Congo Attualità n. 469

NUOVI COMBATTIMENTI TRA IL MOVIMENTO DEL 23 MARZO (M23) E L’ESERCITO CONGOLESE

INDICE

1. INTRODUZIONE
2. SUL CAMPO DI BATTAGLIA
a. I combattimenti
b. Una nuova crisi umanitaria
3. LE PROVE DELL’APPOGGIO MILITARE RUANDESE ALL’M23
a. Armi ed effetti militari non riconducibili né all’esercito congolese, né all’M23
b. Due militari ruandesi catturati in territorio congolese
4. PROVVEDIMENTI E RACCOMANDAZIONI
a. Le decisioni del Consiglio Superiore di Sicurezza
b. Le raccomandazioni della Società Civile
c. Le mosse della diplomazia

1. INTRODUZIONE

Nuovi scontri tra le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) e il Movimento del 23 marzo (M23) sono ripresi a metà maggio, un mese dopo un incontro, tenutosi il 21 aprile a Nairobi (Kenia) tra i presidenti Félix Tshisekedi (RDC), Yoweri Museveni (Uganda), Uhuru Kenyatta (Kenya), Evariste Ndayishimiye (Burundi) e il delegato di Paul Kagame, il ministro degli Affari Esteri ruandese, Vincent Biruta, sulla questione dell’insicurezza nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo). Questi Capi di Stato membri della Comunità dell’Africa orientale (EAC) avevano proposto l’organizzazione di un’iniziativa politica (o dialogo consultativo), tesa a facilitare una serie di consultazioni, da parte del Presidente congolese, con i gruppi armati locali, tra cui l’M23, in vista della loro rinuncia alla lotta armata e della loro adesione al Programma di Smobilitazione, Disarmo, Reintegrazione Comunitaria e Stabilizzazione (P-DDRCS).
Una prima fase di questo dialogo consultativo si è svolta a Nairobi dal 23 al 27 aprile, in assenza dell’M23, perché subito escluso da questi incontri, per aver ripreso le ostilità attaccando, a partire dallo stesso 23 aprile, alcune postazioni delle FARDC a Bugusa, Rwanguba, Chengerero e Kabindi, nel raggruppamento di Jomba, territorio di Rutshuru (Nord Kivu). Altri combattimenti tra le FARDC e l’M23 erano già avvenuti tra il 28 marzo e il 10 aprile, sempre nel territorio di Rutchuru. Gli ultimi scontri, scoppiati il ​​19 maggio, sono avvenuti quando il governo aveva intrapreso una nuova missione nell’est della RDCongo per preparare una seconda fase del dialogo consultativo tra Kinshasa e i gruppi armati locali. Inoltre, queste ostilità tra l’M23 e l’esercito congolese si stanno svolgendo mentre nel Nord Kivu, come in Ituri, il governo centrale ha decretato, dal 1° maggio 2021, la legge marziale, che ha condotto alla sospensione temporanea e alla sostituzione delle autorità civili con ufficiali dell’esercito e della polizia. La ripresa delle ostilità tra l’M23 e l’esercito dimostra a sufficienza la fragilità e l’inefficacia delle varie iniziative (legge marziale, vertice di Nairobi, dialogo consultativo) finora intraprese.

La ripresa delle ostilità da parte dell’M23 dimostra anche il fallimento dei negoziati tra l’M23 e il Governo congolese che si svolsero a Kampala (Uganda) dopo la sconfitta militare del’M23 da parte dell’esercito congolese, nel mese di novembre 2013.[1]

