SOMMARIO
EDITORIALE:
Il generale Bosco Ntaganda deve essere arrestato e trasferito alla CPI
1. LE CONTRADDIZIONI DI UN ESERCITO
a. Le diserzioni di militari CNDP
b. Il permutamento dell’811° reggimento
c. Gli scontri tra le FARDC e i militari disertori
2. ALCUNE DICHIARAZIONI
a. Il comunicato del CNDP
b. Le dichiarazioni di Bosco Ntaganda
c. Le dichiarazioni del Governatore Julien Paluku
d. Le raccomandazioni di Renaissance Africaine / Aeta Sud Kivu
3. VERSO LA CREAZIONE D’UNA NUOVA RIBELLIONE
a. La sospensione delle operazioni militari contro i disertori
b. L’apparizione di un nuovo movimento ribelle chiamato M23
4. LA SITUAZIONE UMANITARIA
a. Gli sfollati e l’aumento dei prezzi
5. PER UNA LETTURA DELLA REALTÀ
a. L’integrazione del CNDP nelle FARDC: un grave errore
b. La precarietà della situazione politica e militare
EDITORIALE: IL GENERALE BOSCO NTAGANDA DEVE ESSERE ARRESTATO E TRASFERITO ALLA CPI
1. LE CONTRADDIZIONI DI UN ESERCITO
a. Le diserzioni di militari CNDP
Nel fine settimana del 22 aprile, altri tre ufficiali hanno disertato i ranghi delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) nel Nord Kivu, nonostante il recente ammonimento loro rivolto dalle autorità militari. Tra questi nuovi disertori, c’è il colonnello Mutoni, comandante del primo battaglione dell’812° reggimento stanziato a Ngungu, a sud-est di Masisi centro. Ha disertato il 22 aprile con i suoi uomini e si è recato a Kitshanga, a ovest di Goma, nel territorio di Masisi, dove si è concentrata la maggior parte dei disertori.
Il secondo ufficiale disertore è il colonnello Ngaruye Baudouin, comandante del terzo settore operativo, dispiegato nel Sud Kivu. Secondo fonti militari, il colonnello Ngaruye, che doveva raggiungere Mwenga, sua nuova destinazione, il sabato 21 aprile, non vi è mai arrivato. Sarebbe andato a Kitshanga, portando con sé circa 40.000 dollari che aveva ricevuto per pagare le sue truppe.
Il venerdì 20 aprile, era stato il colonnello Innocent Nzimulinda, ex comandante dell’811° reggimento, a disertare l’esercito, unendosi agli altri disertori a Masisi. Un’autorità locale di Masisi ha accusato i disertori di commettere soprusi contro i civili.
Nella notte tra il 21 e il 22 aprile, tre militari e due civili sono rimasti feriti a Kalungu, nel territorio di Kalehe (Sud Kivu), durante una sparatoria tra due gruppi di militari delle FARDC. Gli spari sono iniziati quando il primo gruppo di militari, di pattuglia sulla strada Nyabibwe-Kalungu, ha bloccato il passaggio ad un altro gruppo di militari diretti verso Goma. Fonti della 10ª regione militare hanno confermano che la sparatoria è avvenuta tra la pattuglia del 103° Reggimento e la scorta di un ufficiale della 10ª Regione militare in cammino verso Goma. Il secondo gruppo di militari ha violato la barriera di sicurezza, ma poi è stato bloccato a metà percorso.
Il 23 aprile, quattordici militari delle FARDC dell’ex gruppo ribelle del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP), arrestati per la loro defezione dall’esercito, sono stati trasferiti a Bukavu (Sud Kivu) dal Nord Kivu. Essi dovranno essere processati da tribunali militari. I processi contro gli ammutinati si svolgeranno a Uvira, Baraka e Nyabibwe (Sud Kivu). Dieci dei 14 militari sono accusati di aver disertato le FARDC. Gli altri quattro sono coinvolti nella sparatoria tra due gruppi di militari a Nyabibwe e a Kalungu (Kalehe), nella notte tra il 21 e il 22 aprile. Tre dei quattro militari coinvolti nella sparatoria sono ufficiali. Si tratta di:
– Il colonnello Bernard Byamungu, ex comandante del 9° settore di Uvira,
– Il colonnello Samuel Sabimana, ex comandante del 105° reggimento di Baraka.
