Editoriale Congo Attualità n.238_ a cura della Rete Pace per il Congo
Il 24 febbraio, l’esercito congolese ha iniziato delle operazioni militari contro le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), un gruppo armato di origine ruandese e ancora attivo nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo). Si tratta di operazioni unilaterali condotte dall’esercito congolese, senza l’appoggio delle forze della Missione delle Nazioni Unite nella RDCongo (Monusco). Quest’ultima aveva promesso un supporto logistico, strategico e operativo a tali operazioni, ma l’ha ritirato in seguito alla nomina, da parte di Kinshasa, di due generali, Bruno Mandevu e Sikabwe Fall, al comando dell’operazione. La Monusco li sospetta di essere responsabili di gravi violazioni dei diritti umani commesse nel passato.
Più di un mese dopo l’inizio delle operazioni, nonostante le dichiarazioni trionfalistiche delle autorità militari congolesi, i risultati potrebbero essere, in realtà, abbastanza modesti.
La versione delle autorità militari
Fonti militari hanno affermato che, dall’inizio delle operazioni, nel Nord e Sud Kivu, le forze armate della RDC (FARDC) hanno neutralizzato 185 membri delle FDLR. Tra questi, 118 sarebbero stati catturati e fatti prigionieri. Altri sarebbero stati uccisi o si sarebbero essi stessi arresi alla Monusco o alle Fardc. Secondo le stesse fonti, 96 sarebbero già stati rimpatriati in Ruanda. Inoltre, le Fardc avrebbero ripreso il controllo su molti villaggi, senza incontrare alcuna resistenza significativa da parte delle FDLR.
La versione della Società Civile
Tuttavia, fonti civili hanno presentato un bilancio del tutto diverso.
Secondo alcuni osservatori, per esempio, nel Sud Kivu, le FDLR sono per lo più concentrate nel territorio di Mwenga, ma l’esercito ha iniziato le operazioni attaccandole più a est, sugli altopiani di Uvira, dove sono meno presenti.
A proposito dei membri delle FDLR che le FARDC affermano aver catturato, vari osservatori dubitano che siano stati fatti prigionieri tutti durante l’offensiva. Infatti, vari di questi “catturati” si sarebbero arresi in precedenza, già prima dell’inizio delle operazioni e tra loro ci sarebbero anche dei semplici civili ruandesi.
Le avanzate dell’esercito congolese sarebbero più che altro simboliche perché, secondo diverse fonti, nella maggior parte dei casi, le FDLR sono fuggite dai loro villaggi e si sono ritirate nella foresta ancor prima dell’arrivo dell’esercito. I miliziani delle FDLR avrebbero optato per la strategia del ripiego temporaneo, evitando lo scontro diretto con l’esercito. Inoltre, le FDLR approfitterebbero del vuoto che, per mancanza di effettivi, l’esercito ha lasciato dietro di sé dopo la ripresa dei villaggi e ritornerebbero, qualche giorno dopo, nei villaggi da cui si erano allontanate.
Per uscire dall’impasse
Queste constatazioni suscitano un certo scetticismo nei confronti della riuscita dell’operazione intrapresa. Le FDLR sono costituite principalmente da piccoli gruppi mobili, abituati a mimetizzarsi tra la popolazione ed esperti conoscitori della foresta. Secondo diverse fonti, se l’offensiva dovesse protrarsi per molto tempo, l’esercito congolese potrebbe trovarsi in gravi difficoltà logistiche e tattiche, con il rischio reale di impantanarsi in una situazione di stallo permanente.
Per evitarlo, sul piano nazionale sarà necessario ricorrere ad altre misure complementari, quali il consolidamento dell’autorità dello Stato sul territorio, mediante il rafforzamento dei servizi di intelligence e del corpo di polizia, la lotta contro il commercio illegale delle risorse naturali (minerali, legname e carbone) che permette al gruppo di autofinanziarsi e l’adozione di misure concrete contro il traffico delle armi e le complicità di esponenti dell’esercito congolese con le FDLR. Sul piano internazionale, sarà necessario creare in Ruanda le condizioni che possano facilitare il rimpatrio dei membri delle FDLR, quali l’apertura dello spazio politico ai partiti di opposizione, la libertà di espressione, il rispetto dei diritti umani, l’indipendenza e l’obiettività della giustizia.