LA PACE NELL’EST DELLA REP. DEM. DEL CONGO: SOSPIRATA DAL POPOLO E TRADITA DALLE ISTITUZIONI DELLO STATO
INDICE
1. IL RAPPORTO DEL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU SULLA SITUAZIONE DI INSICUREZZA NELL’EST DELLA RDCONGO
2. IL RAPPORTO YOTAMA 2: LA LEGGE MARZIALE E I SUOI PARADOSSI NEL NORD KIVU E NELL’ITURI
3. IL RAPPORTO DI HRW: CONTRO L’M23, A VOLTE L’ESERCITO HA COLLABORATO CON ALTRI GRUPPI ARMATI
4. IL MOVIMENTO DEL 23 MARZO (M23) PRENDE IL CONTROLLO ANCHE SU RUTCHURU E KIWANJA
1. IL RAPPORTO DEL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU SULLA SITUAZIONE DI INSICUREZZA NELLEST DELLA RDCONGO
Il rapporto sulla situazione della Repubblica Democratica del Congo che il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha presentato al Consiglio di Sicurezza il 22 settembre 2022, copre il periodo che va dal 17 giugno al 16 settembre 2022.
Insicurezza nell’est della RDCongo
13. La Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO), le Forze Democratiche Alleate (ADF) e il Movimento del 23 marzo (M23) sono stati i tre principali gruppi armati responsabili delle violenze perpetrate nell’Ituri e nel Nord Kivu, nonostante il periodico rinnovamento della legge marziale in queste due province.
– Ituri
Tra il 17 giugno e il 31 agosto, le attività dei gruppi armati hanno causato 204 morti e 59 feriti, tra cui almeno 13 donne e 6 bambini. In agosto, gli sfollati avrebbero raggiunto la cifra di 1,7 milioni di persone.
15. Nei territori di Irumu e di Mambasa, le Forze Democratiche Alleate (ADF) hanno continuato ad attaccare la popolazione civile e i villaggi, soprattutto lungo la strada che collega Komanda, Mambasa e Luna, e nella zona di Tchabi e Boga. L’insicurezza è aumentata in seguito al trasferimento di una parte delle forze di sicurezza (esercito e polizia) verso il territorio di Rutchuru (Nord Kivu), nell’ambito delle operazioni militari in corso contro il Movimento del 23 marzo (M23). Nei due territori di Irumu e Mambasa, tra il 17 giugno e il 31 agosto, le ADF hanno ucciso 111 persone civili, tra cui almeno 12 donne e 12 bambini, hanno ferito altre 20, tra cui almeno 2 donne e 3 bambini e sequestrato altre 214, tra cui almeno 51 bambini.
Nei territori di Djugu e Mahagi, le violenze contro i civili sono leggermente diminuite, in seguito all’impegno preso, il 4 giugno, da alcuni gruppi della Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO), di cessare le ostilità e di aderire al Programma di Disarmo, Smobilitazione, Reinserimento Comunitario e Stabilizzazione (P-DDRCS). Nella zona occidentale di Djugu, invece, altri gruppi della CODECO, una milizia Lendu, e il gruppo armato Zaire, una milizia Hema, hanno continuato a combattersi tra loro per il controllo di alcune zone minerarie, causando gravi danni ai civili. Tra il 17 giugno e il 31 agosto, i combattenti della CODECO hanno ucciso 37 civili, tra cui 7 donne, e ne hanno feriti altri 25, tra cui 2 donne e 3 bambini. Nello stesso periodo di tempo, i combattenti del gruppo Zaire hanno ucciso almeno 44 civili, tra cui 6 bambini e 12 donne, la maggior parte dei quali apparteneva alla comunità Lendu.
– Nord Kivu
16. Nella zona del Grande Nord del Nord Kivu, più precisamente nel territorio di Beni, tra il 17 giugno e il 31 agosto, le Forze Democratiche Alleate hanno effettuato almeno 24 attacchi contro la popolazione civile, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) e le Forze di Difesa Popolare dell’Uganda (UDPF), provocando la morte di 95 persone civili, tra cui 8 donne, e ferito altre 5.
17. Nella zona del Piccolo Nord del Nord Kivu, verso la fine di luglio, sono proseguiti gli scontri tra l’esercito congolese e il Movimento del 23 marzo (M23), più precisamente nei territori di Rutshuru, di Nyiragongo e nei pressi del campo militare di Rumangabo. L’M23 ha rafforzato le sue posizioni a est di Rutshuru e ampliato il suo controllo sul territorio a ovest di questa città. Sempre in luglio, dopo aver occupato la città di Bunagana, l’M23 ha annunciato di voler istituire una sua propria amministrazione civile nelle zone da lui occupate.
18. Sembra che le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), alcuni gruppi Mai-Mai e Nyatura abbiano collaborato per reclutare nuovi membri, al fine di combattere l’M23.
Tra il 17 giugno e il 31 agosto, almeno 26 persone civili, tra cui 8 minorenni, sono state uccise e altre 9, tra cui 3 donne, sono rimaste ferite nei combattimenti intrapresi contro l’M23. Gli sfollati interni a causa degli scontri sono 184.420 e i rifugiati in Uganda sono 42.723.