Il coordinatore del dipartimento “politica, governance e violenza” dell’istituto congolese per la ricerca Ebuteli, Pierre Boisselet, spiega le rivendicazioni del Movimento del 23 marzo (M23) e le sue particolarità rispetto ad altri gruppi armati dell’est della Repubblica Democratica del Congo:
Quali sono le rivendicazioni dell’M23 oggi?
L’M23 vuole il ritorno dei rifugiati congolesi che attualmente si trovano ancora in Ruanda. L’M23 vuole che questi rifugiati possano recuperare le case e le terre che avevano abbandonato, ma che stimano siano ancora di loro proprietà. Si tratta di quelle popolazioni tutsi che avevano lasciato il Kivu verso la fine degli anni 1980 e inizi degli anni 1990 e soprattutto di quelle, sempre tutsi, che erano fuggite in Ruanda quando i rifugiati hutu ruandesi sono arrivati ​​nel Kivu nei mesi di luglio e agosto 1994, dopo il genocidio e la presa del potere da parte del Fronte Patriottico Ruandese (FPR) in Ruanda. Poiché tra questi rifugiati hutu c’erano anche dei militari dell’ormai ex esercito ruandese sconfitto e dei miliziani Interahamwe che, non essendo stati disarmati, esse le percepivano come una minaccia ed erano quindi fuggite in Ruanda, abbandonando le loro proprietà nel Kivu.
L’M23 vuole un’amnistia per i suoi combattenti e il loro reinserimento nelle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC). Tuttavia, a questo proposito, il nuovo programma di Smobilitazione, Disarmo e Reinserimento Sociale (DDRS) esclude la possibilità di ogni amnistia e ogni reintegrazione collettiva all’interno delle FARDC, anche se, nel 2013, l’M23 aveva già ottenuto degli accordi in tal senso. Si può quindi immaginare che una delle motivazioni per la ripresa delle ostilità da parte dell’M23 sia stato quella di fare pressione su Kinshasa, per ottenere sia l’amnistia che la reintegrazione nell’esercito al di fuori del nuovo programma DDRS e prima dell’inizio della sua attuazione.
Se questi rifugiati tutsi che si trovano in Ruanda e Uganda vogliono rientrare in RDCongo, perché il governo congolese non ha fatto nulla per organizzare il loro ritorno, permettendo così all’M23 di presentarsi come loro portavoce?
Il governo congolese sta in parte ignorando queste rivendicazioni non militari, perché ritiene che l’M23 stia usando queste rivendicazioni come pretesto per poter tornare militarmente in Congo, sia come ribellione che all’interno delle FARDC. Inoltre, queste rivendicazioni sono estremamente impopolari presso alcune comunità del Nord Kivu e l’accettarle potrebbe creare molti problemi.
Quali sono le differenze tra l’M23 e gli altri gruppi armati?
Percezione di Kinshasa
L’M23 è percepito dal governo e da gran parte della popolazione congolese come un pericolo per l’attuale potere e una minaccia per l’integrità territoriale della RDCongo. Ricordiamo che nel recente passato, nel 2012, l’M23 era riuscito a prendere la città di Goma, capoluogo del Nord Kivu. È stata una grande umiliazione.
Erede dell’AFDL, dell’RCD-Goma e del CNDP
L’M23 è in gran parte l’erede di movimenti precedenti come l’AFDL, l’RCD-Goma e il CNDP. A suo modo e con diversa intensità, ciascuno di questi tre gruppi aveva l’ambizione di partecipare alla gestione del Paese. È il caso anche dell’M23, ma non necessariamente di tutti gli altri gruppi armati attivi nell’est della RDCongo.
Capacità di conquistare e controllare territori
Gli altri gruppi armati possono causare danni enormi ai civili ma, generalmente, non hanno la capacità né di prendere il controllo di parti del territorio, né di partecipare alla gestione del Paese.
Organizzazione militare
L’M23 è composto da ex militari, da persone che hanno avuto una vasta esperienza nell’esercito e che hanno la capacità di conquistare dei territori, di conservare il controllo sui territori occupati e, persino, di affrontare direttamente le FARDC, cosa che la maggior parte dei gruppi evita.
Perché il Ruanda appoggia l’M23, quando i rapporti tra Kagame e Tshisekedi sembravano essere ottimali?
Ci sono stretti legami tra i rifugiati tutsi di cui abbiamo parlato, i membri dell’M23 e l’attuale regime ruandese. Si tratta di persone che, molte tra esse, hanno combattuto all’interno dell’Esercito Patriottico Ruandese (APR) in Ruanda (1990 – 1994) e dell’Alleanza delle Forze Democratiche di Liberazione (AFDL) nell’ex Zaire (1996 – 1997). A volte hanno legami familiari. Vivono in Ruanda come rifugiati. C’è un’evidente simpatia tra loro.
Ci sono altri motivi di ordine militare dovuti all’arrivo, in novembre 2021, di truppe dell’esercito ugandese in territorio congolese per combattere contro le Forze Democratiche Alleate (ADF) di origine ugandese. Ciò potrebbe essere stato interpretato dal Ruanda come una minaccia contro la sua sicurezza. Ci sono anche aspetti economici: secondo accordi firmati dai due presidenti, congolese e ugandese, l’Uganda dovrà realizzare un certo numero di infrastrutture sul territorio congolese, in particolare alcune strade, tra cui quella che collega Bunagana (presso la frontiera con l’Uganda) e Goma (capoluogo della provincia del Nord Kivu). Questa nuova strada faciliterebbe le esportazioni e le importazioni tra RDCongo e Uganda, bypassando il Ruanda e causandogli, dunque, perdite enormi. Di fatto, gli ultimi attacchi dell’M23 si sono svolti proprio in questa precisa zona compresa tra Bunagana e Goma.[2]

Secondo il giornalista e direttore del sito Afrikarabia.com, Christophe Rigaud, da quando ha sconfitto l’M23 nel 2013, il governo congolese ha rifiutato di procedere a qualsiasi tipo di reintegrazione dei membri dell’M23 nell’esercito nazionale e ha fermamente ostacolato il loro rimpatrio dall’Uganda e dal Ruanda, dove si erano rifugiati. Questo è ciò che potrebbe spiegare la riattivazione dell’M23 nell’est del Paese. Se l’M23 è solo uno dei tanti gruppi armati attivi nell’est della RDCongo, la sua “vicinanza” a Kigali attira l’attenzione dei Congolesi e dello stesso governo. Il “dossier M23” è infatti più politico che militare e i due paesi lo utilizzano per rinfacciarsi le responsabilità, secondo le necessità. Kinshasa accusa Kigali di armare l’M23, per destabilizzare l’Est del Paese e continuare a rifornirsi dei minerali congolesi, mentre il Ruanda denuncia la collaborazione dell’esercito congolese con le FDLR, un gruppo armato di opposizione al potere del presidente ruandese, Paul Kagame. Tuttavia, secondo molti osservatori, il numero ormai esiguo delle FDLR nell’est della RDCongo (1.500 membri circa, scarsamente armati e mal organizzati) non rappresenterebbe più una minaccia diretta per Kigali, ma un semplice pretesto di Kigali per mantenere la pressione militare sull’est congolese.
L’appoggio ruandese all’M23 è sempre stato un segreto di Pulcinella conosciuto da tutti, ma si è evoluto molto dai tempi dell’inizio, nel 2012. Attualmente, ciascuno dei due cerca di utilizzare l’altro per i propri interessi: l’M23 per armarsi e mantenere una pressione militare su Kinshasa, il Ruanda, per mantenere, nei pressi della frontiera, una “zona cuscinetto” che gli permetta di continuare ad esercitare un’influenza politica, economica e militare sul Kivu. Gli interessi di ciascuno sono quindi complementari.[3]

