INDICE:
EDITORIALE: Verso la fine d’un incubo?
1. L’M23 È ACCUSATO DI GRAVI VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI
2. L’M23 RAFFORZA LE SUE POSTAZIONI
3. CONFUSIONE NEI DINTORNI DI GOMA
4. LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
5. UN NUOVO RAPPORTO PRELIMINARE DEL GRUPPO DEGLI ESPERTI DELL’ONU SULLA RDCONGO
6. LA QUESTIONE DEI RIFUGIATI RUANDESI NELLA RDCONGO
EDITORIALE: Verso la fine d’un incubo?
1. L’M23 È ACCUSATO DI GRAVI VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI
Il 19 e 20 giugno, militari del Movimento del 23 marzo (M23) hanno fatto irruzione nel villaggio a Busanza, nella zona di Bwisha e l’hanno saccheggiato completamente, rubando moto, biciclette, materassi, cibo e altri effetti, venduti poi sul mercato di Kinyandonyi. Inoltre, l’M23 esige che ogni capo villaggio del Territorio di Nyiragongo (Kibumba, Kibati e Buhumba) procuri almeno 5 nuove reclute.[1]
Il 26 giugno, il portavoce militare della Missione dell’Onu nella RDCongo, Monusco, il colonnello Felix Basse ha dichiarato che il Movimento del 23 marzo (M23) si è reso, negli ultimi giorni, colpevole di omicidi, saccheggi e arruolamento forzoso di giovani in diverse zone del territorio di Rutshuru sotto suo controllo. Reagendo agli attacchi di cui è oggetto da parte di altri gruppi armati, tra cui i Maï Maï Nyatura, un gruppo armato composto principalmente di Hutu congolesi, l’M23 organizza regolarmente delle retate in cui commette arresti arbitrari, uccisioni e vessazioni contro i civili sospettati di collaborare con le milizie avverse. Secondo il portavoce militare della Monusco, tra il 16 e il 19 giugno, nelle località di Busanza e Jomba, militari dell’M23 hanno ucciso ventisei agricoltori ingiustamente sospettati di aver collaborato con gruppi armati avversari. Inoltre, la Monusco accusa l’M23 di reclutare forzosamente nuove leve tra i civili del territorio di Nyiragongo. Tra il 17 e il 23 giugno 2013, l’M23 ha, infatti, arruolato di forza 23 civili che sono poi stati poi trasferiti a Rumangabo per l’addestramento militare. Secondo la Monusco, il comando militare dell’M23 ha imposto a tutti i capi locali del territorio di Nyiragongo di inviare, ciascuno, una quota obbligatoria di 20 giovani per la formazione militare.[2]
Il 3 luglio, il tenente colonnello Felix Prosper Basse, portavoce militare della Monusco, ha affermato che, da febbraio scorso, 299 combattenti dell’M23 si sono arresi e consegnati alla Monusco. Secondo il tenente colonnello Basse, oltre a queste molte diserzioni, l’M23 deve far fronte anche ai ripetuti attacchi dei gruppi Mai-Mai Nyatura e di altre forze negative, come le FDLR. Ha aggiunto che l’insicurezza e le violazioni dei diritti umani rimangono preoccupanti nel territorio di Rutshuru occupato dall’M23, dove sono segnalati frequenti sequestri, stupri, omicidi e saccheggi perpetrati da elementi del movimento ribelle.[3]
2. L’M23 RAFFORZA LE SUE POSTAZIONI
Tra il 18 e il 20 giugno, secondo fonti della Società Civile del Nord Kivu, almeno un battaglione dell’esercito ugandese (UPDF) sarebbe entrato nella RDCongo attraverso la frontiera di Bunagana e di Kitagoma (in territorio di Rutshuru). Inoltre, a Kabutembo (in territorio ruandese, ma vicino all’aeroporto di Goma), si nota la presenza di circa 600 militari dell’esercito ruandese (RDF).[4]
Il 22 giugno, durante la notte, almeno 300 militari dell’esercito ruandese (RDF) provenienti da Kasasa e Mbuzamahanga hanno attraversato la frontiera congolo-ruandese per raggiungere le posizioni dell’M23 a Kibati e a Rugari. I giovani di Kitotoma e di Ngomera (nel raggruppamento di Buhumba) e quelli di Bulambo e di Kibiriga (nel raggruppamento di Kibumba) sono scappati nella foresta, per evitare di essere costretti ad arruolarsi nell’M23 dai militari dell’esercito ruandese (RDF) venuti in appoggio della ribellione.[5]
