Ruanda Attualità 20 maggio 2014

INDICE

1. RUANDA: UN GENOCIDIO IN DOMANDE

a. Un’intervista

– Il contesto generale del Ruanda negli anni 1990 – 1994

– L’attentato, l’elemento che ha innescato il genocidio

– L’insolito ruolo del generale Dallaire

– Il TPIR incapace di dimostrare le prove di una pianificazione del genocidio

b. Un’analisi

– L’attitudine degli Stati Uniti

– Le prove contro il FPR si accumulano

– Che contiene il dossier del giudice Trevidic?

2. RUANDA: DOPO 20 ANNI, UNA STORIA FALSIFICATA

– Un Film di JulienTeil e Paul – Eric Balnrue

 

1. RUANDA: UN GENOCIDIO IN DOMANDE

 

Bernard Lugan, storico africanista ed esperto presso il TPIR

 

a. Un’intervista

 

Il contesto generale del Ruanda negli anni 1990 – 1994

Nel 1990, il Ruanda si trova in una posizione molto complicata, perché i rifugiati tutsi fuggiti dal Ruanda durante gli anni compresi tra il 1959 e il 1962, organizzano un attacco contro il Ruanda a partire dall’Uganda. Il Ruanda è quindi di fronte ad una guerra proveniente dall’esterno e condotta dai rifugiati tutsi ruandesi che fanno parte, essi stessi, dell’esercito ugandese. Inoltre, in quel periodo, il presidente francese François Mitterrand pronuncia il discorso di La Baule, in cui egli obbligherà i Capi di Stato africani a democratizzare la vita politica dei lori Paesi. Il Presidente del Ruanda, Habyarimana, sarà costretto a democratizzare il paese proprio in un contesto di guerra, ciò che lo indebolirà. Le vecchie divisioni interne tra Hutu del nord e Hutu del Sud tornano a risvegliarsi. Gli Hutu del Sud approfitteranno della guerra per appoggiarsi sui loro nemici del FPR, al fine di rovesciare Habyarimana, originario del nord. Pensano, infatti, che il processo di democratizzazione si concluderà con le elezioni e che, al termine di questo processo, le vinceranno. Infatti, in Rwanda , l’85 % della popolazione è Hutu e poco più del 10 %  è Tutsi. Anche se la minoranza tutsi possiede un esercito potente, il giorno delle elezioni peseranno solo il 10 %. E anche se gli Hutu sono divisi in due campi, otterranno due volte il 45 % dei voti contro il 10% dei Tutsi. Gli Hutu del Sud pensano quindi di vincere le elezioni anche senza Habyarimana. Sono quindi gli Hutu detti moderati, costituiti principalmente da Hutu del Sud, che si alleeranno con i Tutsi del FPR, per rovesciare Habyarimana e prendere il potere.

Più in generale, i cosiddetti Hutu moderati sono, in realtà, gli Hutu, tra cui anche alcuni del Nord, che collaborano con il FPR contro Habyarimana. Il FPR li utilizzerà per provocare un clima di guerra civile. Ora sappiamo che tutti gli attacchi che sono stati commessi nel periodo tra il 1991 e il 1993 e che incrementarono le tensioni etniche non provenivano dal campo del presidente Habyarimana, ma dal campo del FPR . Il FPR, attuale regime oggi al potere a Kigali, praticò la strategia del terrore, per distruggere completamente il corpo sociale ruandese, in modo che non ci fosse più nulla da raccogliere. Si firmarono poi gli accordi di Arusha e non si riesce a capire perché il Generale Habyarimana accettò di firmarli, sapendo che favorivano soprattutto il FPR. Infatti, a conclusione degli accordi d’Arusha, i Tutsi, pur essendo solo il 10 %  della popolazione, avevano ottenuto la metà dei posti ministeriali in seno al governo e la metà dei posti in seno all’esercito e alla gendarmeria. Ecco perché tutti cominciano a dire che Habyarimana ha tradito. Niente affatto. Fine politico, Habyarimana sa molto bene che, dopo 18 mesi di transizione, sorvegliata dalle Nazioni Unite, ci saranno delle elezioni a suffragio universale e sa che le vincerà, perché gli Hutu sono l’85 %. Da parte sua, il FPR si rende conto che, di fatto, ha perso la partita. È riuscito a firmare degli accordi che lo immettono nel gioco politico, ma solo per il periodo di transizione. Egli sa molto bene che dopo le elezioni, si ritroverà completamente in minoranza. La sua unica forza è una forza militare, perché dispone di un esercito più forte che l’esercito ufficiale ruandese. Occorre dunque un elemento che permetta di riprendere la guerra per prendere il potere militarmente. È in quel momento che il generale Habyarimana è stato ucciso mentre viaggiava nel suo aereo. Due missili abbattono il suo aereo.

