Congo Attualità n. 491

UNA LAVATRICE MARCA “ITSCI”

Inchiesta su un programma di tracciabilità di materie prime presumibilmente implicato nel riciclaggio di minerali provenienti da zone di conflitto.

Global Witness – aprile 2022 / 1ª parte su 3. [1]

INDICE

SINTESI GENERALE
a. Iniziativa della catena di approvvigionamento dello Stagno (ITSCI)
b. Riciclaggio di minerali provenienti da miniere congolesi non convalidate
c. Traffici di minerali e violenze a Rubaya
d. Ruanda
e. Catene di approvvigionamento internazionali
INTRODUZIONE
– ITSCI: un programma di controllo sull’estrazione e commercializzazione dei minerali “3T” nella RDC e in Ruanda
a. Convalidamento delle miniere
b. Tracciabilità dei minerali
c. Certificazione CIRGL
d. Dovere di diligenza
CONCLUSIONE
RACCOMANDAZIONI

Per scaricare il bollettino in formato Word, clicca su: Congo Attualità 491  o su “Download”.

SINTESI GENERALE

I minerali estratti artigianalmente nella regione africana dei Grandi Laghi sono estremamente richiesti sul mercato internazionale.
La Repubblica Democratica del Congo (RDC) e il Ruanda sono i due Paesi in cui si concentra quasi la metà della produzione mondiale di coltan, principale fonte di tantalio. Oltre al coltan, essi producono anche notevoli quantità di stagno e tungsteno. Si tratta di tre minerali meglio conosciuti con il nome di “minerali 3T”. I metalli provenienti dalla fusione dei minerali 3T sono ampiamente utilizzati nelle apparecchiature elettroniche, come i telefoni cellulari e i computer e nell’industria automobilistica o aeronautica.
Nell’est della RDC, il controllo sulle zone minerarie, l’estrazione illegale e il contrabbando dei minerali sono diventati, da decenni, le principali fonti di reddito per ufficiali militari dell’esercito congolese e degli oltre 120 gruppi armati, nazionali o stranieri, ancora attivi in quella regione, ciò che contribuisce alla persistenza di conflitti armati e di gravi violazioni dei diritti umani.
Per migliorare la governabilità del settore minerario, più di dieci anni fa, i governi dei paesi della regione, le Nazioni Unite, la Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (CIRGL) e l’Organizzazione di Cooperazione e per lo Sviluppo Economico (OCSE), in consultazione con le parti interessate dell’industria e della società civile, hanno formulato nuovi principi guida e incentivato nuove procedure, tra cui la creazione di meccanismi di tracciabilità che, parallelamente alla convalida delle miniere da parte del governo, possono assicurare un approvvigionamento in “minerali esenti da conflitti ed estratti in modo responsabile”.
In questo rapporto, Global Witness ha raccolto delle prove che dimostrano che uno dei principali meccanismi di controllo per il settore minerario, l’ITSCI, potrebbe, in realtà, facilitare il riciclaggio di minerali provenienti da miniere controllate da gruppi armati o estratti facendo ricorso al lavoro minorile. Questo meccanismo, di cui molte aziende internazionali si fidano per approvvigionarsi in modo responsabile, verrebbe utilizzato anche per riciclare minerali estratti e commercializzati in modo illegale o sottoposti a pratiche di contrabbando.

a. Iniziativa della catena di approvvigionamento dello Stagno (ITSCI)

Nel 2009, l’Associazione Internazionale dello Stagno (ITA), in collaborazione con il Centro Internazionale degli studi sul Tantalio (TIC), ha creato l’Iniziativa della Catena di approvvigionamento dello Stagno (ITSCI).
L’obiettivo di ITSCI è di garantire una catena di tracciabilità affidabile dei minerali, assicurando che la loro estrazione non contribuisca al lavoro minorile o al finanziamento dei gruppi armati. Nel caso della RDC, ciò significa che i minerali devono provenire da miniere convalidate dalle autorità competenti perché esenti da tali irregolarità. In Ruanda, dove non si è a conoscenza della presenza di gruppi armati attivi, questa catena di tracciabilità dovrebbe soprattutto garantire che i minerali non siano oggetti di contrabbando dalla RDC verso il Ruanda. In entrambi i paesi, gli agenti incaricati dell’implementazione dell’ITSCI sigillano ed etichettano i sacchi dei minerali ritenuti idonei, prima che essi siano trasportati verso i centri di prima trasformazione o verso i centri di esportazione. Nel 2018, l’OCSE ha esaminato le normative di ITSCI e le ha ritenute pienamente coerenti con le proprie linee guida relative al “dovere di diligenza” da applicare nelle diverse fasi della catena di approvvigionamento dei minerali. Tuttavia, secondo l’inchiesta realizzata sul territorio da Global Witness, la realtà è ben diversa.

