«NON POSSIAMO ARRENDERCI. CONTINUEREMO A MOBILITARCI»

Editoriale Congo Attualità n.239_ a cura della Rete Pace per il Congo

Due buone notizie

All’inizio di aprile, l’Assemblea Nazionale dei deputati ha approvato e il Capo dello Stato ha confermato i nomi dei nove membri della Commissione Nazionale dei Diritti Umani (CNDH).

Nominati nel luglio 2014 mediante decreto presidenziale, i nove membri della Corte Costituzionale hanno prestato giuramento davanti al Capo dello Stato e le due camere del Parlamento riunite in Congresso. Inoltre, l’Assemblea Nazionale dei deputati ha discusso il rapporto della commissione politica, amministrativa e giuridica relativo al progetto di legge sulla libertà di manifestazione pubblica.

Altre due sconvolgenti

Sembravano tre buone notizie che avrebbero potuto portare qualcosa di nuovo. Ma, dopo una decina di giorni, sono state diffuse due sconvolgenti notizie che hanno riportato il popolo congolese nel dubbio e nell’incertezza.

– A Kinshasa, una trentina di attivisti impegnati a favore della democrazia sono stati arrestati dopo aver partecipato a un seminario sul rispetto dei principi costituzionali, il buon governo e la partecipazione attiva al processo elettorale. Dopo più di un mese, tre rimangono ancora detenuti illegalmente nelle celle dei Servizi segreti, senza che sia loro stato formulato alcun capo d’accusa, senza poter ricevere visite, né dei loro avvocati, tanto meno dei loro familiari e amici. Secondo il portavoce del Governo, potrebbero essere accusati di incitazione  alla violenza, addestramento a metodi violenti, attentato alla sicurezza nazionale, incitazione alla rivolta e perturbazione del processo democratico ed elettorale.

Altri giovani che chiedevano la liberazione immediata e senza condizioni dei loro colleghi di Kinshasa sono stati arrestati a Goma. Sono accusati di disturbo dell’ordine pubblico, attentato alla sicurezza dello Stato, distribuzione di volantini, incitamento alla rivolta e partecipazione a manifestazione non autorizzata.

– Pochi giorni dopo, nel cimitero di Maluku, a oltre 120 chilometri a est di Kinshasa, la popolazione ha scoperto una fossa comune contenente 425 salme. Secondo il portavoce del governo, si tratta di una sepoltura collettiva di 57 persone non identificate, 30 persone indigenti identificate, 300 bambini nati morti, 26 persone abbandonate presso l’ospedale di San Giuseppe e 12 persone abbandonate presso l’ospedale generale di riferimento di Kinshasa. Ma la versione del Governo non ha affatto convinto.

Secondo alcune fonti, in quella fossa comune potrebbero esserci anche i corpi di persone uccise a Kinshasa durante gli avvenimenti del 19, 20 e 21 gennaio. Durante quei tre giorni, l’opposizione politica aveva organizzato delle manifestazioni contro la revisione della legge elettorale allora in discussione in Parlamento. La manifestazione era stata violentemente repressa dalla polizia e dalla Guardia Repubblicana. Da allora, alcune persone non sono ancora state ritrovate.

Repubblica Democratica del Congo e non Repubblica autocratica del Congo

Serge Sivya, un compagno degli attivisti arrestati, ha affermato che «quanto accaduto pone in ridicolo il nostro Paese, che vuole presentarsi come un Paese democratico, ma vuole chiudere la bocca ai difensori dei diritti dei cittadini e impedisce la libertà di espressione», aggiungendo: «Non accetteremo mai che il treno della libertà e della democrazia, già in marcia nel nostro paese, sia bloccato da qualcuno. Ci siamo impegnati, come giovani cittadini, per l’avvento della democrazia nel nostro paese e nulla potrà fermarci, nemmeno gli arresti arbitrari».

Anche Justin Kikandi, un altro compagno degli attivisti arrestati, è furioso: «In questo Paese non si può più parlare. Ma il tempo del pensiero unico è già passato! Il nostro paese si chiama Repubblica Democratica del Congo e non Repubblica autocratica del Congo. (…) Non possiamo arrenderci. Continueremo a mobilitarci, perché crediamo nei valori della democrazia, della giustizia e del cambiamento, valori che vogliamo difendere ad ogni costo».

Per chiedere:

– La liberazione immediata e senza condizioni degli attivisti ultimamente arrestati e detenuti illegalmente a Kinshasa e a Goma. Qualora a loro carico ci fossero indizi precisi di reati, essi dovrebbero essere immediatamente presentati alle autorità giudiziarie competenti. In questo caso, i processi dovranno essere imparziali e credibili, assicurando loro l’accesso agli avvocati difensori.

– L’apertura di un’inchiesta trasparente, indipendente, credibile e l’esumazione dei corpi sepolti nella fossa comune di Maluku, per stabilire l’identità delle persone, verificare la presenza o l’assenza sui corpi di eventuali segni di tortura, di proiettili, di trattamenti inumani o degradanti o di altre violenze esterne, determinare le circostanze in cui queste persone sono morte e chiarire se la fossa comune possa contenere i corpi di persone uccise durante le proteste di gennaio.

– L’implicazione immediata della Commissione Nazionale per i Diritti Umani nella denuncia di eventuali repressioni, da parte delle autorità dello Stato, delle libertà di opinione, di espressione, di associazione, di riunione e di manifestazione, mediante arresti arbitrari, accuse false e processi fasulli, soprattutto in periodo pre-elettorale, elettorale e post-elettorale.