 16 febbraio a Kinshasa e annunciata nel mese di dicembre. «Il comune di Kinshasa ci ha rifiutato il permesso; la marcia (…) non ci sarà», ha dichiarato Henri Mova Sakanyi, segretario generale del PPRD. Il ministro degli interni della città-provincia di Kinshasa, Emmanuel Akweti, ha affermato che, per il 16 febbraio, il governo della capitale «non ha autorizzato alcun evento a Kinshasa» e ha assicurato di non avere ricevuto alcuna notifica di manifestazioni previste in città.[19]

c. La “giornata città morta”

Il 16 febbraio, decretato “giornata città morta” da una coalizione di opposizione, gli abitanti di Kinshasa sono rimasti generalmente a casa loro.

A Kinshasa, una megalopoli di dieci milioni di abitanti, nelle prime ore del mattino il traffico è stato estremamente limitato e i pedoni poco numerosi. “Vado a lavorare per evitare di essere penalizzato.

Spero di trovare un autobus”, ha detto Henri Paul, un funzionario.

Dopo diverse ore di paralisi dei trasporti pubblici, verso le 10h00 (09h00 GMT) le attività sono timidamente riprese e i bus Transco (trasporto pubblico), gli “spiriti della morte” (taxi collettivi), i taxi e i mototaxi hanno cominciato a riprendere il loro servizio, ma molto meno che di abitudine.

Molte persone non hanno potuto recarsi al lavoro e gran parte dei negozi sono rimasti ancora chiusi.

Per le strade non c’è stata l’abituale marea quotidiana di scolari e collegiali in uniforme blu e bianco. Le scuole e le università erano deserte. Senza necessariamente aderire all’appello di “città morta”, molti genitori hanno preferito non mandare i loro figli a scuola, per paura di eventuali incidenti. Anche i mercati erano quasi deserti. Di solito, il mercato centrale di Kinshasa brulica di persone, ma l’abituale frastuono è stato sostituito da un silenzio da cattedrale. In generale, le “mama Mombongo” (commercianti ambulanti) non vi si sono recate. Pochissimi anche i clienti. Philomène, commerciante ambulante al grande mercato di Kinshasa, sperava di trarre profitto dalla “giornata città morta” indetta dall’opposizione, aumentando il proprio ricavato grazie alla diminuzione della concorrenza. Ma l’operazione “città morta” è stata talmente osservata che, al termine di una giornata infruttuosa, ella se la prendeva sia con la maggioranza che con l’opposizione.

“Non è venuto nessun cliente e non ho potuto vendere i miei polli”, si lamenta Déborah, una commerciante di quarant’anni, madre di quattro figli. “Noi viviamo alla giornata e queste manovre politiche penalizzano il nostro lavoro. Che mangeranno oggi i miei tre figli?”, dice indignata Christine, una signora di cinquant’anni e venditrice di peperoni e cipolle che rischiano di marcire sotto il calore del sole. Inoltre, Cécile, sulla quarantina d’anni, non si scoraggia e continua a spruzzare acqua su un mucchietto di pesce, nella speranza di mantenerlo fresco. “Ho abbassato il prezzo [fino a vendere in perdita], ma nessuno oggi viene a comprare, a causa di questa maledetta “città morta” indetta da politici che non sanno nulla delle nostre condizioni di vita”, impreca Catherine, venditrice di pesce importato. Victorine vende cose usate e oggi ha fatto un buon affare.

“Le altre sono rimaste a casa, ingenue”, si rallegra mostrando un piccolo sacchetto pieno di banconote sporche: “Ho recuperato i loro clienti. Ho venduto dieci volte di più rispetto al solito”.

Mentre le venditrici più sfortunate cercano disperatamente di vendere la loro merce, il giorno sta per terminare e la vita rinasce a Matonge, quartiere simbolo della “movida di Kinshasa”. Sono ormai le 16h00 e le taverne riaprono le loro porte e sono prese d’assalto.