Violazioni dei diritti umani
24. Nei mesi di giugno e luglio, la MONUSCO ha registrato 847 violazioni dei diritti umani. Si tratta di una riduzione del 31 % rispetto alle 1.233 registrate in marzo e aprile e di una diminuzione del 30 % rispetto alle 1.210 registrate nello stesso periodo del 2021. I gruppi armati sono responsabili del 62 % di queste violazioni. Almeno 428 persone sono state vittime di esecuzioni extragiudiziali e sommarie (304 uomini, 71 donne e 53 bambini), ciò che rappresenta un forte aumento rispetto alle 358 registrate in aprile e maggio, ma una diminuzione rispetto alle 435 dello stesso periodo del 2021. La stragrande maggioranza di queste esecuzioni sommarie è stata commessa dai gruppi armati.
25. Circa l’89% delle violazioni è stato commesso in province colpite da conflitti.
Nella provincia del Nord Kivu, il maggior numero di violazioni (119) è stato commesso dalle Forze Democratiche Alleate (ADF), seguite dalle diverse fazioni Mai-Mai (103), dai Nyatura (84) e dall’Alleanza dei Patrioti per un Congo Libero e Sovrano (26).
Nel Nord Kivu e nell’Ituri, le ADF avrebbero ucciso 182 persone civili (132 uomini, 33 donne e 17 bambini).
Nell’Ituri, la CODECO avrebbe commesso il maggior numero di violazioni, uccidendo almeno 70 persone (50 uomini, 14 donne e 6 bambini).
Nel territorio di Rutshuru (Nord Kivu), si sono intensificati gli attacchi del Movimento del 23 marzo (M23): almeno 25 uomini, 6 donne e 12 bambini sono stati giustiziati, puniti per aver fornito delle informazioni all’esercito. La ripresa delle ostilità da parte dell’M23 ha alimentato l’incitamento all’odio etnico contro ruandesi e congolesi di origine tutsi.
26. Degli agenti dello stato avrebbero commesso il 37,2% delle violazioni, in calo rispetto al 44,5% dello stesso periodo nel 2021. In particolare, la polizia nazionale congolese avrebbe commesso il maggior numero di violazioni dei diritti umani: 145 violazioni (nei confronti di 189 persone), rispetto alle 187 (nei confronti di 319 persone) dello stesso periodo nel 2021, ciò che rappresenta una diminuzione del 22% rispetto al periodo precedente. L’esercito congolese avrebbe commesso 115 violazioni dei diritti umani, ciò che rappresenta una diminuzione del 32% rispetto al periodo precedente. Tra le violazioni di questo periodo, c’è da segnalare l’uccisione di 12 uomini, 2 donne e 2 bambini, ciò che rappresenta una notevole diminuzione rispetto ai 44 uomini, 12 donne e 4 bambini uccisi nello stesso periodo del 2021. Mentre la Polizia nazionale congolese ha commesso numerose violazioni contro le libertà personali e la libertà di movimento, le violazioni commesse dall’esercito sono state più gravi, spesso legate a esecuzioni sommarie e a violenze sessuali.
28. La MONUSCO ha continuato a fornire un supporto tecnico e finanziario alla lotta contro l’impunità, ciò che ha permesso di processare e condannare, da gennaio in poi, almeno 44 militari, 15 agenti di polizia e 104 membri di gruppi armati, accusati di crimini legati a violazioni dei diritti umani.
Situazione umanitaria
29. La crisi umanitaria resta una delle più complesse e difficili al mondo, con circa 27 milioni di persone bisognose di assistenza e di protezione. Si stima che gli sfollati siano circa 5,53 milioni, di cui 1,29 milioni da gennaio 2022 in poi.
Abusi sui minori e violenze sessuali in contesto di conflitto
60. Tra il 17 giugno e il 31 luglio, la MONUSCO ha confermato 285 gravi violazioni commesse dalle parti in conflitto nei confronti di 212 minorenni (156 maschi e 56 femmine), di cui 40 (27 maschi e 13 femmine) sono stati assassinati o mutilati. Le Forze Democratiche Alleate hanno commesso la maggior parte di queste violazioni (43). I militari sarebbero responsabili di otto casi di violenza sessuale contro otto ragazze, del sequestro di tre ragazze, dell’omicidio di un ragazzo e della mutilazione di una ragazza e di tre attacchi a delle scuole nell’Ituri, nel Nord Kivu e nel Sud Kivu.
61. Tra il 17 giugno e il 31 luglio, 68 minorenni (54 maschi e 14 femmine) che erano stati reclutati e utilizzati da gruppi armati, sono riusciti a fuggire, o sono stati liberati o rilasciati. Sei di essi sono stati reclutati di nuovo. Il gruppo Aluta M’Chingwa, i Mai-Mai Mazembe e i Nyatura sarebbero i principali autori del reclutamento di minorenni.