L’attentato, l’elemento che ha innescato il genocidio

Circa i responsabili dell’attentato, si può dire oggi che non sono gli Hutu che hanno ucciso Habyarimana. Ci sono già indizi e testimonianze fornite, in particolare, da alcuni membri del commando. Abbiamo i numeri dei missili utilizzati, conosciamo il luogo in cui si è svolto l’attentato. Sappiamo che i missili sono stati trasportati su un camion carico di legno dalla sede del quartier generale del FPR a Mulindi fino al centro di Kigali e su un veicolo carico di carne dal centro di Kigali fino al luogo dell’attentato. Conosciamo i nomi dei tiratori dei missili. Sappiamo il colore del veicolo che li trasportava. Abbiamo i numeri di identificazione dei missili. Questi missili provengono dai depositi d’armi dell’esercito ugandese. Attraverso la cooperazione giudiziaria tra Francia e Russia, si è riusciti a ottenere la lista dei 60 missili che sono stati venduti dalla ex Unione Sovietica all’esercito ugandese. Di questi 60 missili, 16 sono usciti dagli stock dell’esercito ugandese e sono andati a finire nelle mani del FPR. Sappiamo che tra questi missili, ne sono stati lanciati due, i cui numeri di serie corrispondono a quelli inclusi tra i 16 usciti dagli arsenali dell’Uganda.

Ci sono dunque molte prove, ma non c’è ancora una conclusione definitiva. Ci sono indizi più che concordanti che dimostrano che l’attentato contro l’aereo presidenziale non proverrebbe dal lato degli Hutu. Proverrebbe dunque dal lato del FPR? Per rispondere a questa domanda, si deve guardare a chi approfitta il reato. Certamente non agli Hutu. Essi non avevano alcun interesse ad assassinare il proprio presidente. Tanto più che il capo di stato maggiore dell’esercito ruandese, il capo della casa presidenziale e i più stretti collaboratori si trovavano a bordo dell’aereo. L’attentato ha dunque completamente decapitato il regime Hutu, che non esiste più dopo l’attentato. Tutti i quadri dirigenti sono morti. Invece, immediatamente poche ore dopo l’attentato, il FPR lancia l’offensiva militare. Si sa che questa offensiva militare era preparata da sei mesi. Sappiamo tutto sulle scorte d’armi e sulla creazione delle unità militari. Gli esperti militari affermano che tale offensiva non poteva essere preparata in poche ore. Si tratta di un’offensiva lungamente preparata che permetterà di sbaragliare l’esercito ruandese che è in fase di smobilitazione in seguito agli accordi di Arusha, mentre il FPR continua a ricevere armi dalle sue basi di appoggio situate in Uganda e nessuno può controllarle.

L’insolito ruolo del generale Dallaire

Il Generale Dallaire, canadese, capo del contingente militare dell’UNAMIR, ha svolto un ruolo quanto meno insolito. L’ONU aveva bisogno di un francofono francofobo. E il generale Dallaire lo era. Ha avuto infatti un comportamento molto strano. Capo civile dell’UNAMIR  è Roger Booh Booh, un africano camerunense, ma è messo in disparte dal generale Dallaire. Nel suo libro “Il capo di Dallaire parla”, Roger Booh Booh accusa Dallaire di essere pro FPR e di aver giocato la carta del FPR. Un capitano senegalese delle Nazioni Unite, il capitano Démé, gli fa le stesse accuse. Egli afferma che gli ufficiale africani dell’Unamir sapevano che Dallaire faceva il gioco del FPR. Sapevano anche, sin dalle prime ore che seguirono l’attentato, che era stato il FPR a sparare contro l’aereo del presidente Habyarimana. Quando il FPR ha lanciato l’ultima sua offensiva, la notte dal 06 al 7 aprile 1994, immediatamente dopo l’attentato avvenuto verso le 20h30, l’aveva già preparata da mesi.

Dallaire ha mentito. In una riunione tenutasi l giorno prima dell’attentato, i responsabili internazionali implicati nel processo di pace di Arusha (gli ambasciatori di Stati Uniti, Francia, Germania e Belgio e il Nunzio Apostolico), dicono a Dallaire di essere stati informati che il FPR riceve molte armi. Dallaire nega e afferma che tale informazione è totalmente falsa, perché il FPR non ha mai ricevuto armi dall’Uganda. Tuttavia, il giorno precedente alla riunione, Dallaire aveva sul suo tavolo un documento inviatogli dal suo omologo delle Nazioni Unite in Uganda, un colonnello indiano. Era un messaggio cifrato, poi introdotto presso il TPIR. In quel messaggio, il colonnello indiano deiceva a Dallaire che l’esercito ugandese aveva fatto pervenire al FPR, attraverso la frontiera, una notevole quantità di armi. Dallaire l’a letto e riletto, ma il giorno dopo ha detto che non era vero …

Dallaire ha lasciato che i suoi uomini fossero assassinati davanti ai suoi occhi. Quando, il mattino del 7 aprile, passando davanti al campo militare dell’esercito regolare, ha visto tre caschi blu belgi che erano stati catturati e che stavano per essere massacrati, Dallaire ha chiesto all’autista della jeep di fermarsi. L’autista rifiuta di farlo, perché lo ritiene troppo pericoloso. Invece di imporsi al suo autista e fermarsi, Dallaire continua il percorso e si reca alla riunione degli ufficiali dello Stato Maggiore dell’esercito ruandese che si erano riuniti per vedere come reagire a ciò che era successo la sera precedente. C’erano tutti i capi dell’esercito, tra cui il colonnello Bagosora, ma non ha detto nulla su ciò che ha appena visto, cioè sui caschi blu che, a pochi metri di distanza,  stanno per essere massacrati dai soldati dell’esercito. Solo dopo un’ora, al termine della riunione, verso mezzogiorno, lo dirà al colonnello Bagosora, che subito va a verificare. Ma i caschi blu erano già stati uccisi.