Il 28 giugno, il portavoce della società civile del Nord Kivu, Omar Kavota, ha affermato che l’M23 sta reclutando giovani rifugiati in Ruanda. «È Gaspard Kariwabo, amministratore del territorio di Nyiragongo, nominato dallo stesso M23, che recluta giovani rifugiati per conto dell’M23», ha rivelato Kavota, aggiungendo che «è dal 26 giugno che questo amministratore si trova in Ruanda, presso il campo rifugiati di Kigeme, dove sta conducendo una campagna di sensibilizzazione e di reclutamento di giovani per conto dell’M23». Secondo la Società Civile del Nord Kivu, le nuove reclute attraversano le frontiere di Kabuhanga (raggruppamento di Buhumba) e di Gasiki (raggruppamento di Kibumba) prendendo la direzione di Rumangabo.[6]
Il 28 giugno, secondo fonti della società civile del Nord Kivu, un centinaio circa di mercenari somali, dalla morfologia araba, probabilmente relazionati col gruppo terrorista Al-Shabaab, sono stati visti da più persone, a Bunagana (al confine tra RDCongo e Uganda). Potendo essere degli specialisti in artiglieria e guerriglia urbana, il loro obiettivo sarebbe di rafforzare l’M23, nel caso in cui la Brigata per d’intervento della Monusco decidesse di attaccare.[7]
Tali informazioni sono state confermate anche da Julien Paluku, governatore del Nord Kivu, che cita le popolazioni residenti nel territorio occupato dall’M23. La popolazione ha infatti notato la presenza di persone che non parlano né i dialetti, né le lingue del luogo. Julien Paluku ha assicurato che si sta cercando di capire se si tratta di ribelli sudanesi o di combattenti Al Shabaab, la cui presenza è stata già segnalata anche nella regione di Beni, dove combattono a fianco dell’ADF / NALU (ribellione ugandese) e di piccoli gruppi Mai-Mai Kombi Hilaire, prossimi all’ex esercito del RCD-K-ML di Antipas Mbusa Nyamuisi. Alcune persone che erano state vittime dei loro sequestri, hanno riferito di sessioni di formazione ideologica in lingua araba e dello studio del Corano imposto loro dai rapitori.[8]
Secondo fonti della Società Civile del Nord Kivu, l’ex generale Laurent Nkunda è stato avvistato, libero, a lato dei ribelli dell’M23, nonostante il fatto che il Ruanda dica che è in custodia cautelare a Kigali. In effetti, è da una settimana che Nkunda circola liberamente nei territori di Rutshuru e di Nyiragongo. La sera del 1° luglio, ha incontrato, a Rumangabo, i capi tradizionali del territorio di Nyiragongo. L’obiettivo della riunione era quello di sollecitare il loro sostegno in viveri e uomini di truppa a favore dell’M23. Tra i capi partecipanti alla riunione, un testimone ha potuto identificare Mwami Butsitsi di Monigi (un alleato tradizionale dell’M23) e dei capi di villaggio e di raggruppamenti di Kibumba e di Buhumba. Secondo fonti attendibili, l’M23 ha ulteriormente rafforzato le proprie posizioni di Kibati, di Buvira e di Mutaho che si trovano di fronte alle postazioni dell’esercito nazionale (FARDC). L’M23 commette soprusi sui giovani che non sono disposti ad aderire alla sua causa. Così, la sera del 1° luglio, a Kisheke-Kilimanyoka, nel Raggruppamento di Kibati, militari dell’M23 hanno rapito tre giovani: Yusufu (28 anni), Ndayambaje (26) e Clément (20 anni).[9]
Il 1° luglio, a Dar es Salaam (Tanzania), il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha invitato i paesi confinanti con la RDCongo di cessare di appoggiare i gruppi armati che vi operano e ha, contemporaneamente, chiesto al presidente congolese Joseph Kabila di “far di più e meglio” per riformare le forze di sicurezza del paese. Barack Obama ha affermato che l’accordo di Addis Abeba, firmato in febbraio dagli undici paesi della regione per la pace nell’est della RDCongo, “non può essere considerato come un semplice foglio di carta“, ma deve essere necessariamente attuato. Il presidente degli Stati Uniti si trovava in Tanzania, terza e ultima tappa di un viaggio africano durante il quale aveva già visitato il Senegal e il Sud Africa.[10]
Il 2 luglio, chiedendo l’anonimato, un ufficiale dell’M23 ha dichiarato che, in caso di mancato accordo con il governo a Kampala, «l’M23 riprenderà la città di Goma, perché il governo di Kinshasa non vuole rispondere alle rivendicazioni avanzate dal movimento armato» e ha aggiunto che, «invece di rispondere alle nostre richieste, il governo si affida alla Brigata d’intervento della Monusco e vuole imporre la sua volontà di disarmarci».
