SOMMARIO
EDITORIALE
1) POLITICA INTERNA
a) L’Assemblea Nazionale dei Deputati
b) Mwando Nsimba consulta i partiti dell’opposizione
c) Le conclusioni delle consultazioni effettuate da Mwando Nsimba
d) L’UDPS in difficoltà
e) Verso una Camera dei Deputati monolitica
2) RITORNO SULLE ELEZIONI DEL NOVEMBRE 2011
a) Il rapporto del Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani
b) Il rapporto definitivo della Missione di Osservazione Elettorale dell’Unione Europea
c) Il rapporto della Lega degli Elettori
d) La petizione della coalizione della società civile congolese
EDITORIALE: RIPORTARE IL TRENO DELLA DEMOCRAZIA SUL BINARIO
1) POLITICA INTERNA
a. L’Assemblea Nazionale dei Deputati
Il 16 marzo, l’Assemblea Nazionale dei deputati ha approvato il regolamento interno, con 311 voti a favore, 18 contrari e 63 astenuti. Il regolamento è stato adottato nella sua globalità ma senza esaminare gli oltre 700 emendamenti proposti da alcuni membri. La plenaria ha deciso di affidarne l’esame alla commissione politica, amministrativa e giuridica (PAJ), che sarà istituita dopo la formazione del comitato permanente della Camera. Secondo Delly Sessanga, membro della commissione per l’elaborazione di tale regolamento, «anche se ad alcuni l’approvazione può sembrare precipitata, ciò si spiega tenendo conto delle attuali esigenze politiche che richiedono una rapida formazione del comitato definivo della Camera». Il regolamento interno prevede, tra l’altro, la partecipazione dell’opposizione al Comitato definitivo della Camera dei Deputati. Secondo questo principio, per la composizione di tale comitato si dovrebbe tenere conto dell’importanza di ciascun partito, senza riferimento all’appartenenza politica.
Il 29 marzo, i deputati hanno approvato l’articolo 22 del regolamento interno della Camera. In seguito ad una modifica suggerita dalla Corte Suprema di Giustizia, esso prevede che “il comitato definitivo dell’Assemblea è istituito cercando di riprodurre la configurazione politica dell’Assemblea Nazionale”. Tale modifica apre le porte del Comitato dell’Assemblea anche agli indipendenti e ai non allineati. La nuova formulazione dell’articolo è stata proposta dalla Corte Suprema di Giustizia, dopo aver bocciato la proposta iniziale presentata da parlamentari. La vecchia formula del medesimo articolo dichiarava: “Il Comitato è composto di membri della maggioranza e dell’opposizione politica dell’Assemblea Nazionale” e sembrava escludere gli indipendenti e i non allineati.
Il 5 aprile, la Maggioranza Presidenziale ha pubblicato i nomi dei suoi candidati per le elezioni dei membri del comitato definitivo dell’Assemblea Nazionale dei Deputati:
-
Presidente: Aubin Minaku, del PPRD
-
Vice Presidente: un candidato del Palu
-
Relatore: Ezadri, del MSR
-
Tresoriere: Elysee Minembwe, del CRA
-
Vice Tresoriere: Kaboy, del AFDC
Secondo alcune fonti, per quanto riguarda il primo vice-presidente, il Palu avrebbe designato Mayobo Godefroid, eletto deputato nel Bandundu e portavoce del partito, ma la Maggioranza Presidenziale avrebbe ritenuto il nome di Justin Kiluba, eletto deputato del Katanga. Si è proposto anche la candidatura di Mwando Nsimba.
Secondo il regolamento della camera, tra i sette membri del Comitato centrale, cinque provengono dalla maggioranza presidenziale e gli altri due dall’opposizione.
Il 6 aprile, Serge Mayamba, deputato dell’UDPS, ha dichiarato che i due candidati dell’opposizione per il comitato definitivo dell’Assemblea Nazionale sono Sami Badibanga, dell’UDPS e Angelique Milemba Bukasa del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC). Il candidato dell’UDPS è designato come secondo vice-presidente dell’Assemblea Nazionale e quello del MLC come vice relatore.
b. Mwando Nsimba consulta i partiti dell’opposizione
Il 19 marzo, Mwando Simba, informatore nominato dal presidente Joseph Kabila per identificare la coalizione di maggioranza in seno all’Assemblea Nazionale, in vista della formazione del nuovo governo, ha ricevuto i rappresentanti dell’opposizione. Dopo l’incontro con l’informatore, Vital Kamerhe, presidente dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC), ha dichiarato: «Stiamo cercando delle soluzioni ai problemi del nostro paese. Non siamo andati a parlare con l’informatore per cercare dei posti. Non cerchiamo una suddivisione dei posti». Arrivato terzo alle presidenziali, Vital Kamerhe ha fatto osservare che «il presidente della repubblica è alla ricerca di una nuova maggioranza parlamentare. Ciò vuol dire che nemmeno lui ha riconosciuto il tipo di maggioranza che la commissione elettorale ha proclamato come tale». Ha quindi affermato che l’obiettivo dell’incontro dei membri dell’opposizione con l’informatore è stato quello di inviare un messaggio al presidente Kabila, in vista di porre fine alla “crisi politica” sorta dalle elezioni presidenziali e legislative, contestate a causa delle irregolarità che le hanno caratterizzate. Per risolvere ciò che egli considera come una crisi di legittimità derivante da queste elezioni, ha chiesto al presidente Kabila di «invitare tutti a dialogare, affinché ciascuno presenti la propria lettura della situazione e la via d’uscita dalla crisi. Il dialogo dovrebbe sfociare in istituzioni con maggiore legittimità, nel ritorno alla coesione nazionale, con un programma di buon governo e una chiara programmazione delle prossime tappe del processo elettorale». Vital Kamerhe propone, infine, la formazione di un governo di coalizione.