Il TPIR incapace di dimostrare le prove di una pianificazione del genocidio

Tutto ciò che il procuratore del TPIR ha apportato come prova della pianificazione del genocidio è stato spazzato via dal TPIR stesso.

Ad esempio, si diceva che era una cellula segreta denominata Akazu, la piccola casa, che aveva organizzato il genocidio. Il capo dell’Akazu sarebbe stato il cognato del presidente Habyarimana, Zigiranyirazo, ma è stato assolto da tale accusa. Due autorità hutu, dette moderate,  hanno testimoniato che erano stati loro, gli Hutu moderati, ad inventare il nome Akazu, nel 1991, per discreditare Habyarimana.

Secondo elemento della pianificazione: gli estremisti hutu avevano creato la radio RTLM (Radio Televisione Mille Colline) per incitare al genocidio. Ferdinand Nahimana, direttore della radio, è stato condannato per altri capi d’accusa, ma è stato assolto dall’accusa di pianificazione perché, secondo la sentenza del TPIR, la RTLM non era stata creata con un obiettivo genocidario. Solo in seguito, fu poi trasformata in una radio genocidaria, dopo il 17-18 aprile, ma non prima. Non c’era premeditazione.

Terzo elemento: il colonnello Bagosora, presentato come l’architetto del genocidio, è stato assolto dall’accusa di premeditazione dell’organizzazione del genocidio. È stato condannato per altre cose.

In realtà, in Ruanda, la follia assassina era già una pentola a pressione in un Paese superaffollato e in situazione di conflitto. La gente ha cominciato a massacrarsi. Poi, in certe zone, si è avuto una organizzazione del genocidio, ma dopo l’attentato del 6 aprile contro il presidente Habyarimana. Il genocidio ha certamente avuto luogo, ma non è stato programmato. Dunque, se non è stato programmato, è stato l’attentato contro il presidente Habyarimana che l’ha innescato. Perché allora l’Onu rifiuta di aprire un’inchiesta su questo attentato? Istituito dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il TPIR non ne è stato autorizzato. Perché? Perché il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è controllato dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, alleati dell’attuale regime di Kigali. L’unica inchiesta che ha avuto luogo è un’inchiesta francese, perché i piloti dell’aereo di Habyarimana erano francesi. È questa la causa degli attacchi del regime ruandese contro la Francia e delle pressioni sui giudici per archiviare il dossier. Se l’inchiesta francese fosse davvero archiviata, i veri autori dell’attentato non saranno mai identificati.[1]

b. Un’analisi

Il 6 aprile 1994, l’aereo che trasportava due presidenti africani in funzione, Juvénal Habyarimana del Ruanda e Cyprien Ntaryamira del Burundi, fu abbattuto da un missile. Non fu avviata alcuna inchiesta internazionale per identificare gli autori di quell’attentato che innescò il genocidio in Ruanda.

L’attitudine degli Stati Uniti

Dopo la sua creazione, nel novembre 1994, da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e con competenza sul periodo compreso dal 1° gennaio al 31 dicembre 1994, il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (TPIR), è stato installato ad Arusha, in Tanzania, nel maggio 1995.
Fin dall’inizio, gli Stati Uniti d’America fecero pressione affinché l’attentato del 6 aprile 1994, benché assolutamente incluso nei limiti cronologici stabiliti per il TPIR, fosse escluso dal suo campo di investigazione.

Appositamente creato per perseguire i responsabili di genocidio, il TPIR rifiutò di indagare sugli autori dell’atto terroristico che ne fu l’elemento detonante.

L’insolito atteggiamento degli Stati Uniti è tanto più problematico perché, nel 1995, era chiaro a tutti che gli autori dell’attentato del 6 aprile 1994 fossero stati quegli “Hutu estremisti” così spesso denunciati dalle ONG americane. Perché allora gli Stati Uniti hanno impedito che la responsabilità di questi ultimi (gli Hutu estremisti) nell’attentato che ha scatenato il genocidio in Ruanda fosse ufficialmente rivelata mediante un’inchiesta del TPIR? La risposta a questa domanda potrebbe essere che i servizi Washington già sapessero che l’attentato non era stato commesso dagli  “Hutu estremisti” … Impedendo al TPIR di condurre un’inchiesta sull’assassinio del presidente Habyarimana, gli Stati Uniti protessero dunque, di fatto, coloro che, abbattendo il suo aereo, permisero al Fronte Patriottico Ruandese (FPR), movimento composto essenzialmente da Tutsi che costituivano dal 10 % al 15 % della popolazione, di prendere militarmente quel potere che l’etno – matematica elettorale gli avrebbe impedito di ottenere mediante le elezioni.

Un flashback necessario.