Da parte sua, il portavoce della società civile del Nord Kivu, Omar Kavota, ha affermato, citando “fonti affidabili”, che «l’M23 ha rafforzato le sue postazioni di Kibati, di Buvira e di Mutaho, in prossimità delle postazioni dell’esercito nazionale, preparando le operazioni che potranno condurre alla ripresa di Goma da parte dell’M23». In tal senso, il quartier generale dell’M23 è stato spostato da Bunagana a Kibati, a meno di 10 km da Goma.[11]
Il 4 luglio, il portavoce della Società Civile del Nord Kivu, Omar Kavota, ha affermato che, nei raggruppamenti di Kibati, Buhumba, Kibumba e Buvira del Territorio Nyiragongo e nel territorio di Rutshuru, il Ruanda ha rafforzato il suo appoggio all’M23 con truppe e materiale bellico. Secondo alcune fonti, il 1° luglio, il Ruanda ha fornito all’M23 una grande quantità di armi AK47, bombe e munizioni. L’esercito ruandese avrebbe, inoltre, schierato tre battaglioni, comandati rispettivamente dal colonnello Kitoko (delle forze speciali), nei pressi di Kanyaruchinya, e dal tenente colonnello Rucocoza (assistito da Ruheta Mchumu) sulla strada di Mabenga. Inoltre, militari dell’esercito ugandese (UPDF) sarebbero concentrati a Rweshama, Kinyonzo e Stamu, nel distretto di Rukungiri (Uganda), confinante con il raggruppamento congolese di Binza (territorio di Rutshuru), per intervenire a fianco dell’M23 in un eventuale assalto su Mabenga. La Società civile del Nord Kivu è stata informata che alcuni ribelli dell’M23 stanno cercando di infiltrarsi nei campi degli sfollati di Mugunga (Goma) e di Sake (a Masisi). Questi infiltrati approfitterebbero dei movimenti degli sfollati verso Goma, per entrare in città e creare gruppi di spionaggio e di guerriglia urbana.[12]
Secondo informazioni ottenute dalla Società Civile del Nord Kivu, le autorità ruandesi stanno pensando a una possibile sostituzione del capo militare dell’M23, Sultani Makenga. Il sostituto potrebbe essere il tenente colonnello Seko Mihigo, fratello minore di Laurent Nkunda e già ufficiale dei servizi segreti nel primo settore delle FARDC a Beni, prima di disertare l’esercito nel mese di ottobre 2012. Seko Mihigo sarebbe già stato promosso a generale di brigata, dopo aver seguito, a Londra (Inghilterra), un breve periodo di formazione, pochi mesi, con alti ufficiali della RDF. Il Ten. Col. Mihigo Seko sarebbe stato nominato al posto di suo fratello maggiore, Laurent Nkunda, cui si pensava di affidare l’incarico. Ma, data la pressione sorta in seguito ad alcune sue apparizioni pubbliche a Rutshuru, il Ruanda preferirebbe che continui ad operare nell’ombra.[13]
3. CONFUSIONE NEI DINTORNI DI GOMA
Il 6 luglio, un gruppo di giovani armati ha attaccato le postazioni dell’M23 a Kibati, a circa dieci chilometri a nord di Goma. Fonti locali indicano che questi giovani, il cui numero non è stato precisato, provenivano dal villaggio di Kanyaruchinya. Dicono di essere stanchi delle atrocità commesse quotidianamente dagli aggressori e così hanno deciso di passare all’azione.
Secondo fonti attendibili, questi giovani arrabbiati hanno superato la linea di demarcazione tra le forze armate della RDC e l’M23, zona in cui è posizionata la Monusco.
Diverse sono le opinioni circa l’identità degli autori dell’attacco contro le posizioni dell’M23 a Kibati. Alcune fonti dicono che si tratta della milizia Mai-Mai Nyatura, costituita prevalentemente da hutu congolesi. Altre fonti indicano che si tratta semplicemente di giovani del territorio di Nyiragongo. Secondo altre fonti, questi giovani non avrebbero agito da soli e hanno fatto appello ai combattenti Nyatura. Altre fonti ancora affermano anche che questi giovani di Nyiragongo si sono vendicati contro l’M23 che accusano di avere saccheggiato e distrutto i loro campi due settimane fa, nei villaggi di Mujoga, Mugerwa e Mutaho, a Nord ovest del capoluogo del territorio di Nyiragongo. L’M23 attribuisce l’attacco a una coalizione FARDC / Mai-Mai / FDLR. Le autorità militari di Goma smentiscono questa affermazione e dichiarano di non essere assolutamente implicate in quest’attacco contro l’M23. In questo attacco cinque militari dell’M23 sarebbero stati uccisi. Ma i ribelli hanno smentito questo bilancio e parlano, invece, di due civili uccisi.[14]
Il 10 luglio, una trentina di Mai Mai Nyatura hanno attaccato le posizioni dell’M23 a Kanyaruchinya, una cittadina a circa dieci chilometri da Goma. «In risposta, l’M23 ha lanciato un contrattacco contro il gruppo, mentre le forze della Monusco, in allerta, hanno preso tutte le misure necessarie per proteggere i civili e per impedire l’avanzata del gruppo armato verso Goma. Ritirandosi, gli assalitori hanno aperto il fuoco contro le posizioni della Monusco, occupate dalle forze di rapido intervento che, dopo alcuni spari di avvertimento per impedire l’avanzata di questi uomini armati, hanno immediatamente risposto, applicando le regole di ingaggio», ha dichiarato il portavoce militare della Monusco, il tenente colonnello Felix Prosper Basse, nel corso di una conferenza stampa a Kinshasa. Durante gli scontri tra i caschi blu e i giovani Mai-Mai Nyatura, due persone sarebbero rimaste uccise e quattro ferite. L’Onu ha smentito che lo scontro abbia causato morti, precisando che ci sono stati quattro feriti che, nelle mani dell’Onu, si trovano ricoverati presso l’ospedale di Goma.[15]