b. Riciclaggio di minerali provenienti da miniere congolesi non convalidate

L’inchiesta di Global Witness indica che il sistema ITSCI permette il riciclaggio di minerali congolesi “contaminati”. Sulla base delle prove raccolte, enormi quantità di minerali provenienti da miniere non convalidate, come quelle controllate da gruppi armati  e quelle in cui si ricorre al lavoro minorile, potrebbero entrare nella catena di approvvigionamento dell’ITSCI ed essere esportate.
Le segnalazioni di incidenti dell’ITSCI sembrano spesso minimizzare o addirittura ignorare quei casi che potrebbero compromettere seriamente l’integrità della sua catena di approvvigionamento.
La prova più evidente delle carenze del meccanismo ITSCI nella RDC si trova nella regione di Nzibira dove, nel 2020, un centro commerciale rappresentava quasi il 10% dei minerali etichettati nell’intera provincia del Sud Kivu. Nel primo trimestre 2021, la produzione delle miniere convalidate nell’area di Nzibira rappresentava meno del 20% delle circa 83 tonnellate di minerali 3T etichettati localmente.
Le interviste con funzionari, commercianti, operatori e altre parti interessate hanno confermato che la maggior parte dei minerali etichettati provengono da miniere non convalidate situate nelle vicinanze e occupate da gruppi armati che, spesso, mobilitano manodopera minorile.
Una di queste miniere, Lukoma, è occupata da un gruppo armato che obbliga sia i minatori artigianali ad estrarre i minerali senza alcuna remunerazione, sia i commercianti a pagare tasse illegali. Sembrerebbe che il Ministero delle Miniere vi etichetti i sacchi di minerali, pur essendo a conoscenza di questa tassa illegale.
È almeno dal 2014 che l’ITSCI è consapevole del rischio che dei minerali di conflitti contaminino la sua catena di approvvigionamento intorno a Nzibira. In quell’anno ITSCI aveva riconosciuto l’esistenza di questo rischio nella valutazione della propria gestione. Nel 2015, un rapporto pubblicato da una ONG locale ha, a sua volta, presentato prove di grandi volumi di minerali regolarmente etichettati, anche se erroneamente attribuiti a miniere convalidate ma inattive.
Anche un consulente reclutato dalla ONG americana PACT, partner esecutivo dell’ITSCI, ha confermato che dei minerali etichettati provenivano da zone controllate da milizie. Il consulente ha precisato che le autorità dello Stato e gli agenti locali dell’ITSCI erano stati informati della situazione e che, nonostante ciò, stavano deliberatamente nascondendo la questione.
La situazione di Nzibira non è un’eccezione. Non lontano, a Lubuhu, nel primo trimestre del 2021 si è registrato un volume di cassiterite (stagno) etichettato 15 volte superiore alla produzione delle due miniere convalidate situate nella zona circostante. Ancora una volta, gran parte dei minerali etichettati dall’ITSCI provengono da miniere occupate e controllate da gruppi armati.
Altre fonti affermano inoltre che, senza autorizzazione, degli agenti dell’ITSCI collaborano attivamente con i commercianti e le autorità dello stato per riciclare dei minerali e, in alcuni casi, esigono addirittura delle percentuali su queste entrate illegali. Gli agenti statali, generalmente mal pagati, compensano i loro stipendi etichettando quanti più sacchi di minerali possibile, indipendentemente dalla loro provenienza di origine.
Con un personale ridotto e controlli insufficienti, l’ITSCI non riesce ad impedire il riciclaggio di minerali da parte di agenti dello Stato e di commercianti. La quantità di minerali etichettati illegalmente e la mancanza di misure efficaci lasciano pensare che l’ITA, l’entità di controllo finale dell’ITSCI, stia chiudendo gli occhi su questi casi. L’aumento del volume dei minerali etichettati serve gli interessi dell’ITA, il cui meccanismo è finanziato principalmente con le tasse imposte sugli esportatori di minerali 3T etichettati nella regione dei Grandi Laghi. Questa dipendenza ha un perverso effetto che incoraggia il sabotaggio della missione di controllo propria dell’ITSCI. Inoltre, esiste un chiaro conflitto di interessi, perché l’ITA è la prima responsabile di un meccanismo che dovrebbe impedire l’immissione di minerali contaminati sui mercati internazionali ma, nello stesso tempo, è anche rappresentativa di alcuni dei maggiori acquirenti di minerali 3T.

c. Traffici di minerali e violenze a Rubaya

Informazioni preoccupanti sugli inadempienti dell’ITSCI provengono anche dalla zona di Rubaya, nel Nord Kivu, dove verrebbe estratto almeno il 15% della produzione mondiale di coltan.
Nel mese di dicembre 2018, quando la Società Mineraria di Bizunzu (SMB) decise di lasciare l’ITSCI per aderire a un altro programma di tracciabilità, l’ITSCI avrebbe avvertito i suoi membri riguardo alle disfunzioni nella catena di tracciabilità della SMB, presumibilmente nel tentativo di screditare la società e il programma concorrente. Risultato: 120 tonnellate di minerali appartenenti alla SMB rimasero bloccate. La società stava già attraversando difficoltà finanziarie, che spesso causavano dei ritardi nei pagamenti degli stipendi dei minatori che, di conseguenza, dirottavano i loro i minerali verso un’altra società mineraria vicina. Queste manovre esacerbarono quindi le tensioni preesistenti tra la SMB e i minatori artigianali, in particolare quelle relative ai ritardi dei pagamenti salariali e la vendita, da parte dei minatori artigianali, a un’altra società, la Società Aurifera del Kivu e del Maniema (SAKIMA). La situazione diventò esplosiva nel 2019-2020, provocando almeno cinque morti. I metodi usati dall’ITSCI avrebbero quindi minato il suo stesso obiettivo di “spezzare i legami tra minerali e conflitti”.
Secondo i dati pubblicati dalle Nazioni Unite, i minerali dirottati dai minatori della SMB verso la SAKIMA sarebbero successivamente stati introdotti illegalmente nella catena di approvvigionamento dell’ITSCI. Le stime referenziai dell’ITSCI per la produzione mineraria di SAKIMA, utilizzate dal programma per valutare il volume dei minerali da etichettare, erano diventate dieci volte superiori a quelle di una fonte delle Nazioni Unite per certe miniere della stessa società, una differenza probabilmente attribuibile ai minerali introdotti illegalmente nella miniera.
Solo nel 2020, gli agenti dello stato avrebbero sottratto fraudolentemente centinaia di tonnellate di coltan dalla concessione della SMB per immetterle nella catena di approvvigionamento dell’ITSCI. Tenuto conto della sua ampiezza, la notevole differenza dei livelli di produzione attribuiti a SAKIMA avrebbe dovuto necessariamente allertare le autorità.
Secondo alcune fonti, i minerali riciclati da SAKIMA ed etichettati da ITSCI passavano poi nelle mani dei due maggiori esportatori di coltan del Nord Kivu, anch’essi membri dell’ITSCI: la Cooperativa dei Minatori Artigianali del Congo (CDMC) e la Società Generale del Commercio SARL (SOGECOM). Global Witness ha scoperto che il presidente della CDMC era John Crawley, un uomo d’affari britannico ed ex presidente del Centro Internazionale per il Tantalio (TIC).