Washington che aveva deciso di creare un forte polo di influenza nell’Africa centro-orientale, fece dell’Uganda il perno della sua strategia in questa parte del continente. A partire da questo Paese, gli Stati Uniti armarono e sostennero il FPR che, dall’ottobre 1990, conduceva la guerra contro il Ruanda. Gli fornirono un aiuto diplomatico e, attraverso le ONG legate ai loro servizi, organizzarono delle campagne internazionali di demonizzazione del regime di Habyarimana, presentando invece gli uomini del generale Kagame come dei veri combattenti per la democrazia.
Il 7 aprile, subito dopo l’assassinio del presidente Habyarimana, il FPR riprese unilateralmente le ostilità, violando gli accordi di pace di Arusha. Nel luglio 1994 prese il potere a Kigali.

A partire dal Ruanda, gli Stati Uniti prepararono poi la seconda fase del loro piano che era quello di rovesciare Mobutu, presidente dello Zaire. Nel 1996, una coalizione ugandese – ruandese attaccò lo Zaire. Nel 1997, lo Zaire ridiventato Repubblica Democratica del Congo (RDCongo) fu smembrato e cominciò lo sfruttamento – saccheggio delle risorse minerarie del Kivu, sotto il paravento di società minerarie ruandesi.

È essenziale conoscere questo contesto per comprendere il caso ruandese.

Le prove contro il FPR si accumulano

Torniamo all’attentato del 6 aprile 1994. Nel 1998, in seguito alle denunce sporte dalle famiglie dei membri francesi dell’equipaggio dell’aereo e dalla vedova del presidente Habyarimana, il giudice anti-terrorista Bruguiere ha aperto un’inchiesta. Nel novembre 2006, ha emesso nove mandati di arresto internazionali contro altrettante personalità prossime al generale Kagame e accusate di aver organizzato e perpetrato l’attentato del 6 aprile 1994. Non potendo iniziare alcuna procedura giudiziaria contro il Capo dello Stato ruandese, perché protetto dall’immunità, il giudice francese chiese al TPIR di interessarsi di lui. Invano.

Tuttavia, nuovi elementi a carico dei responsabili dell’attuale regime di Kigali si aggiunsero gradualmente al dossier:

– Il 21 giugno 2012, a Johannesburg, il generale Faustin Kayumba Nyamwasa, ex capo di Stato Maggiore dell’Esercito Patriottico Ruandese (APR) e, nel 1994, responsabile dei servizi segreti militari del generale Kagame, ha dichiarato, sotto giuramento davanti a un tribunale, che Paul Kagame “ordinò l’assassinio del presidente Habyarimana”, confermando così i termini dell’ordinanza del giudice Bruguière.

– Il 9 luglio 2013, il corrispondente di RFI in Sud Africa, Sonia Rolley, ha pubblicato due interviste esclusive, una con il generale Faustin Kayumba Nyamwaza, l’altra con il colonnello Patrick Karegeya, ex capo dei servizi segreti del generale Kagame, in cui i due accusavano quest’ultimo di essere il mandante dell’attentato del 6 aprile 1994 che costò la vita al presidente Habyarimana.
Patrick Karegeya, che ai microfoni di RFI aveva dichiarato di essere in grado di dimostrare da dove sono stati lanciati i missili, è stato strangolato, il 1° gennaio 2014, nella sua camera d’albergo a Johannesburg. Il Generale Kayumba è scampato ad un secondo tentativo di assassinio il 4 marzo 2014.
– In luglio 2013 e in gennaio 2014, Jean-Marie Micombero, ex segretario generale del Ministero della Difesa ruandese e che, il 6 aprile 1994, era assegnato a una sezione incaricata dell’informazione militare direttamente dipendente da Kagame, ha testimoniato davanti al giudice Trevidic. Rifugiato dal 2010 in Belgio, dove è posto sotto la protezione della polizia, ha dato i nomi dei due uomini che, il 6 aprile 1994, hanno lanciato i due missili contro l’aereo presidenziale. Ha inoltre fornito molti dettagli sui preparativi e sullo svolgimento dell’attentato. Anche le sue dichiarazioni confermano quelle raccolte, a suo tempo, dal giudice Bruguiere presso altri testimoni.

Per il regime di Kigali, questi nuovi elementi entrati a far parte del dossier sono terribilmente rischiosi.
La tesi su cui si fonda la “legittimità” del regime del generale Kagame, cioè quella del genocidio “programmato” e “pianificato” da “estremisti” hutu, si è infatti infranta, anche davanti al TPIR. In tutte le sue sentenze sui “principali responsabili di genocidio”, sia in primo grado che in appello, questo tribunale internazionale ha, infatti, chiaramente stabilito che non vi era alcuna “cospirazione” (intesa) per commetterlo.

Conclusione: se il genocidio non era stato “programmato”, ci deve quindi essere stato un evento di eccezionale gravità che ha spinto alcuni a commetterlo. Torniamo così all’assassinio del presidente Habyarimana.

Che contiene il dossier del giudice Trevidic?