62In giugno e luglio, almeno 82 donne sono state vittime di violenze sessuali, con una diminuzione del 23 % rispetto al periodo precedente. Tra esse. 74 sono state vittime di membri dei gruppi armati e 8 delle forze di sicurezza. Tra i gruppi armati, i principali responsabili sono i diversi gruppi Mai-Mai (24 vittime), la CODECO (19), i Nyatura (16), i Mai-Mai Raïa Mutomboki (10) e i miliziani Twa (10). La maggior parte dei casi sono stati perpetrati nelle province del Tanganika (33%), Sud Kivu (30%), Nord Kivu (24%), Ituri (12%) e Maniema (1%).[1]
2. IL RAPPORTO YOTAMA 2: LA LEGGE MARZIALE E I SUOI PARADOSSI NEL NORD KIVU E NELL’ITURI
Nel mese di marzo 2022, il deputato nazionale Katembo Mbusa Tembos Yotama e il deputato provinciale Mbenze Yotama, entrambi eletti a Butembo (Nord Kivu), hanno pubblicato un rapporto sui crimini commessi presumibilmente dalle Forze Democratiche Alleate (ADF) nel Nord Kivu e nell’Ituri, negli undici mesi anteriori e posteriori all’instaurazione della legge marziale.
Il 6 maggio 2021, il Governo congolese ha instaurato la legge marziale nel Nord Kivu e nell’Ituri. Questa eccezionale procedura conferisce pieni poteri all’esercito e alla polizia che, purtroppo, finora non sono riusciti a porre fine alle violenze. Basta vedere le cifre delle persone uccise in queste due province per rendersene conto: sono raddoppiate o, in alcune zone, addirittura triplicate rispetto al periodo precedente l’instaurazione della legge marziale.
Il rapporto presenta due liste lunghe ma non esaustive, dei nomi delle vittime uccise presumibilmente dalle Forze Democratiche Alleate (ADF) nel territorio di Beni (Nord Kivu) e nei territori di Mambasa e Irumu (Ituri), Le due liste riportano le date e i luoghi dei massacri, il nome, il sesso e l’età delle vittime uccise e il loro numero progressivo. Il rapporto contiene anche altre due liste che, villaggio per villaggio, ne riportano il numero degli attacchi, la loro data e il numero delle vittime.
Secondo il rapporto, nel periodo degli undici mesi prima dell’instaurazione della legge marziale, cioè dal 1° giugno 2020 al 30 aprile 2021, le persone uccise sono state 3.098, il che corrisponde a una media mensile di 282 persone, ovvero 9 persone per giorno. Invece, durante il periodo degli undici mesi dopo l’instaurazione della legge marziale, cioè dal 1° maggio 2021 al 29 marzo 2022, le persone uccise sono state 4.516, il che corrisponde a una media mensile di 411 persone, ovvero 14 al giorno. Ne consegue che, rispetto al numero delle vittime degli 11 mesi prima dell’instaurazione della legge marziale (3.098 persone), il numero delle vittime degli 11 mesi dopo l’instaurazione della legge marziale (4.516 persone) è aumentato di 1.418 persone, ciò che rappresenta un aumento del 45,77% . Risulta inoltre che negli 11 mesi dopo l’entrata in vigore della legge marziale, il numero totale degli attacchi è stato di 998, contro gli 829 degli 11 mesi anteriori all’entrata in vigore della legge marziale. Si nota un aumento di 169 attacchi, corrispondenti a una crescita del 20,38%.
Inoltre, durante gli attacchi, sono state incendiate anche case e veicoli.
Negli 11 mesi anteriori alla legge marziale, erano state incendiate 369 case, una media di una al giorno, mentre negli 11 mesi successivi all’instaurazione della legge marziale ne sono state incendiate 549, cioè una media di 2 al giorno, cioè quasi il doppio. Si tratta di un aumento di 180 case incendiate, ciò che corrisponde a un incremento del 48,78%.
Inoltre, negli 11 mesi anteriori alla legge marziale sono stati incendiati 44 veicoli (moto, auto e camion), mentre negli 11 mesi successivi ne sono stati 222, ciò che rappresenta un incremento del 404,5%.
Da questi dati si può dedurre che gli 11 mesi dopo l’instaurazione della legge marziale sono stati più disastrosi degli 11 precedenti.
Tra i vari motivi che hanno contribuito al non raggiungimento dei risultati attesi dall’instaurazione della legge marziale, si possono citare: la mancanza di pianificazione, la sovrapposizione dei centri di comando, la mancanza di informazioni precise sul nemico, la non attuazione del programma di disarmo e reinserimento sociale, l’insufficienza dei mezzi finanziari e logistici destinati alle operazioni militari, la malversazione dei fondi destinati al pagamento degli stipendi e all’acquisto dei beni alimentari destinati ai militari sul fronte, l’insufficienza di militari effettivi sul fronte, una certa crisi di fiducia tra la popolazione locale e l’esercito e, infine, la mancanza di valutazioni intermedie delle operazioni.[2]
3. IL RAPPORTO DI HRW: CONTRO L’M23, A VOLTE L’ESERCITO HA COLLABORATO CON ALTRI GRUPPI ARMATI
Il 19 settembre, il tenente generale Philémon Yav Irung, comandante della terza zona di difesa dell’esercito e delle operazioni militari condotte contro i gruppi armati nell’est della RDCongo, è stato arrestato e incarcerato nella prigione centrale di Makala. Il generale Philémon Yav era al comando di 5 province, tra cui Nord Kivu, Sud Kivu, Ituri, Maniema e Tshopo. Il motivo del suo arresto non è stato rivelato. Alcune fonti fanno riferimento a un presunto tradimento. In un’intervista con France 24 e RFI, il capo dello Stato Felix Tshisekedi ha attribuito l’arresto del generale a un tentativo di tradimento. Ha spiegato che il generale Philémon Yav voleva facilitare la conquista della città di Goma, capoluogo del Nord Kivu, da parte del Movimento del 23 marzo (M23): «Ho potuto capire che è stato accusato da alcuni dei suoi colleghi di averli contattati a nome del Ruanda, affinché lasciassero passare l’M23, sulla via della presa della città di Goma».[3]
Il 17 ottobre, due colonnelli dell’esercito congolese sono stati convocati dal tribunale militare del Nord Kivu. Detenuti da luglio scorso, sono accusati di essere responsabili della caduta della cittadina di Bunagana (territorio di Rutshuru), nelle mani del Movimento del 23 marzo (M23).
