Congo Attualità n. 145

SOMMARIO

EDITORIALE

1. KIVU

a. Defezioni di soldati del CNDP integrati nelle FARDC

b. Le dichiarazioni che ne sono seguite

c. Il rientro di alcuni disertori

d. Joseph Kabila annuncia di voler arrestare Bosco Ntaganda

e. Bosco Ntaganda: l’anello di congiunzione tra Joseph Kabila e Paul Kagame

f. Il Kivu: occupato e senza pace

g. Due buone notizie… almeno si spera!

EDITORIALE: IL PREZZO DELLA PACE

 

1. KIVU

a. Defezioni di soldati del CNDP integrati nelle FARDC

Nella notte dall’1 al 2 aprile, nel Nord Kivu, dei militari dell’ex ribellione del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP) hanno lasciato la loro postazione di Rubare, 12 km a sud di Rutshuru e si sono diretti verso sud, in direzione di Katale.

La mattina del 2 aprile, un altro gruppo di militari delle FARDC aveva lasciato lo Stato Maggiore del 804° reggimento di Nyongera, nei pressi di Kiwanja, tra le mani di militari dell’ex CNDP. Questi movimenti di truppe hanno creato panico tra la popolazione.

Fonti prossime alle FARDC di Rutshuru ha dichiarato che i militari ex CNDP dell’804° reggimento avrebbe risposto ad una parola d’ordine venuta da Masisi, dove alcuni soldati del generale Bosco Ntaganda avevano abbandonato le loro postazioni per ritirarsi a Kitshanga.

Nella notte del 7 aprile, il comandante dell’805° reggimento del campo di Nyongera, in territorio di Rutshuru (Nord Kivu), il colonnello Innocent Kayina, ha disertato le FARDC. Secondo alcune fonti militari, l’ufficiale ha preso con sé settanta uomini e, prima di partire, ha distrutto due jeep nuove appartenenti alle FARDC e un deposito d’armi e munizioni.

Altre diserzioni di soldati delle FARDC provenienti dal CNDP sono state registrate a Uvira, Baraka, Fizi, Nyabibwe, Mwenga, Shabunda e Kamituga, nella provincia del Sud Kivu.

Il colonnello Sylvain Ekenge, portavoce dell’Operazione “Amani Leo”, ha riconosciuto che dei soldati hanno abbandonato i loro reggimenti senza, però, indicarne i motivi. Ma ha affermato che la situazione è tornata sotto controllo delle FARDC e ha aggiunto di aver bloccato la strada a degli ufficiali disertori che volevano prendere possesso dell’armeria e della polveriera a Baraka, Sud Kivu. Egli ha spiegato che «alcuni ufficiali militari sono stati manipolati e sono caduti nella trappola, non so perché. Ciò che sta succedendo non ha nulla a che fare con le buste paga, dato che tutti sono stati pagati, non ha nulla a che fare con il vitto, in quanto è stato servito a tutti da oltre due settimane. Si tratta di intenti machiavellici che occorre combattere. È lui che vuole dividerci, è problema suo».

Nella serata dell’8 aprile, a Bunagana, posto di frontiera tra RDC e Uganda, a oltre 100 chilometri a nord-est di Goma (Nord Kivu), si sono registrati degli scontri tra militari lealisti e alcuni soldati dell’805° reggimento in defezione. Il portavoce delle operazioni Amani Leo, Sylvain Ekenge, ha dichiarato che si è trattato di una “operazione di rastrellamento”. Dopo oltre tre ore di combattimenti, i soldati ammutinati che cercavano di stabilirsi in città, si sono ritirati. Non è ancora disponibile alcun bilancio ufficiale delle vittime degli scontri. Ma secondo diverse fonti, ci sarebbero stati due morti, sei feriti e dodici militari ammutinati catturati.

Il 12 aprile, nel Sud Kivu, le Forze Armate della RDCongo (FARDC) continuano a ricercare quattro ufficiali militari che hanno disertato il 30 marzo. Questi ufficiali hanno con loro circa 140 soldati. Secondo alcune fonti prossime alla 10ª Regione Militare, l’11 aprile, essi sono stati respinti, dalle FARDC, dalle località di Muhuzi e Kashama, sugli altopiani della pianura del Ruzizi. Ora si trovano nei pressi di Ruhuha, sulle montagne sopra Mwenga. Queste stesse fonti affermano che i disertori si stanno muovendo verso il posto amministrativo di Kasika (Mwenga), per recarsi a Masisi, nel Nord Kivu. Altri 321 disertori si sono già arresi alle FARDC durante diversi scontri. Il 12 aprile essi si trovano presso il centro di formazione complementare di Luberizi. I quattro colonnelli disertori sono:

  • Bernard Byamungu: ex comandante del 9° settore a Uvira,
  • Saddam Edmond: Comandante del 10° settore a Fizi,
  • Nsabimana: Comandante del 105° reggimento a Baraka,
  • Eric Ngabo, alias Zairese: Comandante del 2° Battaglione, 104° Reggimento a Uvira.