La questione di chi ha ordinato l’attentato del 6 aprile 1994 è quindi fondamentale.
Per anni, i servizi ruandesi tentano di discreditare la giustizia francese proprio perché è l’unica che ha aperto un’inchiesta sul caso, dal momento che, nel mese di gennaio 1997, Louise Arbour, procuratore del TPIR dal settembre 1996 al settembre 1999, ordinò a Michael Hourigan di sospendere le sue investigazioni. Pochi mesi prima, quest’avvocato australiano che lavorava per le Nazioni Unite, fu personalmente incaricato da Louise Arbour di identificare i mandanti e gli esecutori dell’attentato del 6 aprile 1994. In quel tempo, per poter formulare un atto di accusa contro gli ex dirigenti del regime Habyarimana, Louise Arbour aveva bisogno di dimostrare che l’attentato sarebbe stato commesso da degli  “estremisti hutu” e che, attuandolo, questi ultimi avevano dato il segnale per iniziare quel genocidio che avevano programmato.

Ma a Kigali, nel corso dell’inchiesta, Michael Hourigan scoprì, invece, che gli autori dell’attentato non erano stati degli “estremisti hutu”, ma dei Tutsi del FPR. Ottenne anche i nomi di coloro che avrebbero abbattuto l’aereo del Presidente Habyarimana su ordine del generale Kagame. Scrisse poi un rapporto che consegnò personalmente a Louise Arbour. Dal momento in cui le consegnò il rapporto, Louise Arbour cambiò totalmente il suo atteggiamento verso di lui, fino ad arrabbiarsi, intimandogli di sospendere le sue ricerche e imponendogli l’assoluta riservatezza sulle sue scoperte. Il contratto di Michael Hourigan con le Nazioni Unite non fu rinnovato.

Anche se il TPIR, con il pretesto che non esisteva (!!!), rifiutò di metterlo a disposizione di chi ne avesse bisogno, il giudice Bruguière riuscì ad ottenere comunque una copia del “Rapporto Hourigan”. Davanti al giudice, Michael Hourigan dichiarò autentico il testo e ne confermò il contenuto.
Il capitano senegalese Amadou Deme, Vice di Michael Hourigan ed ex numero 2 dei servizi segreti delle Nazioni Unite in Ruanda, ha confermato sia i risultati dell’inchiesta in cui fu coinvolto personalmente, sia l’insolito cambiamento di atteggiamento di Louise Arbour da quando si cominciò a sospettare il FPR di aver assassinato il presidente Habyarimana.

Tutte questi elementi e molte altre testimonianze sono contenuti nel fascicolo delle indagini.
Ecco perché, nel novembre 2013, il giudice Trevidic ha rifiutato di archiviare, senza effetto, il dossier, come chiesto dagli avvocati difensore delle personalità ruandesi accusate dal giudice Bruguiere nel 2006. La decisione è stata pienamente giustificata perché:

– Il dossier contiene, tra altre cose, le indicazioni sul luogo di tiro dei missili, i nomi dei due tiratori e dei membri della loro scorta, la marca e il colore dei veicoli utilizzati per il trasporto dei missili, dall’Uganda fino alla caserma dell’APR nel centro di Kigali e da lì fino al luogo di tiro, passando attraverso la zona controllata dall’esercito ruandese e, infine, il modo in cui si è svolta l’azione.

– Il dossier contiene la prova secondo cui l’aereo del presidente ruandese è stato colpito da due missili di cui si è riusciti a delineare la tracciabilità. Attraverso la cooperazione giudiziaria con la Russia, si sa che questi due missili, i cui numeri di serie sono rispettivamente 04-87-04814 e 04-87-04835, facevano parte di un lotto di 40 missili IGLA SA 16 consegnati all’esercito ugandese alcuni anni prima. Si sa pure che, prima della guerra d’ottobre 1990, Paul Kagame e i suoi principali collaboratori erano alti ufficiali dell’esercito ugandese e che, dal 1990 al 1994, l’Uganda costituiva la base d’appoggio e l’arsenale del FPR.

– Davanti al TPIR, è stato ampiamente dimostrato che l’esercito ruandese non aveva tali missili, di cui, invece, il FPR era in possesso.

– L’esercito ruandese, paralizzato dall’embargo internazionale sulle armi, non era in condizioni di poter combattere.

Fu il FPR  che, unilateralmente, riprese le ostilità perché sapeva che avrebbe vinto la guerra.
Le Forze armate del FPR, che non aspettavano che un segnale per lanciare la loro offensiva preparata già da tempo, ricevettero l’ordine di avanzare dalle loro basi, situate nei pressi della frontiera con l’Uganda, la notte dal 06 al 07 aprile, subito dopo l’annuncio della morte del presidente Habyarimana.[2]

 2. RUANDA, dopo 20 anni: Una STORIA falsificata

Un Film di JulienTeil e Paul – Eric Balnrue

Cynthia McKinney, Deputata negli Stati Uniti dal 1993 al 2002 e dal 2005 al 2007:

 20 anni dopo il genocidio ruandese, non si sa ancora la verità. Non si sa ancora perché è successo. Non c’è ancora giustizia. Credo che si deve ripartire da zero.