d. Ruanda

Il programma ITSCI è stato introdotto anche in Ruanda, quando il contrabbando di enormi quantità di minerali provenienti dalla RDC esisteva già da tempo. La possibilità per il Ruanda, piccolo produttore di minerali, di etichettare dei minerali di origine illegale, per poterli esportare legittimamente, sembra aver rinforzato questa rete di contrabbando gà esistente tra la RDC verso il Ruanda. Una persona che ha svolto un ruolo importante nell’indizione del programma ITSCI in Ruanda ha affermato che, per molti anni, solo il 10% dei minerali esportati da questo paese sia stato effettivamente estratto sul suo territorio e che il restante 90% vi sia stato introdotto illegalmente dalla RDC.
Secondo numerose fonti, il governo ruandese è pienamente cosciente che il volume di produzione mineraria venga artificialmente gonfiato dalla pratica del contrabbando. Né il governo ruandese, né il programma ITSCI non hanno mai pubblicato dati sulla produzione miniera per miniera che possano dimostrare il contrario.
Se è vero che l’ITSCI ha preso dei provvedimenti correttivi contro alcuni casi minori di contrabbando, è altrettanto vero che non l’ha fatto nei confronti di grandi società esportatrici di minerali contaminati provenienti da zone di conflitto. La più grande di queste società, la Minerals Supply Africa (MSA), è stata per diversi anni il principale esportatore di minerali 3T dal Ruanda. Secondo una fonte, tra il 2011 e il 2017, solo una piccola parte delle esportazioni ruandesi è stata effettivamente estratta in miniere ruandesi. Anche u uomo d’affari svizzero, Chris Huber (attualmente indagato per crimini di guerra nella RDC) avrebbe approfittato del programma ITSCI per riciclare grandi quantità di minerali attraverso almeno tre diverse società.
Alcune fonti industriali arrivano fino a suggerire che il riciclaggio di minerali di contrabbando sia la vera ragion d’essere del programma ITSCI. Esse affermano che l’amministratore delegato di MSA avrebbe collaborato con l’ITA e l’ex ministro della Difesa ruandese, per delineare un programma di tracciabilità dei minerali che è stato approvato dal governo e che, secondo loro, servirebbe per attutire e raggirare il rischio di norme più severe imposte dai paesi importatori.

e. Catene di approvvigionamento internazionali

Esaminando le catene di approvvigionamento, è possibile identificare delle società che avrebbero acquistato minerali provenienti da miniere controllate da gruppi armati o oggetto di contrabbando; Tra esse ci sono intermediari e fonderie con sede a Hong Kong, Dubai, Tailandia, Kazakistan, Austria, Malesia e Cina.
Si è scoperto che questi minerali potrebbero essere presenti nei dispositivi elettronici venduti da marchi internazionali come Apple, Intel, Samsung, Nokia, Motorola e Tesla.
Molte multinazionali che consumano minerali 3T per i loro prodotti (computer, smartphone, componenti elettronici per l’industria automobilistica, ecc.) probabilmente non fanno abbastanza per individuare, nella loro catena di approvvigionamento, i casi di minerali che abbiano contribuito al finanziamento di un gruppo armato, alla continuazione di un conflitto, al ricorso al lavoro minorile e all’intensificazione del contrabbando. Invece di investire le risorse adeguate per identificare queste carenze, rimediarvi e garantire la trasparenza nella propria catena di approvvigionamento, molte fonderie si limitano a riporre la loro fiducia nell’ITSCI. In modo simile, le multinazionali fornitrici dei prodotti finali e le grandi catene di distribuzione si affidano al programma gestito dalla Responsible Minerals Initiative (RMI), che a sua volta si basa sul programma ITSCI, nonostante le sue evidenti carenze sistemiche.

