Congo Attualità n.222

INDICE

1. IL MESSAGGIO DEI VESCOVI CONGOLESI

2. ALCUNE DICHIARAZIONI DELLA COMMISSIONE ELETTORALE

3. A PROPOSITO DI UN’EVENTUALE REVISIONE COSTITUZIONALE

a) Dichiarazioni di alcuni esponenti politici della maggioranza

b) Alcune riflessioni in merito

1. IL MESSAGGIO DEI VESCOVI CONGOLESI

 

Il 1° luglio, la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (Cenco) ha pubblicato un messaggio indirizzato al popolo congolese e intitolato “Proteggere la nostra nazione – Per un processo elettorale pacifico in vista di un futuro migliore”. Secondo il testo,

 

  • Proteggere la nazione significa consolidare la democrazia attraverso lo svolgimento di elezioni libere, credibili e trasparenti. Per questo, la CENCO chiede alla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) di salvaguardare la sua indipendenza e di agire nell’imparzialità, nella trasparenza e nel rispetto delle prerogative conferitegli dal diritto. Infatti, è attraverso le elezioni che il popolo congolese può svolgere in piena libertà il suo diritto di scegliere i propri governanti a tutti i livelli e i suoi rappresentanti per le assemblee provinciali e le due camere del Parlamento. Pertanto, la Cenco disapprova qualsiasi sistema di elezioni che priverebbe il popolo del suo diritto di eleggere i suoi governanti e di partecipare direttamente alla gestione della città. Per questo, La Cenco sostiene le elezioni dei deputati provinciali, dei sindaci e dei borgomastri nella modalità di suffragio universale diretto.

 

  • Proteggere la nazione è rispettare la legge fondamentale che è fondamento della nazione. A questo riguardo, la Cenco ricorda al popolo congolese e ai governanti la sua posizione sull’inopportunità di una qualsiasi modificazione della Costituzione, in particolare nei suoi articoli bloccati ed esclusi da ogni tipo di revisione. È il caso dell’articolo 220 che stipula: «La forma repubblicana dello Stato, il principio del suffragio universale, la forma rappresentativa del governo, il numero e la durata dei mandati del Presidente della Repubblica, l’indipendenza della magistratura, il pluralismo politico e sindacale non possono essere oggetto di alcuna revisione costituzionale». La Cenco disapprova anche qualsiasi tipo di iniziativa che, senza modificare direttamente l’articolo 220, tuttavia lo svuoterebbe del suo contenuto essenziale.

 

• Secondo la Cenco, è importante che i politici e tutto il popolo congolese capiscano l’importanza di questa disposizione costituzionale, frutto di un ampio consenso, per garantire la stabilità del Paese. Questa disposizione costituzionale riflette e protegge le opzioni fondamentali relative alla natura dello Stato congolese che è una Repubblica e non una monarchia; alla forma dello Stato congolese; alla natura della democrazia congolese che è una democrazia rappresentativa e fondata sul suffragio universale; alla natura del potere politico nella RDCongo. Questo potere non può essere personalizzato o assoluto, cioè autocratico e dittatoriale. Queste opzioni fondamentali riguardano anche il pluralismo politico e l’alternanza democratica al potere, garantiti dal divieto di restringere i diritti e le libertà delle persone e dalla limitazione del mandato presidenziale a cinque anni, rinnovabile una sola volta; l’indipendenza della magistratura, condizione sine qua non per l’instaurazione dello Stato di diritto e per la lotta contro l’impunità.

 

• I costituenti hanno reso intangibili queste opzioni mediante l’articolo 220, al fine di “proteggerle dai capricci della politica e da intempestive revisioni“. Quindi, cercare di violare queste disposizioni costituirebbe un pericoloso precedente nel lungo cammino verso la pace e l’unità nazionale e aprirebbe la via verso il regno dell’arbitrario. Il popolo congolese non può essere tenuto in ostaggio da pratiche politiche che sacrificano gli interessi della nazione.

 

• Per un processo elettorale pacifico, la CENCO invita gli attori politici congolesi e tutte le parti implicate nel processo elettorale ad impegnarsi per ottenere il più ampio consenso possibile.