Il portavoce della società civile del Nord Kivu, Omar Kavota, ha affermato che chi ha attaccato la postazione dell’M23 sono stati giovani civili che sono stanchi dall’amministrazione criminale dell’M23, caratterizzata da uccisioni, saccheggi, rapine a mano armata, reclutamento forzato di minorenni, furti dei raccolti dei contadini e distruzioni delle loro case. Secondo lui, questi giovani sono stati improvvisamente attaccati dalle forze della Monusco, il che ha sconvolto l’intera popolazione del territorio di Nyiragongo che, interpretando l’azione della Monusco come un intervento a favore dell’M23, ha innalzato barricate e bruciato pneumatici sulla strada.[16]
Il 12 luglio, il nuovo comandante delle forze della Monusco, il generale Carlos Dos Santos Cruz, ha avvertito che “qualsiasi civile che porti un’arma, dovunque sia, sarà considerato come un combattente”. Rispondendo alle accuse secondo cui le forze della Monusco avrebbero sparato, due giorni prima, su dei civili, Carlos Dos Santos Cruz ha precisato che “tutti coloro che sono armati non possono essere considerati civili. Un civile non è un combattente“. Il comandante della forza della Monusco ha anche ricordato che “ogni gruppo che commetta abusi contro i civili sarà trattato come tale e senza distinzioni. Non siamo concentrati su un singolo gruppo armato, ma su tutti i gruppi che commettano abusi contro la popolazione civile”.[17]
4. LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
Il 14 luglio, l’M23 a attaccato le posizioni delle Forze Armate della RDCongo (FARDC) a Mutaho, a una decina di chilometri dalla città di Goma. Secondo alcune fonti, più di 45 assalitori sono stati uccisi e dieci sono stati catturati. Da parte sua, l’M23 ha accusato le FARDC di aver preso l’iniziativa di questa nuova battaglia. Secondo altre fonti, le truppe dell’M23 sono appoggiate da unità specializzate dell’esercito ruandese. Per l’ennesima volta, il Ruanda ha violato l’accordo di Addis Abeba che, firmato il 24 febbraio 2013, chiede che ai Paesi della regione di non interferire negli affari interni degli Stati confinanti, di non tollerare o fornire qualsiasi appoggio ai gruppi armati e di rispettare la sovranità e l’integrità territoriale degli Stati limitrofi. Secondo un comunicato della Monusco, l’attacco delle FARDC è cominciato dopo che l’M23 abbia rafforzato, in mattinata, le sue posizioni nei dintorni di Kibati, vicino Mutaho, con armi pesanti e un carro armato. La Monusco ha messo le sue truppe in allerta ed è pronta a prendere tutte le misure necessarie, compreso il ricorso alla forza delle armi, per proteggere i civili. Secondo il comunicato, qualsiasi tentativo, da parte dell’M23, di avanzare verso Goma, sarà considerato come una minaccia diretta contro le popolazioni civili.[18]
Il 15 luglio, le autorità tradizionali locali di Kibati e di Rusayo e la società civile del territorio di Nyiragongo hanno affermato che, a Mutaho, la situazione era sotto controllo delle FARDC e che la linea del fronte si era ormai spostata un po’ più a nord di Mutaho, a Kibati, situata a circa 20 km a nord di Goma. Fino a tarda mattinata, le FARDC stavano ancora bombardando le posizioni dell’M23 per allontanarle il più possibile da Goma. Secondo il portavoce del governo congolese, Lambert Mende, «le forze lealiste hanno recuperato alcune posizioni dell’M23 che si è ritirato verso Kilimanyoka, vicino a Kibati, a nord della capitale del Nord Kivu». Secondo un rapporto provvisorio pubblicato da Lambert Mende, durante gli scontri tra le FARDC e l’M23 a Mutaho e a Rusayo, tra i militari dell’M23, centoventi sono rimasti uccisi e una dozzina sono stati catturati. elementi. Negli scontri sono stati uccisi anche dieci soldati delle FARDC.[19]
Il 15 luglio, secondo le autorità tradizionali del territorio di Nyiragongo, in serata le FARDC hanno ripreso il controllo sui raggruppamenti di Kibati e di Buvira, portando a cinque il numero dei raggruppamenti sotto loro controllo, sui sette che compongono il territorio di Nyiragongo. Kibumba e Buhumba restano ancora sotto occupazione dell’M23. Il portavoce delle FARDC nel Nord Kivu, il colonnello Olivier Hamuli, ha confermato l’informazione.[20]
Un giornalista locale che ha assistito, a Munigi, all’offensiva delle FARDC contro l’M23, ha visto con i propri occhi che la MONUSCO stava cercando di bloccare la strada alle FARDC, per impedire loro di raggiungere la linea del fronte con i loro carri armati e le munizioni necessarie.