INTRODUZIONE

Da quasi vent’anni, dei minerali estratti artigianalmente finanziano e alimentato dei conflitti armati nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC). In questi conflitti generalmente complessi, l’esercito congolese e i gruppi armati, sia locali che stranieri, appoggiati o provenienti dai paesi vicini (Uganda, Ruanda, Burundi) si disputano l’accesso a queste preziose risorse, perpetrando terribili violazioni dei diritti umani.
Quasi dieci anni fa, i governi della RDC, del Ruanda, dell’Uganda e del Burundi (paesi membri della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi / CIRGL), le Nazioni Unite e l’OCSE, in collaborazione con le grandi società minerarie e con diverse organizzazioni della società civile, hanno ideato una serie di regole, principi guida e programmi, per migliorare la governabilità dell’estrazione e del commercio dei minerali provenienti da zone di conflitto (oro, stagno, tantalio e tungsteno).
Il presente rapporto si concentra sullo stagno, il tantalio e il tungsteno (meglio conosciuti come minerali “3T”4). Dopo la loro trasformazione in metalli, i minerali 3T sono ampiamente utilizzati nell’industria dei componenti elettronici dell’industria informatica, automobilistica e aerospaziale.
La regione dei Grandi Laghi africani è la principale fonte mondiale di columbite-tantalite (meglio conosciuta con il nome di coltan), un minerale da cui si estraggono il tantalio e il niobio. Si stima che, nel 2019, la RDC e il Ruanda abbiano contribuito per il 44% della produzione mondiale di tantalio. A livello globale però, i due paesi svolgono un ruolo meno importante nella produzione di stagno e tungsteno.
La maggior parte dei minerali 3T della regione vengono estratti da minatori artigianali che utilizzano strumenti rudimentali. Generando centinaia di migliaia di posti di lavoro, l’estrazione artigianale rappresenta un’importante fonte di reddito per la popolazione congolese.
In conformità con il quadro normativo adottato nella RDC, solo i “minerali esenti da conflitti”, provenienti da miniere convalidate e trasportati verso i centri commerciali controllati dal sistema di tracciabilità possono ottenere la certificazione CIRGL, che ne consentirà l’esportazione. I paesi limitrofi, come il Ruanda, dove la tracciabilità è un obbligo legale come nella RDC e, in misura minore, l’Uganda e il Burundi, dove la tracciabilità non è obbligatoria, utilizzano dei sistemi di tracciabilità volti a ostacolare l’introduzione di minerali di conflitto nelle catene di approvvigionamento.
Le società che utilizzano minerali o prodotti contenenti minerali provenienti da zone di conflitto o ad alto rischio di violazione dei diritti umani devono, almeno teoricamente, identificare questi rischi nelle loro catene di approvvigionamento, adottare e implementare misure preventive e farne rapporto. Queste sono le direttive contenute nella Guida dell’OCSE sul dovere di diligenza, in vista di  catene di approvvigionamento responsabili di minerali provenienti da aree di conflitto o ad alto rischio. Negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, l’attuazione di questo dovere di diligenza è obbligatoria per i minerali 3T e l’oro, rispettivamente dal 2010 e dal 2021.
I mercati mondiali dello stagno e del tantalio svolgono un ruolo importante nel contesto normativo dei minerali 3T nella regione dei Grandi Laghi. Nel 2009, l’Associazione Internazionale per lo Stagno (ITA), in collaborazione con il Centro Internazionale per il Tantalio (TIC), iniziava l’Iniziativa Internazionale per le Catene di Approvvigionamento dello Stagno (International Tin Supply Chain Initiative / ITSCI).
ITSCI offre un sistema di tracciabilità, a volte denominato sistema “bag and tag” (sacco e etichetta), attraverso il quale i minerali che, a priori, non arrivano da zone di conflitto e che non sono oggetto di lavoro minorile vengono messi in sacchetti sigillati e trasportati nei centri di esportazione che, a loro volta, li invieranno alle fonderie. Il sistema ITSCI è attuato dal PACT, una Ong internazionale, in collaborazione con i governi dei paesi interessati. ITSCI si è affermato come il principale programma di tracciabilità per i minerali 3T, in particolare nella RDC e in Ruanda, ma viene attuato anche in Burundi e in Uganda.
Da parte sua, la Responsible Minerals Initiative (RMI) ha creato il Responsible Minerals Assurance Process (RMAP), un programma ampiamente utilizzato per aiutare le fonderie e le raffinerie ad approvvigionarsi in modo responsabile di minerali provenienti da zone di conflitto o ad alto rischio e che si basa principalmente sui controlli effettuati dall’ITSCI.
Nel 2018, dopo valutazione, l’OCSE aveva concluso che le norme dell’ITSCI sulla tracciabilità e sul dovere di diligenza erano completamente in sintonia con le linee guida emanate dell’OCSE stessa. Nel mese di aprile 2021, l’ITSCI ha celebrato il suo decimo anniversario organizzando una conferenza intitolata “Un decennio di successi”. Tuttavia, questa inchiesta di Global Witness effettuata nella RDC (Sud e Nord Kivu) e in Ruanda rivela che nulla giustifica tale autocompiacimento.
Questa ricerca dimostra che l’ITSCI avrebbe completamente fallito senza poter raggiungere il suo obiettivo iniziale di garantire la tracciabilità dei minerali “esenti da conflitti”, poiché sembra etichettare volumi colossali di minerali provenienti da miniere non convalidate, tra cui quelle che sono controllate da gruppi armati e/o che funzionano mediante il ricorso al lavoro minorile. Sebbene l’ITSCI sia a conoscenza di questi suoi fallimenti da molto tempo, non sembra esserci alcun cambiamento della situazione.
Il sistema di tracciabilità ITSCI, in gran parte finanziato dai minatori artigianali (almeno nella RDC), sembra quindi totalmente inefficace e incapace di rompere i legami tra minerali e conflitti armati. In alcuni casi, gli agenti locali dell’ITSCI avrebbero accettato tangenti per chiudere gli occhi sul problema. Questa ricerca presenta anche il caso di un importante membro del TIC che usa il programma ITSCI per accedere a dei minerali estratti illegalmente con l’obiettivo di riciclarli, contribuendo così ad alimentare la violenza in un’importante regione mineraria.
Essa dimostra inoltre che il sistema interno dell’ITSCI relativo alla segnalazione degli incidenti non è sempre rappresentativo delle realtà sul campo e che è soggetto a casi di abuso. Ad esempio, certi rapporti compromettenti sarebbero stati insabbiati prima della loro pubblicazione per proteggerne i responsabili. In altri casi, il sistema ITSCI sarebbe stato utilizzato per indebolire altri programmi di tracciamento rivali e per intimidirne le società aderenti.
In Ruanda, fin dall’inizio, il sistema ITSCI sembra essere stato utilizzato per riciclare enormi volumi di minerali contrabbandati dalla RDC, ciò che ha permesso al Ruanda di continuare a trarre grandi profitti dalle risorse minerarie del paese vicino. Alcune fonti suggeriscono addirittura che il riciclaggio di minerali fatti passare di contrabbando dalla RDC al Ruanda sia la vera ragione dell’esistenza del Programma ITSCI. L’amministratore delegato della più grande società ruandese esportatrice di minerali importati di contrabbando dalla RDC abbia stretto una collaborazione con i membri dell’ITA e l’allora ministro della Difesa ruandese, con l’obiettivo di creare un programma di tracciabilità capace di contrastare i potenziali rischi derivanti dall’applicazione di una normativa più severa e dalle crescenti preoccupazioni della società civile. In tal modo, il lucrativo riciclaggio di minerali provenienti dalla RDC potrebbe continuare ancora a lungo.
Secondo le ricerche effettuate, questi tentativi di raggiramenti si sono tuttavia rarefatti con l’espansione del programma ITSCI nella RDC, che ha però incrementato il riciclaggio locale e l’esportazione diretta di minerali legati a conflitti e a violazioni dei diritti umani.
Le società minerarie internazionali sono a conoscenza di queste lacune già da molto tempo, ma sembra evidente che abbiano continuato a trarre profitto da minerali oggetto di contrabbando, provenienti da zone di conflitti e macchiati da violazioni dei diritti umani. Questi minerali di dubbia origine continuano a infiltrarsi nelle catene di approvvigionamento internazionali, rendendo i consumatori di dispositivi elettronici indirettamente complici della guerra e dello sfruttamento del lavoro minorile ancora attualmente in corso nella RDC.