2. SUL CAMPO DI BATTAGLIA

a. I combattimenti

Il 15 maggio, una pattuglia delle Forze Armate della RDC (FARDC) è stata oggetto di un attacco perpetrato tra Bikenge e Ishangi, nel Parco Nazionale dei Virunga, nel raggruppamento di Kisigari, territorio di Ruthuru (Nord Kivu). L’esercito, che non ha risposto agli spari, ne ha addossato la responsabilità al Movimento del 23 marzo (M23), basato a Muhati. Tuttavia, il portavoce dell’M23, il maggiore Willy Ngoma, ha respinto queste accuse e ha accusato l’esercito di aver attaccato l’M23, che non ha fatto altro che reagire alla provocazione. Egli ha precisato che l’M23 occupava le colline di Chanzu e Runyonyi per proteggere il suo campo-base del monte Sabinyo, mentre le FARDC controllavano la postazione di Bugusa, una decina di chilometri, a nord delle postazioni dell’M23.[4]

Il 19 maggio, a metà giornata, sono ripresi dei combattimenti tra le Forze Armate della RDCongo (FARDC) e il Movimento del 23 marzo (M23 / ala Sultani Makenga), a Nyarubara e Runyoni, due villaggi del raggruppamento di Jomba, a sud di Bunagana, in territorio di Rutshuru (Nord Kivu). L’M23 ha affermato che sono state le FARDC ad aprire il fuoco, per prime e contemporaneamente, su alcune sue postazioni. Da parte sua, l’esercito ha accusato l’M23 di aver attaccato la sua postazione di Kabasanza, nel raggruppamento di Jomba.[5]

Il 22 maggio, alle 4:00 del mattino, l’M23 ha attaccato le postazioni delle FARDC nel settore Shangi, vicino alla collina di Runyonyi, nel raggruppamento di Bweza, a circa 10 km a sud di Jomba, territorio di Rutshuru. Secondo fonti dell’ONU, l’esercito congolese, appoggiato dalle truppe della MONUSCO, è riuscito a neutralizzare l’attacco. Secondo il portavoce del settore operativo Sokola II, il tenente colonnello Ndjike Kaiko, gli M23 sono fuggiti e si sono nuovamente ritirati sulle colline di Runyonyi, Tchanzu e Musungati, dove sono proseguiti i combattimenti. Sempre secondo le fonti dell’ONU, l’M23 aveva intenzione di occupare i tratti stradali di Kisigari e Rugari, per poter arrivare all’importante campo militare di Rumangabo, gestito dall’esercito congolese.[6]

Il 23 maggio, gli scontri tra le Forze Armate della RDCongo (FARDC) e il Movimento del 23 marzo (M23) si sono intensificati nei pressi della località di Ruginga, a sud-est di Bunagana, vicino alla frontiera tra la RDCongo, l’Uganda e il Ruanda. Le forze della MONUSCO sono intervenute a fianco delle FARDC per respingere un tentativo di avanzamento da parte dell’M23 verso altre località dei raggruppamenti di Bweza e Kisigari. Secondo fonti locali confermate dall’esercito, le colline di Tchanzu e Runyoni sarebbero passate sotto il controllo delle FARDC nel pomeriggio, dopo aspri combattimenti, in cui l’esercito congolese ha effettuato bombardamenti aerei e terrestri.[7]

Il 23 maggio, in un comunicato pubblicata su Twitter, l’esercito ruandese ha accusato l’esercito congolese di aver effettuato, in mattinata, dei bombardamenti sul territorio ruandese: «Il lunedì 23 maggio 2022, tra le 09:59 e le 10:20, un razzo delle FARDC ha colpito Kinigi e i settori di Nyange, nel distretto di Musanze, che confina anche con il settore di Gahunga, situauo nel distretto di Burera, ferendo diversi civili e danneggiando varie proprietà. Le Forze di Difesa Ruandesi (RDF) hanno chiesto al Meccanismo Congiunto di Verifica (MCV) della Conferenza Internazionale della Regione dei Grandi Laghi (CIRGL) di indagare sui bombardamenti transfrontalieri sul territorio ruandese da parte delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC)».[8]