Queste diserzioni di militari provenienti dalle file del CNDP si verificano proprio nel momento in cui, nella comunità internazionale, si stanno moltiplicando le richieste per il trasferimento del generale Bosco Ntaganda presso la Corte Penale Internazionale (CPI). Quest’ultimo è oggetto di un mandato d’arresto emesso dalla Corte stessa. Nel verdetto espresso il 14 marzo nel processo contro Thomas Lubanga, un ex signore della guerra dell’Ituri, i giudici della CPI avevano riconosciuto la complicità del generale Ntaganda nel reclutamento di bambini soldato con meno di 15 anni di età. Kinshasa non ha mai accettato di consegnare Bosco Ntaganda, sostenendo che, se si sentisse ricercato, egli sarebbe stato capace di destabilizzare la regione e provocare un nuovo conflitto.

La Comunità tutsi del Nord Kivu aveva già pubblicato, il 15 marzo, una lettera aperta al Segretario Generale delle Nazioni Unite in cui si affermava che «l’arresto del generale Bosco … potrebbe avere conseguenze nefaste per la comunità Tutsi e per la Regione … l’arresto di Bosco metterà a repentaglio l’intero processo di pace in RDCongo».

 

b. Le dichiarazioni che ne sono seguite

Il 6 aprile, in una dichiarazione firmata dal ministro delle Comunicazioni a.i., il governo congolese si dice «preoccupato per l’insicurezza che prevale attualmente nelle province del Nord e Sud Kivu» e ha chiesto ai militari indisciplinati la «stretta osservanza della disciplina militare». In un’altra dichiarazione rilasciata lo stesso giorno, il comandante delle Forze armate congolesi (FARDC) a Goma, chiesto a tutti i militari sotto suo comando «disciplina e lealtà».

Il 6 aprile, nel corso di una conferenza stampa à Bukavu (Sud Kivu), il Vice Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite nella RDCongo, Leila Zérouigoui, ha esortato il governo a imporre le dovute sanzioni contro i militari delle Forze Armate della RDC (FARDC) che hanno tentato di disertare. Secondo le parole del Vice Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite nella RDC, è giunto il momento per il governo congolese di dire «basta» ai militari facinorosi o problematici. Ella ha affermato che è necessario arrestare i militari che causano problemi, affinché rendano conto dei loro atti. Ha insistito che «non è accettabile che ritornino a negoziare il loro rientro nell’esercito ed esigere, poi, una promozione».

L’8 aprile, il portavoce della società civile del Nord Kivu, Omar Kavota, ha chiesto al capo dello Stato, Joseph Kabila, di impegnarsi personalmente nella soluzione di questi casi di defezione e di ordinare le dovute sanzioni contro i disertori, per porre fine a un fenomeno che contribuisce ad aumentare le sofferenze della popolazione.

Il 9 aprile, il Presidente Joseph Kabila è arrivato nel tardo pomeriggio a Goma, capitale del Nord Kivu, per verificare la situazione di insicurezza in questa regione. Era stato preceduto nella mattinata dal Capo di Stato Maggiore Generale dell’esercito, il generale Didier Etumba. Al suo arrivo, egli ha affermato che «coloro che non vogliono sottomettersi all’ordine della Repubblica saranno ricercati dall’esercito». Alludendo alle recenti defezioni di alcuni ufficiali delle FARDC provenienti dall’ex ribellione del CNDP constatate nel Nord e Sud Kivu, il Generale Didier Etumba ha dichiarato: «Abbiamo un’idea molto chiara. Ci sono alcuni indisciplinati che dobbiamo prendere e lo stiamo facendo nel modo più radicale. Non si tratta necessariamente di una questione di rivendicazioni. Qualcuno che è indisciplinato, che non vuole sottomettersi alla costituzione della Repubblica, né alle leggi della Repubblica, qualcuno che non vuole rispettare le istruzioni del Presidente della Repubblica, comandante supremo delle forze armate, qualcuno che rifiuta di essere al servizio della Repubblica non può servire sotto la bandiera della Nazione. E dal momento che si manifesta in quanto tale, allora è arrestato e disarmato. Quelli che hanno problemi di carattere giudiziario, dovranno risponderne».

In visita a Goma nello stesso giorno, il rappresentante speciale del Segretario Generale dell’ONU nella RDCongo, Roger Meece, ha affermato che, da lungo tempo, Bosco Ntaganda costituisce una minaccia per la sicurezza della popolazione della regione e che deve rispondere per le sue azioni davanti alla CPI.