ITSCI: un programma di controllo sull’estrazione e commercializzazione dei minerali “3T ” nella RDC e in Ruanda

a. Convalidamento delle miniere

Secondo la legge congolese, le miniere di stagno, tantalio, tungsteno e oro devono essere convalidate attraverso un sistema paragonabile a un “semaforo tricolore” e ispirato al meccanismo di certificazione regionale della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (CIRGL). Affinché una miniera possa essere convalidata come “verde”, deve essere stata visitata e valutata da una equipe mista composta da agenti dello Stato congolese e da rappresentanti di organizzazioni internazionali e della società civile, o da un ispettore dello Stato accompagnato da alcuni funzionari della pubblica amministrazione e rappresentanti della società civile, o da un revisore indipendente.
Secondo la normativa, le equipe miste devono controllare le zone di conflitto o ad alto rischio, gli ispettori sono incaricati delle zone “libere da conflitto”, ma in essa non viene specificato alcun perimetro per i revisori indipendenti. Affinché una miniera possa essere classificata come “verde”, deve essere completamente libera da qualsiasi forma di interferenza da parte di gruppi armati o di “elementi incontrollati” delle forze di sicurezza congolesi e esente da qualsiasi forma di lavoro minorile o di donne incinte. Una miniera viene classificata “gialla” quando vi sono state osservate alcune piccole irregolarità e “rossa” quando vi sono stati constatati degli indizi  sulla presenza di gruppi armati, di minorenni e di donne incinte.
I minerali possono essere estratti ed esportati dalle miniere “verdi” dopo la loro convalida con decreto ministeriale, ma anche dalle miniere “gialle” qualora vengano adottate misure correttive entro sei mesi dall’ultima ispezione, ma non dalle miniere “rosse”.
Tuttavia, un decreto governativo del mese di novembre 2021 ha introdotto alcune significative modifiche. In seguito alla revisione del manuale del meccanismo regionale di certificazione della CIRGL nel 2019, il testo legislativo concede agli esportatori l’autorizzazione a valutare essi stessi la portata dei rischi e a procedere alla classificazione delle miniere stesse.
Le miniere non convalidate sono classificate “blu” se l’esportatore non rileva alcun rischio legato alla qualifica “rossa”. Anche le miniere convalidate come “verdi” ma non ispezionate da più di un anno vengono declassate a miniere “blu”. I minerali provenienti dalle miniere blu possono essere estratti ed esportati, ma se queste miniere non vengono sottoposte a un’ispezione di controllo entro tre anni, diventano “rosse”. Se la classificazione blu risolve il problema della lentezza inerente alla procedura della certificazione e della convalida delle miniere nella RDC, la possibilità per gli esportatori di valutare essi stessi le proprie miniere di approvvigionamento apre la porta a numerosi abusi.
In Ruanda, sono gli ispettori dell’Autorità Nazionale per le Risorse Naturali (RNRA) che devono verificare gli elementi che possono rivelare la presenza di gruppi armati, minorenni e donne incinte nelle miniere.