Il 24 maggio, verso le 3:00 del mattino, l’M23 ha attaccato una postazione delle FARDC situata sulla collina di Nyundo, nel raggruppamento di Buhumba, territorio di Nyiragongo, a meno di un chilometro dalla strada Goma-Rutshuru, 25 km a nord della città di Goma e a meno di 5 km dalla frontiera con il Ruanda. Durante la giornata, i combattimenti sono proseguiti anche a Kibaya,  Katale e Rumangabo. Vari osservatori ritengono che l’obiettivo di questo attacco fosse l’occupazione del campo militare di Rumangabo e della zona circostante molto strategica, poiché vicina alla città di Goma e alla frontiera con il Ruanda. Alcuni abitanti di Kibumba hanno affermato che «l’M23 ha tentato di conquistare nuove posizioni, dopo la sconfitta subita sulle colline di Runyoni e Tchanzu, passate sotto controllo dell’esercito congolese il giorno precedente. Per arrivare nel raggruppamento di Buhumba, l’M23 sarebbero passato per Kabuhanga, Kabagana e Ngobera, nel Parco dei Virunga». Altri, invece, hanno apertamente parlato di un  “attacco dell’esercito ruandese”, in reazione al bombardamento del giorno precedente da parte dell’esercito congolese verso il territorio ruandese.
Da parte sua, il portavoce dell’operazione Sokola 2, il tenente colonnello Guillaume Njike, ha dichiarato che l’esercito è riuscito a respingere gli assalitori che si sono dispersi e ritirati nelle vicinanze del villaggio di Gikeri, verso la frontiera con il Ruanda. A proposito di una possibile infiltrazione di militari dell’esercito ruandese (RDF) tra le file dell’M23, il tenente colonnello Njike Kaiko Guillaume ha affermato che l’esercito congolese sta ancora lavorando per verificare tale informazione, per poterla poi confermare o smentire.
Questi scontri si sono svolti in un contesto caratterizzato dall’esclusione dell’M23 – Ala Bisimwa/Makenga dal dialogo consultativo di Nairobi e dopo che l’esercito ruandese abbia accusato l’esercito congolese di aver lanciato dei razzi sul territorio ruandese.[9]

Il 25 maggio, l’M23 ha lanciato vari attacchi simultanei contro le postazioni dell’esercito congolese a Kibumba, nel territorio di Nyiragongo e nei pressi di Tchanzu, Runyoni e Kanombe, nel territorio di Rutshuru. Secondo diverse fonti, l’M23 avrebbe tentato di riconquistare le colline di Tchanzu e Runyoni, nel territorio di Rutshuru, dopo averle perse negli scontri del 23 maggio.
Un altro attacco è stato effettuato a Kanombe e a Nyesisi, nel raggruppamento di Kisigari (territorio di Rutshuru), a una decina di chilometri dal campo militare di Rumangabo. Scontri tra l’M23 e l’esercito congolese si sono verificati a Mwaro, nei pressi della statale n. 2, nel territorio di Nyirangongo. Secondo alcune fonti locali, l’M23 avrebbe occupato un’ampia parte di Kibumba e starebbe avanzando verso Buhumba, in direzione di Goma, capoluogo del Nord Kivu.[10]

Il 26 maggio, secondo fonti civili e militari, nel territorio di Nyiragongo, le FARDC hanno ripreso il controllo della località di Kabaya, nel raggruppamento di Kisigari e hanno anche respinto l’M23 che minacciava di assediare la base militare di Rumangabo. I combattimenti tra le FARDC e l’M23 sono proseguiti verso la località di Kanombe, situata a una decina di km a est di Rumangabo, verso il Parco Nazionale dei Virunga. Fonti militari e amministrative parlano di una positiva avanzata dell’esercito verso i raggruppamenti di Kibumba e Buhumba, parzialmente occupati dall’M23.
Nel territorio di Rutchuru, più precisamente nel raggruppamento di Jomba, si nota un’apparente calma. Nella cittadina di Bunagana, fonti locali affermano che, durante la notte, non hanno udito sparatorie sulle colline di Tchanzu e Runyoni, che sarebbero sotto il controllo dell’esercito.
In serata, fonti della sicurezza hanno confermato la riconquista, da parte delle forze armate congolesi, di diverse località, tra cui Kanombe, Chanzu, Runyonyi e Rumangabo, ormai sotto controllo delle FARDC. Secondo fonti dell’esercito, i ribelli dell’M23 in fuga si sono rifugiati nel Parco Nazionale dei Virunga, dove sono allo sbando.[11]

Il 30 maggio, il Movimento del 23 marzo (M23) si è ritirato dai territori di Nyiragongo e di Rutshuru (Nord Kivu). Fonti locali precisano che l’M23 si è ritirato in villaggi situati nei pressi della frontiera con il Ruanda. Sempre le stesse fonti, con la ritirata dell’M23, l’esercito congolese ha ripresero il controllo quasi totale sui territori di Nyiragongo e Rutshuru. Secondo la società civile del territorio di Nyiragongo e di Rutchuru, gli abitanti che erano fuggiti inseguito agli attacchi dell’M23,  stanno iniziando a ritornare nei propri villaggi e nelle proprie case.[12]

b. Una nuova crisi umanitaria

Il 27 maggio, in una conferenza stampa a Palazzo delle Nazioni di Ginevra, il portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha affermato che oltre 72.000 persone sono state costrette a fuggire, a causa degli intensi combattimenti tra l’esercito e l’M23 nei territori di Rutshuru e Nyiragongo. Secondo un rapporto dell’Unhcr, «gli sfollati hanno trovato rifugio presso dei familiari o in chiese e scuole. Essi sono esposti a continue violenze, tra cui minacce fisiche ed estorsioni da parte delle due parti in conflitto. I campi e i negozi abbandonati rischiano di essere saccheggiati, mettendo a repentaglio i mezzi di sussistenza della popolazione. Pertanto, gli sfollati hanno bisogno di un’assistenza umanitaria urgente. Donne e ragazze sono esposte alla violenza sessuale, tra cui lo stupro. Molti bambini sono stati separati dalle loro famiglie». Da novembre 2021, almeno 170.000 civili sono stati costretti ad abbandonare, spesso più volte, le loro case e i loro campi. Nella RDCongo, gli sfollati interni sono ormai 5,6 milioni.[13]