 

c. Il rientro di alcuni disertori

Il 9 aprile, a Rutshuru (Nord Kivu), si sono arresi altri ufficiali disertori. Con loro, si sono arresi circa altri 80 militari. Tra questi ufficiali, il colonnello Ndaisaba con quarantasette soldati, tra cui due colonnelli e sei maggiori. Secondo alcune fonti militari, il colonnello Kayina, un altro disertore dell’805° reggimento, si era arreso poco prima. Secondo la stessa fonte, il colonnello Ndaisaba e i suoi militari sono attualmente sotto sorveglianza presso lo Stato Maggiore delle FARDC a Rutshuru Centro. Anche il colonnello Munire, dell’8042° battaglione delle FARDC, si è arreso alle autorità militari di Tongo, a una cinquantina di chilometri a nord-ovest di Goma. Aveva disertato il 4 aprile con circa trenta uomini. Secondo alcune fonti, egli e i suoi militari sarebbero sotto sorveglianza militare a Goma, dove sono stati trasferiti.

Quattro giorni dopo la loro defezione dalle Forze Armate della RDCongo (FARDC), la maggior parte dei militari si è gradualmente arresa allo stato maggiore militare del Nord Kivu, un “ritorno ipotetico”, secondo la popolazione di Rutshuru, che auspica che le autorità militari sanzionino i disertori. Pur accogliendo con favore il ritorno dei disertori nelle file delle FARDC, la società civile stima che ciò non basta per rassicurare la popolazione e chiede un’azione disciplinare contro di loro, affinché possa servire da esempio per altri militari che potrebbero essere tentati di seguire le loro tracce. Il rientro dei militari ha, tuttavia, smorzato il panico creato dalla loro diserzione e la vita sta tornando gradualmente alla normalità a Rutshuru-centro e dintorni.

 

d. Joseph Kabila annuncia di voler arrestare Bosco Ntaganda

L’11 aprile, a Goma, nel corso di un’udienza concessa alle forze vive della provincia del Nord Kivu, il capo dello Stato, Joseph Kabila, ha annunciato di aver sospeso tutte le operazioni militari condotte nei due Kivu contro i gruppi armati stranieri e nazionali ancora attivi in questa regione, per poter riorganizzare il comando di queste operazioni. D’ora in poi, nel Nord Kivu il comando delle truppe spetterà solo all’ottava regione militare. La società civile della provincia ha accolto con favore la decisione del Presidente e ne ha chiesto l’immediata attuazione.

Il presidente Kabila ha, inoltre, deplorato il comportamento di alcuni militari che, ha detto, agiscono per appartenenza etnica. Ha affermato che l’esercito congolese è al servizio della Repubblica e non di una qualsiasi comunità etnica.

Per quanto riguarda i militari disertori che si sono arresi allo Stato Maggiore, il Capo dello Stato ha dichiarato che daranno dapprima presentati al consiglio di disciplina delle Forze Armate della RDC (FARDC). «Ogni militare che sarà ritenuto colpevole di qualcosa, dovrà risponderne davanti ai tribunali militari», ha promesse Joseph Kabila.

Per quanto riguarda il problema della «indisciplina che si è manifestata in questi giorni, questa volta l’ho risolto. La prossima volta, che si tratti di Bosco Ntaganda o di qualsiasi altro ufficiale, saranno arrestati e presentati alla giustizia», ha egli avvertito.

«Concretamente, se il problema dell’indisciplina militare, che stiamo cercando di risolvere, continuasse, allora avremo il motivo per arrestare qualsiasi ufficiale, a cominciare da Bosco Ntaganda», ha precisato.

Sottolineando di «non lavorare per la comunità internazionale, ma per la popolazione congolese», il Capo dello Stato ha affermato che, per l’interesse dei Congolesi, Ntaganda o qualsiasi altro ufficiale delle FARDC dovranno ormai rispondere, senza compromessi, dei loro atti di indisciplina commessi.

Alcune fonti vedono in tali parole come una promessa di arrestare il generale Bosco Ntaganda. Ma per Omar Kavota, vice presidente e portavoce del coordinamento della società civile del Nord Kivu, le cose non sono così semplici. «Non sappiamo se davvero la sua promessa di arrestare e punire tutti quei militari che si sono compromessi, riguarda anche il generale Bosco Ntaganda», precisa. In una svolta imprevista, il presidente Joseph Kabila avrebbe dichiarato che Ntaganda dovrebbe essere arrestato e affrontare un processo militare nella RDCongo. «Voglio arrestare Bosco Ntaganda perché l’intera popolazione vuole la pace», avrebbe detto Joseph Kabila. Tuttavia, Kinshasa non ha intenzione di consegnare direttamente Ntaganda alla Corte Penale Internazionale (CPI).

«Possiamo noi stessi arrestare [Bosco Ntaganda] perché abbiamo cento motivi per arrestarlo e processarlo qui», ha dichiarato il capo dello Stato congolese, Joseph Kabila, secondo cui «i crimini che Ntaganda ha commesso nel nostro paese non richiedono un suo trasferimento alla Corte Penale Internazionale».

Secondo l’agenzia Reuters, Ntaganda potrebbe essere giudicato dai tribunali della RDCongo, invece di essere trasferito alla CPI. «Ntaganda ha commesso crimini nella provincia del Nord Kivu e a Goma. Egli sarà quindi processato a Goma o a Kinshasa», avrebbe dichiarato Joseph Kabila.