Colonnello Robardey, assistente tecnico della Polizia giudiziaria in Ruanda dal 1990 al 1993:

Tutto è successo per un po’ di coltan, di stagno, d’oro, di diamanti e di altre materie prime. Non c’è alcuna guerra senza ragioni economiche. I motivi economici della guerra del Ruanda non erano in Ruanda, ma in Congo. I Ruandesi e i Congolesi hanno pagato un prezzo molto elevato le ricchezze del Congo.

Primavera 1994: Genocidio in Ruanda, un paese nel cuore della regione dei Grandi Laghi d’Africa e la cui superficie è di circa solo un terzo di quella della Svizzera.

Dalla seconda guerra mondiale, mai il continente nero aveva visto una catastrofe umana di tale portata. Si discute spesso sulla responsabilità della Francia in questi eventi. Ciò di cui si discute meno, è l’implicazione di altre potenze e personalità insospettabili che hanno avuto un ampio ruolo nella scrittura della storia del continente nero.

Juvenal Habyarimana era il presidente del Ruanda. Aveva un buon rapporto con la Francia. Infatti, sin dal 1963, il Ruanda e la Francia avevano firmato numerosi accordi di cooperazione.

Paul Kagame era il capo politico e militare del Fronte Patriottico Ruandese (RPF) ed è stato formato presso la scuola militare di Fort Leavenworth (1990), nel Kansas. Il presidente ugandese Yoweri Museveni era il suo padrino. Kagame e Museveni intrattenevano, e continuano ad intrattenere, rapporti privilegiati con Israele, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.

Patrick Mbeko, autore: Tutto è iniziato il 1° ottobre 1990, quando il movimento politico militare denominato FPR, composto da rifugiati tutsi residenti in Uganda, invade il Ruanda quando il Capo dello Stato ruandese, Juvenal Habyarimana, era in visita ufficiale negli Stati Uniti.

Pierre Péan, giornalista: Kagame non avrebbe mai preso il potere in Ruanda se non fosse stato appoggiato da Museveni, lui stesso aiutato in tutto dagli Americani e dai Britannici.

Cynthia McKinney (nel 2002): In quel periodo si parlava dei leader del rinnovamento. Tra questi leader, si citava, tra altri, Museveni e Paul Kagame. Erano considerati dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e dai responsabili dell’apparato della politica estera, come leader del rinnovamento.

Pierre Péan: i ribelli tutsi avevano perfettamente capito come funzionava la politica internazionale. Invece di parlare direttamente con gli stati occidentali, hanno preferito fare pressione (lobbying) su certe associazioni per i diritti umani e su un certo numero di ONG, per convincerle che erano vittime di un genocidio. La parola genocidio è usata fin dall’inizio.

In effetti, già nel gennaio 1993, una coalizione di ONG presenta un rapporto che accusa il presidente Habyarimana e la Francia di perseguire una politica genocidaria contro la minoranza tutsi.

Jean Carbonare, Presidente dell’Associazione Survie (Sopravvivenza), il 28 gennaio 1993 su France 2: Ciò che ci ha veramente colpito in Ruanda è l’ampiezza di queste violazioni, la sistematizzazione e l’organizzazione … Nel rapporto preliminare della nostra commissione, abbiamo parlato di pulizia etnica, di genocidio e di crimini contro l’umanità.

Pierre Péan: Nella costruzione di una storia falsificata, c’è stato dapprima un lavoro svolto per collocare i Tutsi tra i buoni e gli altri tra i cattivi. Il cattivo supremo era il presidente Habyarimana.

Jean Carbonare: Una grandissima responsabilità è situata al più alto livello del potere. Anche il nostro paese (la Francia), che appoggia militarmente e finanziariamente questo sistema, ha una grande responsabilità.

Pierre Péan: Questo modo di presentare la storia è basato sul ruolo molto importante di un’associazione francese denominata Survie e presieduta da Jean Carbonare che, dal 1993, non cessa di affermare che la Francia ha sbagliato tutto e che se ne deve vergognare.

Jean Carbonare omette di dire che, quando presenta il rapporto della commissione d’inchiesta, egli mantiene stretti rapporti con il FPR di Paul Kagame, come risulta da una lettera pubblicata dal giornalista Charles Onana nel suo libro: “La Francia nel terrore ruandese”. La lettera è redatta il 26 marzo 1998 da Pasteur Bizimungu, presidente del Ruanda dopo la vittoria del FPR ed evidenzia la disponibilità di Jean Carbonare a proseguire la sua cooperazione con il nuovo governo ruandese. Le relazioni amichevoli tra il portavoce della Commissione d’inchiesta, Jean Carbonare, e il FPR getta un dubbio sul lavoro di certe ONG che sembra sia essere quello di gettare benzina sul fuoco.

Per disinnescare la crisi, si indicono dei negoziati che hanno condotto alla firma, il 4 Agosto 1993, degli Accordi d’Arusha. Tali accordi prevedono la condivisione del potere tra le parti in conflitto, un governo di unità nazionale e di transizione e l’organizzazione di elezioni nei mesi seguenti.

Colonnello Robardey: Una cosa che ho ben notato ad Arusha, nel giugno 1993, è l’onnipresenza della delegata americana, Joyce Leader, numero 2 dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Kigali. Era estremamente presente a lato della delegazione del FPR.