 

• Infine, la CENCO raccomanda:

 

1° Al governo della Repubblica

– di garantire alle parti implicate un clima elettorale sereno e armonioso;

– d’intensificare gli sforzi per mobilitare le risorse materiali e finanziarie necessarie per garantire l’efficace svolgimento delle elezioni nel rispetto dei tempi impartiti dalla Costituzione.

2° Al Parlamento

– di non approvare alcuna modifica costituzionale che potrebbe rompere la volontà popolare di unità e violare i valori fondamentali accettati da tutto il popolo;

– di garantire, attraverso l’approvazione della legge finanziaria, che il Governo sblocchi i mezzi necessari per la corretta organizzazione degli scrutini elettorali;

– d’approvare la legislazione necessaria per lo svolgimento del processo elettorale, tra cui la legge sulla distribuzione dei seggi per le varie elezioni degli organi deliberanti.

3° Alla CENI

– di svolgere con coscienza ed onestà la missione a lei affidata dalla Repubblica, al fine di guadagnarsi la fiducia della popolazione;

– di continuare il dialogo con tutte le parti interessate, per garantire l’organizzazione di elezioni libere, democratiche, credibili e trasparenti, in tutta indipendenza, neutralità e imparzialità;

– di rispettare le esigenze del ciclo elettorale, le leggi e i regolamenti del processo elettorale.

4° Alla popolazione congolese

– di essere vigile e di opporsi con tutti i mezzi legali e pacifici a qualsiasi tentativo di modificare gli articoli bloccati della Costituzione.

5° Ai partner della RDCongo

– d’implicarsi maggiormente nell’appoggio finanziario, nella logistica e nell’accompagnamento del processo elettorale, sostenendo il governo congolese nell’organizzazione di elezioni libere, democratiche e trasparenti.

6° Agli ecclesiastici della RDCongo

– di non appoggiare alcun partito politico e, come già detto, di “non partecipare attivamente a partiti politici e ad associazioni politiche, né alla direzione di istituzioni statali incaricate di organizzare le elezioni”.[1]

2. ALCUNE DICHIARAZIONI DELLA COMMISSIONE ELETTORALE

 

Il 7 luglio, in un incontro con i membri del governo provinciale di Kinshasa, la Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) ha affermato che il governo centrale e il Parlamento stanno bloccando il suo lavoro, in quanto non hanno ancora fatto ciò che a loro spetta. Si tratta, tra l’altro, del finanziamento del processo elettorale, del censimento della popolazione e della revisione delle disposizioni costituzionali relative al processo elettorale.

Il relatore della Ceni, Jean-Pierre Kalamba, ha spiegato che, per pubblicare il calendario elettorale completo, comprese le elezioni legislative e presidenziali del 2016, la Ceni sta ancora aspettando che il preventivo triennale 2014-2016. Egli ha precisato che, finora, la Ceni ha ricevuto il finanziamento per le elezioni locali, comunali e urbane. Ha inoltre spiegato che è importante iniziare il ciclo elettorale con le elezioni urbane, municipali e locali, al fine di garantire la democrazia alla base.

Il segretario esecutivo della CENI, Cornelius Nanga, ricordando che la Ceni, già nel mese di gennaio, aveva presentato al parlamento due opzioni relative al processo elettorale 2013-2016, ha rilevato che “la Ceni non potrà pubblicare un calendario completo, se non quando il Parlamento si sarà pronunciato sull’una o l’altra opzione proposte dalla Ceni.

Proponendo l’organizzazione simultanea delle elezioni presidenziali e legislative del 2016, la Ceni ha ricordato i presupposti preliminari del processo elettorale, cioè la previa organizzazione di un censimento amministrativo della popolazione, la revisione di alcune disposizioni costituzionali relative al processo elettorale, l’adozione delle nuove leggi elettorali da parte del Parlamento e il contributo finanziario da parte del governo.