I colonnelli Désiré Lobo e Jean-Marie Diadia wa Diadia, rispettivamente comandanti dei reggimenti 3412 e 3307, sono perseguiti per quattro capi di imputazione: a. fuga davanti all’avanzata del nemico, b. abbandono di armi, munizioni e veicoli in dotazione dell’esercito, c. violazione delle consegne e d. appropriazione indebita di fondi pubblici. Secondo il tribunale, gli imputati erano al comando delle operazioni militari quando, nel mese di luglio scorso, la cittadina di Bunagana è caduta nelle mani dell’M23. Il Pubblico ministero li accusa di aver causato la caduta di Bunagana, abbandonando armi, munizioni e veicoli dell’esercito nelle mani dell’M23.[4]
Il 18 ottobre, Human Rights Watch (HRW) ha pubblicato un rapporto in cui ha affermato che, nei combattimenti condotti contro il Movimento del 23 marzo (M23), gruppo armato appoggiato dal Ruanda, alcune unità dell’esercito nazionale congolese hanno fatto ricorso a dei gruppi armati implicati in gravi violazioni dei diritti umani.
Tra maggio e agosto 2022, l’esercito congolese ha combattuto contro l’M23 insieme a una coalizione di milizie congolesi e alle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR).
In alcuni casi, alcuni ufficiali dell’esercito congolese hanno fornito un appoggio diretto a dei gruppi armati: «Alcune unità dell’esercito congolese stanno nuovamente ricorrendo alla squallida pratica di chiedere la collaborazione di certi gruppi armati, spesso responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Il governo congolese dovrebbe porre fine a questa collaborazione che, di fatto, è espressione di una complicità dell’esercito con i gruppi armati e di una sua implicazione nelle violenze da essi commesse. Il governo dovrebbe quindi identificare gli ufficiali implicati, affinché debbano rendere conto del loro comportamento».
Secondo il rapporto, l’8 e il 9 maggio 2022, in un incontro svoltosi a Pinga, i capi di diversi gruppi armati congolesi, alcuni dei quali avversari tra loro, hanno siglato un patto di non aggressione reciproca, per formare una coalizione “patriottica”, in vista di una collaborazione con l’esercito congolese nella conduzione delle operazioni militari contro l’M23. Tra i gruppi membri della nuova coalizione si possono citare l’Alleanza dei Patrioti per un Congo Libero e Sovrano (APCLS) di Janvier Karairi, la Coalizione dei Movimenti per il Cambiamento (CMC/FDP) di Dominique Ndaruhuste, la Nduma Defense of Congo-Rinnovato (NDC-R) di Guidon Mwisa Shimirai e i Nyatura Abazungu, dell’Alleanza dei Nazionalisti Congolesi per la Difesa dei Diritti Umani (ANCDH/AFDP) di Jean-Marie Bonane. Tutti questi gruppi armati sono ben noti per le loro numerose violazioni dei diritti umani. All’incontro di Pinga hanno partecipato anche diversi ufficiali dell’esercito congolese, guidati dal colonnello Salomon Tokolonga, allora responsabile delle operazioni e dell’intelligence militare del 3411° reggimento. Secondo quanto riferito, erano presenti anche due alti comandanti delle FDLR.
Il colonnello Tokolonga ha dichiarato a Human Rights Watch di aver partecipato alla riunione di Pinga “per caso”, perché si trovava in zona per una visita alle truppe dispiegate sul posto. A quel tempo, Tokolonga dipendeva dal generale Peter Cirimwami, responsabile delle operazioni militari di Sokola II nel Nord Kivu tra l’inizio di aprile e l’inizio di luglio. Cirimwami era poi stato riassegnato alla provincia di Ituri, in seguito a persistenti accuse secondo cui [l’esercito congolese] stava usando gruppi armati locali come suoi ausiliari nel territorio di Rutshuru,
Human Rights Watch ha ricevuto credibili informazioni, secondo le quali, il 21 luglio, dei membri dell’esercito congolese appartenenti al 3411° reggimento di Tokolonga avevano fornito più di una decina di casse di munizioni ai combattenti delle FDLR a Kazaroho, una delle loro roccaforti nel Parco Nazionale di Virunga. Due mesi prima, decine di combattenti delle FDLR e della CMC/FDP avrebbero preso parte a una vasta controffensiva condotta con l’esercito regolare contro l’M23 nella zona di Rumangabo e Rugari.