Patrick Mbeko: Gli Accordi d’Arusha erano molto sbilanciati. Hanno notevolmente rafforzato il FPR e indebolito il regime di Habyarimana. In un certo modo, tali accordi ha aperto la strada per la conquista del potere da parte del FPR in Ruanda.

Pierre Péan: Il FPR diceva di essere pronto a trattare e, in tal modo, sempre otteneva delle concessioni. Poi rompeva le trattative in corso. In seguito, le riprendeva, per romperle di nuovo. Con questa strategia, nel corso dei negoziati che hanno portato agli accordi di Arusha, il FPR aveva già ottenuto la metà del potere, ancor prima della conquista militare del potere e quando i Tutsi erano meno del 15 % della popolazione. Ma, in realtà, il FPR non voleva solo la metà del potere, ma la totalità del potere. Conseguentemente, il modo che Kagame ha trovato per ottenere la totalità del potere fu quello, molto efficace, di assassinare il suo predecessore …..

Colonnello Robardey: Il 7 aprile, in mattinata, mia moglie mi ha chiamato per telefono … Mi ha detto che avevano abbattuto l’aereo del presidente. Non mi sono posto alcuna domanda su chi potrebbero esserne gli autori. Sapevo, infatti, che si trattava del FPR e subito mi sono detto  che erano matti, perché avrebbero scatenato l’Apocalisse. È chiaro che dietro l’attentato c’è Kagame. D’altronde, lui stesso l’ha ammesso alla BBC, quando ha detto ai giornalisti che era stato un atto legittimo, dato che era un atto di guerra per eliminare il capo del nemico e di cui egli non doveva quindi vergognarsi.

Paul Kagame alla BBC: avevo il diritto di combattere per i miei diritti! … Habyarimana era il mio rivale di guerra, dunque poteva morire … Voglio semplicemente dire che si era in guerra!

Paul Kagame sarebbe allora il mandante dell’attentato? Qual è la risposta della comunità internazionale a questa domanda?

Patrick Mbeko: Nel 1996, le Nazioni Unite hanno deciso di condurre un’inchiesta sull’attentato del 6 aprile 1994 e hanno istituito un team di ricercatori guidati dall’avvocato australiano Michael Hourigan … L’equipe svolgerà la sua inchiesta direttamente a Kigali, con l’obiettivo di scoprire chi, in realtà, erano i responsabili di quest’atto terroristico.

Deceduto nel dicembre 2013, l’avvocato australiano Michael Hourigan non ha mai rinunciato alla verità circa l’attentato. In agosto 2013, ha rilasciato le conclusioni della sua inchiesta del 1996 in Ruanda.

Michael Hourigan (1958 – 2013), responsabile dell’ inchiesta del TPIR e dell’Onu: Il gruppo era denominato «The Network»  (“La Rete”) e ha lavorato per il presidente Paul Kagame. Alcuni suoi membri hanno detto di essere stati reclutati per abbattere l’aereo di Habyarimana e che, il 6 aprile 1994, si trovavano in diversi luoghi intorno a Kigali. Mentre l’aereo di Habyarimana stava per atterrare, hanno sparato due missili terra-aria e hanno abbattuto l’aereo.

Patrick Mbeko: Dopo aver raccolto delle prove sulla responsabilità del FPR nell’attentato, Michael Hourigan contattò Louise Arbour, l’allora procuratore del TPIR, da un telefono dell’ambasciata statunitense a Kigali. In quel momento, Hourigan non si rese conto che la sua conversazione su una linea di sicurezza dell’ambasciata americana di Kigali era probabilmente intercettata dai servizi segreti degli Stati Uniti.

Michael Hourigan: Louise Arbour era in linea dall’ambasciata americana di Kigali. Nel corso della conversazione, l’ho informata delle nostre ultime scoperte, a Kigali, sul ruolo del Presidente Kagame e del suo commando. In quel momento, era molto positiva. L’unica cosa che mi ha detto è che anche lei aveva delle informazioni che indicavano gli stessi responsabili. Pochi giorni dopo, quando mi sono incontrato con lei, è stata molto aggressiva nei miei confronti, ha contestato le mie informazioni e mi ha effettivamente chiesto di chiudere l’inchiesta. Nessuno ha mai potuto parlare di ciò con lei. Non ha mai parlato pubblicamente, né ha mai spiegato il suo ragionamento. Neanche Kofi Annan non ne ha mai parlato. Era il Segretario Generale delle Nazioni Unite.

Michael Hourigan aveva raccolto numerose prove sulla responsabilità di Paul Kagame nell’attentato. Perché Louise Arbour gli ha improvvisamente ordinato di chiudere la sua inchiesta?

Cynthia McKinney: Quando si ha qualcosa da nascondere, non si è più trasparenti. La conseguenza è che Louise Arbour ha ricevuto una promozione. Madeleine Albright è stata promossa. Kofi Annan è stato promosso. Hanno partecipato al camuffamento del genocidio e sono stati tutti promossi.

Patrick Mbeko: Quando Carla Del Ponte, dopo aver sostituito Louise Arbour presso il TPIR, riprende l’inchiesta sui crimini commessi dal FPR in Ruanda, tra cui l’attentato, Kigali, appoggiato dai suoi sostenitori americani e britannici, farà di tutto per toglierla dal TPIR.