Leon Kengo wa Dondo, leader dell’Unione delle Forze per il Cambiamento (UFC), ha chiesto a Mwando Nsimba di «andare oltre la maggioranza elettorale, oltre le divisioni tra Est e Ovest del Paese, oltre il bipolarismo maggioranza – opposizione, per creare una nuova maggioranza, al fine di raggiungere un ampio consenso intorno ad un programma comune e concertato di governance. Tale maggioranza dovrebbe, concretamente, riflettersi anche nella configurazione di tutte le altre istituzioni della Repubblica. In tal modo si potrebbe usufruire di competenze provenienti da tutti gli orizzonti, per costruire il paese con la partecipazione di tutti e in uno spirito di pace e di riconciliazione». È vero che questa proposta potrebbe non piacere a tutti, soprattutto perché potrebbe sovvertire l’ordine politico sorto dalle elezioni del 28 novembre 2011.
Mbusa Nyamwisi, presidente del RCD / KML, ha dichiarato che il suo partito potrà partecipare a un governo che prenda in considerazione la giustizia sociale, assente durante la prima legislatura.
José Makila, un ex membro del MLC di Jean-Pierre Bemba e attuale presidente dell’Alleanza dei Lavoratori Democratici (ATD), il suo attuale partito, ha affermato di essere pronto a dare il proprio contributo alla costruzione della nazione, facendo parte della nuova maggioranza parlamentare. Ma con la condizione di un governo di apertura e di grande unità nazionale.
Secondo Thomas Luhaka, segretario generale del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC), anche il suo partito è pronto a “contribuire a migliorare la qualità del processo elettorale”.
Anche il segretario generale della Democrazia Cristiana, Freddy Mukusu Kita, ha incontrato Charles Mwando Simba. Egli a dichiarato: «Siamo andati su sua richiesta. Non abbiamo fatto che presentargli un memorandum in cui ribadiamo la nostra posizione, cioè che non riconosciamo le istituzioni esistenti e che è Etienne Tshisekedi che è stato eletto Presidente della Repubblica. Abbiamo proposto il dialogo come mezzo per risolvere la crisi post elettorale». Nei giorni precedenti, il presidente del partito, Eugène Ndongala, aveva affermato che il partito non avrebbe accettato l’invito di Mwando Nsimba.
L’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), di Etienne Tshisekedi, ha rifiutato l’incontro con l’informatore. Sulle frequenze di Radio Lisanga TV (RLTV), Albert Moleka, direttore della segreteria di Etienne Tshisekedi e portavoce dell’UDPS, è ritornato sulla posizione del suo partito e ha sottolineato che «le elezioni del 28 novembre 2011 sono state marcate da numerose irregolarità e sono state annullate dal presidente nazionale Etienne Tshisekedi. Pertanto, l’UDPS non riconosce le strutture e le istituzioni sorte da tale processo elettorale. Per questo, il partito declina l’invito rivoltogli nel quadro delle consultazioni iniziate dall’informatore. Se accettasse, il partito entrerebbe in contraddizione con se stesso».
Clément Kanku, presidente del Movimento per il Rinnovamento (MR) e coordinatore dell’Unione per la Nazione (UN), ha dichiarato che le consultazioni iniziate dall’informatore sono una scorciatoia per “ricuperare” alcuni membri dell’opposizione, in vista della formazione del governo. Secondo lui, «il Paese ha bisogno di consultazioni serie, non di un cacciatore alla ricerca di persone per tappare i buchi di un governo». Egli chiede, conseguentemente, un confronto preliminare tra Kabila e Tshisekedi, tra la maggioranza e l’opposizione.
La maggior parte dei membri dei partiti politici aderenti alla Dinamica Tshisekedi Presidente (DTP), come Martin Fayulu, dell’Ecidé, Steve Mbikayi, del Partito dei Lavoratori (PT), Roger Lumbala, del SET, hanno categoricamente rifiutato di partecipare alle consultazioni dell’informatore.
c. Le conclusioni delle consultazioni effettuate da Mwando Nsimba
Il 28 marzo, durante la presentazione alla stampa delle conclusioni delle sue consultazioni con i partiti politici, intraprese per identificare una coalizione di maggioranza all’interno dell’Assemblea Nazionale in vista della formazione del nuovo governo, Charles Mwando Nsimba ha dichiarato che le proposte fatte dai partiti politici dell’opposizione possono essere raggruppate in tre tendenze.
– La prima tendenza è a favore di un compromesso tra le formazioni politiche dell’opposizione e quelle della maggioranza, in vista dell’elaborazione del programma del futuro governo. Questo primo gruppo si dice favorevole allo spirito di apertura auspicato dal Capo dello Stato e suggerisce un consenso sul programma di governo.