Dopo il suo incontro con le forze vive del Nord Kivu, Joseph Kabila si è recato a Bukavu, nel Sud Kivu. Al suo arrivo, è andato direttamente alla residenza ufficiale del Governatore del Sud Kivu, Marcellin Cishambo.

Ntaganda e i suoi uomini, in gran parte dei Tutsi originari del Ruanda, sono stati integrati nell’esercito congolese. Tale integrazione ha loro permesso di imporre il loro controllo su gran parte della parte orientale della RDCongo, ma sono accusati di brutalizzare le altre comunità etniche. Dalle ultime dichiarazioni del Capo dello Stato, appare che Kinshasa non intende legarsi indefinitivamente all’accordo di Goma, in quanto esso ha mostrato i suoi limiti o, meglio, si è rivelato suicida per la popolazione.

Ma arrestare Ntaganda non sarà affatto facile, tanto più che, in una dichiarazione rilasciata alla Reuters, il capo di Stato Maggiore generale delle FARDC ha ammesso di non sapere dove si trova attualmente Ntaganda. «L’esercito congolese non sa dove si trova», ha dichiarato Didier Etumba alla Reuters. Il compito è arduo e le popolazioni dell’Est possono rivivere i momenti più disastrosi. E per una buona ragione. Ancora protetto da alcune unità ex-CNDP che hanno recentemente disertato l’esercito, Bosco Ntaganda non è disposto ad arrendersi.

La decisione annunciata rappresenta una grande sfida per l’esercito congolese. Tutto deve essere ben programmato, per evitare che Bosco Ntaganda faccia troppi danni prima del suo arresto. Ne dipende la sicurezza delle popolazioni e l’integrità del territorio nazionale.

Per quanto riguarda la sicurezza, negli incontri avuti con gli ufficiali dell’esercito e le forze vive del Nord Kivu, il Presidente della Repubblica ha sottolineato alcuni punti:

* L’insistenza sulla disciplina come caratteristica di ogni esercito, ma anche un richiamo per tutti gli ufficiali, affinché ricordino che l’esercito congolese non appartiene ad alcuna tribù o provincia, ma che è nazionale e repubblicano.

* Per quanto riguarda la sospensione del programma “Amani leo” (la Pace Oggi), per il presidente della Repubblica non si tratta di fermare la lotta contro i gruppi armati nazionali e stranieri che seminano desolazione nel Kivu. Si tratta piuttosto di sopprimere le strutture che controllano finora l’operazione “Amani Leo”, a favore del solo comando della 8ª Regione militare che garantirà il lavoro di routine, per raggiungere gli stessi obiettivi dell’anteriore programma.

* La creazione di una commissione disciplinare davanti alla quale tutti i militari disertori dovranno presentarsi. Dopo le inchieste di tale commissione, se necessario, essi dovranno comparire davanti a un tribunale militare. A questo proposito, gli ufficiali disertori che si sono finora arresi alle FARDC non hanno potuto recuperare le loro funzioni, nell’attesa delle indagini ed eventuali sanzioni che ne deriveranno.

* A proposito del caso di Bosco Ntaganda, il Presidente della Repubblica ha sottolineato che la provincia del Nord Kivu e la parte orientale della RDCongo hanno già sofferto molto, che le indagini su di lui sono in corso e che nella misura in cui egli si renda colpevole di un qualsiasi reato, la giustizia congolese non tarderà a procedere al suo arresto, senza attendere la minima pressione da parte della comunità internazionale.

Il 12 aprile, il capo dello Stato Joseph Kabila è arrivato a Kisangani (Provincia Orientale) da Bukavu (Sud Kivu), dove ha incontrato i membri del Consiglio Provinciale di Sicurezza. Durante l’incontro, egli ha annunciato che tutte le operazioni militari nel Sud Kivu condotte contro i gruppi armati della provincia saranno ora condotte dalla 10ª Regione Militare. Secondo il governatore Marcellin Chishambo, il comando delle operazioni e il comando della regione militare saranno, quindi, unificati.

 

e. Bosco Ntaganda: l’anello di congiunzione tra Joseph Kabila e Paul Kagame

Secondo Kris Berwouts, esperto del Congo, Ntaganda è l’anello di congiunzione tra Kabila e il presidente ruandese Paul Kagame. Egli afferma che “l’accordo concluso alla fine del 2009 tra Kabila e Kagame si fondava su Ntaganda”. Secondo i termini di tale accordo, il CNDP era integrato nell’esercito congolese. “Alcuni sostengono che sia l’esercito congolese ad essere stato integrato nel CNDP”, sottolinea Kris Berwouts. “Il fatto è che il CNDP ora controlla sia il Nord che il Sud Kivu. Mai fino ad oggi, è stato così potente”, afferma.