La popolazione è allora intervenuta e, lanciando pietre contro la MONUSCO, ha finalmente aperto la strada alle forze governative. Secondo questo giornalista locale, tutto sembra indicare che la MONUSCO, seguendo i consigli di Mary Robinson, l’inviata speciale delle Nazioni Unite per i Grandi Laghi, voglia che si continuino i negoziati di Kampala, per trovare una soluzione di compromesso che consisterebbe, probabilmente, nell’integrazione dei miliziani dell’M23 nelle FARDC, l’esercito nazionale. Ma le FARDC, che non vogliono “rimettere il verme nella mela”, né correre il rischio di un nuovo futuro ammutinamento, non sono affatto d’accordo, tanto meno la popolazione del Nord Kivu, che auspica che si metta definitivamente fine al ciclo dei “negoziati – reintegrazioni – nuove ribellioni”. Per incoraggiare i militari, la popolazione locale accompagna l’esercito fino alla linea del fronte e giura che essa stessa porterà avanti la guerra fino in fondo … a costo di essere trattata dalla Monusco come partigiani “Mai Mai”.[21]
Il 15 luglio, il Ruanda ha accusato l’esercito congolese e la Forza dell’Onu, la Monusco, di aver “deliberatamente” bombardato due villaggi prossimi alla frontiera tra Ruanda e RDCongo. «A Kageshi e a Gasiza (…), due villaggi a 8 km e a 12 km circa a nord di Rubavu», il nuovo nome della città ruandese di Gisenyi, al confine con la RDCongo, «sono cadute due bombe, anche se non hanno provocato alcun ferito», a ha dichiarato il Generale Joseph Nzabamwita, portavoce dell’esercito ruandese, secondo cui le due bombe sono state lanciate da una zona “controllata” dalle FARDC e dalla MONUSCO. «Si tratta di un atto di deliberata provocazione», ha affermato, respingendo l’ipotesi di un incidente perché secondo le sue affermazioni, «nella zona da cui sono state lanciate le due bombe non è stato segnalato nessun combattimento, il che significa che si tratta di un attacco al Ruanda». Il generale Nzabamwita ha anche affermato che ribelli ruandesi delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), presenti nell’est della RDCongo, sono stati “incorporati” in delle unità delle FARDC che stanno combattendo contro l’M23. Il governo congolese e la Monusco respingono tali accuse. Secondo il colonnello Olivier Hamuli, portavoce militare nel Nord Kivu, «se veramente sono state lanciate due bombe, potrebbero essere state lanciate da alcuni membri dell’M23, per lanciare un “appello” ai ruandesi a venire in loro soccorso».[22]
Il 15 luglio, in una lettera indirizzata all’ambasciatore americano Rosemary DiCarlo, Presidente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel mese di luglio, l’ambasciatore del Ruanda presso l’Onu, Eugène-Richard Gasana, ha accusato la brigata della MONUSCO e le FARDC di collaborare con le FDLR. «Il Ruanda dispone di informazioni credibili, affidabili e dettagliate secondo cui si sarebbero discusse varie forme di collaborazione tattica e strategica con le FDLR», ha indicato Eugène Richard Gasana nella sua lettera. In questi atti, secondo il Ruanda, sarebbero implicati «alti comandanti delle Nazioni Unite che prendono la parte di alcuni gruppi armati cui dovrebbero impedire ogni tipo di attività militare». Gasana ha anche affermato che unità dell’esercito congolese, le FARDC, hanno collaborato con le FDLR. Secondo l’ambasciatore ruandese, questa collaborazione avviene sotto gli occhi della MONUSCO o anche con il suo appoggio. Nella sua lettera, Gasana sostiene anche che le FARDC passano grandi quantità di armi e di munizioni alle FDLR, sotto gli occhi o con il sostegno dei comandanti della brigata d’intervento della MONUSCO. Secondo l’ambasciatore ruandese, tutto ciò costituisce una grave minaccia per la sicurezza del Ruanda e mette in dubbio anche la credibilità della MONUSCO e delle sue operazioni di mantenimento della pace. Il Dipartimento di peacekeeping delle Nazioni Unite ha rifiutato di commentare l’accusa.[23]
Il 16 luglio, i combattimenti tra l’M23 e l’esercito congolese sono continuati a nord di Goma. «L’obiettivo delle FARDC è di sconfiggere l’M23», ha detto ai giornalisti il portavoce militare del Nord Kivu, il colonnello Olivier Hamuli.[24]
Secondo il coordinamento della società civile del Nord Kivu, nella battaglia del 16 luglio, sono stati uccisi 51 membri dell’M23 e un ufficiale dell’M23 è stato catturato. Secondo la stessa fonte, «tra i 51 cadaveri, 15 indossavano l’uniforme dell’esercito regolare ruandese e sono stati “identificati come veri cittadini ruandesi». Sul campo di battaglia, sono stati uccisi anche 5 militari delle FARDC.[25]
Il 17 luglio, dopo una pausa di una mezza giornata e avendo l’M23 abbandonato la località di Kanyarucinya, le FARDC hanno ripreso e intensificato i bombardamenti contro le posizioni dell’M23 sulle colline intorno a Kanyarucinya e Kibati, a una quindicina di chilometri a nord di Goma. Iniziati durante la mattinata, i bombardamento si sono amplificati nel pomeriggio. Come il giorno prima, tre elicotteri dell’esercito hanno sparato contro le postazioni dell’M23. Intorno alle 14h00 ora locale, l’offensiva è proseguita con l’intervento della fanteria. L’M23 non ha quasi risposto. Secondo varie informazioni, non confermate, di fonti militari occidentali, l’M23 ha adottato un atteggiamento passivo a causa della scarsità di munizioni. Secondo diverse fonti, durante gli scontri sulle colline di Buhama e Vubiro, nei pressi di Kibati, sono stati uccisi una decina di miliziani dell’M23. Nel corso degli stessi combattimenti, anche tre soldati delle FARDC sono rimasti uccisi e cinque feriti. Fino a sera, i militari delle FARDC mantenevano le loro posizioni su queste colline, a circa 20 km da Goma, nei pressi della frontiera con il Ruanda. Dall’inizio dei combattimenti, il 14 luglio, le forze delle Nazioni Unite non sono mai intervenute militarmente, anche se si mantengono in contatto con le FARDC.[26]
Il 17 luglio, durante la conferenza stampa settimanale delle Nazioni Unite a Kinshasa, il portavoce militare della Monusco, il tenente colonnello Basse, ha qualificato di infondate le voci che accusano la Monusco di aver impedito la progressione delle FARDC, interponendosi tra loro e l’M23, durante i combattimenti del 14 e 15 luglio. Durante la conferenza stampa, egli ha precisato che durante tali combattimenti, la Monusco aveva ritirato i suoi carri armati, per aprire il passaggio alle FARDC verso Kibati. Avendo visto che la Monusco si ritirava, la popolazione l’ha interpretato come una fuga dei caschi blu mentre, invece, era per aiutare le FARDC.