– La seconda tendenza propone l’organizzazione di consultazioni, per formare un nuovo governo di unità nazionale guidato da un primo ministro proveniente dall’opposizione. Mwando Nsimba ha subito respinto tale ipotesi, dicendo che non può essere possibile nominare un primo ministro appartenente all’opposizione, perché “ciò equivarrebbe a negare l’esistenza della maggioranza”. Secondo l’informatore, un tale schema non rispetterebbe il principio costituzionale secondo cui il Presidente della Repubblica sceglie il primo ministro all’interno della maggioranza parlamentare. Non coinciderebbe nemmeno con la visione di apertura auspicata dal Capo dello Stato, che esclude ogni forma di coabitazione, in quanto c’è già una maggioranza che lo sostiene.
– L’ultimo gruppo di partiti dell’opposizione insiste sull’organizzazione di un dialogo all’interno della classe politica, con l’obiettivo di disinnescare l’attuale crisi, creando nuove istituzioni incaricate della riorganizzazione delle elezioni.
Inoltre, Charles Mwando ha rivelato che, senza citarli, alcuni gruppi politici dell’opposizione hanno deciso di firmare formalmente un atto di adesione “alla maggioranza parlamentare” che, in questo modo, si consolida all’interno dell’Assemblea Nazionale. «La maggioranza parlamentare non deve essere confusa con la maggioranza presidenziale», ha precisato Mwando Nsimba, sottolineando che i nuovi aderenti collaboreranno con la Maggioranza Presidenziale (MP), come ha fatto finora il Partito Lumumbista Unificato (Palu) di Antoine Gizenga che non fa parte della maggioranza presidenziale. L’informatore ha infine aggiunto che la maggioranza presidenziale, una piattaforma politica prossima al capo dello Stato, e i suoi alleati affermano che potrebbero governare anche da soli, lasciando all’opposizione il suo ruolo di controllo e di contrappeso. Tuttavia, la MP lascia al Presidente della Repubblica la discrezionalità di decidere se aprire o no il suo governo all’opposizione.
A conclusione delle consultazioni, l’informatore Mwando Nsimba ha presentato tre categorie di partiti di opposizione, secondo le loro tre tendenze. Alcuni hanno risposto favorevolmente all’appello di “apertura” fatto dal Presidente della Repubblica a far parte della nuova maggioranza, sulla base di un minimo accordo sul programma di governo (è il caso dell’UFC di Kengo, dell’ADT di Makila, del RCD-KML di Mbusa Nyamwisi e altri). Altri chiedono una concertazione per un governo di coalizione (UNC, MLC, DTP). Altri ancora respingono la proposta di un governo di apertura e chiedono l’apertura di un dialogo per la creazione di nuove istituzioni. Nella prima categoria, ci sono partiti che hanno semplicemente accettato, a quanto pare, di aderire alla maggioranza presidenziale. Nella seconda categoria ci sono coloro che, pur riconoscendo le istituzioni esistenti, hanno posto come condizione all’apertura promossa da Joseph Kabila, la previa tenuta di un dialogo che possa permettere di arrivare ad un consenso. Nella terza categoria, ci sono i partiti politici che non riconoscono assolutamente le attuali istituzioni della Repubblica e per i quali il dialogo dovrebbe sfociare nella creazione di nuove istituzioni. È il campo dell’UDPS e dei suoi alleati.
Alla fine della missione dell’informatore, la RDCongo si trova di fronte a tre scenari: 1) un governo interamente controllato dalla maggioranza presidenziale, 2) un governo di unità nazionale guidato da un Primo Ministro proveniente dall’opposizione, 3) un governo di transizione incaricato di organizzare nuove elezioni. Nel primo caso, la maggioranza presidenziale fa una manovra di forza e forma un esecutivo costituito da una stragrande maggioranza di suoi affiliati e di un’infima minoranza di oppositori, pronti ad accettare dei ruoli ministeriali senza porre alcuna condizione. Nel secondo caso, la maggioranza e l’opposizione potrebbero suddividersi i vari ministeri in forma equa con un primo ministro proveniente dall’opposizione. In tal caso, si richiederebbe un accordo extra-istituzionale, per aggirare la norma costituzionale secondo cui il Capo dello Stato designa il capo del governo all’interno della maggioranza parlamentare. La terza ipotesi comporterebbe la messa in discussione dell’ordine istituzionale che si sta creando attualmente sulla base dei risultati delle elezioni presidenziali e legislative del 28 novembre 2011 e l’organizzazione di nuove elezioni, da negoziare tra le parti interessate nella crisi di legittimità post-elettorale.
La prima categoria designata da Simba Mwando, quella che ha risposto positivamente all’appello di Joseph Kabila per unirsi alla maggioranza parlamentare non fa, quindi, più parte dell’opposizione.
Il 28 marzo, in un comunicato stampa letto in nome dell’opposizione, Vital Kamerhe, dell’UNC, ha fatto il punto sulla situazione post-elettorale. È ritornato a lungo sulla parola ”dialogo” ormai comune sulle labbra di tutti i politici congolesi, sia della maggioranza che dell’opposizione. Secondo Vital Kamerhe, l’obiettivo di un dialogo schietto, immediato e inclusivo non è quello di suddividersi la torta dei posti ministeriali, ma l’unità nazionale e gli interessi della popolazione congolese. Egli ha affermato che «è necessario che tutti i politici si siedano insieme attorno a un tavolo e che, in un contesto extra-istituzionale, disegnino con coraggio il futuro, attraverso una ristrutturazione della commissione elettorale (CENI), una programmazione realistica delle prossime elezioni provinciali e locali, l’approvazione delle modalità per l’applicazione della legge sullo statuto dell’opposizione, l’istituzione della Corte Costituzionale, una riforma dello CSAC e una politica sociale che affronti il problema della povertà che affligge il popolo congolese».