L’accordo prevedeva che l’esercito congolese (le truppe del CNDP integrate nelle FARDC) combattessero le FDLR (Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda), il “nemico ereditario” di Kagame. Nel Nord e Sud Kivu, Kagame dispone quindi, in qualche modo, di un esercito congolese che è ai suoi ordini e, contemporaneamente, agli ordini di Kabila.

L’accordo ha garantito a Kabila l’arresto in Ruanda dell’allora leader del CNDP Laurent Nkunda, che aveva minacciato di invadere tutto il Congo. Dopo l’arresto di Nkunda, Ntaganda diventa, come nuovo leader del CNDP, generale dell’esercito congolese e, quindi, … l’uomo più potente del Nord Kivu.

“L’arresto di Nkunda ha creato insoddisfazione in una parte del CNDP, che non aveva nessuna intenzione di lasciar cadere il proprio leader carismatico”, continua Kris Berwouts. “Ntaganda deve cercare di accontentare quest’ala pro-Nkunda che continua a esistere ed è una minaccia anche per Kagame, in quanto l’elite tutsi ruandese si sta sgretolando e alcuni militari ruandesi dissidenti, come l’ex capo di stato maggiore dell’esercito, Kayumba Nyamwasa e l’ex capo dei servizi segreti, Patrick Karegeya, fuggiti dal Ruanda nel 2010, stanno cercando un appoggio in Congo. “Qualcuno come Ntaganda, che controlla il CNDP, è quindi un elemento essenziale nelle mani di Kagame. Anche per Cabila, Ntaganda è di grande utilità. Secondo Kris Berwouts, “con il CNDP, Kabila dispone di una forza che gli permette di far finta di avere “stabilizzato” un po’ l’Est del Congo e che, nello stesso tempo, difende i suoi interessi elettorali. Durante le elezioni, infatti, Kabila è stato l’unico a far campagna elettorale nei territori controllati dal CNDP”. Essendo Joseph Kabila “amico – nemico” di Paul Kagame, gli è di somma utilità avere un Ntaganda che può entrare facilmente presso la “corte di Kigali”.

Ntaganda è, quindi, al servizio degli interessi sia di Kagame che di Kabila. Per questo motivo, nel 2009 è stato promosso generale dell’esercito congolese, anche se la Corte penale internazionale aveva emesso, tre anni prima, un mandato di arresto internazionale contro di lui per reclutamento di bambini soldato e crimini di guerra.

Per difendere i loro interessi, Kagame e Kabila hanno firmato un accordo messo in pratica da Ntaganda. Tale accordo non rispetta lo Stato di diritto, ignora i trattati internazionali e ostacola la ricostruzione della regione. Il CNDP è rimasto uno stato nello stato, ha instaurato la propria amministrazione a Masisi ed è percepito dalla grande maggioranza della popolazione più come una minaccia che come una protezione.

Rimane la domanda: “Dal momento che Ntaganda sembra così potente, il governo congolese dispone dei mezzi sufficienti per arrestarlo con la forza?”. Nulla è meno certo.

All’inizio di aprile, ex soldati del CNDP hanno abbandonato i campi militari di Kabira, Rugarama e Mugogo in direzione verso Rutshuru-centro, dove c’è un grande accampamento militare, per poi dirigersi verso la foresta di Runyoni, ai piedi dei vulcani che segnano la frontiera con il Ruanda . Quelli dei campi militari di Rubare, Nyongera e Kitshanga sono risaliti verso Tongo, per raggiungere il grande campo militare di Rumangabo, per poi ritirarsi nella foresta ai piedi del vulcano Sabinyo. La voce sull’eventuale arresto di Bosco Ntaganda sarebbe stata alla base di questo movimento di truppe del CNDP.

Da parte sua, il generale Bosco Ntaganda ha voluto precedere gli eventi attraverso una dimostrazione della forza cui sarebbe in grado di ricorrere qualora si tentasse di arrestarlo. Il 2 aprile, a Goma, ha voluto dimostrare la sua forza facendo circolare nelle vie della città una ventina di jeep piene di soldati di lingua Kinyarwanda, pesantemente armati di lanciarazzi e mitragliatrici, ciò che è stato sufficiente per seminare il panico in tutta la città e la zona circostante.

Kinshasa e Kigali si sarebbero messi d’accordo sul principio dell’arresto del generale Bosco Ntaganda. Ma si pone ancora la spinosa questione di trovare un suo sostituto e il momento propizio per arrestarlo. Kagame avrebbe richiesto a Kinshasa un “valido” sostituto di Bosco, ancor prima di intraprendere qualsiasi iniziativa. Kinshasa dovrebbe trovare un altro ufficiale in grado di ricuperare i militari del CNDP per gli interessi di Kigali. Secondo alcune fonti, Paul Kagame avrebbe suggerito il nome di Laurent Nkunda, ciò che non facilita affatto Kabila, almeno per il momento. Far ritornare Laurent Nkunda sarebbe un suicidio per il regime di Kabila che sta tentando di riparare i danni causati dalla sua politica di stretta alleanza con Kagame. Inoltre, Bosco Ntaganda non solo possiede un enorme stock di materiale militare, ma dispone anche di truppe a lui fedeli, disposte a lottare fino alla fine per difenderlo. Sembra che abbia addirittura ordinato ai suoi più stretti collaboratori di ucciderlo, se la situazione peggiorasse, per evitare di essere arrestato vivo. Starebbe prendendo contatti anche con certi gruppi armati, come Apcls, Pareco e Sheka, per seminare il terrore su tutta la regione e costringere, in tal modo, le autorità congolesi ad allentare la pressione su di lui.