Nel corso della stessa conferenza stampa, la Monusco ha respinto in modo assoluto le accuse di Kigali, secondo le quali le FARDC e la Monusco avrebbero deliberatamente bombardato, il lunedì precedente, i villaggi ruandesi di Kageshi e Gasiza. I caschi blu non hanno lanciato “nessuna bomba sul territorio ruandese”, ha detto il Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite incaricato dei diritti umani nella RDCongo, il generale Abdullah Wafi, che ha qualificato di “infondate” anche le accuse di Kigali, secondo cui le FARDC e la brigata d’intervento della Monusco collaborano con i ribelli ruandesi delle FDLR.
Il generale Waffi Abdallah ha rivelato anche che, nonostante il dispiegamento della Brigata d’intervento per disarmare le forze negative, la Monusco continua ad incoraggiare la via del dialogo e che, per questo, essa ha chiesto a tutte le parti in conflitto di cessare le ostilità, per evitare una scalata militare. «Preferiamo privilegiare gli sforzi politici e diplomatici e vogliamo dare ai colloqui di Kampala una possibilità di riuscita. Nello stesso tempo, lavoriamo per creare un clima stabile», ha ribadito il generale Abdallah Waffi.[27]
Il 18 luglio, i combattimenti tra l’M23 e l’esercito regolare sono stati meno intensi rispetto a quelli degli ultimi giorni. Ma nella città di Goma, sin dal mattino sono iniziate delle manifestazioni. Tutto è iniziato con una falsa notizia, secondo cui il colonnello Mamadou N’Dala, responsabile delle operazioni militari contro l’M23, sarebbe stato richiamato urgentemente a Kinshasa, per ordine della gerarchia militare. Questa falsa informazione ha causato il panico. Immediatamente, centinaia di persone, tra cui le mogli dei militari, i moto tassisti, studenti e molti giovani sono accorsi nei pressi dell’aeroporto di Goma per protestare e impedire la partenza del colonnello Mamadou N’Dala, diventato molto popolare tra la popolazione convinta che è grazie a lui che l’esercito ha potuto riportare alcune vittorie contro l’M23. Una fonte dell’Onu parla addirittura di oltre 250 morti tra l’M23, dall’inizio degli scontri, il 14 luglio. Il portavoce dell’esercito, Olivier Hamuli, ha smentito l’informazione e ha denunciato una manipolazione da parte dell’M23 che, ormai indebolito e sconfitto su diversi fronti, vuole provocare la psicosi per demoralizzare sia la popolazione che le truppe sul fronte. In ogni caso, questi eventi dimostrano la fiducia della popolazione di Goma nei confronti delle autorità politiche e militari del Paese. Alcuni manifestanti, infatti, protestavano direttamente contro il Capo dello Stato Joseph Kabila. Altri hanno lanciato sassi contro veicoli della Monusco, accusata di non appoggiare sufficientemente l’esercito congolese contro l’M23 e di fare pressione su Kinshasa per fermare i combattimenti, in favore dei negoziati con lo stesso M23 a Kampala, negoziati ora in stallo e a cui nessuno più crede.[28]
Le manifestazioni di Goma hanno lanciato un messaggio. A Kinshasa e a Goma le autorità politiche e militari dovrebbero prenderlo sul serio. Ora è nelle strade che si potrebbe risolvere la questione della guerra nell’est del Paese. Arrabbiata, la popolazione ha scoperto dove sta la radice del male.