Il presidente dell’UNC ha animato la conferenza stampa insieme al Segretario Generale del MLC, Thomas Luhaka e il Presidente Nazionale del Partito laburista Steve Mbikayi. Hanno partecipato alla riunione oltre 30 deputati dell’opposizione. Essi hanno ribadito la loro determinazione a continuare il loro impegno per «risolvere la crisi congolese privilegiando il dialogo e il consenso repubblicano intorno ai temi importanti, in modo che il popolo congolese ne sia il principale beneficiario». Hanno aggiunto che l’opposizione inizierà delle concertazioni per giungere a una conclusione comune su chi li rappresenterà in questo dialogo.
Nonostante una campagna elettorale in cui si era ampiamente coinvolto, Kabila ne è uscito fortemente indebolito a causa delle numerose irregolarità e degli evidenti brogli elettorali che hanno caratterizzato le elezioni del 28 novembre scorso. La sua legittimità è così stretta che ogni membro della sua famiglia politica, essendone perfettamente a conoscenza, anche se fa finta di non saperlo, ne approfitta per ottenere i migliori vantaggi politici. Tutti i partiti politici si preparano alla battaglia finale per l’assegnazione degli incarichi di Primo Ministro e di Presidente dell’Assemblea Nazionale.
Joseph Kabila, dopo aver ricevuto le conclusioni dell’informatore Charles Mwando Nsimba, ha potuto constatare gli appetiti insaziabili del proprio partito, il PPRD, che giura per il tandem Evariste Boshab – Aubin Minaku per gli incarichi di Primo Ministro e Presidente dell’Assemblea nazionale. Sotto il falso pretesto della coerenza democratica, i bonzi del PPRD affermano senza pudore che in una democrazia gli incarichi più importanti spettano al partito di maggioranza, in questo caso il PPRD e ai suoi partiti satellitari (un totale di quasi 150 seggi). Tuttavia, il partito del presidente dimentica una cosa: che le elezioni del 2011 non sono credibili, né agli occhi o della comunità nazionale, né agli occhi della comunità internazionale, come appare dai vari rapporti finora pubblicati.
Il primo ad opporsi a questa politica del PPRD è il Palu che ha espresso alla maggioranza presidenziale la sua pretesa di ottenere almeno la presidenza dell’Assemblea Nazionale in cambio dell’incarico di primo ministro. Non è solo il battibecco Palu-PPRD che preoccupa Kabila. In agguato, ci sono anche quelli che si sono ultimamente uniti alla Maggioranza, ex oppositori, raggruppati per lo più intorno a Leon Kengo wa Dondo, che aspirano all’incarico di Primo Ministro. In questo gruppo, ci sono José Makila Sumanda, ex governatore dell’Equateur, Busa Nyamwisi, ex ministro del presidente Kabila e presidente del RCD-KML, Delly Sesanga, ecc. Di fronte a questo gruppo, il PPRD e i suoi alleati affermano, senza battere ciglio, che non vi è alcuna crisi politica che possa giustificare qualsiasi tipo di apertura politica. I membri della maggioranza presidenziale insistono sull’inopportunità di un governo di unità nazionale.
Nel frattempo, l’ARC di Olivier Kamitatu e il MSR di Pierre Lumbi, i due maggiori partiti della maggioranza presidenziale non nascondono le loro ambizioni. Essi vogliono svolgere un ruolo maggiore in questa nuova legislatura rispetto alla precedente.
Come si può constatare, a causa delle irregolarità e dei brogli, le elezioni hanno ulteriormente complicato la situazione politica. Nell’assegnare l’incarico di formare il nuovo governo, Joseph Kabila dovrà cercare di mantenere la coesione all’interno della sua famiglia politica, ma anche all’interno della nazione congolese.
d. L’UDPS in difficoltà
Il 22 marzo, in un comunicato stampa indirizzato ai membri dell’UDPS dichiarati “eletti deputati nazionali” dalla CENI, il presidente del partito invita ciascuno di loro a notificargli per iscritto e entro le 72 ore, la propria decisione personale circa la sua partecipazione o meno al forum abusivamente chiamato “Assemblea Nazionale”. La presidenza del partito tiene a precisare che, se non riceverà alcuna notifica della lettera di dimissioni dalla famosa “Assemblea Nazionale”, sarà obbligata a considerare tale fatto come un’opzione di partecipazione all’Assemblea Nazionale e ne trarrà le conseguenze politiche che saranno ritenute necessarie. Il comunicato non riguarda Timothée Kombo, attuale presidente del comitato provvisorio dell’Assemblea Nazionale, già ritenuto “radiato dal registro dei membri dell’UDPS”.
Valentin Mubake, consigliere politico di Etienne Tshisekedi ha precisato che «non è possibile partecipare alle sedute dell’Assemblea Nazionale e, allo stesso tempo, riconoscere la vittoria del presidente dell’UDPS alle ultime elezioni presidenziali». Secondo lui, è inaccettabile che i deputati che sono stati eletti sulle liste dell’UDPS partecipino ai lavori della Camera, quando il presidente del loro partito non accetta i risultati delle elezioni legislative che, peraltro, egli ha dichiarato nulle.