Kigali ha ancora bisogno di lui per difendere i propri interessi nel Kivu e Kinshasa non ha i mezzi per piegarlo senza l’apporto del Ruanda, benché il comando dello Stato Maggiore Generale delle FARDC a Kinshasa abbia deciso di inviare rinforzi da Kinshasa e Kisangani, tra cui dei militari dei reggimenti formati dai Belgi, dagli Americani e dai Sudafricani. Tenendo conto delle ampie dimensioni delle diserzioni (Rutshuru, Masisi, Walikale, Uvira, Fizi, Baraka, ecc.), il governo congolese ha preferito giocare la carta della pacificazione, presentando la situazione come un fenomeno di indisciplina all’interno dell’esercito che dovrebbe essere risolto attraverso una serie di sanzioni inflitte ai militari disertori, molti dei quali, secondo una versione ufficiale non verificabile, stanno rientrando nei ranghi. In una dichiarazione rilasciata il 6 aprile, il governo congolese si limita a fare un appello ad una “rigorosa osservanza della disciplina militare da parte di quei militari indisciplinati che hanno eretto barricate non autorizzate e disturbano l’ordine pubblico e la tranquillità della popolazione”.

Per dimostrare che la situazione non è affatto allarmante e, soprattutto, che non si tratta di una rivolta di militari di lingua Kinyarwanda integrati all’esercito congolese, è stato chiesto al CNDP (partito politico) di intervenire con una dichiarazione politica per chiarire la sua posizione. Il Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP) ha, infatti, condannato, in un comunicato, il tentativo di defezione di alcuni militari congolesi. Ma si tratta di una procedura puramente simbolica, per allentare le tensioni etniche. Una semplice formalità. Finora, Bosco Ntaganda sembra essere ancora sopportato da Kigali e Kinshasa che cercano di evitare un suo arresto precipitato che potrebbe provocare una violenta conflagrazione della regione. Bosco Ntaganda ha protetto il potere di Kabila e, nello stesso tempo, ha servito gli interessi di Kagame nel nord-est della RDCongo. Sa troppe cose su Kinshasa e Kigali che non sono disposti a consegnarlo alla giustizia, senza aver dapprima preso certe misure di “precauzione”.

La situazione non è così facile come si pensa, perché Bosco Ntaganda non è solo uno strumento di sicurezza per Kigali e Kinshasa, ma anche la garanzia di lucrosi affari nel commercio dei minerali, sia per Kagame che per alcune autorità prossime alla presidenza congolese. A questo, si dovrebbero aggiungere le rivendicazioni del popolo ruandofono di Masisi e Rutshuru, i cui interessi si sono incrementati a causa della presenza delle truppe ex CNDP che hanno rifiutato di essere trasferite altrove, perché dovevano “proteggere le loro famiglie”. A questo proposito, alcuni leader tutsi congolesi di Masisi e Rutshuru hanno scritto una nota in cui spiegano le ragioni del loro sostegno al generale Bosco Ntaganda. Leggendo attentamente tale documento, si può capire perché Kigali e Kinshasa esitano a trasferirlo alla CPI, perché l’uomo sa molte cose sui due regimi e potrebbe rivelare cose che potrebbero compromettere certe personalità altolocate di entrambi i paesi. Forse le due capitali prenderanno in considerazione un altro modo per rendere Bosco Ntaganda meno dannoso. Nel caso in cui Ntaganda fosse arrestato in Ruanda, come nel caso del generale Nkunda, il Congo dovrebbe aspettare a lungo per portarlo in giustizia e processarlo.

In una dichiarazione rilasciata ad Africarabia, un rappresentante del CNDP (Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo) in esilio in Francia, il colonnello Jean-Paul Epenge, ha affermato che chi detiene il potere a Kinshasa non ha né i mezzi, né interesse per arrestare il generale Bosco Ntaganda, ricercato dalla Corte Penale Internazionale (CPI).

Per quanto riguarda una possibile operazione militare nel Nord Kivu per la cattura di Ntaganda, Jean-Paul Epenge ha affermato che l’equilibrio di forze è a favore del CNDP, che è in grado di destabilizzare questa parte del paese senza essere minimamente ostacolato. Secondo lui, questo ex movimento ribelle sarebbe sotto l’ombrello protettivo del Ruanda, che non vuole assolutamente la sua fine. Paul Kagame, infatti, ha bisogno di una stampella come il CNDP, per preservare la sua influenza nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Questa è la prova, nel caso fosse ancora necessario, della strumentalizzazione del CNDP da parte di Kigali. Si può così constatare che le FARDC portano al loro interno, a partire dal 2009, un “cavallo di Troia” che può infierire in qualsiasi momento. È anche la prova che il CNDP è, in realtà, il braccio armato del Ruanda in territorio congolese.

