Il generale Bosco Ntaganda deve essere arrestato e trasferito alla CPI

Congo Attualità n. 147 – Editoriale a cura della Rete Pace per il Congo

 

Il Kivu, soprattutto il Nord Kivu, è ancora alle prese con il fenomeno delle diserzioni di varie centinaia di militari che, prima di essere integrati nell’esercito nazionale nel 2009, facevano parte della milizia del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP), un movimento politico militare prossimo all’attuale regime ruandese. I militari disertori sono quelli che più strettamente collaborano con il generale Bosco Ntaganda, ex Capo di Stato Maggiore della milizia del CNDP e ora integrato nell’esercito congolese come n° 2 al comando dell’operazione militare Amani Leo (La Pace oggi), condotta ufficialmente contro i ribelli ruandesi delle Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR).

Come le precedenti operazioni militari (Umoja Wetu e Kimia II) contro le FDLR, anche Amani Leo serve, in realtà, da vera piattaforma per il commercio illegale e clandestino dei minerali del Kivu, esportati all’estero via il Ruanda. Secondo il rapporto del gruppo degli esperti dell’Onu per la RDCongo, il generale Bosco Ntaganda e gli ufficiali che da lui dipendono sono i maggiori implicati in questa “rete mafiosa” di contrabbando dei minerali. L’attuale regime ruandese ne trae ingenti vantaggi, poiché è attraverso il Ruanda che transita il commercio minerario.

Bosco Ntaganda è anche colui che può ostacolare un’eventuale alleanza tra le FDLR presenti nel Kivu e alcuni generali dissidenti ruandesi, ora esiliati in Sud Africa, un’alleanza che potrebbe porre fine all’attuale dittatura ruandese.

Inoltre, l’attuale regime ruandese non ha mai messo da parte le sue mire di egemonia economica, politica e militare sul Kivu e, per realizzare un tale progetto, si serve della comunità ruandofona congolese, soprattutto tutsi. Il CNDP ne è lo strumento principale, sia a livello militare, attraverso l’integrazione delle sue milizie nell’esercito nazionale congolese, sia a livello politico, attraverso l’instaurazione di un’amministrazione locale parallela.

A livello politico, attualmente, la situazione è molto confusa, soprattutto dopo che la Corte Suprema di Giustizia abbia confermato l’annullamento delle elezioni legislative del 28 novembre nella circoscrizione del Masisi, roccaforte del CNDP, partito politico membro della Maggioranza Presidenziale (MP). Quindi, attualmente, il CNDP non ha nessun deputato che lo rappresenti all’Assemblea Nazionale, almeno fino a quando non si terranno le elezioni legislative (teoricamente previste due mesi dopo la sentenza della CSJ).

Bosco Ntaganda, di nazionalità ruandese, come appare nel mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI) nel 2006, per crimini commessi nell’Ituri nel 2002-2003, è l’uomo che difende esclusivamente gli interessi della comunità tutsi congolese e del regime ruandese nel Kivu. Un suo eventuale arresto e il suo trasferimento alla CPI potrebbero rappresentare un duro colpo inferto al lucroso commercio dei “minerali insanguinati” e all’egemonia (economica, politica e militare) ruandese sul Kivu in particolare e su tutta la RDCongo, in generale.

Nell’incertezza delle prossime elezioni legislative nel Masisi, il CNDP ricorre alla forza delle armi per imporsi politicamente. Le attuali diserzioni possono essere una forma di pressione sulla popolazione locale, per orientare l’esito delle prossime elezioni legislative nel Masisi.

Inoltre, le denuncie espresse negli ultimi rapporti del gruppo degli esperti dell’Onu sull’implicazione diretta di Ntaganda nello sfruttamento illegale dei minerali e le ultime pressioni nazionali e internazionali esercitate sul Presidente Kabila, affinché faccia arrestare e trasferire Bosco Ntaganda alla CPI possono essere le cause immediate delle attuali diserzioni di militari.

In un momento in cui il “ falso mito Ntaganda” come “elemento indispensabile per la pace” si sta sciogliendo come neve sotto il sole, il Presidente Kabila e il Governo Matata hanno il dovere di assumersi le loro rispettive responsabilità, arrestando e trasferendo Bosco Ntaganda alla CPI, senza imboccare altre scorciatoie che potrebbero rivelarsi pericolose e ad alto rischio. Sarebbe un segnale forte e tangibile di lotta contro l’impunità e di un serio impegno per la giustizia.