Il 2 giugno, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) ha dichiarato che, secondo le ultime stime avanzate da organizzazioni umanitarie e autorità territoriali, dalla ripresa delle violenze nello scorso mese di marzo, nei territori di Rutshuru e di Nyiragongo (Nord- Kivu), il numero degli sfollati è stato di circa 117.000, di cui 64.000 dal 19 maggio (33.000 nel territorio di Nyiragongo e 31.000 nel territorio di Rutchuru). L’OCHA ha aggiunto che, sempre da marzo, circa 25.000 persone hanno trovato rifugio in Uganda.[14]

3. LE PROVE DELL’APPOGGIO MILITARE RUANDESE ALL’M23

a. Armi ed effetti militari non riconducibili né all’esercito congolese, né all’M23

Il 25 maggio, il portavoce del governatore militare del Nord Kivu, il generale Ekenge Bomusa, ha annunciato che, dopo aver respinto l’M23 che aveva attaccato una delle loro postazioni a Kibumba, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) hanno recuperato diverse armi ed effetti militari non identificati: «Nella loro fuga precipitosa, l’M23 ha abbandonato armi ed effetti militari, che sono poi stati recuperati dalle FARDC. Si tratta di un cannone da 60 mm, un fucile AK 81, 8 razzi anticarro, una serie di munizioni PKM, un paio di divise militari, un elmetto e due borracce militari. Tali effetti non sono utilizzati né dalle FARDC, né dall’M23».
Il generale Ekenge Bomusa ha confermato che l’M23 ha attaccato simultaneamente alcune postazioni militari delle FARDC a Kibumba (territorio di Nyragongo) e a Jomba (territorio di Rutchuru). Infine, egli ha affermato che, di fronte a questa situazione, «il governatore militare del Nord Kivu e comandante delle operazioni ha già riferito al Meccanismo Congiunto di Verifica, organo della Conferenza Internazionale della Regione dei Grandi Laghi, affinché apra un’inchiesta sull’origine e le cause di questi gravi incidenti».[15]

Al termine di un incontro convocato dal Primo Ministro, Sama Lukonde, a Kinshasa, sull’attuale situazione di insicurezza del Nord Kivu, il portavoce del governo, Patrick Muyaya, ha parlato di un probabile appoggio di Kigali all’M23, in violazione degli accordi bilaterali: «Su istruzioni del comandante supremo delle FARDC, il Primo Ministro ha convocato una riunione di crisi a cui hanno partecipato alcuni ministri del governo, tra cui quelli della difesa e dell’interno e alcuni ufficiali dell’esercito e della polizia, per fare il punto sulla situazione in corso da alcuni giorni nella provincia del Nord Kivu. Secondo gli elementi che abbiamo ricevuto dal campo, riteniamo che l’M23 non possa disporre di un arsenale militare come quello che è stato ritrovato sul terreno delle operazioni. Perciò, possiamo sospettare che l’M23 abbia ricevuto un appoggio da parte del Ruanda. Crediamo che questo appoggio ruandese all’M23 possa essere una reazione o un atto di rappresaglia da parte del Ruanda, dopo la caduta di obici congolesi sul territorio ruandese durante i combattimenti del 23 maggio contro l’M23».[16]

b.  Due militari ruandesi catturati in territorio congolese

Il 28 maggio, le forze di sicurezza della RDCongo hanno catturato due militari ruandesi a Biruma, un villaggio del raggruppamento di Gisigari, nel territorio di Rutshuru dove, da alcuni giorni, l’esercito congolese stava combattendo contro l’M23. Le loro foto e i loro documenti sono stati pubblicati anche su vari social media. Da parte sua, l’esercito ruandese ha affermato di riconoscerli come suoi membri. Tuttavia, rifiuta la tesi secondo cui questi due suoi militari stessero combattendo a fianco dell’M23 e ne chiede quindi la liberazione. Sempre secondo l’esercito ruandese, i suoi due militari sarebbero stati catturati mentre stavano effettuando un’operazione di pattugliamento lungo la frontiera tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda.
Secondo l’esercito ruandese, «dopo l’aggressione provocatoria del 23 maggio, in cui l’esercito congolese aveva lanciato diversi razzi sul territorio ruandese, lo stesso esercito congolese, insieme alle Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR), ha catturato i due militari ruandesi mentre stavano effettuando un’operazione di pattugliamento nei pressi della frontiera. Si tratta del Caporale Nkundabagenzi Elysee e del soldato Ntwari Gad, ora detenuti dalle FDLR nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Chiediamo quindi alle autorità congolesi, che stanno collaborando con questo gruppo armato genocidario, di esigere dalle FDLR la liberazione immediata dei due militari ruandesi». Da parte loro, le autorità congolesi hanno denunciato la “manipolazione” del Ruanda che ha accusato l’esercito congolese di collaborare con le FDLR, per giustificare il proprio appoggio all’M23.[17]