b. Tracciabilità dei minerali

Secondo le leggi congolesi e ruandesi, lo stagno, il tantalio e il tungsteno estratti nei rispettivi paesi devono essere trasportati dalle miniere ai centri di esportazione mediante un sistema che ne garantisca la tracciabilità.
ITSCI è il sistema di tracciabilità dei minerali dominante in entrambi i paesi.
RCS Global, un fornitore di servizi, offre un sistema di tracciabilità alternativo denominato Better Mining, sia nella RDC che in Ruanda, ma con meno membri.
Il funzionamento quotidiano del programma ITSCI è assicurato da agenti dello Stato.
Nella RDC, gli agenti del Servizio di Assistenza e di Supervisione delle Miniere Artigianali e di Piccola Dimensione (SAEMAPE), un’unità del Ministero delle Miniere, sono incaricati di sigillare i sacchi dei minerali nelle miniere stesse, mediante delle etichette “miniera” e di registrare i dati corrispondenti in un registro, ad esempio il numero dell’etichetta (associato ad una determinata miniera), il peso dei minerali e la miniera di provenienza.
Da parte loro, i commercianti possono aprire i sacchi per effettuare una prima trasformazione dei minerali, dopodiché la Divisione delle Miniere, un’altra entità tecnica del Ministero delle Miniere, li contrassegna con un’ulteriore etichetta denominata “commerciante”, che permette di inviarli ai centri di esportazione e poi alle fonderie internazionali.
In Ruanda la procedura è molto simile. Gli agenti del Rwanda Mining Board (RMB) pesano ed etichettano i sacchi dei minerali sia nella miniera che dopo la loro trasformazione iniziale.
L’Ong PACT, partner esecutivo dell’ITA, apporta il suo appoggio agli agenti del SAEMAPE, monitorando le catene di approvvigionamento e fornendo le etichette ai partner governativi. PACT raccoglie le informazioni sulla tracciabilità dei minerali, la presenza o meno di gruppi armati e le eventuali violazioni dei diritti umani, lungo tutta la catena di approvvigionamento. Da parte sua, l’ITSCI segnala questi incidenti ai suoi membri e sul suo sito web.
Le fonderie e le altre società che acquistano minerali provenienti dalle catene di approvvigionamento controllate dall’ITSCI possono quindi utilizzare queste informazioni a favore del loro dovere di diligenza. L’ITSCI classifica gli incidenti in base al tipo dei rischi possibili (ad esempio: mancanza di tracciabilità , violazioni di diritti umani, atti di corruzione, ecc.) e al loro livello di gravità. Gli incidenti di “livello 1” sono considerati come dei problemi prioritari che richiedono un’attenzione immediata al più alto livello e un possibile disimpegno da parte dei fornitori. Gli incidenti intermedi o ricorrenti sono classificati nel “livello 2”, mentre gli incidenti minori sono classificati nel “livello 3”. ITSCI fornisce informazioni aggiuntive su ciascun incidente: luogo, data, parti implicate, azioni intraprese da queste ultime, categoria dell’incidente.
Secondo il programma, fino a sei mesi dopo che si è verificato un incidente, l’ITSCI e le parti implicate verificano le informazioni, monitorano la situazione ed effettuano delle misure correttive, dopodiché chiudono il dossier. In questa fase, gli incidenti vengono classificati come “risolti” se il team ITSCI e/o le parti implicate “hanno concordato e compiuto azioni che hanno portato a una mitigazione soddisfacente” del rischio. Al contrario, gli incidenti vengono classificati come “irrisolti” quando le parti interessate non hanno raggiunto un accordo o non hanno implementato tutte le misure di mitigazione raccomandate. Se il team ITSCI non ha trovato prove sufficienti per confermare un’accusa o la necessità di misure di mitigazione, gli incidenti verranno classificati “inconcludenti”.

c. Certificazione CIRGL

Nella RDC, i minerali 3T destinati all’esportazione sono accompagnati da un certificato CIRGL rilasciato dal Centro di Valutazione, Esportazione e Certificazione (CEEC), un organo del Ministero delle Miniere. In Ruanda è il dipartimento nazionale delle miniere, del petrolio e del gas (RMB) che rilascia questi certificati e che controlla l’esportazione dei minerali. Il certificato CIRGL dovrebbe garantire la conformità alle esigenze del sito minerario e della catena di tracciabilità dei minerali esportati.

d. Dovere di diligenza

La Guida dell’OCSE sul dovere di diligenza per le catene di approvvigionamento responsabili di minerali provenienti da aree di conflitto o ad alto rischio è il punto di riferimento globale in materia di approvvigionamento responsabile ed è stata elaborata nel contesto dei conflitti esistenti nella RDC. Questa guida propone una procedura in cinque fasi, che deve essere applicata dalle società che lavorano nella filiera dei minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio della regione dei Grandi Laghi e di altre parti del mondo. L’obiettivo è di garantire che gli acquisti di minerali non contribuiscano a conflitti o a violazioni dei diritti umani. Qui sotto. le cinque fasi:
– Dotarsi di solidi sistemi di gestione,
– Identificare e valutare i rischi inerenti alla catena di approvvigionamento,
– Progettare e implementare una strategia adeguata per rispondere ai rischi identificati,
– Prevedere un controllo da parte di un organismo terzo indipendente sul dovere di diligenza applicabile alla catena di approvvigionamento,
– Pubblicare una relazione annuale sul dovere di diligenza applicato nella catena di approvvigionamento.