– Il colonnello Josué Biyoyo, ex comandante del 103° Reggimento di Nyabibwe.
Secondo il portavoce militare del Nord e Sud Kivu, ciascuno sarà giudicato sul luogo in cui sono stati commessi i fatti.
Il 23 aprile, oltre 100 militari ammutinati che erano sotto il comando dei colonnelli Byamungu e Nsabimana, sugli altopiani di Uvira (Sud Kivu), sono arrivati al posto di comando della 10ª regione militare delle FARDC, a Bukavu. Gli istigatori dell’ammutinamento saranno trasferiti davanti alla giustizia militare e saranno processati secondo la legge e i regolamenti militari. Gli ammutinati che non saranno condannati saranno inviati al centro di formazione di Luberizi per la loro riabilitazione. 162 ammutinati, arrivati a Bukavu la precedente settimana, hanno già espresso la loro disponibilità a reintegrare l’esercito regolare. I soldati ammutinati erano sotto il comando del colonnello Bernard Byamungu Maheshe, comandante del 9° settore delle FARDC a Uvira. Era stato arrestato il 15 aprile dai servizi specializzati dell’esercito regolare. Conosciuto con il soprannome di Tigre (Tiger One), il colonnello Byamungu aveva disertato l’8 aprile con due alti ufficiali, il colonnello Samuel Nsabimana, comandante del 105° reggimento con sede a Baraka e il suo vice, il tenente colonnello Toussaint Muhindo Mayanga. I tre ufficiali avevano disertato insieme ad altri 371 militari. Secondo fonti militari citate dall’ACP, gli ufficiali Saddam Edmond e Mosè Zaire sono ancora fuggitivi.
Secondo alcune fonti, trecento militari disertori delle FARDC si sono uniti a Sheka, capo ribelle del gruppo Mai-Mai Nduma Defense of Congo (NDC), operante nel territorio di Walikale (Nord Kivu). I militari disertori dell’esercito congolese e i Mai Mai Cheka operano nella zona di Luvungi, Bunyampuli e Kibua, sulla strada Goma-Walikale. I servizi di sicurezza della provincia affermano che lo scopo dell’alleanza tra Sheka e Ntaganda, ricercato dalla Corte Penale internazionale (CPI) per crimini di guerra, è quello di controllare le zone minerarie dove ci sono giacimenti d’oro e di cassiterite.
Il 3 maggio, a Goma (Nord Kivu), circa 80 militari hanno disertato l’esercito, tra cui il colonnello Sultani Makenga e il tenente-colonnello Masozera. Il colonnello Makenga era il numero due delle operazioni militari Amani Leo (la pace oggi in swahili), nella vicina provincia del Sud Kivu. Il tenente colonnello Masozera è l’attuale aiutante di campo del generale Ntaganda.
b. Il permutamento dell’811° reggimento
Il 23 aprile, circa un migliaio di soldati hanno lasciato Goma (Nord Kivu) per Kananga, nel Kasai-Occidentale. Si tratta di militari dell’811° reggimento basato a Mwesso e Nyanzale, a ovest di Goma, territorio di Masisi.
Decisa dallo Stato Maggiore generale delle FARDC, tale mutazione ha lo scopo di porre fine al fenomeno dei soldati e ufficiali disposti a difendere solo gli interessi della propria comunità etnica di appartenenza. Secondo fonti dei vertici militari delle FARDC, si tratta di una prima ondata di mutazioni all’interno di un’operazione più vasta. Altre simili mutazioni saranno decise in seguito. Già da molto tempo, erano molte le voci che chiedevano che i soldati provenienti da ex gruppi ribelli fossero allontanati dalle loro zone di attività. Ma gli interessi provenienti dal commercio illegale e clandestino dei minerali hanno finora prevalso sulle disposizioni disciplinari. Se ora si comincia a prendere un certo tipo di decisioni, meglio tardi che mai.
I militari dell’806° reggimento arrivati in sostituzione delle unità FARDC mutate a Kananga (Kasai Occidentale), stentano a dispiegarsi nella zona di Bashali Mokoto, in territorio di Masisi (Nord Kivu), a causa della presenza dei militari disertori che cercano di occupare il campo. I militari dell’806° reggimento delle FARDC si sono installati su un raggio di 10 km, dalla città di Mwesso fino a Muhongozi.