Il 6 aprile, Roger Lumbala, presidente del RCD/N e presidente della piattaforma Sostegno a Etienne Tshisekedi (SET), ha infine deciso di prendere parte ai lavori dell’Assemblea Nazionale. Eletto deputato a Mbuji-Mayi (Kasai Orientale), ha affermato di non essere d’accordo con la politica della sedia vuota e ha dichiarato che la stragrande maggioranza dei deputati dell’opposizione ha deciso di partecipare ai dibattiti della Camera dei Deputati.
A Limete, davanti alla residenza di Etienne Tshisekedi, è stata esposta una lista di politici dell’opposizione, membri della piattaforma delle “Forze acquisite al cambiamento”, ai quali è impedito di rendere visita al leader dell’UDPS. A questi politici, che avevano appoggiato la candidatura di Etienne Tshisekedi durante le ultime elezioni presidenziali, la direzione dell’UDPS rimprovera la partecipazione dei loro deputati ai lavori dell’Assemblea Nazionale. Sulla lista dei politici dichiarati “persona non grata” si possono citare i nomi di Roger Lumbala (Supporto a Etienne Tshisekedi-SET), Steve Mbikayi (Partito dei Lavoratori – PT), Martin Fayulu (Ecide), Franck Diongo (Movimento Lumumbista Progressista – MLP), Lisanga Bonganga (Moderatore dell’opposizione pro-Tshisekedi), Olongo, detto Basil Ndeko (Supporto a Etienne Tshisekedi-SET). La lista non è esaustiva. Solo Eugène Ndongala, che ha rifiutato di partecipare all’Assemblea Nazionale nonostante sia stato eletto nella circoscrizione della Funa a Kinshasa, ha accesso a Tshisekedi.
Secondo quanto affermato da Kahungu, segretario generale dell’UDPS, dopo l’ultimatum di 72 ore dato ai deputati eletti del partito per scegliere tra la loro partecipazione all’Assemblea Nazionale e la parola d’ordine di Etienne Tshisekedi, il partito ha deciso di escludere tutti i recalcitranti. Oltre a Timothy Kombo, escluso dall’UDPS per avere accettato l’incarico di presidente del comitato provvisorio dell’Assemblea Nazionale, Remy Massamba e Samy Badibanga, altri due membri del partito, hanno subito la stessa sorte, per aver incontrato Didier Reynders, Vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri belga che si è recentemente recato nella RDC. I deputati incriminati si difendono dicendo che «la politica della sedia vuota non è mai stata di alcuna utilità» e sostengono che «l’obiettivo della loro partecipazione ai lavori dell’Assemblea Nazionale è quello di ristabilire la verità delle urne, garantire una continuazione regolare del processo elettorale e ottenere le dimissioni incondizionate del comitato della Commissione elettorale nazionale indipendente in vista di una sua profonda ristrutturazione». Secondo diverse fonti, dei 42 deputati eletti nella lista dell’UDPS, 40 partecipano già ai dibattiti parlamentari. Solo Felix Tshisekedi e Mulumba, rispettivamente figlio e sorella di Etienne Tshisekedi, hanno boicottato i lavori dell’Assemblea nazionale, anche se i loro mandati sono stati convalidati.
Primo partito di opposizione, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), comincia a manifestare le sue divisioni tra i “partecipazionisti”, decisi a far parte dell’Assemblea Nazionale, e “l’ala dura”, costituita dai più fedeli al presidente del partito, Etienne Tshisekedi, che si è auto proclamato presidente della Repubblica, per non avere accettato i risultati elettorali ufficiali.
All’interno del partito, i più intransigenti sono proprio quelli che non sono stati eletti e che, quindi, non hanno nulla da perdere e i membri della famiglia (un figlio e una sorella) dello stesso Tshisekedi che è sempre più solo nel combattere la sua ultima battaglia.
e. Verso una Camera monolitica dei Deputati
Dai risultati delle legislative del 28 novembre come pubblicati dalla Ceni, già si sapeva che alla Camera c’era una maggioranza. Ma dopo le consultazioni di Mwando Nsimba, vi è ora una “nuova maggioranza parlamentare”, anche senza dirlo apertamente. Se dei partiti dell’opposizione sono liberi di partecipare alla nuova maggioranza parlamentare, la “pesca” di oppositori assesta un duro colpo al Parlamento. Si rischia di avere una Camera monolitica, che sarà solo una cassa di risonanza della coalizione al potere. Il pericolo è di trovarsi davanti a un’Assemblea Nazionale monocolore, interamente controllata da partiti che rivendicheranno continuamente di rappresentare la maggioranza. Se i partiti, finora identificati come appartenenti all’opposizione, vanno a ingrossare le fila della maggioranza parlamentare, l’Assemblea Nazionale non potrà che essere monolitica. Sarà quindi un’Assemblea Nazionale che parlerà a una sola voce e che sarà soggetta a una sola ideologia politica, quella della maggioranza.
E questo è il grande pericolo che minaccia la giovane democrazia congolese. Saranno la democrazia e il popolo a soffrirne le conseguenze. Si assisterebbe ad un’opposizione debole, fragile, incapace di giocare il ruolo di contrappeso e di contro-potere. Se sarà così, non ci sarà alcun dibattito e, quindi, nemmeno serietà ed efficienza. A meno che non si assista ad uno slancio di orgoglio nazionale. Che non è affatto ovvio. Si può, dunque, cominciare ad immaginare come sarà il futuro del Paese.