CONCLUSIONE

Global Witness ha dimostrato come il programma ITSCI, che svolge un ruolo centrale nella certificazione dei minerali nella regione dei Grandi Laghi Africani, sembra non aver raggiunto il suo obiettivo, che sarebbe quello di assicurare la tracciabilità di minerali provenienti da fonti responsabili. In effetti, grandi quantità di minerali provenienti da miniere congolesi non convalidate e  che spesso sono alla base di conflitti armati, di violazioni dei diritti umani e di lavoro minorile, entrano facilmente nelle catene internazionali di approvvigionamento di minerali 3T, a causa del mal funzionamento del programma ITSCI. Inoltre, molti minerali sono stati introdotti nel programma ITSCI, nonostante siano oggetto di contrabbando tra la RDC e il Ruanda.
I controlli effettuati dall’ITSCI non riescono ad impedire questo fenomeno e, in alcuni casi, l’ITSCI nega addirittura l’esistenza di minerali di origine illegale all’interno del suo sistema, anche se ciò è ben documentato da anni.
Esiste un chiaro conflitto di interessi all’interno delle associazioni commerciali dello stagno e del tantalio, che rappresentano alcuni dei più potenti commercianti di questi metalli e che, nello stesso tempo, gestiscono un programma avente come obiettivo quello di impedire la vendita, sui mercati internazionali, di minerali di contrabbando estratti e commercializzati in modo poco etico o illegale. In un contesto in cui sono gli esportatori della regione dei Grandi Laghi che pagano la maggior parte dei costi del programma ITSCI, la struttura finanziaria dell’ITSCI crea delle condizioni perverse che non fanno altro che minarne la funzione di controllo. Poiché  l’ITSCI è riconosciuta come un programma ufficiale che offre un servizio di tracciabilità dei minerali, i suoi membri riescono a continuare ad acquistare tranquillamente dei minerali “3T” di dubbia origine, che non sarebbero in grado di rivendere senza l’esistenza del sistema ITSCI.
Questa vasta iniziativa internazionale era stata istituita per migliorare la gestione del settore minerario nella regione dei Grandi Laghi e per creare catene di approvvigionamento responsabili per i minerali della regione, con l’implicazione delle Nazioni Unite, dell’OCSE, dell’ONU e della CIRGL, ma sembra sia stata boicottata sin dall’inizio. Fonti del settore minerario fanno notare che, quando il programma ITSCI fu istituito, era già evidente che avrebbe finito per approvare in fretta e furia dei minerali di dubbia origine, abusando così della fiducia che la comunità internazionale aveva riposto nella coalizione riunita attorno ad ITA, nonostante molti dei suoi membri avessero spesso in passato fatto ricorso a pratiche irresponsabili.
Il fallimento dei servizi di tracciabilità e dell’applicazione del dovere di diligenza dell’ITSCI mostra chiaramente che, nella gestione della catena di approvvigionamento, la procedura di autocontrollo è destinata al fallimento. Quando si chiede al lupo di vegliare sull’ovile, non ci si deve poi stupire delle conseguenze. Invece di fare affidamento sull’autoregolamentazione, occorre esigere che i responsabili delle varie filiere rendano conto della loro gestione, sulla base delle regole precise relative al dovere di diligenza ragionevole e imporre loro delle sanzioni in caso di violazioni.
Tuttavia, questo fallimento non è solo dell’ITSCI. Minerali di dubbia provenienza entrati nella sua catena di approvvigionamento sono stati acquistati da grandi fonderie e sono presenti in prodotti di grandi e noti marchi. Nonostante i segnali che avrebbero dovuto allertarli, i cosiddetti “leader” dell’approvvigionamento responsabile non hanno reagito. Risultato: i consumatori mancano di informazioni e non hanno altra scelta che continuare ad acquistare dei prodotti, la cui produzione ha tuttavia un impatto disastroso sulle popolazioni locali presso le quali i minerali 3T vengono illegalmente estratti e commercializzati e sul pianeta intero.
Il fatto che l’ITSCI non sia riuscita a gestire efficacemente un sistema di tracciabilità non significa che il principio stesso della tracciabilità dei minerali provenienti da zone di conflitti sia destinato al fallimento. Una gestione da parte di un attore terzo indipendente darebbe senza dubbio risultati migliori, ma l’esperienza degli ultimi dieci anni mostra chiaramente che alcuni problemi sono inerenti all’approccio finora adottato. Un sistema di tracciabilità dei minerali può funzionare bene solo con l’appoggio o delle autorità pubbliche e delle altre parti interessate situate lungo tutta la catena di approvvigionamento dei minerali, nella RDC, in Ruanda e nei paesi produttori e utilizzatori. Inoltre, la gestione delle catene di approvvigionamento richiede senza dubbio la formalizzazione delle miniere artigianali e la promozione di uno sviluppo economico sostenibile delle comunità minerarie e delle popolazioni dei paesi produttori più in generale. Anche i costi del sistema devono essere distribuiti equamente, anziché essere sostenuti principalmente dai più poveri. Vale anche la pena chiedersi cosa si dovrebbe fare con i materiali esclusi dalle filiere dei minerali prodotti in modo responsabile, questione purtroppo spesso ignorata dal sistema attuale.

RACCOMANDAZIONI

Associazione Internazionale dello Stagno e Centro studi internazionali per il Tantalio e il Niobio:
> Riformare la struttura di gestione del sistema ITSCI, per evitare conflitti di interesse tra i suoi membri e le funzioni di tracciabilità dei minerali e del dovere di diligenza inerenti al sistema;
> Pubblicare i dati dettagliati, miniera per miniera, sulla produzione di minerali etichettati ITSCI e rendere note altre informazioni che ITSCI ha promesso di rendere pubbliche;
> Cooperare con le inchieste indipendenti relative ai limiti strutturali e sistemici del programma ITSCI.