È, pensa, a livello del comando militare che si trova la chiave per sconfiggere la piovra che, per più di un decennio, mina l’est della RDCongo. La popolazione di Goma si è ormai accorta che ci sono delle vaste reti politico-militari di tipo mafioso che vivono solo su un’economia di guerra, approfittando della crisi per far crescere il loro business. Così, ogni volta che le FARDC tentano di sconfiggere il nemico per riportare la pace, queste reti mafiose si mobilitano per disorientare le truppe e permettere al nemico di rinforzarsi. La popolazione di Goma ricorda la sorte riservata al generale Mbuza Mabe, nella battaglia di Bukavu nel 2004 contro Jules Mutebutsi e Laurent Nkunda, e il caso del generale Nyabyolwa. Entrambi erano stati rapidamente richiamati dalla stessa gerarchia militare quando stavano prendendo il sopravvento sulle truppe nemiche. A Goma, la popolazione ha temuto di rivivere la stessa esperienza e ha deciso di scendere in strada per dimostrare la sua opposizione. Spetta ora all’autorità leggere i segni dei tempi.[29]
5. UN NUOVO RAPPORTO PRELIMINARE DEL GRUPPO DEGLI ESPERTI DELL’ONU SULLA RDCONGO
Il 30 giugno, Inner City Press ha pubblicato in esclusiva su internet un nuovo rapporto preliminare del gruppo degli esperti dell’Onu sulla RDCongo, datato del 20 giugno 2013 (rapport accessible en anglais ici). Il gruppo degli esperti afferma di «non avere, attualmente, alcuna indicazione di un eventuale appoggio dell’Uganda ai ribelli dell’M23, ma di disporre di prove di un continuo, ma limitato, appoggio del Ruanda all’M23». Il rapporto continua spiegando che dopo i combattimenti all’interno dell’M23 tra i pro-Makenga e i pro-Ntaganda in marzo 2013, la fuga di Bosco Ntaganda e di 788 dei suoi uomini ha notevolmente indebolito la ribellione, ormai «incapace di controllare l’insieme del suo territorio». Gli esperti ritengono che l’M23 di Sultani Makenga sia attualmente composto da (solo) 1.500 soldati dispiegati su una superficie di 700 km2.
Un altro aspetto importante emerso dal rapporto preliminare del gruppo degli esperti è che il Ruanda (probabilmente sotto la pressione internazionale) abbia ridotto il suo sostegno all’M23.
Gli esperti affermano che le autorità ruandesi abbiano arrestato un colonnello ruandese, Jomba Gakumba, “per i suoi stretti rapporti con Bosco Ntaganda“. Il 10 marzo 2013, le autorità ruandesi hanno arrestato anche Gafishi Semikore e Theo Bitwayiki, quando “stavano cercando di aiutare Bosco Ntaganda, in Ruanda, fornendogli munizioni“. Il Ruanda avrebbe preso le distanze da Ntaganda, diventato ormai poco credibile, per aiutare il suo rivale, Sultani Makenga. Secondo il rapporto, infatti, «due membri e un collaboratore dell’M23 hanno confermato che, durante le due settimane di combattimenti tra le fazioni di Ntaganda e di Makenga, gruppi di soldati ruandesi smobilitati erano entrati in RDCongo per aiutare Makenga». Secondo l’Onu, l’M23 avrebbe continuato a reclutare nuove leve in Ruanda e avrebbe arruolato soldati ruandesi smobilitati. Da allora, “l’attività di reclutamento dell’M23 in Ruanda sarebbe diminuita“, dicono gli esperti che, tuttavia, ammettono che l’esercito ruandese continua ad aiutare l’M23, rimandando indietro i disertori che cercano rifugio sul suo territorio.
Secondo gli esperti, gli scontri che hanno avuto luogo tra l’M23 e l’esercito congolese (FARDC) intorno Goma, a fine maggio (appena prima dell’arrivo del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon) sarebbero stati innescati dall’M23, che ha tentato di occupare la collina di Mutaho.
L’operazione si sarebbe trasformata in un fiasco per l’M23 (40 morti e 30 feriti) per la resistenza delle FARDC e la mancanza di munizioni. L’M23 probabilmente si aspettava un appoggio dal Ruanda che non è arrivato.
Un’altra informazione interessante è che l’M23 avrebbe spostato i suoi centri di comando: la sede amministrativa dell’M23 sarebbe a Rumangabo e il quartier generale militare a Chanzu.
A proposito delle FDLR, un gruppo armato composto principalmente da Hutu ruandesi, il rapporto delle Nazioni Unite afferma che, “nel corso del primo semestre del 2013, si sono notevolmente indebolite”, principalmente a causa di un alto tasso di diserzioni, di divisioni interne e di un indebolimento della gerarchia militare. Le FDLR sono attualmente composte di 1.500 miliziani circa, la maggior parte dei quali sono dispiegati nel Nord Kivu e il resto nel Sud Kivu.