Il 29 maggio, in un comunicato, il generale Sylvain Ekenge, portavoce del governatore militare del Nord Kivu, ha affermato che è l’esercito congolese detenere i due militari ruandesi, contrariamente a quanto dichiarato da Kigali, che accusa i ribelli hutu ruandesi delle Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR) di averli sequestrati e di tenerli detenuti in Congo. Secondo il generale Sylvain Ekenge, «contrariamente a quanto dichiarato dalle autorità ruandesi, i due militari ruandesi stavano effettivamente operando sul territorio congolese. Ciò è sufficientemente dimostrato dal fatto che i due soldati ruandesi sono stati catturati dalla popolazione di Biruma, una località del raggruppamento di Kisigari, distretto di Bwisha, nel territorio di Rutshuru.
Si tratta del caporale Nkundabangezi Elysée, munito di un’arma AK 36 n. 2881 e titolare di tre carte d’identità: la carta d’identità nazionale n. 1199080027641157; la carta d’identità militare n. 0118391-00 e un documento delle Nazioni Unite che dimostra che egli aveva fatto parte del contingente ruandese delle forze delle Nazioni Unite nel Sud Sudan. Il secondo militare ruandese catturato si chiama Minuare Gadi, in possesso di un lanciarazzi RPG7 n. 3986, anno di fabbricazione 2014. Non era munito di alcuna carta d’identità.
Secondo le loro stesse dichiarazioni, essi sono entrati in territorio congolese il mercoledì 25 maggio 2022, per attaccare il campo militare di Rumangabo, a più di 20 chilometri dal confine ruandese, nel territorio di Rutshuru. Essi stessi hanno dichiarato: “Le autorità ruandesi ci hanno detto che, la scorsa settimana, degli obici provenienti dal Congo avevano distrutto delle case e ucciso alcune persone in territorio  ruandese. I nostri capi ci hanno poi affidato la missione di attaccare il campo militare di Rumagabo in territorio congolese. Apparteniamo al 115° battaglione comandato del maggiore Kapira. Siamo stati catturati non in Ruanda, ma sul suolo congolese dalla popolazione e dalla polizia. Eravamo entrati in Congo il mercoledì 25 maggio 2022”. Dopo essere stati respinti dall’esercito congolese a Rumangabo, sono fuggiti e si sono persi. Poi sono stati catturati dalla popolazione stessa».[18]

4. PROVVEDIMENTI E RACCOMANDAZIONI

a. Le decisioni del Consiglio Superiore di Sicurezza

Il 27 maggio, in seguito all’appoggio fornito dal Ruanda al Movimento del 23 marzo (M23), il Consiglio Superiore della Difesa presieduto dal presidente Félix Tshisekdi. ha deciso di:
– Considerare l’M23 come un gruppo terroristico e trattarlo come tale, escludendolo dai negoziati di Nairobi;
– Mandare un segnale di avvertimento al governo ruandese, il cui atteggiamento rischia di ostacolare il processo di pace che si sta avviando verso la sua conclusione con i colloqui di Nairobi;
– Sospendere immediatamente i voli di RwandAir verso il suolo congolese;
– Convocare l’ambasciatore ruandese nella RDCongo, Vincent Karega, per comunicargli la disapprovazione del governo congolese.
Leggendo il verbale della riunione del Consiglio Supremo della Difesa, il ministro Patrick Muyaya, portavoce del governo congolese, ha affermato che «gli effetti militari ritrovati sul posto, le immagini in possesso delle nostre forze armate e le testimonianze raccolte tra la popolazione sono più che sufficienti per dimostrare che l’M23 è appoggiato dall’esercito ruandese. L’obiettivo di questo atteggiamento recidivo è chiaramente quello di annientare i nostri sforzi di pacificazione intrapresi nel quadro del dialogo consultativo di Nairobi».[19]

b. Le raccomandazioni della Società Civile

Il 27 maggio, in un comunicato stampa, la Chiesa di Cristo in Congo (ECC)
«– condanna fermamente il comportamento ipocrita di alcuni paesi limitrofi che continuano ad alimentare la guerra nell’est della Repubblica Democratica del Congo.
– raccomanda al governo congolese di portare avanti con determinazione tutte le iniziative annunciate nei confronti del Ruanda, chiaramente individuato come uno dei principali responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani e dei crimini contro l’umanità commessi nell’est della RDCongo. In questo caso specifico, si dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di una rottura delle relazioni diplomatiche;
– ricorda la necessità di indire un processo pubblico contro i militari ruandesi che sono stati catturati sul fronte nelle file dell’M23 e presentati alla stampa, al fine di stabilire le responsabilità penali dei paesi istigatori intellettuali e materiali dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra commessi nella RDC;
– ricorda alle istituzioni della Repubblica l’esigenza di attivare i meccanismi di giustizia di transizione (post-conflitto), al fine di massimizzare le possibilità di porre definitivamente fine al ripetersi dell’impunità e al complotto ordito contro il nostro Paese».[20]

Il 30 maggio, alcuni movimenti civici, tra cui LUCHA e FILIMBI, si sono ritrovati nei pressi della stazione centrale (Kinshasa-Gombe) per protestare contro l’aggressione ruandese nel Nord Kivu e per lanciare una serie di “azioni di protesta e di resistenza”. Essi hanno previsto un sit-in davanti all’ambasciata ruandese di Kinshasa, il mercoledì 1 giugno 2022, al fine di chiedere «la rottura delle relazioni diplomatiche con il Ruanda (in particolare: l’espulsione dell’ambasciatore ruandese nella RDCongo, Vincent Karega) e la chiusura delle frontiere con il Ruanda». Un altro messaggio è stato inviato anche al governo congolese: «Chiediamo uno Stato forte. Se avessimo avuto un esercito ben organizzato, avremmo già posto fine alle violenze perpetrate dai gruppi armati, tra cui l’M23. La popolazione continua a denunciare, ma il governo non procede ad effettuare le riforme necessarie. Oggi siamo deboli di fronte ad aggressori forti».[21]