Lo stesso pericolo può interessare anche la composizione dell’Esecutivo Nazionale stesso. Infatti, la MP esclude la possibilità di un governo di unità nazionale e parla, invece, di un governo aperto ad alcuni membri dell’opposizione scelti singolarmente. Secondo varie informazioni, alcuni ministeri di seconda importanza potranno essere attribuiti all’opposizione per dare una certa immagine davanti all’opinione pubblica nazionale e internazionale, per poi chiedere le loro dimissioni o revocarli per “scarso rendimento”. Per Jean-Claude Vuemba, eletto deputato a Kasangulu, un governo inclusivo proposto con tali modalità, “è una trappola tesa da Joseph Kabila all’opposizione”.
2. RITORNO SULLE ELEZIONI DEL NOVEMBRE 2011
Il 20 marzo, il Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (BCNUDH) ha pubblicato un rapporto secondo il quale, durante il periodo elettorale tra il 26 novembre e il 25 dicembre 2011, sono state uccise almeno 33 persone, di cui 22 con armi da fuoco, 83 sono rimaste ferite, di cui 61 per arma da fuoco e 16 risultano ancora disperse. Il rapporto nota che i presunti autori di queste gravi violazioni dei diritti umani sono degli agenti della Guardia Repubblicana (GR), dell’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR), della Polizia Nazionale Congolese (PNC), della Legione Nazionale di intervento (LENI), della brigata di investigazione criminale e del Gruppo Mobile di Intervento (GMI). L’Onu deplora anche le violazioni commesse, “anche se in minor misura”, da “militari delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC).
Gli investigatori delle Nazioni Unite hanno inoltre documentato l’arresto di almeno 265 civili, “la maggior parte dei quali sono stati mantenuti in detenzione illegale e/o arbitraria, soprattutto a causa della loro reale o presunta appartenenza ad un partito di opposizione o per essere della provincia del candidato Etienne Tshisekedi o di province in cui egli gode di un forte sostegno”. La MONUSCO e il Comitato delle Nazioni Unite chiedono alle autorità congolesi di aprire un’inchiesta sui fatti riportati e si dicono disposti a dare il loro sostegno per assicurare alla giustizia coloro che sono implicati in tali violazioni. Da parte sua, il governo contesta, per mancanza di prove, le cifre riportate e definisce il rapporto “incoerente, gratuito, esagerato e di parte”. Il ministro della Giustizia, Luzolo Bambi, ha dichiarato che la Polizia Nazionale Congolese (PNC) “ha registrato 20 morti” e ha chiesto al Comitato dell’Onu di poter “giustificare, con elementi credibili e coerenti il divario” tra le due valutazioni.
Il 29 marzo, la Missione di Osservazione Elettorale dell’Unione Europea (MOE-UE) ha pubblicato il suo rapporto finale sulle elezioni presidenziali e legislative del 29 novembre. La missione “ritiene che i risultati pubblicati dalla commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) non siano credibili a causa delle numerose irregolarità e frodi constatate durante il processo elettorale”. In particolare, la missione degli osservatori dell’Unione Europea evoca l’assenza di un controllo esterno delle liste elettorali, la “mancanza di trasparenza” nella sua revisione, il voto con il solo certificato elettorale di 3,2 milioni di elettori (il 17% dei votanti), “numerosi casi di brogli”, la mancanza di trasparenza nella procedura di compilazione dei risultati e una pubblicazione dei risultati “caratterizzata da un’assoluta mancanza di trasparenza”.
La missione rammarica che “non sia stato interamente rispettato il quadro giuridico elettorale”, fra cui il rispetto dei tempi legali per la pubblicazione delle liste degli elettori e dei seggi elettorali, il divieto di affissione di propaganda sugli edifici pubblici, la partecipazione di agenti dell’amministrazione alla campagna elettorale e l’uso di risorse statali per la campagna elettorale. La missione sottolinea che “né la Ceni, né la Procura della Repubblica hanno mai condotto azioni volte a prevenire tali violazioni della legge, benché quest’ultimo punto citato sia punibile con l’annullamento della candidatura del responsabile”. Si menzionano anche numerose difficoltà incontrate a causa della carenza di infrastrutture e di un programma troppo stretto. È il caso della comunicazione tardiva delle liste degli elettori e dei seggi elettorali ai partiti politici. Un capitolo del rapporto è dedicato all’analisi dei risultati delle presidenziali nel Katanga (sud-est), roccaforte di Kabila, dove ha vinto con quasi il 90% dei voti, e nel Bandundu (ovest) dove Kabila è passato dal 39,4% nel 2006 al 73,4% nel 2011, realizzandovi “degli aumenti talmente elevati che un’analisi politica razionale non riesce a spiegare”.
Se si è parlato della divisione in seno all’opposizione per spiegare la sconfitta ufficiale di Tshisekedi, tuttavia “si constata che la somma dei voti attribuiti dalla Ceni ai tre principali candidati dell’opposizione (32,3% + 7,7% + 4,9% = 44,9%) non permette di confermare tale tesi”.
La MOE-UE raccomanda:
Al Presidente della Repubblica:
– La pubblicazione della legge sull’organizzazione e funzionamento della Corte costituzionale.
– L’istituzione di una Corte Costituzionale indipendente, incaricata della risoluzione dei contenziosi elettorali e della proclamazione dei risultati elettorali definitivi. Il suo ruolo è attualmente affidato alla Corte Suprema di Giustizia (CSJ), la cui indipendenza è stata messa spesso in discussione.