I militari ammutinati occupano le località di Kabati, Kirolirwe Muhongozi Kitshanga. La situazione sta diventando allarmante, dice un’autorità locale che teme scontri diretti tra le FARDC e disertori. Altre posizioni, come Pinga e Kashuga, lasciate libere dai soldati dell’811° reggimento mandati a Kananga, sono state occupate dalle milizie dell’Alleanza dei Patrioti per un Congo Libero e Sovrano (APCLS) e dai ribelli delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR).
In tale situazione la popolazione di Bashali Mokoto fugge verso Sake e Goma.
c. Gli scontri tra le FARDC e i militari disertori
Il 29 aprile, dei militari disertori hanno attaccato le postazioni delle FARDC a Mweso e a Mushaki, in territorio di Masisi, a sud della provincia del Nord Kivu. Secondo fonti militari, il bilancio degli scontri di Mweso è di sei morti tra i militari disertori e di tre feriti tra i militari delle FARDC. Dal 30 aprile, i militari disertori controllano diverse città nel territorio di Masisi, tra cui Karuba, Muheto, Mushaki, Buku, Kitshanga Bwiza Nyamitaba Kirolirwe Kabati, Mukambi, Murambi Misumbala, Luhunga, Mwesso.
Secondo fonti locali, i disertori si sono alleati con la milizia di auto-difesa dei Mai Mai di Sheka Ntabo Ntaberi e, con loro, hanno preso il controllo di Luvungi, Bunyampuli e Mpofi, sulla strada Walikale-Masisi. Da parte sua, il portavoce delle FARDC nel Nord e Sud Kivu, Sylvain Ekenge, afferma che la situazione è sotto controllo.
Il 30 aprile, il governatore del Nord Kivu, Julien Paluku, ha smentito le informazioni secondo cui i militari disertori hanno preso il controllo su diversi villaggi. Egli ha affermato che i militari disertori sono prima di tutto dei militari indisciplinati. Egli ha quindi aggiunto che “essi erano già dispiegati nei villaggi citati come unità delle FARDC”, precisando: “E se, ad un certo punto, hanno cominciato a considerarsi come appartenenti a una determinata fazione, non per questo si può dire che hanno conquistato le località in questione, perché c’erano già da prima”. Da parte sua, il vicepresidente della società civile nel Nord Kivu, Omar Kavota, ha sostenuto che queste comunità sono ora sotto il controllo di truppe ribelli, perché esse non obbediscono più alla gerarchia delle FARDC. Egli ha affermato: “Ci sono delle località che sono ora sotto controllo dei militari ex CNDP fedeli all’ex generale Bosco Ntaganda”. Secondo lui, “Ci sono altre località che sono controllati da altri gruppi armati, come l’APLCS”. Il portavoce del governo provinciale, Adele Bazizane, continua ad affermare che “la situazione rimane sotto controllo delle FARDC”. È stato istituito un comitato di crisi per elaborare con urgenza un piano di emergenza.
Il 30 aprile, le FARDC hanno lanciato una contro offensiva e hanno recuperato alcune località di Masisi e di Rutshuru (Nord Kivu), da due giorni occupate dai militari disertori. La località di Bwiza, nei pressi di Kitshanga, a circa 100 km a ovest di Goma, nel territorio di Rutshuru, è sotto il controllo dell’esercito regolare. Secondo fonti locali, le FARDC hanno ripreso il controllo anche di altri villaggi: Kautu, Kabaya, Karuba e Kilongo, vicino a Mushaki, a circa 50 km a ovest di Goma. L’attuale obiettivo dell’esercito regolare è quello di riprendere i centri più grandi, come Mushaki, a nord-ovest di Goma, sulla strada di Masisi centro e Kitchanga, a circa 80 km a ovest di Goma, sempre nel Masisi.
Il 2 maggio, i militari hanno ripreso la località di Kitshanga, finora occupata dai disertori. Secondo alcune fonti, gli insorti si sarebbero diretti verso Burungu, situata a circa 7 km da Kitshanga.