Il 30 maggio, la Nuova Società Civile Congolese (NSCC), le Forze dei Leader Impegnati del Congo (FLEC) e il Forum per la Democrazia e il Buon Governo (FDBG) hanno chiesto al governo congolese di rompere le relazioni diplomatiche tra Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda e di chiudere immediatamente le frontiere tra i due paesi. Questa dichiarazione è stata letta dal coordinatore nazionale della NSCC, Jonas Tshiombela.
La NSCC, le FLEC e il FDBG hanno affermato che il presidente ruandese strumentalizza l’M23, per attaccare la RDCongo con il falso pretesto di perseguire le FDLR sul territorio congolese e provocando la perdita di molte vite umane e la fuga di migliaia di abitanti dai loro villaggi. Queste organizzazioni della Società Civile hanno denunciato anche l’indifferenza della comunità internazionale: «il regime ruandese continua a seminare terrore e morte, per destabilizzare e disintegrare la RDCongo, per impossessarsi delle sue risorse naturali  sotto l’occhio indifferente delle Nazioni Unite, dell’Unione Africana e dell’Unione Europea».[22]

c. Le mosse della diplomazia

Il 29 maggio, su twitter, l’attuale presidente dell’Unione Africana (UA), Macky Sall, si è detto preoccupato per la crescente tensione tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda e ha invitato i due paesi alla calma e al dialogo, in vista di una risoluzione pacifica della crisi.[23]

Il 30 maggio, il presidente dell’Unione Africana, Macky Sall, ha parlato di una sua conversazione telefonica con Paul Kagame e Felix Tshisekedi, per cercare una soluzione pacifica all’attuale conflitto tra la RDCongo e il Ruanda. Egli ha anche confermato che ulteriori discussioni tra la RDCongo e il Ruanda si svolgeranno nell’ambito della Conferenza Internazionale per la Regione dei Grandi Laghi (CIRGL), con la mediazione del presidente di tale istituzione, Lourenço.[24]

Il 30 maggio, in occasione della 16ª sessione straordinaria dell’Assemblea dell’Unione Africana (UA) a Malabo, capitale della Guinea Equatoriale, il Ruanda ha negato di appoggiare l’M23, tesi sostenuta dalle autorità congolesi. Il ministro degli Affari Esteri ruandese, Vincent Biruta, ha definito di infondate le accuse mosse contro il suo Paese. Secondo lui, «è piuttosto l’esercito congolese che, da molti anni, collabora con le FDLR, tollerandole e proteggendole, anche se hanno un sinistro piano a lungo termine per destabilizzare il Ruanda … È quindi un segno di irresponsabilità, da parte del governo congolese, continuare a combattere l’M23, ignorando le FDLR … I combattenti dell’M23 sono dei cittadini congolesi che hanno delle rivendicazioni nei confronti del loro governo».[25]

Il 31 maggio, il governo congolese, attraverso il suo ministro degli Esteri, Christophe Lutundula, ha chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di ordinare al Ruanda di ritirare le sue truppe dal territorio congolese immediatamente e senza condizioni, di mettere fine al suo appoggio all’M23 e di non ostacolare l’attuazione del dialogo consultativo di Nairobi.
Christophe Lutundula ha inoltre informato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla posizione del governo e del popolo congolese nei confronti dell’M23, considerato da Kinshasa come movimento terroristico escluso dai colloqui di Nairobi. Secondo il capo della diplomazia congolese, «l’M23 cerca di ottenere un proprio spazio di negoziazione, secondo le vecchie ricette: integrazione nell’esercito nazionale e ripartizione di posti ministeriali, sia a livello di governo nazionale che provinciale. Il Presidente Tshisekedi, il parlamento nazionale, il governo nazionale e l’intero popolo congolese, non vogliono più sentir parlare di queste ricette, applicate per 28 anni senza alcun risultato positivo. Non sarà più questione di integrazione nell’esercito, né di condivisione di responsabilità politiche, senza passare per le vie democratiche».[26]

Il 31 maggio, convocato dal governo congolese, l’ambasciatore ruandese nella RDCongo, Vincent Karega, è stato ricevuto dalla vicepremier, ministro dell’ambiente e dello sviluppo, Eve Bazaiba, che gli ha consegnato un messaggio ufficiale del governo congolese relativo alle prove brandite dalle FARDC, circa l’implicazione di Kigali nella riattivazione dell’M23. Interrogato dai giornalisti al termine dell’incontro, il diplomatico ruandese ha dichiarato di non voler rilasciare alcun tipo di informazioni, prima di aver rivelato il contenuto del messaggio alle autorità di Kigali. Ma, da parte sua, la vicepresidente Eve Bazaiba ha riassunto la posizione del governo congolese in tre parole: protesta, disapprovazione e avvertimento. Eve Bazaiba era stata incaricata dal Primo Ministro di ricevere l’ambasciatore Vincent Karega, a causa dell’assenza del Ministro degli Affari Esteri, Christophe Lutundula, in missione ufficiale presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.[27]

Il 31 maggio, a Kigali (Ruanda), il ministro degli Affari Esteri ruandese, Vincent Biruta, ha affermato che il suo Paese ribadisce “il proprio impegno per la pace, la stabilità e lo sviluppo economico della regione”. Nel contesto delle attuali tensioni tra la RDCongo e il Ruanda, il ministro ruandese si è rivolto ai diplomatici di stanza a Kigali, per una comunicazione sulla crisi che regna tra i due Paesi. Per il capo della diplomazia ruandese, Kigali si dice pronto a risolvere la crisi con mezzi pacifici: «Ancora una volta, vorrei sottolineare che il Ruanda è pienamente impegnato a continuare a lavorare con la RDCongo, a livello bilaterale e attraverso le consuetudinarie iniziative regionali, tra cui il meccanismo di verifica congiunto della CIRGL e le consultazioni di Nairobi nel quadro della Comunità dell’Africa orientale, nonché attraverso la collaborazione multilaterale, per la sicurezza, la stabilità e lo sviluppo della Regione dei Grandi Laghi».[28]