Per quanto riguarda il censimento, la Ceni ha affermato che tale operazione le consentirebbe di garantire l’affidabilità delle liste degli elettori. Tuttavia, gli osservatori notano che, organizzando le elezioni comunali, urbane e locali prima della fine del censimento, la stessa Ceni lasciato intendere che il censimento della popolazione non è un prerequisito per tali elezioni. Nello stesso tempo, però ne fa un requisito preliminare per l’organizzazione delle elezioni legislative e presidenziali del 2016. Sembra che la Ceni si stia contraddicendo ed è quindi necessario un chiarimento su tale tema.

Circa l’adozione delle nuove leggi elettorali, non è stata convocata alcuna sessione speciale del Parlamento per esaminarle ed approvarle.

Pertanto, alcuni osservatori si chiedono come la Ceni possa pretendere, di fronte a tutte queste difficoltà, organizzare delle elezioni pacifiche, trasparenti, credibili e entro i tempi impartiti dalla Costituzione.[2]

 

L’11 luglio, a Goma (Nord Kivu), la polizia ha impedito una marcia di membri dell’opposizione che volevano protestare contro la tabella di marcia della Ceni che prevede il suffragio indiretto per le elezioni dei deputati provinciali. Per il portavoce dei partiti politici, Lumbulumbu, le autorità vogliono uccidere la democrazia e afferma: «Ai manifestanti avevamo dato chiare istruzioni sul rispetto dei beni pubblici e del percorso della marcia. Conoscevano bene l’obiettivo della manifestazione. Pertanto, non vi era alcun dubbio sul fatto che non si sarebbe messo in pericolo l’ordine pubblico». L’opposizione accusa il sindaco di Goma di aver ordinato il dispiegamento delle forze di polizia sul percorso della manifestazione e di voler sopprimere i diritti e le libertà sanciti dalla Costituzione.[3]

3. A PROPOSITO DI UN’EVENTUALE REVISIONE COSTITUZIONALE

 

a) Dichiarazioni di alcuni esponenti politici della maggioranza

 

L’11 luglio, a Kinshasa, alcune forze dell’opposizione congolese hanno creato un Fronte popolare contro la revisione costituzionale e per elezioni credibili. Ne fanno parte dei membri della società civile e di confessioni religiose e alcuni politici. L’organigramma di questa piattaforma comprende un’assemblea plenaria, un consiglio nazionale e un coordinamento nazionale. Jean-Pierre Lisanga Bonganga ne è il coordinatore nazionale, Baudouin Idambito Bakaato il vice coordinatore nazionale, Kamanda wa Kamanda il moderatore e Oscar Lungembo il relatore. L’obiettivo di questa struttura è soprattutto quello di impedire ogni tentativo di revisione costituzionale.[4]

 

Il 17 luglio, dopo le critiche formulate dalle forze sociali e politiche dell’opposizione, dalla Conferenza Episcopale congolese (CENCO) e dalla comunità internazionale attraverso i suoi inviati speciali, sui tentativi della Maggioranza Presidenziale per modificare la Costituzione, al fine di rimanere al potere, il presidente dell’Assemblea Nazionale e Segretario della maggioranza presidenziale, Aubin Minaku, ha dichiarato alla stampa che la sua famiglia politica sottometterà qualsiasi emendamento costituzionale al verdetto del Congresso (Senato e Assemblea nazionale), sulla base dell’articolo 218 della Costituzione, e del popolo tramite referendum.

Secondo Aubin Minaku, come l’opposizione ha il diritto costituzionale di organizzarsi per prendere il potere, anche la maggioranza, in un sistema democratico, deve saper organizzarsi per conservare il potere e ha aggiunto: «Vogliamo conservare il potere, naturalmente secondo le norme internazionali di ogni democrazia». Il presidente dell’Assemblea Nazionale ha ribadito la determinazione della sua famiglia politica di fare tutto il possibile per mantenersi al potere per mezzo delle urne, “come nel 2006 e nel 2011”, in conformità con la Costituzione, dal primo articolo fino all’ultimo.

Replicando alle forze politiche che, ostili alla riforma costituzionale, hanno indetto una campagna denominata “Non toccare la mia Costituzione”, il Segretario Generale della Maggioranza Presidenziale ritiene che sia una campagna che viola la Costituzione, nella misura in cui la stessa Costituzione, all’articolo 218, stipula che può essere modificata.