Un combattente delle FDLR ha dichiarato a Human Rights Watch di aver assistito a quattro consegne di munizioni: «Sono le truppe governative che ci hanno sempre fornito delle munizioni. A volte ci hanno dato anche delle divise nuove».
Anche due combattenti della milizia Mai-Mai Kabidon (FPP-AP) hanno affermato che l’esercito congolese ha fornito loro delle munizioni. «È stato l’esercito stesso a ricorrere a noi», ha detto un comandante di 42 anni: «Ci riforniscono di munizioni a Kiwanja e ci mandano direttamente in prima linea. … Al fronte, la collaborazione avviene sulla base di dispositivi di comunicazione, perché ogni gruppo è dispiegato nella propria zona».
In un rapporto confidenziale presentato in luglio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e trapelato sui media, il Gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulla Repubblica Democratica del Congo ha rilevato che, il 30 maggio, un alto comandante dell’ACPLS «ha incontrato un comandante del 34.016° reggimento dell’esercito congolese a Kitchanga e ha ricevuto armi, munizioni e generi alimentari. Gli esperti dell’ONU hanno aggiunto che «membri di una coalizione di gruppi armati hanno ricevuto armi e munizioni da alcuni membri dell’esercito congolese in varie occasioni».
Vari testimoni e combattenti hanno dichiarato a Human Rights Watch che, una volta in prima linea, questi gruppi armati devono essi stessi procurarsi viveri e rifornimenti di vario tipo. Di conseguenza, impongono alla popolazione civile il versamento di tasse illegali e la raccolta di generi alimentari (fagioli, manioca, capre, mucche, …).
In un incontro con alti ufficiali dell’esercito svoltosi a Kinshasa il 12 maggio, il presidente Félix Tshisekedi si era espresso contro qualsiasi tipo di collaborazione tra comandanti militari e gruppi armati: «Non accetterò che degli individui non tengano conto dell’esigenze dell’etica, per collaborare con forze negative per combattere altre forze negative. Non si spegne il fuoco gettando benzina sul fuoco».
Human Rights Watch ha dichiarato di avere ricevuto informazioni credibili secondo cui il generale Cirimwami, che ha guidato le operazioni militari nel Nord Kivu fino al mese di luglio, il 21 settembre è stato richiamato a Kinshasa, ma non ha potuto confermare se egli fosse indagato.
D’altra parte, il tenente generale Philémon Yav, responsabile militare delle province dell’est, era stato arrestato il giorno prima, per motivi non resi noti ed è tuttora detenuto a Kinshasa. Nel 2008, gli esperti delle Nazioni Unite avevano rivelato che Yav stava collaborando attivamente con diversi gruppi armati, tra cui le FDLR, fornendo loro delle armi.
Per quanto riguarda il generale Tokolonga, egli risulta ancora in funzione nel Nord Kivu e finora non indagato.
Secondo HRW, il governo dovrebbe mettere in atto un programma di risanamento dell’esercito e di disarmo / reinserimento sociale dei membri dei vari gruppi armati. Dovrebbe rivedere il settore della sicurezza, tra cui l’adozione di un piano capace di porre fine all’impunità di cui finora godono gli autori di gravi violazioni dei diritti umani. Questo piano dovrebbe includere un meccanismo di controllo sull’esercito e gli altri servizi di sicurezza, un organismo giudiziario internazionalizzato e un programma di riparazione a favore delle vittime di violazioni dei diritti umani. Tale riforma sistemica e un efficace programma di disarmo / reinserimento sociale dei miliziani e combattenti dei gruppi armati, dovrebbero essere al centro delle discussioni regionali in corso e concernenti l’insicurezza causata dall’M23 e da altri gruppi armati.[5]
Dopo 4 mesi, la città frontaliera di Bunagana è ancora controllata dalla ribellione del Movimento del 23 marzo (M23). Il governo congolese si è prefisso l’obiettivo di recuperare l’integrità del proprio territorio e chiede all’M23 di ritirarsi da quella città. «Non lasceremo mai Bunagana. Alcuni di noi vi sono nati. Bunagana e Jomba sono casa nostra! Questi villaggi sono abitati dai nostri genitori, dai nostri nonni e da noi stessi», si indigna il nuovo portavoce politico dell’M23, Lawrence Kanyuka. Tuttavia, per trovare una soluzione negoziata,sono state fatte diverse proposte.
Il portavoce del governo, Patrick Muyaya, ha affermato che, per recuperare le zone attualmente sotto controllo dell’M23, l’esecutivo ha optato per “la via diplomatica”. Secondo il portavoce del governo, «dietro l’M23 c’è il Ruanda e non c’è guerra che non finisca se non attorno a un tavolo». Secondo lui, la Repubblica Democratica del Congo (RDC) e il Ruanda devono necessariamente mettersi d’accordo. In particolare, egli ha citato gli incontri di Nairobi / Kenya (con la mediazione della Comunità dell’Africa dell’Est / CAE) e di Luanda / Angola (con la mediazione della Conferenza Internazionale della Regione dei Grandi Laghi / CIRGL). A questo proposito, Patrick Muyaya ha ricordato che i Capi di Stato della CAE hanno proposto un cessate il fuoco sulla linea del fronte, per permettere il dispiegamento di una forza militare regionale. Le truppe keniote sono entrate in Congo a fine settembre, mentre le truppe dell’esercito ugandese sono già presenti da 10 mesi nell’ambito dell’operazione Shujaa.