Secondo Jean-Paul Epenge, consegnare Ntaganda, oggetto di un mandato d’arresto internazionale dall’agosto 2006, alla Corte Penale Internazionale, sarebbe ora molto rischioso, sia per la stabilità delle istituzioni politiche della RDCongo che per la sicurezza nel Nord Kivu. Egli si dice convinto che Kigali non accetterebbe mai che Kinshasa possa consegnare Bosco Ntaganda. Quest’ultimo sarebbe, a suo parere, il baricentro per il mantenimento della fragile coabitazione “pacifica” tra il Ruanda e la RDCongo.

 

f. Il Kivu: occupato e senza pace

Secondo Patrick Karegeya, ex capo dei servizi segreti ruandesi e Kayumba Nyamwasa, ex capo di stato maggiore delle forze armate ruandesi, le grandi potenze sanno che Kagame ha mano libera sulla RDCongo. Ma non vogliono provocarlo. Una cosa è certa: non ci sarà pace nella regione dei Grandi Laghi, fino a quando Kagame rimarrà al potere. La sua intenzione è chiara: controllare i due Kivu e sfruttarli. Kabila sa che non può controllare l’est del Congo senza l’aiuto di Kagame. O per meglio dire: vuole dare l’impressione di essere ancora lui il capo. Ma l’intera economia del Kivu è orientata verso il Ruanda, l’Uganda e la Tanzania. Tutto è gestito da sostenitori e collaboratori di Kagame: nel passato attraverso il movimento ribelle del Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD), poi da Laurent Nkunda e ora da Bosco Ntaganda, essendo questi ultimi due membri del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP).

Per il popolo congolese è inaccettabile che il regime ruandese si comporti come padrone dell’Est del Congo e lo si può facilmente capire. Come stanno le cose ora, di fronte a una parte del suo elettorato e alla comunità internazionale, Kabila può tuttavia ancora dare l’impressione che l’Est è ancora parte del Congo. Ma egli è molto debole. Kagame gli piscia sulla testa e Kabila non può che ringraziarlo! La comunità internazionale sa bene che cosa succede dietro le quinte in Ruanda e in Congo, ma non reagisce. Questo è un crimine! Quando questo vulcano addormentato entrerà in eruzione, i diplomatici stranieri non potranno dire che non sapevano.

Quindici anni dopo la caduta del regime di Mobutu, la Repubblica Democratica del Congo non è ancora riuscita a ricostituire i suoi servizi di sicurezza e di difesa: l’esercito, la polizia e i servizi segreti. Accolte nel 1997 come “forze di liberazione”, le truppe dell’Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione del Congo (AFDL), purtroppo esse portavano con loro anche un “cavallo di Troia” al cui interno c’erano soldati ruandesi, ugandesi e burundesi.

Migliaia di uomini armati e “teppisti” stranieri hanno potuto, grazie alla “guerra di liberazione” condotta contro Mobutu tra l’ottobre 1996 e il maggio 1997, entrare nei segreti di tutte le basi militari della RDCongo, dei suoi centri di addestramento o di istruzione, delle sue mappe militari, dei suoi depositi di armi e munizioni, di tutti i suoi servizi di intelligence, dei suoi piani segreti di sicurezza e difesa e di tutti i suoi siti strategici. Per dodici mesi, Ruandesi, Ugandesi e Burundesi hanno potuto conoscere bene le pianure della RDCongo, le sue foreste, i suoi fiumi, i suoi torrenti, i suoi laghi, le sue montagne, le sue colline, le sue valli, le sur strade, i suoi sentieri, i suoi aeroporti civili e militari, i suoi porti, le sue dighe, le sue fabbriche.

Ruandesi, Ugandesi e Burundesi hanno potuto organizzare una grande operazione di epurazione all’interno del nostro esercito e delle nostre forze di polizia, mediante l’invio in pensione anticipata o alla base militare di Kitona, nella provincia del Bas-Congo, di migliaia di soldati e ufficiali ex-FAZ, ex Guardia Civile, ex DSP ed ex Gendarmeria Nazionale. Gli investigatori dei servizi di sicurezza, ben formati e con esperienza, sono stati, a loro volta, neutralizzati e sostituiti da apprendisti raccolti lungo la marcia dell’AFDL verso Kinshasa.