«Rispettare la Costituzione significa rispettare anche la sua procedura di revisione», ha precisato l’esponente della Maggioranza Presidenziale.

Affrontando la questione relative alle manovre intraprese dalla maggioranza presidenziale per mantenere Joseph Kabila al potere oltre il 2016, Minaku ha dichiarato che un tale dibattito non è appropriato, dato che, rieletto nel 2011 per un periodo di cinque anni, il presidente non ha ancora terminato il 60% del suo mandato. Egli ha anche sottolineato che la sua famiglia politica non si è ancora posta la questione relativa al suo futuro candidato alle presidenziali del 2016.[5]

 

Il 19 luglio, in un incontro con i sindaci dei comuni e i capi di quartiere di Kinshasa, il ministro dell’Interno, Richard Muyej Mangez, ha ribadito che il progetto di legge relativo alla revisione costituzionale proposto dal governo non riguarda le disposizioni bloccate dell’articolo 220 della Costituzione. Tuttavia, egli ha indicato che questo articolo, che non consente al Presidente della Repubblica di candidarsi per un terzo mandato, può essere modificato mediante un referendum. Richard Muyej ha anche appoggiato l’idea di elezioni indirette per i deputati provinciali, come proposto dalla CENI nella sua tabella di marcia presentata all’Assemblea Nazionale il 30 gennaio scorso. Secondo lui, il suffragio universale indiretto non sminuisce il livello di democrazia e ha il vantaggio di essere più flessibile e meno costoso.

Il Ministro degli Interni, Richard Muyej, ha inoltre dichiarato che tutto è già stato predisposto affinché le operazioni del censimento amministrativo e d’identificazione dei cittadini abbiano luogo prima delle elezioni del 2016. Il ministro Richard Muyej, ha annunciato che il partner che assisterà il governo nell’attuazione di queste operazioni è già stato selezionato. Si tratta dell’Ufficio nazionale per l’identificazione della popolazione (ONIP). Egli ha anche sottolineato che ci si aspetta, a breve termine, la nomina, da parte del Presidente della Repubblica, degli animatori di questo ufficio e la finalizzazione delle modalità di finanziamento.

Egli ha aggiunto che il governo ha previsto, per i prossimi mesi, l’organizzazione del Censimento generale della popolazione e dell’habitat, chiamato anche censimento scientifico e del censimento amministrativo della popolazione, in vista della creazione e dell’aggiornamento dello stato civile e del rilascio delle carte di identità.

Il Ministro ha precisato che il censimento generale della popolazione e dell’habitat (RCPH), o censimento scientifico, permetterà di raccogliere, analizzare e pubblicare i dati demografici, economici e sociali relativi a tutte le persone e a tutte le case del paese. I dati raccolti attraverso questo censimento scientifico faciliteranno il governo nel controllo dei parametri necessari alla pianificazione dello sviluppo economico e sociale del paese.

Per quanto riguarda il censimento amministrativo, esso fornirà le informazioni necessarie per l’identificazione dei cittadini e il rilascio dei documenti di stato civile, tra cui la carta d’identità, la patente, il passaporto … Questo censimento faciliterà inoltre l’aggiornamento delle liste degli elettori, in quanto fornirà le informazioni necessarie sulle persone identificate come Congolesi e che hanno raggiunto o superato l’età dei 18 anni. Ciò permetterà di risparmiare delle risorse economiche che erano già state messe a disposizione della Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) per l’operazione di aggiornamento delle liste elettorali.

Il Ministro Muyej ha infine sottolineato che questo è il motivo per cui il censimento amministrativo della popolazione è un prerequisito per l’organizzazione delle elezioni presidenziali e legislative nazionali, in quanto i risultati di questo censimento serviranno come base per la redazione delle liste definitive degli elettori.[6]

 