Governo della Repubblica Democratica del Congo:
> Effettuare una valutazione approfondita e indipendente dell’attuazione del programma ITSCI e, sulla base delle sue conclusioni, prendere in considerazione la possibilità di interrompere la collaborazione  con il programma ITSCI, a favore di un altro programma, gestito da un’istituzione indipendente;
> Sanzionare gli agenti che introducono illegalmente dei minerali nei programmi di tracciabilità;
> Migliorare i legami tra le procedure di tracciabilità e di dovere di diligenza da un lato e la regolarizzazione delle miniere artigianali e lo sviluppo economico locale sostenibile dall’altro, per incoraggiare le varie parti a monte a favorire le catene di approvvigionamento responsabili;
> Incoraggiare il disarmo, la smobilitazione e il reinserimento sociale dei membri dei gruppi armati;
> Sanzionare i membri dell’esercito, in particolare gli ufficiali più graduati, che traggono profitto illegalmente dal commercio dei minerali;
> Garantire l’applicazione della normativa relativa ai rapporti delle società minerarie in materia di applicazione del dovere di diligenza ragionevole.

Governo del Ruanda:
> Garantire l’applicazione di misure adeguate per intercettare i minerali di contrabbando che entrano illegalmente nel territorio nazionale e restituirli al Paese di origine;
> Smantellare le reti del contrabbando;
> Pubblicare i dati chiave di ciascuna miniera, tra cui i dati di produzione, il numero di minatori, l’ubicazione e il titolare della licenza mineraria;
> Favorire la diffusione delle tecnologie analitiche mediante impronte digitali che consentano di determinare l’origine dei minerali “3T”

Esportatori di minerali 3T nella Repubblica Democratica del Congo e in Ruanda:
> Esercitare la dovuta diligenza come richiesto dalle Linee Guida dell’OCSE sul Dovere di  Diligenza, identificando e riducendo i rischi e segnalando dettagliatamente in un rapporto annuale, come richiesto dalla legge, i rischi individuati e le misure adottate per ridurli e limitarli;
> Utilizzare le varie fonti informative secondarie disponibili e completarle con informazioni derivate dai propri controlli sul campo nelle rispettive catene di approvvigionamento.

Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi:
> Valutare criticamente l’attuazione del meccanismo regionale di certificazione dei minerali e reagire contro ogni abuso.

Iniziativa sui minerali responsabili:
> Ridurre il ricorso a ITSCI e a altri meccanismi di garanzia a monte, richiedendo alle fonderie di applicare le proprie misure di diligenza dovuta, andando oltre la semplice consultazione dei dati provenienti dai meccanismi di garanzia a monte;
> Affermare chiaramente e pubblicamente, in modo molto visibile sul loro sito web, la responsabilità delle società in materia di dovere di diligenza e i limiti dei programmi settoriali;
> Rendere pubblici i documenti che dettagliano le linee guida di audit.

Governo degli Stati Uniti:
> Garantire l’applicazione della sezione 1502 del Dodd-Frank Act per quanto riguarda le società che acquistano dei minerali dalla regione africana dei Grandi Laghi;
> Esaminare attentamente i rapporti sui minerali di conflitto presentati dalle società e sanzionare quelle che presentano rapporti falsi, incompleti o fuorvianti.

Commissione Europea:
> Controllare attentamente le società che sono state oggetto di audit e le società che sono membri di programmi settoriali e metterle di fronte alle loro responsabilità, per assicurarsi che rispettino tutti i requisiti previsti dal Regolamento sui minerali e non si limitino solo alla loro adesione a un programma o a un audit per dimostrare la loro conformità agli obblighi pertinenti;
> Riesaminare l’attuazione del regolamento sui minerali, colmare le sue lacune e garantirne l’applicazione imponendo delle sanzioni.

Stati membri dell’UE:
> Effettuare dei controlli di prevenzione sugli importatori di minerali 3T, per evitare che si considerino esenti da controllo per il fatto che hanno aderito a un determinato programma di tracciabilità o si riforniscono da fonderie o raffinerie che figurano sulla lista bianca;
> Rivelare il nome degli importatori.

Unione Europea:
> Garantire che la direttiva sul dovere di diligenza ragionevole da parte delle società minerarie diventi un meccanismo efficace, per obbligare le società a rendere conto del proprio approvvigionamento in minerali e assicurarsi che la direttiva in questione non venga compromessa dal ricorso a sistemi di controllo inefficaci offerti da parti terze o dalla mancanza di trasparenza e di impegno da parte delle stesse società.

Paesi senza norme relative al dovere di diligenza per quanto riguarda i minerali provenienti da zone di conflitto o ad alto rischio:
> Implementare un regolamento che imponga delle misure di diligenza dovuta per una catena di approvvigionamento responsabile di minerali, in conformità con i requisiti della Guida OCSE SUL Dovere di Diligenza e sanzionare le società che non lo rispettano.

Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico:
> Rivalutare l’ITSCI e altri programmi settoriali, effettuando una valutazione sul campo per verificare che l’attuazione del programma soddisfi pienamente i requisiti dell’OCSE.

Società a valle:
> Esigere rapporti di qualità da parte dei fornitori, studiare i rischi identificati, monitorarli e segnalarli nei loro rapporti annuali di diligenza dovuta;
> Esercitare il proprio dovere di diligenza ed evitare il più possibile di fare affidamento esclusivamente sulle garanzie offerte dai programmi settoriali.

[1] [1] https://www.globalwitness.org/fr/itsci-laundromat-fr/