Alla Ceni:
– Il controllo del registro elettorale da parte di un organismo terzo indipendente, per garantirne la trasparenza e la credibilità.
– La revisione delle liste elettorali, per la loro correzione (la rimozione dei doppioni) e il suo aggiornamento.
– La creazione di una struttura operativa e continuativa a livello locale, per garantire l’aggiornamento permanente del registro degli elettori.
– Il rispetto dei tempi previsti per la pubblicazione e l’affissione al pubblico delle liste degli elettori e dei centri/seggi elettorali, in occasione delle prossime elezioni, per evitare controversie inutili.
– La semplificazione delle schede di voto delle elezioni legislative e l’abolizione delle liste degli omessi.
– L’affissione al pubblico dei risultati elettorali ne vari seggi elettorali. La consegna di una copia dei verbali elettorali ai delegati dei partiti, dei candidati e degli osservatori nazionali.
– La pubblicazione sistematica, su internet, delle copie digitalizzate dei verbali contenenti i risultati di ogni seggio elettorale, per assicurare la trasparenza delle elezioni.
Al Parlamento:
– La ristrutturazione della CENI, rendendola realmente paritaria, garantendo una buona rappresentanza della società civile e tenendo conto della nuova realtà politica e per contribuire alla “sua trasparenza, alla sua indipendenza e alla sua affidabilità”.
– L’approvazione di una legge organica che stabilisca una chiara divisione delle responsabilità tra il Ministero delle Comunicazioni e il Consiglio Superiore dell’Audiovisivo e della Comunicazione (CSAC).
– L’attuazione della legge sul finanziamento dei partiti e l’approvazione di una legge che regoli il finanziamento della campagna elettorale.
– L’approvazione di una legge sulla libertà di manifestazione pubblica, secondo l’articolo 26 della Costituzione.
– Il rafforzamento, nella legge elettorale, delle sanzioni contro gli atti di campagna elettorale al di fuori del termine legale, l’uso dei beni dello Stato, le restrizioni delle libertà civili durante la campagna elettorale e le irregolarità constatate nelle operazioni di voto e di compilazione dei risultati.
– L’introduzione, nella legge elettorale, di alcune disposizioni, in base alle quali la Ceni non dovrebbe annunciare risultati parziali se non quando essi non sono già stati compilati su verbali dei CLCR già esposti al pubblico, conformemente alla legge.
Al sistema giudiziario:
– L’arresto dei responsabili di violazioni dei diritti umani commesse durante la campagna elettorale, durante e dopo le votazioni, in particolare da agenti delle forze dell’ordine pubblico, al fine di progredire nella politica di tolleranza zero e rafforzare la lotta contro l’impunità.
Nel corso della presentazione del rapporto, Mariya Nedelcheva, responsabile della missione di osservazione elettorale dell’Unione Europea, ha infine affermato: “Resta ancora molto lavoro da fare da parte delle autorità congolesi e della società civile, per migliorare il processo elettorale e garantire la trasparenza e l’affidabilità della democrazia congolese”.
Il 30 marzo, la Lega degli Elettori (LE) ha pubblicato, con il sostegno della Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH), un rapporto che ritorna sullo svolgimento delle elezioni presidenziali e legislative del 28 novembre 2011.
Sylvain Lumu Mbaya, segretario esecutivo della LE, ha affermato che “il processo elettorale del 28 novembre è stato caratterizzato da violenze, insicurezza, attacchi alla libertà di espressione e di riunione, brogli, truffe, falsificazione di documenti, atti di corruzione, intimidazioni, violazioni che hanno compromesso la libera scelta degli elettori e che hanno impedito qualsiasi convalida credibile dei risultati”.
Il rapporto propone una quarantina di raccomandazioni, di cui la LE ne auspica l’attuazione in vista dell’organizzazione delle prossime elezioni provinciali e locali.
La Lega degli elettori raccomanda
Al governo della Repubblica, di:
Garantire la sicurezza delle persone e la tutela dei difensori dei diritti umani.
Prendere le misure necessarie affinché gli autori di atti di violenza commessi durante il processo elettorale siano arrestati e processati.
Rispettare rigorosamente la libertà di riunione, di espressione e di manifestazione.
Chiedere al Capo dello Stato di promulgare la legge sull’istituzione della Corte Costituzionale. Indire un censimento della popolazione prima di continuare le operazioni di voto previste.
Inserire il finanziamento delle elezioni nella legge finanziaria dello Stato e bloccare effettivamente i fondi necessari sin dal primo anno della legislatura.
Al Parlamento, di:
prendere l’iniziativa per una revisione costituzionale, in vita di ritornare alle elezioni del Presidente a maggioranza assoluta dei voti espressi prevedendo, se necessario, un secondo turno, se la maggioranza assoluta non è raggiunta.
Avviare la revisione della legge elettorale per offrire agli elettori un ruolo nella contestazione delle candidature e/o dei risultati prima o dopo la loro proclamazione.
Avviare immediatamente il dibattito sulla prossima configurazione della Commissione Elettorale, tenendo conto dell’evoluzione dello spazio politico e i limiti del comitato attuale, prendendo in considerazione anche l’implicazione della società civile indipendente nella sua composizione, in vista di un reale equilibrio dei rapporti di forza e della riconciliazione delle differenze tra maggioranza e opposizione.