Il 29 luglio, il Segretario Generale del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), Evariste Boshab, ha affermato che modificare la Costituzione “è rispettarla”. Ha così comunicato la posizione ufficiale del primo partito della maggioranza di governo su questo tema tanto dibattuto negli ultimi mesi. Egli ha precisato che questa revisione può essere effettuata mediante referendum. Agli esponenti del PPRD a Kinshasa Evariste Boshab ha dichiarato: «Per quanto riguarda la revisione costituzionale – dal momento che è questo il tema che crea notti insonni a coloro che prestano al governo e alla sua maggioranza delle seconde intenzioni – il PPRD ribadisce la sua posizione costante: quando la popolazione vi conferisce un mandato per un periodo determinato è perché si possano fare le riforme istituzionali necessarie per il benessere della popolazione, tra cui la pace, la sicurezza e la stabilità». Secondo lui, «la costituzione della Repubblica Democratica del Congo ha previsto, essa stessa, il modo con cui può essere modificata. Accettare anche questa dinamica significa rispettare la Costituzione». Il ministro ha fatto notare che il popolo congolese ha conferito un mandato ai suoi eletti, ma che «conserva anche il diritto di esprimersi direttamente attraverso il referendum».

Eppure, un anno fa, esattamente il 29 luglio 2013, a Kinshasa, lo stesso Evariste Boshab aveva detto che il suo partito, il PPRD appunto, non aveva mai chiesto la revisione della costituzione della RDCongo. «Il PPRD non ha mai fatto richiesta di poter modificare l’articolo 220 della Costituzione», aveva egli insistito rispondendo al clamore suscitato dalla pubblicazione del suo libro “Tra la revisione della costituzione e l’annichilamento della nazione”. Da ricordare che l’attuale art. 220 non permette al capo dello Stato Joseph Kabila, rieletto una seconda volta nel dicembre 2011, di candidarsi per un nuovo terzo mandato.[7]

 

Il 29 luglio, la febbre d’una campagna elettorale anticipata circa la revisione della Costituzione è improvvisamente salita con le dichiarazioni di alcuni esponenti della maggioranza presidenziale e dell’opposizione politica. Se Evariste Boshab (PPRD), Kin-KieyMulumba (PA) e Pius Mwabilu hanno ciascuno esortato il popolo congolese ad aderire massicciamente all’idea della necessità di sbloccare qualsiasi disposizione costituzionale bloccata dall’articolo 220, Bruno Mavungu (UDPS), Martin Fayulu (FAC) e Jean-Bertrand Ewanga (UNC) hanno, all’unisono, lanciato al popolo congolese un appello a respingere qualsiasi iniziativa tesa alla modificazione dello stesso testo. È in questo clima di viva tensione elettorale che l’opposizione ha convocato la popolazione per un primo momento di sensibilizzazione previsto il 4 agosto, in piazza Sainte Thérèse, nel comune di N’Djili, a Kinshasa.[8]

 

b. Alcune riflessioni in merito

 

A partire dalle dichiarazioni di Aubin Minaku, Richard Muyej e Evariste Boshab a proposito del dibattito sulla revisione della costituzione, si può dedurre che è giunto il momento di dire la verità. I Congolesi dovrebbero essersi chiaramente accorti che la Costituzione del 18 Giugno 2006 rischia di non avere più articoli “bloccati” perché, in qualsiasi momento, un referendum popolare può far saltare il “blocco” attuale. Il tempo in cui Gesù parlava in parabole è ormai finito.

Questi tre “pesi massimi” della famiglia politica del Capo dello Stato, hanno proclamato ad alta voce che la sorte della Costituzione del 18 febbraio 2006 dipenderà, in ultima analisi, dalla volontà del sovrano primario congolese. In altre parole, se il popolo congolese lo vorrà, la Costituzione potrà essere modificata da cima a fondo, secondo le realtà del momento.

In gennaio 2014, in occasione della presentazione della “Roadmap” della CENI (Commissione Elettorale Nazionale Indipendente) all’Assemblea Nazionale dei deputati, tra gli ostacoli all’organizzazione dell’insieme di tutte le elezioni, il presidente di questa istituzione di appoggio alla democrazia aveva rilevato anche quello economico. Secondo le informazioni fornite all’Assemblea Nazionale, le elezioni dei deputati provinciali a “suffragio universale diretto” sono più costose di quelle a “suffragio universale indiretto”.