Il 4 maggio, l’esercito congolese ha ripreso il controllo della cittadina di Mushaki, dove si era ritirato il generale Bosco Ntaganda. I militari ammutinati hanno rivelato che “Ntaganda lascierà la sua fattoria, per andare, attraverso il Parco dei Virunga, a Runyonyi, nel vicino territorio di Rutshuru”, confinante con il Ruanda e l’Uganda e tradizionale roccaforte del CNDP. Sua intenzione sarebbe di raggiungere il colonnello Makenga, suo assistente nell’ex ribellione e anch’egli disertore. Anche se, per il momento, è difficile sapere dov’è esattamente, è probabile che Ntaganda voglia attraversare la frontiera e rifugiarsi in Ruanda, per evitare il suo arresto. Soprattutto quando si sa che il paese di Paul Kagame non è firmatario dell’accordo di collaborazione con la Corte Penale Internazionale. Come si vede, l’avventura di Bosco Ntaganda, un militare ruandese diventato generale delle FARDC, può finire come quella di un certo Laurent Nkunda Batware. Questo ufficiale tutsi vive ora tranquillamente in Ruanda, dopo aver angariato 60 milioni di Congolesi. L’umiliazione è troppo grande. È giunto il momento in cui il popolo congolese prenda coscienza della necessità di neutralizzare i mandanti di questo tradimento.
2. ALCUNE DICHIARAZIONI
a. Il comunicato del CNDP
Il 29 aprile, in una dichiarazione firmata dal senatore Edouard Mwangachuchu Hizi, Presidente Nazionale del CNDP, la direzione politica del partito, membro della maggioranza presidenziale, intende dare all’opinione pubblica, nazionale internazionale, i seguenti chiarimenti in merito alla situazione di insicurezza che prevale nelle province del Nord e Sud Kivu.
1. Intere unità delle FARDC sono attualmente in uno stato di ammutinamento nelle province del Nord e Sud Kivu. Esse si sono sottratte dalle loro autorità di comando e si sono ritirate dalle loro posizioni per motivi di sicurezza. Si sono ritirate per evitare ogni possibilità di scontro violento con i loro colleghi e commilitoni. Purtroppo, queste forze sono attualmente oggetto di numerosi attacchi militari, costrette a difendersi.
2. Questo ammutinamento è stato spesso descritto dai media, sia nazionali che internazionali, come un movimento di auto difesa iniziato da un generale delle FARDC minacciato da un mandato di arresto internazionale. Questa interpretazione è totalmente errata e manipolata, perché il citato ufficiale continua ad esercitare sotto il comando della gerarchia delle FARDC.
3. La Direzione politica del CNDP desidera sottolineare che l’attuale ammutinamento è causato dall’evidente fallimento del processo di integrazione dei militari degli ex movimenti politico-militari nelle FARDC. 4. Il governo della RDC è pienamente responsabile dell’attuale situazione, perché non ha rispettato gli accordi di pace del 16 gennaio e del 23 marzo 2009 firmati a Goma. Pertanto, il CNDP raccomanda al governo di:
– Ordinare la cessazione immediata delle ostilità in seno all’esercito e questo per la sicurezza del popolo.
– Ritornare alla rigorosa applicazione degli accordi di pace del 16 gennaio e del 23 marzo 2009.
b. Le dichiarazioni di Bosco Ntaganda
Il 1° maggio, il generale Jean-Bosco Ntaganda ha affermato, in un’intervista, di non essere implicato nei violenti scontri tra militari FARDC e militari disertori, ex membri della ribellione del CNDP, di cui era capo di stato maggiore. Egli ha smentito anche qualsiasi responsabilità sua per le recenti defezioni di alcuni militari e ufficiali dall’esercito congolese. Intervistato per telefono, egli ha anche dichiarato: «Mi trovo presso la mia fattoria nelle vicinanze di Mushaki; la gerarchia militare sa che sono qui e mi è stato permesso di rimanere; anche il Capo dello Stato (Joseph Kabila) lo sa», aggiungendo: «I militari ammutinati hanno delle rivendicazioni che li inducono a disertare le file delle FARDC» ma «non ho il potere di combattere contro di loro, perché ora non ho alcuna funzione di comando». Ex Capo di Stato Maggiore del CNDP, ricercato dal Tribunale Penale Internazionale (TPI), residente di solito a Goma, la capitale del Nord Kivu, Ntaganda è stato finora il “numero 2” (in realtà il numero 1), al comando dell’operazione militare Amani Leo, ufficialmente condotta contro i gruppi armati nazionali (Maï-Maï) e stranieri (FDLR), ma ha mantenuto a sua disposizione delle truppe del CNDP che non sono integrate nelle FARDC e che obbediscono a una catena di comando parallela.