Carla Del Ponte, al convegno “La ragion di Stato contro la giustizia”, a Ginevra, il 31 maggio 2011: Il presidente Kagame è visita ufficiale a Washington e il presidente Bush gli chiede … di non firmare o ratificare lo Statuto di Roma della Corte Permanente. Il presidente Kagame manifesta il suo accordo, ma gli ricorda che Carla Del Ponte è alle sue calcagna … Ah, se è per questo, risolveremo il problema!

Pierre Péan: L’unico granello di sabbia nella storia dei bianchi bugiardi che appoggiano Kagame è l’attentato e chi ci sta dietro. Come ha detto Carla Del Ponte, se fosse vero che il mandante fosse stato Kagame, questo fatto cambierebbe tutta la storia e distruggerebbe automaticamente e completamente l’attuale impostazione.

Carla Del Ponte, presso il Senato di Parigi, il 1° aprile 2014: Il fatto che mi ha sempre impedito di pronunciarmi in un senso o nell’altro è che, se fosse stato Kagame a far abbattere l’aereo di Habyarimana, Kagame sarebbe il principale responsabile del genocidio perpetrato dagli Hutu contro i Tutsi perché, se avesse fatto questo, l’avrebbe fatto a proposito. Pensavo che una cosa simile fosse davvero diabolica. Ma naturalmente, il diavolo esiste. Quindi, non si sa mai.

Patrick Mbeko: Il problema della storia ufficiale della tragedia ruandese è che la si scritta troppo in fretta e senza riflettere. Nel caso del Ruanda, ogni punto di vista dissente è stato rapidamente diffamato e il suo autore calunniato. Certi opinionisti non esitano ad agire come agenti di polizia al servizio del potere tutsi del Ruanda o della causa etnica tutsi, al punto che oggi non si esita più a tracciare un’analogia tra gli eventi del Ruanda e la Shoa (l’Olocausto).

Pierre Péan: Tutti coloro non sono d’accordo con la versione divulgata in Francia da Survie sono considerati negazionisti, revisionisti e, quindi, antisemiti …..

Patrick Mbeko: Il ruolo geo-politico di Paul Kagame si precisa nel corso degli anni. Egli è un protagonista importante nella strategia anglo americana e israeliana nell’Africa centrale. È per questo che i crimini commessi dal FPR nella regione sono passati sotto silenzio in nome del genocidio dei Tutsi.

Cynthia McKinney: la Francia era sul posto a causa delle sue relazioni con il Ruanda. Coloro che non avevano relazioni con il Ruanda erano altre potenze occidentali, specialmente gli Stati Uniti, molto interessati a un cambiamento di regime. Perché la politica estera degli Stati Uniti era il cambiamento di regime.

Pierre Péan: Si deve rivedere tutto quel periodo con Washington, a dei livelli che non sono pienamente comprensibili oggi, ma che un giorno lo saranno. Gli Stati Uniti volevano un cambiamento della geo-politica, un cambiamento fondamentale.

Colonnello Robardey: Occorre tener conto che tutto ciò è avvenuto subito dopo la caduta del muro di Berlino (nel 1989) e che l’ordine mondiale era cambiato. Secondo gli Stati Uniti e l’Inghilterra, la Francia che era stata, fino a quel momento, il gendarme dell’Africa e che, per conto del mondo occidentale, aveva preservato l’Africa contro la minaccia dell’Unione Sovietica, non aveva più la stessa utilità, né la stessa legittimità nella regione dell’Africa centrale. Dietro le potenze anglosassoni, altri protagonisti volevano entrare nel ricco Congo vicino attraverso la porta del Ruanda. Perciò, occorreva sbarazzarsi della Francia e del presidente Habyarimana, alleato della Francia, per poter impossessarsi delle ricchezze del Kivu e della RDCongo. Si tratta di una guerra che è iniziata in Ruanda nel 1990 e che continua ancora oggi in Congo. 1 milione di Ruandesi e 6 milioni di Congolesi sono stati uccisi. Tutto questo per un po’ di coltan, di stagno, d’oro, di diamanti. Non c’è alcuna guerra senza motivi economici e le cause economiche della guerra non erano in Ruanda, ma in Congo.

Nell’ottobre 1996, il Ruanda di Paul Kagame ha invaso il Congo/Zaire con il pretesto di perseguire coloro che il regime di Kigali qualifica di “Hutu genocidari”. Oltre 400.000 uomini, donne e bambini e, con loro, migliaia di Congolesi furono sistematicamente massacrati dall’esercito del FPR sotto lo sguardo impassibile della comunità internazionale.[3]

[1] Cf http://bernardlugan.blogspot.it/2014/04/rwanda-un-genocide-en-questions.html

[2] Cf http://bernardlugan.blogspot.it/2014/04/rwanda-un-genocide-en-questions.html

[3] Cf http://www.prorussia.tv/Rwanda-20-ans-apres-l-histoire-truquee-Un-film-de-Julien-Teil-et-Paul-Eric-Blanrue_v875.html