Tuttavia, il nuovo portavoce politico dell’M23, Lawrence Kanyuka, ha una lettura completamente diversa: «Tutte queste mediazioni avvengono tra Stati. Quelle discussioni riguardano anche noi che siamo sul campo. Per questo, noi chiediamo invece un dialogo diretto con il governo, per poter parlare da pari a pari con lui». Lawrence Kanyuka non ha voluto rivelare le rivendicazioni che porrebbero sul tavolo. Ma si sa che l’M23 accusa le autorità congolesi di non aver mantenuto le promesse fatte loro in passato, tra cui la concessione di un’amnistia, l’integrazione di una parte dei combattenti M23 nell’esercito nazionale, la trasformazione del movimento in partito politico e il ritorno dei rifugiati dal Ruanda e dall’Uganda.[6]
4. IL MOVIMENTO DEL 23 MARZO (M23) PRENDE IL CONTROLLO ANCHE SU RUTCHURU E KIWANJA
Il 21 ottobre, in mattinata, a Rangira, località del raggruppamento di Jomba, nel territorio di Rutshuru (Nord Kivu) sono ripresi gli scontri tra l’esercito congolese e il Movimento del 23 marzo (M23). Fonti civili e amministrative locali hanno affermato che l’M23 ha attaccato le postazioni dell’esercito a Rangira a partire dalle sue basi posizionate sulle colline di Mukarange e di Shwema, due villaggi del raggruppamento limitrofe di Bweza. Da parte sua, l’M23 ha accusato l’esercito congolese di aver attaccato la sua posizione di Rangira e ha affermato di aver reagito a tali attacchi per legittima difesa.
Nelle ultime settimane si era notato un certo clima di tregua, in attesa della ripresa dei colloqui di pace a Nairobi (Kenia) e a Luanda (Angola). Ultimamente, il portavoce del governo congolese, Patrick Muyaya, aveva fatto sapere che le autorità congolesi non avrebbero accettato di negoziare con l’M23, perché considerato come un movimento terroristico, ma che erano pronte a dialogare con chi l’appoggia, il Ruanda. Secondo il presidente della società civile di Rutshuru, Jean Claude Mbabanze, «da quando ha appreso che il governo non accetta negoziati con lui, l’M23 ha deciso di riprendere le ostilità per costringerlo a farlo. Per ottenere dei negoziati diretti con il governo congolese, l’M23 ritiene che sia necessario fare pressione su di lui, prendendo il controllo sulla città di Rutshuru e sulla strada nazionale RN2 Rutshuru-Goma».[7]
Il 23 ottobre, i combattimenti tra le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) e il Movimento del 23 marzo (M23) sono proseguiti a Ntamugenga, una località del raggruppamento di Bweza, nel territorio di Rutshuru (Nord Kivu). Varie fonti, tra cui quella della società civile locale, hanno dichiarato che la località di Ntamugenga è stata conquistata dall’M23 verso le 8 del mattino e che le FARDC si sarebbero ritirate a 5 km di distanza dal villaggio. Il colonnello Serge Mavinga ha confermato che l’M23 è entrato a Ntamugenga e che, comunque, l’esercito è nelle vicinanze. Il villaggio di Ntamugenga è strategico per il territorio di Rutshuru, perché consente un facile accesso alla Strada Nazionale n. 2. Occupando Ntamugenga, l’M23 può quindi impedire i collegamenti con la città di Goma, capoluogo della Nord Kivu.[8]
Il Comitato di coordinamento degli affari umanitari (OCHA) ha dichiarato che almeno 23.000 persone sono fuggite a causa dei combattimenti iniziati il 20 ottobre tra l’esercito congolese e il Movimento del 23 marzo (M23) nel territorio di Rutshuru. Secondo la stessa fonte, tale cifra comprende anche circa 2.500 persone che hanno attraversato la frontiera con l’Uganda. Secondo i dati delle Nazioni Unite, gli sfollati registrati a partire dal mese di marzo 2022 sono almeno 186.000, ciò che innalza il numero totale degli sfollati nel territorio di Rutshuru a oltre 396.000.[9]
Il 26 ottobre, gli scontri tra le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) e i combattenti del Movimento de 23 marzo (M23) sono proseguiti nella zona di Rangira-Ntamugenga, in territorio di Rutshuru (Nord-Kivu). Si sono udite delle esplosioni di armi pesanti anche nelle cittadine di Kiwanja, Rutshuru-centro e Rubare. Fonti locali affermano che, dal campo militare di Nyongera, l’esercito congolese sta bombardando le postazioni dell’M23 a Rangira, Ntamugenga, Chanzu e Kabindi.[10]
Il 27 ottobre, i combattimenti tra le FARDC e l’M23 si sono intensificati nella località di Chumirwa, a 4 km dalla strada nazionale RN2, vicino a Ntamugenga nel territorio di Rutshuru. Altri scontri sono stati segnalati verso Kibunge, sulle colline che sovrastano Kalengera. Fonti locali affermano che l’M23 ha tentato di avanzare, ma è stato fermato dalle FARDC. Intensi combattimenti si sono svolti anche a Kako, Rubare, Nyesisi e Kanombe, nei pressi della base militare di Rumangabo, nel raggruppamento di Kisigari.[11]