c. Le dichiarazioni del Governatore Julien Paluku
Il 2 maggio, Julien Paluku, governatore della provincia del Nord Kivu, ha dichiarato alla stampa che il governo congolese ritiene ora Bosco Ntaganda responsabile per dei combattimenti attualmente in corso nel Nord Kivu e ha chiesto che venga ricercato: «Il governo congolese mi ha incaricato di comunicare quanto segue: La responsabilità di tutto ciò che sta attualmente accadendo nel Masisi è del generale Bosco Ntaganda che, per questo, deve essere ricercato», aggiungendo: «Quando le nostre unità militari riusciranno a mettere le mani su di lui, egli dovrà rispondere di tutte le sue azioni davanti ai giudici congolesi». Secondo lui, «Se, per indisciplina, ci verrà imposta una guerra, noi la combatteremo». «Bosco Ntaganda deve essere arrestato e condotto davanti alla giustizia congolese per rispondere dei suoi atti», ha concluso il Governatore. Secondo alcuni osservatori, il riferimento alla giustizia congolese non è casuale e lascia intuire che non ci sarebbe una volontà precisa di trasferire Bosco Ntaganda alla Corte Penale Internazionale.
d. Le raccomandazioni di Renaissance Africaine / Aeta Sud Kivu
Il 3 maggio, l’associazione Rinascita Africana, RENAF e punto focale della piattaforma “Agire per elezioni trasparenti e pacifiche” (Aeta / Sud Kivu), preoccupata per l’insicurezza che prevale nella parte orientale della RDC, in particolare nel Nord e nel Sud Kivu, raccomanda:
1. Alla MONUSCO:
– Prendere delle misure di precauzioni per evitare la propagazione dell’insicurezza vissuta nel Nord e Sud Kivu e nel resto del paese, mediante il controllo degli aeroporti di Bukavu e Goma e di altri luoghi strategici attraverso i quali potrebbero infiltrarsi degli aggressori provenienti dai Paesi limitrofi (Uganda, Burundi e Ruanda)
– Proteggere la popolazione civile durante i combattimenti tra le forze lealiste e i militari ammutinati.
2. Al governo della RDCongo:
– Prendere le misure adeguate per la protezione delle persone e dei beni; – Accelerare la formazione di un esercito repubblicano
– Istituire dei meccanismi di lotta contro l’impunità all’interno delle forze armate
– Aprire un’inchiesta indipendente e rigorosa sui casi sospettati di alto tradimento in seno all’esercito (o ai vertici dello Stato), per chiarire le responsabilità sulle uccisioni di civili da parte dell’esercito da un lato e dei militari disertori dall’altro e sulle uccisioni di militari congolesi
– Ristabilire rapidamente l’ordine costituzionale infranto, arrestando i militari disertori
– Riabilitare e potenziare le capacità operative dei posti di comando delle regioni militari di Kivu
– Prendere contatto con la Corte Penale Internazionale, la Commissione africana per i diritti dell’uomo e dei popoli e con altri organi giudiziari competenti, per assicurare che gli autori di crimini e gravi violazioni dei diritti umani perpetrate nel Nord e Sud Kivu, rispondano dei loro atti davanti alla giustizia;
3. Al Capo dello Stato, presidente della Repubblica e garante della nazione, Capo Supremo delle FARDC:
– Ristrutturare immediatamente e senza condizioni l’esercito nazionale e creare un nuovo Stato Maggiore Militare composto da nazionalisti congolesi
– Lanciare una vera contro offensiva contro gli aggressori stranieri
4. Allo Stato Maggiore delle FARDC:
– Rendere effettivo il numero esatto dei militari nazionalisti congolesi attivi nel Kivu
– Mettere fine al carattere mono-etnico di certi battaglioni, posti di comando e reggimenti militari operativi nel Nord e Sud Kivu.
5. Alla Popolazione:
– Contrastare ogni progetto di balcanizzazione del Paese
– Continuare a mobilitarsi nell’unità e senza violenza, mediante azioni e dichiarazioni, per il controllo popolare del processo di pace, in cista di preparare le prossime elezioni provinciali, secondo le scadenze previste dalla Costituzione
– Rifiutarsi di commettere atti di vandalismo e di saccheggio, per non distruggere le poche infrastrutture economiche esistenti
– Garantire la vigilanza sulle città di Bukavu, Goma e sui territori vicini, denunciando tutte le violazioni dei diritti umani commesse durante questo periodo cruciale.