A Kinshasa, le caffetterie hanno cominciato a riaprire nel tardo pomeriggio. “La città era morta durante il giorno, ma di notte quelli di Kinshasa devono vivere”, scherza Christophe Milongo ridendo, mentre beve una birra con gli amici.

I servizi statali dei ministeri erano generalmente aperti, poiché molti dipendenti non hanno seguito l’appello dell’opposizione. Un funzionario del ministero della Giustizia dice di essere stato costretto a venire a lavorare perché, il giorno prima, il ministro aveva annunciato delle sanzioni contro gli assenti e che ci sarebbe stato un controllo fisico. In effetti, c’era la polizia a registrare la presenza degli agenti e funzionari. Al Ministero degli Esteri, all’ufficio passaporti, il numero delle persone che vi si sono recate è stato nettamente inferiore rispetto al solito.

Scomparso in mattinata, il segnale dalla radio RFI è stata ripristinato verso le 17h00 (16h00 GMT).

RFI è una delle radio più ascoltate nella RDC.

A Lubumbashi (sud-est), la seconda città più grande della RDCongo, con due milioni di abitanti, la parola d’ordine è stata in gran parte ignorata. Secondo diversi testimoni, la vita era “quasi normale”, con un’affluenza per le strade un po’ meno intensa del solito.

La giornata “città morta” è stata generalmente ben seguita a Bukavu (est) e moderatamente a Goma. A Goma, all’alba, le autorità hanno arrestato sei attivisti di Lotta per il Cambiamento (Lucha). I L’Ong per i diritti umani Amnesty International ha qualificato questi arresti come “arbitrari” e ha chiesto il rilascio immediato degli attivisti.

Nel Sud Kivu (est), l’Unione per la Nazione Congolese (UNC), uno dei tre principali partiti di opposizione, ha denunciato l’arresto di uno dei suoi attivisti locali.[20]

Il 17 febbraio, le autorità del quartiere Kenya, a Lubumbashi, hanno fatto sigillare una decina di negozi che erano rimasti chiusi o che avevano aperto in ritardo il 16 febbraio, in occasione della “giornata città morta”. La borgomastro di questo quartiere ha dichiarato che, se i proprietari di questi negozi non pagano una multa di 500 dollari, i loro negozi resteranno chiusi per un mese. L’avvocato di questi commercianti, Astia Mulunda, ha condannato questa decisione e ha chiesto la riapertura dei negozi. È grazie all’intervento del sindaco della città di Lubumbashi che, il 18 febbraio, i proprietari di questi negozi hanno potuto riprendere le loro attività senza, tuttavia, pagare alcuna multa.[21]

L’opposizione politica ritiene che il bilancio di questa operazione “città morta” sia positivo. La segretaria generale del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC), Eve Bazaiba, ha affermato che, in generale, la popolazione ha ampiamente risposto all’appello nonostante le pressioni contrarie provenienti dal potere. Eve Bazaiba ha precisato che l’adesione all’iniziativa “città morta” è stata diversa nelle diverse città del Paese, a causa delle pressioni esercitate dalle autorità sulla popolazione. La Segretaria Generale del MLC ha dichiarato di sperare che, attraverso questo evento, il Capo dello Stato, Joseph Kabila, abbia capito il messaggio del popolo congolese che vuole “l’alternanza politica” e l’organizzazione delle elezioni il più presto possibile.

Da parte sua, la maggioranza presidenziale parla di un “clamoroso fallimento”. Secondo il portavoce del governo, Lambert Mende, il popolo non ha generalmente aderito a questa iniziativa indetta dall’opposizione. Inoltre, egli sostiene che il governo non ha affatto utilizzato minacce per costringere i funzionari dello Stato a presentarsi al lavoro. Per quanto riguarda i controlli fisici annunciati ed effettuati all’interno dei servizi della pubblica amministrazione, il ministro del Lavoro, Willy Makiashi, ha indicato che, per coloro che sono arrivati al lavoro in ritardo per motivi di difficoltà di circolazione, si prenderanno in considerazione le opportune “circostanze attenuanti”.[22]