Il 1° giugno, il presidente dell’Angola e attuale presidente della CIRGL, Joao Lourenço, ha annunciato che le autorità congolesi hanno accettato di liberare i due militari ruandesi detenuti dall’esercito congolese. L’annuncio è stato pubblicato dopo un colloquio tra il presidente angolano e il presidente congolese Felix Tshisekedi. Secondo i servizi angolani, «su richiesta del suo omologo angolano, il Presidente Tshisekedi ha acconsentito a rimettere in libertà i due militari ruandesi recentemente catturati sul territorio della Repubblica Democratica del Congo. L’obiettivo di questo provvedimento è di contribuire a ridurre le attuali tensioni constatate nelle relazioni tra i due paesi». Inoltre, Luanda ha fatto sapere che Joao Lourenço ha avuto una conversazione in videoconferenza anche con il presidente ruandese Paul Kagame. In seguito a questi colloqui, i due Presidenti, ruandese e congolese, si sono accordati per incontrarsi faccia a faccia, nella capitale dell’Angola, in una data ancora da stabilire.[29]

[1] Cf – Congo Attualità n. 201
https://www.paceperilcongo.it/2013/11/congo-attualita-n-201/
EDITORIALE: Quale futuro per le trattative di Kampala?
3. I NEGOZIATI TRA IL GOVERNO CONGOLESE E L’M23 A KAMPALA
a. Verso la firma di un accordo?
b. Non proprio: a situazione mutata, diversa soluzione!
– Congo Attualità n. 203
https://www.paceperilcongo.it/2013/11/congo-attualita-n-203/
1. I COLLOQUI TRA IL GOVERNO CONGOLESE E L’M23 A KAMPALA
– Congo Attualità n. 204
https://www.paceperilcongo.it/2013/12/congo-attualita-n-204/
EDITORIALE: Per dichiarare terminato un dialogo impossibile
2. LE DISCUSSIONI TRA GOVERNO CONGOLESE E L’M23 A KAMPALA
3. LE REAZIONI AL PROGETTO DELL’ACCORDO DI KAMPALA
– Congo Attualità n. 206
https://www.paceperilcongo.it/2014/01/congo-attualita-n-206/
EDITORIALE: Due dichiarazioni che celano un accordo
LA CONCLUSIONE DEI COLLOQUI DI KAMPALA
a. Dichiarazione dell’M23 a conclusione del dialogo di Kampala
b. Dichiarazione del Governo congolese a conclusione dei colloqui di Kampala
c. Comunicato finale congiunto CIRGL – SADC sui colloqui di Kampala
d. Alcune reazioni
e. Progetto di legge sull’amnistia
[2] Cf Actualité.cd, 01.06.’22  https://actualite.cd/2022/06/01/m23-makenga-et-paul-kagame-qui-veut-quoi-comment-sortir-de-cette-crise-les-cles-pour
[3] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 29.05.’22
[4] Cf Radio Okapi, 16.05.’22
[5] Cf Radio Okapi, 19 et 20.05.’22; Actualité.cd, 19.05.’22
[6] Cf Radio Okapi, 22.05.’22
[7] Cf Radio Okapi, 23 et 24.05.’22
[8] Cf Alphonse Muderwa – 7sur7.cd, 23.05.’22; Actualité.cd, 23.05.’22
[9] Cf Radio Okapi, 24.05.’22 ; Actualité.cd, 24.05.’22; Jonathan Kombi – Actualité.cd, 24.05.’22
[10] Cf Radio Okapi, 25.05.’22
[11] Cf Radio Okapi, 26.05.’22
[12] Cf Radio Okapi, 30.05.’22
[13] Cf Actualité.cd, 27.05.’22; AFP – Actualité.cd, 27.05.’22
[14] Cf Carmel Ndeo – Politico.cd, 02.06.’22; Radio Okapi, 02.06.’22
[15] Cf Actualité.cd, 25.05.’22; Radio Okapi, 25.05.’22; Serge Sindani – Politico.cd, 25.05.’22; Glody Murhabazi – 7sur7.cd, 25.05.’22
[16] Cf Radio Okapi, 26.05.’22; Prince Mayiro – 7sur7.cd, 26.05.’22
[17] Cf Serge Sindani – Politico.cd, 28.05.’22
[18] Cf AFP – Actualité.cd, 29.05.’22; Serge Sindani – Politico.cd, 30.05.’22
[19] Cf Glody Murhabazi – 7sur7.cd, 28.05.’22; Claude Sengenya – Actualité.cd, 28.05.’22
[20] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 01.06.’22
[21] Cf Actualité.cd, 30.05.’22
[22] Cf Merveil Molo – 7sur7.cd, 30.05.’22
[23] Cf Radio Okapi, 30.05.’22
[24] Cf Actualité.cd, 30.05.’22
[25] Cf Radio Okapi, 30.05.’22
[26] Cf Merveil Molo – 7sur7.cd, 31.05.’22; Moïse Dianyishayi – 7sur7.cd, 01.06.’22
[27] Cf Japhet Toko – Actualité.cd, 31.05.’22
[28] Cf Radio Okapi, 01.06.’22
[29] Cf AFP – Actualité.cd, 01.06.’22; Radio Okapi, 01.06.’22