3. VERSO LA CREAZIONE D’UNA NUOVA RIBELLIONE
a. La sospensione delle operazioni militari contro i disertori
Il 5 maggio, le FARDC hanno sospeso le operazioni condotte contro i militari disertori, assicurando che la situazione è sotto il loro controllo. Il Capo di Stato Maggiore Generale dell’esercito, il generale Didier Etumba, ha affermato che “l’attuale situazione del Nord Kivu è il risultato di alcuni ufficiali indisciplinati che hanno strumentalizzato alcuni soldati”. Ai militari ammutinati, egli ha dato cinque giorni di tempo per “ritornare entro le file dell’esercito nazionale” e ha invitato i comandanti locali di “creare le condizioni” adeguate per accogliere i pentiti. Non ha specificato, però, quali siano le conseguenze per gli ammutinati che persevereranno nella loro “indisciplina”. Dopo quattro giorni di operazioni militari nel Nord Kivu, più di settanta disertori militari sono tornati nelle FARDC. Diverse fonti sul territorio di Masisi affermano gli altri militari ammutinati sono ora allo sbando e molti di loro hanno preso la direzione del Parco Nazionale dei Virunga.
b. L’apparizione di un nuovo movimento ribelle chiamato M23
Un gruppo di militari disertori fedeli al generale Bosco Ntaganda hanno appena creato un nuovo movimento ribelle chiamato M23, in riferimento all’accordo di pace firmato il 23 marzo 2009, un accordo che aveva permesso ai ribelli del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP) di integrare le Forze Armate della RDCongo (FARDC). L’ala militare di questo nuovo movimento sarebbe l’Esercito Nazionale Congolese/CNDP (ANC/CNDP). Il suo capo sarebbe il colonnello Sultani Makenga, che ha disertato il 4 maggio.
Secondo i suoi fondatori, l’obiettivo del movimento del M23 è quello di rinforzare l’accordo di pace firmato nel 2009 tra il governo congolese e il CNDP. Secondo loro, l’accordo di pace negoziato con il governo il 23 marzo 2009 non è stato ben applicato. Secondo un comunicato del 6 maggio, occorre quindi “rivitalizzarne l’applicazione”.
Secondo alcuni membri della società civile del Nord Kivu, tale movimento ribelle sarebbe stato creato dallo stesso generale Bosco Ntaganda e dai suoi collaboratori più stretti, con l’obiettivo di riposizionarsi sulla scena politica, in un momento in cui le istituzioni sorte dalle ultime elezioni stanno prendendo forma.
Inoltre, il M 23 è nato proprio quando le FARDC hanno annunciato una tregua di cinque giorni per permettere ai militari ammutinati di ritornare nelle caserme.
Secondo il parere di molti osservatori, il generale Bosco Ntaganda, perseguito dalla CPI per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, sta preparando un nuovo scenario che gli potrebbe permettere di tornare con forza sulla scena politica congolese.
Con la creazione di questo movimento, il generale Bosco Ntaganda vuole probabilmente dimostrare che è ancora una personalità importante con cui il governo congolese deve negoziare e collaborare. Pertanto, le autorità congolesi si vedranno costrette a non consegnarlo alla CPI.
I calcoli del numero due dell’ex CNDP sono rafforzati anche dai legami che egli mantiene da diversi anni con molti politici e militari congolesi. Bosco Ntaganda e molti suoi collaboratori sono diventati potenti, perché coinvolti anche nello sfruttamento illegale delle ricchezze minerarie dell’Est della RDCongo. È questo commercio illegale dei minerali che alimenta molti gruppi armati e signori della guerra che dettano legge all’Est.
Secondo alcuni osservatori, la tregua decretata dalle FARDC per consentire ai disertori di ritornare alle loro caserme si dimostra oggi inadeguata, in quanto gli uomini di Ntaganda, formati alla cultura della violenza e del terrore, non sono minimamente disposti a tornare nelle caserme. E la tregua può essere per Bosco Ntaganda una grande opportunità per riorganizzarsi e riarmarsi. L’unico modo per sedare il movimento ribelle in gestazione è quello di lanciare una grande operazione militare aereo-terrestre, condotta congiuntamente dalle FARDC e dalle forze militari della Missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione della RDCongo (MONUSCO), per inseguire e sconfiggere definitivamente il generale Bosco Ntaganda e i suoi uomini. L’operazione deve anche avere l’appoggio dei paesi vicini (Ruanda, Burundi e Uganda), evitando di servire come base per i militari ammutinati e disertori.