Ma alla luce del dibattito in corso sulla revisione costituzionale, sembra che il problema della CENI non sia di ordine finanziario. Infatti, nel campo della Maggioranza Presidenziale, sta prendendo sempre più piede l’idea di organizzare un referendum per modificare la Costituzione, anche nei suoi cosiddetti articoli “bloccati”.

Gli osservatori notano che un referendum popolare costa quanto le elezioni dei deputati provinciali eletti a suffragio universale diretto. Poiché entrambi gli scrutini coprono l’intero territorio nazionale, la loro organizzazione richiede un preventivo economico equivalente che copra le operazioni pre-elettorali ed elettorali: acquisto e trasporto dei kit elettorali, campagna di sensibilizzazione dell’elettorato, identificazione e registrazione degli elettori, allestimento dei seggi elettorali, produzione e impressione delle schede di voto, stipendi degli agenti della Ceni, ecc.

In breve, i milioni di dollari da sbloccare sono gli stessi, sia per il referendum popolare che per le elezioni dei deputati provinciali. Se si afferma che il Tesoro congolese è in grado di pagare le spese per organizzare una consultazione popolare denominata referendum, in vista della revisione della Costituzione, dovrebbe logicamente essere in grado di sopportare anche l’onere finanziario di elezioni dirette dei deputati provinciali. Pertanto, non c’è alcun ostacolo cosiddetto finanziario alle elezioni dei deputati provinciali a suffragio universale diretto.[9]

 

Dietro il dibattito sulla riforma costituzionale, si profila all’orizzonte un dibattito generale, in cui la maggioranza presidenziale pubblicizza i risultati conseguiti dal 2006 nel campo politico, diplomatico, militare, economico, sociale e culturale, mentre invece l’opposizione parla di un “bilancio ampiamente negativo”, per non dire a “saldo zero”. Secondo la maggioranza presidenziale, occorrerebbe sbloccare tutti gli articoli bloccati della Costituzione, per consentire al Capo dello Stato di consolidare la pace, la coesione nazionale, la stabilità macroeconomica, la modernizzazione delle infrastrutture di base, per permettere alla RDCongo di diventare un “paese emergente” entro il 2030.
L’opposizione, invece, sottolinea l’imperativo dell’alternanza al potere, per portare il Paese verso una pace duratura, soprattutto nell’est, preda d’innumerevoli forze negative interne ed esterne, favorire una vera coesione nazionale, rilanciare un’economia moribonda, sconfiggere una povertà che affligge la maggior parte della popolazione, sradicare gli antivalori (corruzione, concussione, clientelismo politico, impunità) e governare in maniera diversa il grande Congo. Secondo l’opposizione, è migliorata solo la vita quotidiana di ministri, deputati, senatori e altri funzionari pubblici, mentre le masse popolari languono ancora in condizioni di estrema povertà a causa del malgoverno.

Resta da vedere se coloro che detengono le redini del potere, spesso inclini a confiscare la parola a coloro che non hanno la loro stessa visione sulla gestione del bene comune, accetteranno che il loro bilancio sia pubblicamente messo in questione, dai loro avversari politici, a Kinshasa e all’interno del Paese. Nel contesto politico congolese, il diritto di tutti alla parola è spesso molto problematico.

Infatti, si constata che, mentre alcuni hanno tutto da dire, altri non possono mai avere qualcosa da dire. In previsione della campagna che precederà un eventuale referendum sulla revisione o meno della Costituzione, si teme che quelli che vi sono “contrari” siano detenuti, arrestati, picchiati e gettati in prigione, prima o dopo un incontro pubblico, all’ingresso o all’uscita di uno studio televisivo o radiofonico. Ma se quelli che vi sono “favorevoli” escludono qualsiasi possibilità di replica da parte di coloro che vi sono “contrari”, ci si può chiedere se, in occasione di un eventuale referendum sulla modificazione o meno della costituzione, essi permetteranno che il popolo congolese si esprima in tutta indipendenza e nella piena conoscenza delle sfide politiche in gioco.[10]

 

Evariste Boshab, segretario generale del PPRD, ha lanciato ufficialmente la parola d’ordine in vista di una mobilitazione generale dei dirigenti e degli attivisti del partito a favore della modifica costituzionale. Una cosa è ormai certa: i “kabilisti” hanno portato allo scoperto un tema che, per diversi mesi, alcuni avevano cercato di nascondere.

