“Quando il Nord-Kivu è ammalato, anche il Sud-Kivu soffre. Siamo due provincie gemelle il cui destino è legato a doppio filo. Con la giornata ‘ville morte’ la popolazione di Bukavu vuole gridare tutta la sua disperazione per la crescente insicurezza e povertà ma anche denunciare il lassismo della comunità internazionale nei confronti del nostro aggressore, il Rwanda, premiato con un seggio al Consiglio di sicurezza (come membro non permanente, ndr)” dice alla MISNA Aurélie Bitondo, una delle tante donne in prima fila nella società civile del Sud-Kivu. “Ci sentiamo abbandonati anche dallo stesso governo di Kinshasa mentre la nostra gente sta subendo violenze e esazioni commesse dagli innumerevoli gruppi armati e dagli stessi soldati regolari (Fardc) che sulla carta dovrebbero proteggerci” denuncia ancora l’attivista originaria di Bukavu, capoluogo provinciale. Per la Bitondo l’assegnazione di un seggio a Kigali da parte dei 15 Stati membri del Consiglio è “un ennesimo schiaffo per la popolazione del Kivu”, e allo stesso tempo una “vergogna” per la comunità internazionale che “ha firmato un assegno in bianco al Rwanda per impossessarsi di una parte del territorio congolese, oggi il Nord-Kivu, domani chi lo sa anche il Sud-Kivu”.
Negli ultimi giorni è stato interpretato come un avvertimento preoccupante l’aggressione subita dal noto medico Denis Mukwege al suo domicilio di Bukavu, attribuita dalle autorità a non meglio identificati uomini armati. Il ginecologa, sua moglie e le due figlie sono stati evacuati verso Bujumbura, la capitale del Burundi, e nei prossimi giorni potrebbero trovare rifugio in Belgio. “Da anni il dottor Mukwege svolge un’attività molto importante e molto apprezzata per ridare dignità alle donne congolesi, vittime di stupri e violenze quotidiane” prosegue l’esponente della società civile locale. A Bukavu Mukwege “è diventato un simbolo della nostra lotta contro le violazioni dei diritti umani. Sicuramente le sue denunce, anche davanti alle Nazioni Unite, hanno disturbato gli autori dei crimini. Ha detto la verità, ha detto basta. E’ per questo che hanno cercato di ucciderlo” dice ancora la Bitondo. La scorsa settimana l’ospedale ‘Heal Africa’ di Goma, capoluogo del Nord-Kivi, ha denunciato violenze sessuali su vasta scala contro le donne: dall’inizio del 2012 più di 5000 sono state vittime di stupri attribuiti ai numerosi gruppi armati che operano nella regione. Violazioni simili sono state segnalate anche in Sud-Kivu e nella Provincia Orientale, ma in questi casi la responsabilità è stata imputata ai militari congolesi.
L’obiettivo dell’odierna giornata di sciopero generale è quello di “far capire alle autorità che ne abbiamo abbastanza” e che urge “ristabilire una sicurezza efficiente nelle province dell’Est e nel Congo in generale” si legge nel comunicato a firma della società civile del Sud-Kivu, secondo cui “l’insicurezza riguarda tutti, grandi come piccoli, uomini e donne, giovani e anziani”. Dal riaccendersi, lo scorso aprile, delle violenze nella vicina provincia del Nord-Kivu, per lo più messe a segno dal Movimento del 23 marzo (M23), la società civile di Bukavu ha costatato un crescendo di minacce e aggressioni mirate da parte di “forze e gruppi armati che rispondono a agende chiare a tutti”, il deteriorarsi della sicurezza e protezione delle persone e dei beni, l’impoverimento della popolazione e l’indebolimento dello Stato. Inoltre denuncia “l’occupazione lenta ma sicura di alcune entità del paese” e “la grande manipolazione di alcuni dei nostri compatrioti congolesi al soldo del nemico”.
Diversi rapporti delle Nazioni Unite e di organizzazioni non governative accusano il Rwanda e l’Uganda di “sostegno politico, militare e logistico” alla nuova ribellione a tutela dei propri interessi economici e territoriali nell’Est della Repubblica democratica del Congo. Nata lo scorso aprile, la ribellione del M23 – ormai ribattezzata Esercito rivoluzionario del Congo (Arc) – è essenzialmente costituita da ex miliziani del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp, tutsi) del capo latitante Bosco Ntaganda che erano stati integrati nell’esercito regolare dopo gli accordi di pace del 2009. In pochi mesi l’M23 ha sconfitto le truppe congolesi, riuscendo a prendere il controllo di alcune località nel territorio di Rutshuru; ora starebbe puntando verso Goma.
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