4. LA SITUAZIONE UMANITARIA
a. Gli sfollati e l’aumento dei prezzi
Dal 29 aprile al 2 maggio, l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (UNHCR) ha registrato circa 16.000 sfollati, arrivati nei campi di Mugunga e Keshero, ad ovest di Goma (Nord Kivu). Aspettando l’arrivo di aiuti umanitari, essi mancano di acqua e cibo e vivono nella paura di ulteriori attacchi. Tra gli sfollati, ci sono membri delle tribù degli Hunde, Hutu, Tembo e Nianga. I Tutsti, invece, hanno preso la direzione del Ruanda. Per quanto riguarda questi ultimi, essi sono stimati a circa 3.500, arrivati presso il centro di transito di Nkamira.
Secondo le statistiche fornite dal Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) di Kinshasa, durante il primo trimestre di quest’anno il numero degli sfollati in RDCongo “è aumentato di 241.000 persone: da 1,7 milioni al 31 dicembre 2011 a oltre 2 milioni al 31 marzo di quest’anno”. Nelle sole due province del Kivu, ci sono ” più di 1,4 milioni di persone sfollate, equivalenti al 70% della popolazione sfollata nell’intero Paese”, per lo più fuggiti a causa dell’insicurezza creata dai gruppi armati, locali e stranieri. Il Sud Kivu ne ha il maggior numero, con un incremento del 35%, con 856.162 sfollati contro i 634.598 del 31 dicembre 2011. Nel Nord Kivu, secondo le nuove statistiche, sono 514.000 gli sfollati ospitati in 31 campi profughi. Per quanto riguarda la Provincia Orientale, l’agenzia delle Nazioni Unite ha osservato che, nonostante la presenza di elementi dell’Esercito di Resistenza del Signore, si assiste a una leggera diminuzione con un totale di 466.000 sfollati a fine marzo nei confronti dei 471.000 alla fine del 2011.
Gli scontri tra FARDC e i militari disertori hanno causato l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari nella città di Goma, tagliata dal territorio di Masisi, punto di approvvigionamento dei prodotti alimentari. Il sacco di 100 kg di patate costa ora 55 $, mentre prima costava tra i 30 e i 35 $. Un sacco di fagioli è passato da 55 a 80 $ o, addirittura, a 130 $ a seconda delle qualità. Il sacco di 100 kg di manioca è aumentato da 32 a 50 $. La ciotola di fagioli, che costava 600 FC, ora si vende tra gli 800 e i 1200 Fc. Una ciotola di farina di manioca è passata da 400 Fc a oltre 800 Fc.
5. PER UNA LETTURA DELLA REALTÀ
a. L’integrazione del CNDP nelle FARDC: un grave errore
Alcuni osservatori ritengono che l’integrazione delle truppe del CNDP nelle FARDC sia stato un grave errore, di cui si subiscono le conseguenze fino ai giorni nostri. Siglata il 23 gennaio 2008, alla fine della conferenza di Goma sulla pace e lo sviluppo, tale integrazione non ha ancora portato la pace. Al contrario, l’attuale potere ha concesso agevolazioni e favori agli ex ribelli, tra cui armi, logistica e mezzi di comunicazione. In breve, gli elementi del CNDP sono stati favoriti rispetto al resto dell’esercito. Essi sono stati assegnati al Kivu, perché si sono sempre opposti al loro dispiegamento in altre unità militari del paese, fuori dal Kivu. Sono stati promossi di grado fino a raggiungere il rango di generali, com’è il caso di Bosco Ntaganda. Questo favoritismo è la causa primordiale dell’attuale situazione. Avendo il premio alla ribellione dimostrato i suoi limiti, la soluzione non può essere quella proposta dal ramo politico del CNDP. Sarebbe criminale continuare a costruire un esercito repubblicano con tecnici dello stupro, della rapina e dei massacri più infami. Fidarsi di persone soggette soltanto alla gerarchia del proprio clan e che si comportano come cavalli di Troia al servizio del regime ruandese, sarebbe far mostra di cecità, sia politica che militare.