Il 29 ottobre, il Barometro sulla Sicurezza nel Kivu (BSK) ha riferito che il 26 ottobre, quando l’esercito congolese stava tentando di riprendere Bunagana, una cittadina transfrontaliera con l’Uganda, gli abitanti di Musezere, che si erano rifugiati in Uganda, hanno raccontato di aver visto dei soldati che, provenienti dall’Uganda, stavano entrando in territorio congolese. Il BSK ha aggiunto che, il 28 ottobre, degli abitanti di Gasiza e di Tanda hanno visto delle colonne di combattenti che, indossando elmetti e giubbotti antiproiettili nuovi ed essendo muniti di apparecchi radio, provenivano dal parco passando attraverso Chanzu e Runyoni e si stavano dirigendo verso le zone di Rugari e Rumangabo.[12]
Il 29 ottobre, in mattinata, il Movimento del 23 marzo (M23) ha preso il controllo di Kiwanja e di Rutshuru, senza aver trovato una significativa resistenza da parte dell’esercito congolese che si è immediatamente ritirato verso nord. Il giorno prima, alcuni militari congolesi ritiratisi dal fronte di Kiwandja avevano denunciato un “tradimento” da parte di alcuni loro commilitoni.
Secondo fonti locali, già nella mattinata, alcuni capi dell’M23 hanno tenuto dei comizi, sia a Rutshuru che a Kiwanja, per chiedere alla popolazione locale di ritornare nelle proprie case e continuare a svolgere le proprie attività come di solito. Nello stesso tempo, avendo esteso il suo controllo su almeno sei dei sette raggruppamenti del distretto di Bwisha, l’M23 ha nominato una nuova persona a capo di questo distretto. L’M23 ha annunciato anche l’apertura della frontiera di Bunagana, ancora sotto suo controllo, per permettere il rilancio del traffico commerciale nella regione. Alcuni funzionari amministrativi di Rutshuru hanno affermato che l’apertura della frontiera di Bunanaga contribuirà al finanziamento dell’M23 e causerà, a danno dello stato, una perdita di entrate stimata in milioni di dollari.[13]
Il 29 ottobre, a Kinshasa, in serata il Presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, ha presieduto una riunione del Consiglio Superiore della Difesa. Secondo il verbale di questo incontro, pubblicato dal portavoce del governo Patrick Muyaya, «si è fatto il punto sull’evoluzione dell’attuale situazione di insicurezza nel Nord Kivu, in seguito all’occupazione di alcune località del territorio di Rutshuru da parte dell’M23 appoggiato dall’esercito ruandese».
Il Consiglio superiore della Difesa si è basato su diverse segnalazioni raccolte sul campo, tra cui quelle della centrale operativa congiunta dotata di droni di sorveglianza. Esse rivelano «un massiccio arrivo, negli ultimi giorni, di elementi dell’esercito ruandese in appoggio dell’M23, in vista di un’offensiva generale contro le postazioni delle Forze armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC)».
Pertanto, il Consiglio Superiore della Difesa ha chiesto al governo congolese di procedere all’espulsione, entro 48 ore dalla sua notifica, dell’ambasciatore ruandese nella RDC, Vincent Karega; di adottare, nei confronti del Ruanda, nuove misure restrittive di accesso al territorio congolese; di aumentare i mezzi messi a disposizione delle forze di difesa e di sicurezza e di inviare urgentemente nel Nord Kivu una missione umanitaria, per portare assistenza alle popolazioni sfollate in seguito agli attacchi dell’M23. Infine, nell’ottica di preservare l’unità nazionale, il CSD ha raccomandato di astenersi da qualsiasi tipo di discorso e atto di violenza nei confronti delle comunità ruandofone, al fine di favorire l’avversario.[14]
Il 30 ottobre, in un comunicato stampa. il governo ruandese ha preso atto con rammarico” della decisione di Kinshasa di espellere Vincent Karega: «È deplorevole che il governo congolese continui a responsabilizzare il Ruanda dei propri fallimenti relativi alla governance e alla sicurezza del Paese». Le autorità ruandesi aggiungono di aver messo in stato di allerta le loro forze di sicurezza dispiegate nei pressi delle frontiere con la RDC. Kigali ha inoltre denunciato la “continua collaborazione” tra le forze armate congolesi e le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), un movimento di ribelli hutu ruandesi, alcuni dei quali sono implicati nel genocidio dei Tutsi, avvenuto nel 1994 in Ruanda, e la retorica anti-ruandese promossa da alcune personalità e organizzazioni congolesi.[15]
Il 31 ottobre, il vice primo ministro e ministro degli Affari esteri, Christophe Lutundula Apala, ha notificato all’ambasciatore ruandese la decisione del governo sulla sua espulsione. Egli gli ha chiesto di lasciare il territorio della Repubblica Democratica del Congo entro 48 ore, cioè entro il mercoledì 02 novembre 2022 al più tardi.