Adottare la legge sulla ripartizione dei seggi parlamentari solo dopo la conclusione di una corretta revisione delle liste elettorali.
Alla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente, di:
Accettare di trarre insegnamento dalle gravi irregolarità constatate nella preparazione, organizzazione e svolgimento delle elezioni del 28 novembre 2011 e di dimettersi.
Al potere organizzativo delle future elezioni, di:
Accettare l’accesso al server centrale e il controllo delle liste elettorali come prerequisiti alla continuazione del processo elettorale.
Avviare la revisione degli articoli 10 e 12 della Legge Organica 10/013 del 28 luglio 2011, sull’organizzazione e il funzionamento della Ceni.
Osservare e fare rispettare e le disposizioni della legge elettorale in tutte le fasi delle operazioni elettorali.
Custodire il materiale elettorale e assicurarne la manutenzione, per limitare i guasti durante il processo di voto.
Fare della revisione delle liste elettorali un’attività regolare e permanente.
Proporre una nuova mappatura dei centri di registrazione degli elettori e dei seggi elettorali, in modo da ridurre le distanze.
“Il rapporto è una constatazione di ciò che è avvenuto e, nello stesso tempo, una tabella di marcia che deve permettere di trarre un insegnamento dalle scorse elezioni, per preparare bene le prossime elezioni, in modo che esse non siano più un momento di tensione, ma un’opportunità per costruire la democrazia e lo Stato di diritto, nel rispetto dei diritti umani“, ha dichiarato Belhassen, Presidente della FIDH.
Le organizzazioni che fanno parte della coalizione della società civile congolese, si dicono preoccupate per le insufficienze con cui i membri del comitato della Commissione Elettorale hanno svolto il loro lavoro nell’organizzazione delle elezioni del 28 novembre 2011, caratterizzate da varie irregolarità, quali:
– La manipolazione delle liste degli elettori
– La mancanza di trasparenza nella compilazione dei risultati;
– Il rifiuto di un controllo sul server centrale;
– Il non rilascio dei verbali elettorali ai testimoni dei partiti in gran parte dei seggi elettorali;
– La delocalizzazione intenzionale di alcuni seggi elettorali;
– La perdita di materiali elettorali sensibili (schede elettorali e verbali), senza alcuna spiegazione, Pertanto, esse chiedono, senza condizioni:
1. Le dimissioni immediate dei membri del comitato della Commissione Elettorale;
2. Una missione di controllo sulla Ceni da parte di un organismo esterno;
3. La revisione della legge sull’organizzazione e il funzionamento della Ceni;
4. La ristrutturazione del comitato della Ceni, integrandovi dei membri della società civile.
Tutti i rapporti delle missioni di osservazione elettorale arrivano, alla fine, alle stesse conclusioni: le elezioni presidenziali del 28/11/11, organizzate in condizioni inverosimili, hanno dato dei risultati che, in realtà, sono ancora sconosciuti. Ed è certo che i brogli più importanti hanno avuto luogo presso i centri di compilazione. Tuttavia, ci si potrebbe avvicinare alla “verità delle urne” facendo riferimento ai verbali dei seggi elettorali, l’ultima operazione a carattere pubblico e verificata da testimoni dei partiti e osservatori. Ma i dati rilasciati dalla Commissione Elettorale non sono accompagnati da tali verbali e la loro credibilità è nulla. Nemmeno i dati rilasciati dall’UDPS sono accompagnati dai verbali e la loro credibilità è ancora nulla. La Chiesa non ha mai pubblicato i risultati constatati dai suoi osservatori, perché erano parziali. Le elezioni legislative si sono svolte nelle stesse condizioni di quelle presidenziali, se non peggiori. Tuttavia, la CSJ ha approvato i risultati delle presidenziali e sta facendo la stessa cosa con i contenziosi delle legislative. Anche la sua credibilità è nulla. Il tempo è passato, la pioggia tropicale si è abbattuta sulle schede elettorali lasciate all’aperto, c’è stato un incendio negli edifici della commissione elettorale. Tutto ciò che si può dire è che i veri risultati elettorali rimarranno per sempre sconosciuti. Ne consegue che qualsiasi autorità, che si pretenda tale, non deriva più che dalla forza e dall’intimidazione, … In realtà, essa risulta da un colpo di stato …
Si può notare la sobrietà dei mezzi del “colpo di stato” civile in confronto con il suo equivalente militare. Non è stato necessario l’intervento di reggimenti armati. È stato sufficiente avere il controllo di un piccolo gruppo, composto di una trentina di persone soltanto: la CENI e la CSJ. Controllare la CSJ è stato un gioco da ragazzi, dato che è il Presidente che ne nomina i membri. Per quanto riguarda la Ceni, il trucco è stato quello di politicizzarla al massimo, grazie alla sua composizione, essendo tre i membri designati dall’opposizione e quattro dalla maggioranza. Pertanto, non poteva che essere sotto il controllo del campo presidenziale, maggioritario. Anche il voto a un solo turno è stato approvato senza problemi da una maggioranza parlamentare estremamente docile. Avendo, in tal modo, preparato il terreno al caos per il dopo elezioni, è stato sufficiente utilizzare solo due piccoli organi, la Ceni e la CSJ, per “tagliare su misura” su risultati sconosciuti una “vittoria” pre-confezionata. L’affare era concluso. Quando i carri armati sono scesi in strada per “mantenere l’ordine”, il colpo di stato “civile” era già avvenuto.