In un’intervista accordata al settimanale “Jeune Afrique” del 29 aprile al 5 maggio, il presidente ruandese Paul Kagame – che ha innalzato la menzogna al rango di arte moderna – con faccia tosta afferma che l’instabilità nel Nord Kivu provocata dall’eventuale trasferimento di Ntaganda a L’Aia “è una questione congolese, non ruandese”. In un linguaggio subliminale, il satrapo del Ruanda ha detto tutto ciò che di male pensa sul trasferimento di Ntaganda alla Corte Penale Internazionale: “(…) le mie riserve sul funzionamento della Corte Penale Internazionale e sulla sua parzialità, come ho già molte ripetuto, rimangono intatte”. Tuttavia, perché l’uomo forte di Kigali continua ad immischiarsi in una questione che ritiene congolese? In effetti, Paul Kagame è colui che ne tira le file. È lui che, attraverso gruppi armati creati dal nulla, ravviva l’instabilità nella regione del Kivu. Secondo un articolo pubblicato il 27 aprile 2004 da MMC, filiale editoriale del sito Digital Congo.net, “le autorità di Kigali non hanno mai abbandonato il loro sogno di amministrare gli affari di Kinshasa attraverso le loro pedine che spingono in prima linea per prendere il potere”.
Per viltà – o per connivenza con il regime ruandese -, “Joseph Kabila” li lascia fare. Dal gennaio 2009, Kagame e “Kabila” si sono riconciliati. Una riconciliazione che non ha portato alcun miglioramento in termini di sicurezza nelle province del Kivu, nonostante le operazioni militari “Umoja Wetu” e “Kimya” e “Amani Leo”. La situazione è peggiorata. Le FARDC sono infiltrate da militari ruandesi camuffati sotto la bandiera del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP) che pretende garantire la sicurezza dei membri della comunità Tutsi. Le FARDC sono minate dall’interno da “nemici invisibili”, che vengono dislocati non solo a livello delle regioni militari, ma anche presso lo Stato Maggiore Generale delle FARDC a Kinshasa. Inoltre, a Goma, Mbuji-Mayi e a Bukavu, l’esercito è comandato da ufficiali di incerta lealtà.
b. La precarietà della situazione politica e militare
L’ammutinamento dei militari fedeli al generale Bosco Ntaganda ha evidenziato la precarietà della situazione politica e militare cui deve far fronte la RDC dopo le tanto discusse elezioni dello scorso novembre. L’esercito è un conglomerato di milizie che, spesso, sono sospettate di essere comandate da criminali di guerra. Presentata come un segno di pace nel 2009, l’integrazione del CNDP nell’esercito ha aperto la strada ad una silenziosa presa di controllo di gran parte dei Kivu, sia militare (comando parallelo, rifiuto di essere dispiegati al di fuori dei Kivu) che economico (furti ai danni delle popolazioni, contrabbando di materie prime e accaparramento di terre). Attraverso il processo di integrazione, sono le milizie che hanno assorbito l’esercito congolese e non l’esercito che ha assorbito le milizie. Gli instabili equilibri in seno all’esercito riflettono l’instabilità che caratterizza anche la classe politica congolese.
Nel Nord Kivu, al di là del singolo caso di Bosco Ntaganda, ciò che è in gioco è la rappresentanza politica del CNDP e dei Tutsi congolesi. Le elezioni del 2011, che avrebbero dovuto agevolare l’integrazione del CNDP nelle strutture politiche nazionali e provinciali, sono state annullate nella loro roccaforte di Masisi, a causa degli ingenti brogli elettorali. Questa decisione lascia ancora aperta la questione del ruolo di questo movimento e dell’equilibrio politico intercomunitario nel Nord Kivu. Solo nuove elezioni potrebbero contribuire a risolvere la questione del controllo politico in questa provincia. Per i donatori occidentali, l’ammutinamento di Bosco Ntaganda, “Terminator”, dovrebbe essere l’occasione per ripensare alcune politiche finora seguite e per rispondere ai crescenti problemi, come:
1. Il fallimento della riforma delle forze armate, nonostante l’implicazione di molti finanziatori.
2. L’inadeguatezza di certi accordi individuali e a breve termine con i capi delle milizie, accordi che minano la governabilità delle istituzioni di sicurezza congolesi.
3. La strumentalizzazione dei mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale da parte del governo congolese, che mercanteggia l’arresto di criminali di guerra in cambio del sostegno politico dei paesi occidentali.