Il 17 febbraio, in un comunicato stampa, il G7 ha affermato che «l’ampia mobilitazione osservata nel corso della giornata “città morta” costituisce un solenne appello del popolo congolese al rispetto rigoroso della Costituzione e un avvertimento contro qualsiasi tentativo di rinvio del processo elettorale e di revisione costituzionale». Secondo il G7, «il popolo congolese ha chiaramente mostrato la via da seguire e tutti: il Presidente della Repubblica, la maggioranza, l’opposizione, la società civile e la comunità internazionale, devono trarre le necessarie conclusioni». Secondo il G7, «la riuscita della mobilitazione di questo 16 febbraio, 2016 non è che una tappa di un lungo percorso che porterà definitivamente il nostro paese verso la democrazia e lo stato di diritto».[23]

Il 17 febbraio, costituito dagli alleati di Etienne Tshisekedi, il Fronte Popolare ha affermato che l’appello per la giornata “città morta” è stata seguito su tutto il territorio nazionale, in particolare a Kinshasa. Questa coalizione ha dichiarato di credere nella «capacità di resistenza del popolo congolese che ha saputo, con coraggio e dignità, far fronte alle minacce, alla menzogna, alla propaganda e alla manipolazione della maggioranza». Secondo il Fronte popolare, «la riuscita di questa “giornata città morta” rappresenta la vittoria del popolo sovrano contro un potere in decadenza che si sta radicalizzando in una deriva repressiva, autocratica e dittatoriale». Per questo, chiede al popolo congolese di «ritrovare la coscienza collettiva per trasformare lo spirito del 16 febbraio 2016 in energia positiva capace di assicurare il rispetto della Costituzione e il trionfo irreversibile dell’alternanza democratica nel mese di novembre 2016».[24]

[1] Cf Radio Okapi, 10.02.’16

[2] Cf La Voix de l’Amérique – Africatime,11.02.’16

[3] Cf Forum des As – Kinshasa, 10.02.’16 http://www.forumdesas.org/spip.php?article6678

[4] Cf Radio Okapi, 11.02.’16

[5] Cf Le Phare – Kinshasa, 15.02.’16

[6] Cf Radio Okapi, 17.02.’16

[7] Cf José Nawej – Forum des As – Kinshasa, 11.02.’16

[8] Cf RFI, 11.02.’16

[9] Cf Radio Okapi, 13.02.’16

[10] Cf RFI, 13.02.’16

[11] Cf Eric Wemba – Le Phare – Kinshasa, 10.02.’16 http://www.lephareonline.net/la-mission-de-kodjo-etant-bouclee-les-allies-de-tshisekedi-invitent-zuma-a-designer-le-facilitateur-du-dialogue/

[12] Cf Rachidi AbanduForum des As – Kinshasa, 12.02.’16

[13] Cf Simard Simon Tsoumbou – Forum des As – Kinshasa, 15.02.’16; Jean- Pierre Nkutu – Le Phare – Kinshasa, 15.02.’16

[14] Cf La Prospérité – Kinshasa, 10.02.’16 http://www.laprosperiteonline.com/index.php/actualites/80-politique/3041-calendrier-realiste-elections-constitution-opposition-la-dynamique-le-g7-le-fad-et-la-societe-civile-durcissent-le-ton

[15] Radio Okapi, 15.02.’16

[16] Cf La Prospérité, via www.congosynthese.com, 15.02.’16; RFI, 16.02.’15

[17] Cf RFI, 14.02.’16; Radio Okapi, 15.02.

[18] Cf Radio Okapi, 15.02.’16

[19] Cf AFP – Radio Okapi, 16.02.’16

[20] Cf AFP – TV5, 16.02.’16 ; AFP – Africatime, 17.02.’16; Radio Okapi, 16.02.’16

[21] Cf Radio Okapi, 18 e 19.02.’16

[22] Cf Radio Okapi, 16 e 17.02.’16

[23] Cf La Prospérité – Kinshasa, 18.02.’16

[24] Cf Rachidi Mabandu – Forum des As – Kinshasa, 18.02.’16