Inoltre, il Vice Primo Ministro e Ministro degli Affari Esteri ha confermato l’istruzione data a suo tempo al nuovo Ambasciatore della Repubblica Democratica del Congo presso la Repubblica del Ruanda, di rinviare fino a nuovo avviso la presentazione delle credenziali alle autorità ruandesi e ha richiamato in patria, per consultazione, l’Incaricato ad interim dell’ambasciata congolese a Kigali.[16]
Il 31 ottobre, le autorità tradizionali di 7 raggruppamenti del distretto di Bwisha, nel territorio di Rutshuru (Nord Kivu) hanno chiesto alle autorità militari competenti di prendere tutti i provvedimenti possibili, per riportare le loro entità amministrative sotto il controllo dell’autorità dello Stato. Lo ha affermato il capo di questo distretto, mwami Jean-Baptiste Ndeze, al termine di un’udienza avuta con uno dei principali consiglieri del governatore militare del Nord Kivu, a Goma. Jean-Baptiste Ndeze ha spiegato che quasi tutto il distretto di Bwisha è attualmente occupato dal Movimento del 23 marzo (M23), a cominciare da Rugari, Kisigari, Bweza, Jomba, Bukoma, una parte di Binza e un’altra parte di Busanza. Da notare che, presentemente, i capi raggruppamento di Kisigari (dove c’è la base militare di Rumangabo), di Bukoma (dove c’è la cittadina di Kiwanja), di Bweza e di Busanza e il segretario amministrativo del distretto di Bwisha si trovano attualmente a Goma, capoluogo del Nord Kivu.[17]
Le nuove sconfitte dell’esercito congolese e le avanzate del Movimento del 23 marzo (M23) pongono le autorità congolesi in una situazione sempre più delicata. Il presidente Tshisekedi si trova attualmente in un triplo stallo: militare, diplomatico e politico. Si tratta di uno stallo militare, con un esercito che, mal equipaggiato e mal comandato, non può fare la differenza. Le truppe, per quanto valorose possano essere, deplorano la mancanza di equipaggiamento, di armi, di munizioni e di vitto. Accusano la loro gerarchia di incompetenza e di mancanza di coordinamento. Il 26 ottobre, le forze speciali, arrivate a soli 3 chilometri da Bunagana, dovettero ripiegare, vittime di un “fuoco amico” della stessa unità di artiglieria. Si tratta inoltre di uno stallo diplomatico, visto che per il momento i negoziati di pace di Nairobi (Kenia) e di Luanda (Angola) non hanno portato ad alcun risultato positivo. Infatti, la famosa forza militare regionale promessa dalla Comunità degli Stati dell’Africa dell’Est (CAE) non è ancora stata dispiegata. Infine, si tratta di un’impasse di tipo politico curiosamente creato dalle stesse autorità congolesi, qualificando l’M23 come “gruppo terroristico” escludendo, in tal modo, la via di qualsiasi possibile trattativa che rischierebbe, ora, di fargli perdere la propria credibilità davanti alla pubblica opinione. Per il momento, il Presidente Félix Tshisekedi ha quindi una sola carta in mano, l’opzione militare, ma si tratta di una carta molto debole, vista l’attuale fragilità dell’esercito congolese e la progressiva avanzata dell’M23 negli ultimi giorni.[18]
[1] Cf rapport en date du Secrétaire général sur la situation en République démocratique du Congo
https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N22/599/43/PDF/N2259943.pdf?OpenElement
[2] Cf https://www.africageopolitics.com/post/genocide-des-nande-et-autres-peuples-congolais-a-beni-irumu-le-rapport-yotama-2
[3] Cf Radio Okapi, 20 et 24.09.’22
[4] Cf Radio Okapi, 17.10.’22
[5] Cf https://www.hrw.org/fr/news/2022/10/18/rd-congo-des-unites-de-larmee-ont-collabore-avec-des-groupes-armes-responsables
[6] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 12.10.’22
[7] Cf Radio Okapi, 21.10.’22; Jonathan Kombi – Actualité.cd, 22.10.’22
[8] Cf Radio Okapi, 24.10.’22 ; AFP – Actualité.cd, 24.10.’22
[9] Cf Actualité.cd, 24.10.’22
[10] Cf Jonathan Kombi – Actualité.cd, 26.10.’22
[11] Cf Jonathan Kombi – Actualité.cd, 27.10.’22; Radio Okapi, 27.10.’22
[12] Cf Dominique Malala – Politico.cd, 29.10.’22
[13] Cf Radio Okapi, 29 e 30.10.’22
[14] Cf Radio Okapi, 30.10.’22
[15] Cf Actualité.cd, 30.10.’22; AFP – Lalibre.be/Afrique, 31.10.’22
[16] Cf Actualité.cd, 31.10.’22
[17] Cf Radio Okapi, 01.11.’22
[18] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 30.10.’22