Dal 1998 al 2003, Ruandesi, Ugandesi e Burundesi sono tornati nella RDCongo nelle “valigie” del MLC (Movimento di Liberazione del Congo), RCD (Raggruppamento Congolese per la Democrazia), RCD-K-ML (Raggruppamento Congolese per la Democrazia – Kisangani – Movimento di Liberazione), RCD / N (Raggruppamento Congolese per la Democrazia / Nazionale) e hanno ampliato le loro conoscenze sui punti di forza e di debolezza, sia delle forze militari che dei servizi di sicurezza del Congo, un gigante dai piedi d’argilla.

Con il vero-falso ritiro delle truppe straniere dal territorio congolese, attivato dopo gli accordi di Lusaka, firmati in luglio-agosto 1999 tra il “governo di Kinshasa” e i movimenti ribelli, la RDCongo si è trovata completamente disarticolata, sia sul piano militare, sia su quello della sicurezza, fino ad oggi.

Secondo la testimonianza di alcune persone provenienti dal Sud Kivu, la situazione è attualmente confusa a causa di un grande afflusso di Ruandesi che continuano ad arrivare in massa a Bukavu. Ancor più allarmante è il fatto che attualmente i loro capi si comportano ancora come signori della guerra. Fra loro, ci sono anche quelli che hanno collaborato con il colonnello Jules Mutebusi, che nel 2004 occupò la città per una settimana. Secondo le stesse fonti, questi nuovi “conquistatori” si sono raggruppati nel quartiere Nguba, situato presso la frontiera con il Ruanda. Hanno creato un partito politico denominato “PDF”, per integrarsi nella vita politica del paese, anche se le loro ambizioni nascondono un altro obiettivo. A titolo illustrativo, il loro leader, Abas, è un civile, ma in città si sposta scortato da decine di soldati armati fino ai denti. Il loro obiettivo sarebbe quello di stabilirsi in modo permanente a Bukavu, come hanno fatto a Goma, nel Nord Kivu.

Nel corso di una conferenza stampa del 21 marzo,al portavoce militare della MONUSCO è stata posta una domanda per confermare o smentire le informazioni secondo cui i Tutsi sarebbero ormai i dirigenti del movimento ribelle chiamato Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR). Il tenente colonnello Felix Prosper Basse ha dichiarato che si erano constatate, di tanto in tanto, delle connivenze tra Hutu ruandesi e congolesi. Ma non saprebbe rispondere con precisione se sono i Tutsi che ora compongono le FDLR. Infatti, secondo alcune informazioni provenienti dall’Est della RDCongo, il gruppo ribelle FDLR sarebbe ora in gran parte controllato da Tutsi ruandesi. Sarebbero proprio loro i responsabili dei massacri perpetrati contro il popolo congolese all’Est, in particolare nel Sud e Nord Kivu. L’obiettivo dei Tutsi sarebbe quello di impossessarsi delle terre appartenenti alle popolazioni congolesi.

 

g. Due buone notizie… almeno si spera!

Il 29 marzo, il ministro provinciale ad interim per le miniere del Nord Kivu, Adele Bazzane, ha annunciato che 11 siti minerari su 21 del territorio di Masisi sono stati riaperti. Questi siti portano ora l’etichetta “verde”, a differenza del resto dei siti contrassegnati dal “giallo” o dal “rosso”, secondo i casi. I siti riaperti all’attività di estrazione mineraria sono quelli di: Biabatama, Mataba, Gakombe, Luwowo, Koyi, Budjali, Bishasha, Nyamukubi e Kamatale Birambo. Vi si estrae cassiterite, coltan e wolframite. Il provvedimento di tale riapertura marca l’ultima fase della tracciabilità dei minerali. La procedura parte dal pozzo di estrazione per arrivare al punto di esportazione, via i centri commerciali. Secondo degli esperti del ministero provinciale delle miniere, la convalida di questi undici siti minerari significa che non vi è più alcun militare implicato nell’attività mineraria e i diritti umani non vi sono più violati. Ne consegue che i minerali estratti da questi siti non sono più “minerali di sangue” e che possono essere etichettati e esportati a livello internazionale. Due centri internazionali di certificazione dei minerali sono già operativi a Goma.

Il 12 aprile, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) hanno firmato un accordo di principio con i ribelli di Raia Mutomboki di Shabunda Centro (Sud Kivu) per la pacificazione del territorio. In base all’accordo, i Raia Mutomboki accettano di consegnare le armi e tornare alla vita civile. Chiedono una sola condizione: la garanzia della loro sicurezza. Le autorità militari dichiarano la loro disponibilità al dialogo con i Raia Mutomboki e promettono di garantire la loro sicurezza, se consegnano le armi. È stato istituito un comitato di controllo con la missione di mantenere la comunicazione tra le parti.

I Raia Mutomboki dicono di aver preso le armi per difendere la popolazione locale contro gli attacchi delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR). L’amministratore di Shabunda, Boboto Louis, ha affermato che, il 4 aprile, una delegazione mista composta di membri della società civile e delle autorità locali aveva avuto un incontro con i miliziani di Raya Mutomboki, in seguito al quale essi avevano promesso di consegnare le armi e lasciare alle FARDC la missione di garantire la sicurezza della popolazione.