Infine, un’altra informazione riguarda la “collaborazione tra alcune unità delle FARDC e le FDLR, in zone vicine ai territori controllati dall’M23” Il gruppo degli esperti ha interrogato 10 militari delle FARDC a Tongo, nel Nord Kivu, che hanno affermato che “le FARDC e le FDLR si incontrano regolarmente e si scambiano informazioni sulle operazioni militari” Le stesse fonti hanno ammesso che militari delle FARDC forniscono munizioni alle FDLR. Di fronte a una tale collusione tra l’esercito nazionale e questo gruppo armato, il 12 giugno 2013 l’Onu ha inviato una lettera al governo congolese in cui “chiede chiarimenti su questo appoggio e attende una risposta“.[30]
6. LA QUESTIONE DEI RIFUGIATI RUANDESI NELLA RDCONGO
Dal 20 al 21 giugno, si è tenuta a Kigali (Ruanda), la terza riunione tripartita tra Ruanda, RDCongo e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (HCR). In tale incontro, si è discusso, in particolare, della questione dei rifugiati ruandesi nella RDCongo. La riunione è stata convocata in seguito alla decisione del Ruanda sull’attuazione della clausola di cessazione dello statuto di rifugiati per i suoi cittadini che ne usufruiscono. Il 31 dicembre 2011, infatti, Kigali aveva annunciato che avrebbe applicato questa clausola entro il 30 giugno 2013. La clausola di cessazione dello statuto di rifugiati permette di porre fine alla loro situazione quando, nel loro paese di origine, si siano verificati cambiamenti importanti e duraturi della situazione e quando le circostanze che avevano causato la fuga non esistano più. Il Ruanda ritiene che essendo la pace ritornata sul suo territorio, non è più necessario che cittadini suoi continuino a rimanere in esilio.
Da parte sua, il capo della delegazione congolese, il ministro degli Interni Richard Muyej, è stato categorico, ribadendo la posizione espressa dal governo congolese a Pretoria, in Sud Africa, nel mese di aprile. Secondo Kinshasa, per quanto riguarda la RDCongo, la clausola non è applicabile entro il 30 giugno di quest’anno.
Il governo congolese, ha dichiarato Richard Muyej, ritiene che l’applicazione “meccanica” di questa clausola sarebbe “inefficace” e non sarebbe una soluzione durevole ai molti problemi della regione. Infatti, se si applicasse tale clausola entro il 30 giugno 2013, il Ruanda potrebbe credere di non avere più connazionali con lo statuto di rifugiati.
Le tre delegazioni hanno concordato di elaborare un piano per il ritorno dei rifugiati, soprattutto attraverso un rimpatrio volontario. Secondo il governatore della provincia del Nord Kivu, Julien Paluku, esperto per la delegazione congolese a Kigali, le tre delegazioni hanno delineato un cronogramma che prevede varie fasi: la sensibilizzazione, l’identificazione e la registrazione di questi rifugiati. Seguirà la fase della manifestazione della loro intenzione di tornare e, infine, quella della realizzazione di un rimpatrio volontario.
Il ministro congolese degli interni, Richard Muyej, ha infine affermato che l’accordo raggiunto permetterà di «porre fine al problema dei rifugiati ruandesi nella RDCongo e di evitare di creare una situazione di irregolari e apolidi a causa di un’attuazione frettolosa della clausola di cessazione».[31]
[1] Cf Super User – Société Civile du Nord Kivu – Goma, 21.06.’13
[2] Cf Radio Okapi, 27.06.’13
[3] Cf Xinua – Kinshasa, 04.07.’13 (via mediacongo.net)
[4] Cf Super User – Société Civile du Nord Kivu – Goma, 21.06.’13
[5] Cf Super User – Société Civile du Nord Kivu – Goma, 23.06.’13
[6] Cf Super User – Société Civile du Nord Kivu – Goma, 29.06.’13
[7] Cf Super User – Société Civile du Nord Kivu – Goma, 29.06.’13
[8] Cf L’Avenir – Kinshasa, 09.07.’13
[9] Cf Omar Kavota – Société Civile du Nord Kivu – Goma, 02.07.’13; L’Avenir Quotidien – Kinshasa, 04.07.’13
[10] Cf Radio Okapi, 02.07.’13
[11] Cf Xinhua – Kinshasa, 03.07.’13
[12] Cf Omar Kavota – Société Civile du Nord Kivu – Goma, 04.07.’13
[13] Cf Super User – Société Civile du Nord Kivu – Goma, 07.07.’13
[14] Cf Radio Okapi, 06 et 07.07.’13
[15] Cf Xinua, 11.07.’13; Le Potentiel – Kinshasa, 11.07.’13
[16] Cf Omar Kavota – Société Civile du Nord Kivu – Goma, 11.07.’13
[17] Cf Radio Okapi, 13.07.’13
[18] Cf L’Avenir – Kinshasa, 15.07.’1 ; Radio Okapi, 15.07.’13
[19] Cf Radio Okapi, 15.07.’13
[20] Cf Radio Okapi, 16.07.’13
[21] Cf Le carnet de Colette Braeckman – Le Soir, 17.07.’13
[22] Cf AFP – Kigali, 15.07.’13
[23] Cf Laure Uwase – Jambo News, 16.07.’13
[24] Cf AFP – Goma, 16.07.’13
[25] Cf Xinua – Kinshasa, 17.07.’13
[26] Cf Radio Okapi, 17 et 18.07.’13; AFP – Jeune Afrique, 17.07.’13
[27] Cf Radio Okapi, 17.07.’13et Ginette Sikuzani – La Prospérité – Kinshasa, 18.07.’13
[28] Cf RFI, 18.07.’13
[29] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 19.07.’13
[30] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 01.07.’13
[31] Cf Radio Okapi, 20 et 22.06.’13