La posizione della maggioranza presidenziale (MP) è ormai chiara: gli articoli intangibili della Costituzione possono essere “sbloccati” per via referendaria, se tale è la volontà del popolo. Il grande enigma è sapere se la “autorità morale” della MP, il presidente Joseph Kabila, è favorevole o no a tale iniziativa. Vuole ricandidarsi per un terzo mandato? O sarebbe, invece, ostaggio di “falchi” che lo spingono a ricandidarsi nel 2016 perché, senza di lui, rischierebbero di perdere i loro vari privilegi derivanti dalla loro presenza nella gestione della Repubblica? È difficile dirlo o avanzare un pronostico.

Nonostante tutto quello che viene detto sull’iniziativa della MP, è però vero che il referendum è un esercizio costituzionale.

Ciò che preoccupa, in realtà, è sapere se la volontà popolare espressa nelle urne sarà pienamente rispettata. A questo proposito, la CENI (Commissione Elettorale Nazionale Indipendente) non dà sufficienti garanzie di trasparenza, soprattutto a causa del suo famoso server ancora precluso a qualsiasi controllo da parte dei partiti politici e della società civile, delle sue statistiche sugli elettori che sono spesso superiori a quelle degli elettori effettivamente iscritti, dei seggi di voto militarizzati, dove testimoni e osservatori sono continuamente ostacolati nel loro lavoro, delle controverse operazioni di compilazione dei risultati, nonostante l’uso delle NTIC, ecc.

C’è anche la questione dell’apertura dello spazio politico a tutte le correnti di opinione, al fine di consentire ai “pro” e agli “anti” modificazione costituzionale di fare un’equa campagna elettorale a Kinshasa e su tutto il territorio della Repubblica. Se le autorità politiche e amministrative, spesso inclini a commettere abusi, si daranno alla repressione sistematica delle attività dei membri dell’opposizione e della società civile impegnati nella mobilitazione dell’opinione pubblica contro la modifica degli articoli “bloccati” della Costituzione, allora si sarà distorta la dinamica democratica a monte e la verità delle urne a valle.[11]

 

Gli esponenti della maggioranza presidenziale dicono, ormai molto chiaramente, che il loro obiettivo è quello di modificare, attraverso un referendum, l’intangibile articolo 220 della Legge fondamentale. Ci si può dunque interrogare sulla opportunità o meno di intraprendere una tale manovra.
La gestione del paese impone ai governanti di preservare l’unità e la coesione, in particolare sulle principali opzioni politiche. I politici hanno il dovere di saper superarsi, per dare alla società nazionale delle garanzie di stabilità politica.

La sfida è di spersonalizzare il potere politico e il dibattito inerente. Ammettere l’alternanza al potere è una delle ricette. Sembra, però, sbagliato collegare l’alternanza politica alla successione al potere supremo di una personalità appartenente necessariamente alla famiglia politica opposta a quella del Capo dello Stato in carica. Nella competizione tra maggioranza e opposizione, sarà il più forte a vincere. Ma una competizione elettorale leale esige anche trasparenza e rispetto delle regole del gioco in vigore. Sotto questo punto di vista, nulla può giustificare la revisione dell’articolo 220 ​​dell’attuale Costituzione.[12]

 

[1] Cf http://www.cenco.cd/?id_art=106

[2] Cf Radio Okapi, 07.08.’14; Le Potentiel – Kinshasa, 08.07.’14

[3] Cf Radio Okapi, 12.07.’14

[4] Cf Radio Okapi, 12.07.’14

[5] Cf Eric Wemba – Le Phare – Kinshasa, 21.07.’14

[6] Cf Radio Okapi, 19.07.’14; Le Palmarès – Kinshasa, 21.07.’14

[7] Cf Radio Okapi, 29.07.’14

[8] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 31.07.’14

[9] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 22/07/2014 (via mediacongo.net)

[10] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 31.07.’14

[11] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 30.07.’14

[12] Cf Martin Ziakwau L. (Chercheur en Relations Internationales) – Le Phare – Kinshasa, 31.01.’14