Come Rete Pace per il Congo dobbiamo tanto a padre Silvio. È attorno a lui che si è espressa l’inquietudine che prendeva noi missionari e missionarie di fronte al dramma della guerra che attanagliava il Congo dal 1996. Abbiamo atteso insieme che i religiosi locali si pronuncino e quando nel 2000 il loro documento di denuncia della situazione è apparso, abbiamo potuto a nostra volta parlare, fare proposte, partecipare a iniziative per chiedere verità e giustizia per il popolo congolese e i poli oppressi della regione.
L’apporto di padre Silvio è sempre stato fondamentale. Ci riunivamo spesso a Vicomero, la segreteria di Muungano era anche la segreteria di “Pace per il Congo”. Finché ha potuto, e cioè per tanti anni, ha viaggiato, partecipato di persona, incontrato persone importanti sia nella chiesa che nella società che nella politica per informare, chiedere un parere e un intervento.
Nel contempo viveva con Muungano la solidarietà concreta e quotidiana con il popolo di Goma. E con Chiama l’Africa, insieme a Eugenio Melandri, allargava il suo sguardo a tutta l’Africa per una visione nuova e positiva del Continente. Accoglieva concretamente nella sua casa tanti fratelli d’Africa – e non solo – permettendo loro di superare il periodo difficile dell’inserimento nel nostro Paese.
Padre Silvio sapeva anche fare analisi politiche, ma la sua forza, il suo apporto fondamentale era la compassione, il sentire l’ingiustizia delle enormi sofferenze inflitte a tante persone la cui colpa era solo di essere nate in una terra troppo ambita e di essere considerate materiale di scarto nel gioco della geopolitica internazionale.
A volte era destabilizzante nelle sue proposte, tutto diventava osabile pur di farsi solidale con questo popolo. L’apporto specifico che padre Silvio ha dato a Pace per il Congo, per me, è stata la sua capacità di tenere sempre uniti cielo e terra. Anche nei discorsi più politici, più terrestri egli aveva sempre chiaro e trasmetteva il significato di questa ricerca, la connessione con la fede in Gesù, fatto carne nella storia dell’umanità.
Era rassicurante per me vedere meglio, grazie a lui, che nelle nostre analisi non ci allontanavamo dal nostro essere missionari, ma stavamo cercando di amare il corpo dolente di Cristo, lo stesso che egli consacrava con tanto amore nell’Eucarestia.
Padre Silvio sapeva unire alla solidarietà col dolore altrui un senso di leggerezza dato dalla sua intelligenza e dal suo umorismo. E un’umanità che faceva di noi, prima ancora che dei collaboratori, degli amici, dei fratelli e sorelle.
È andato dal suo Signore proprio mentre Goma vive una nuova fase acuta di sofferenza. Pensarlo lassù, ci rassicura. Certo si darà da fare. Immaginiamo sarà andato a trovare subito il vescovo martire Munzihirwa, di cui desiderava tanto la beatificazione, ed Eugenio.
Forse la prima cosa sarà stata quella che lui stesso aveva detto un giorno. Ricordava con un sorriso lo stupore di colui che gli aveva chiesto: “Quando arriverai in Paradiso, che farai per prima cosa?” e che pensava che avrebbe detto: “Mi prostrerò davanti al Signore!”. Silvio invece gli aveva risposto: “Farò una corsa velocissima!”. Anche questa era l’umanità di Silvio.
Grazie, padre Silvio! Continuiamo a camminare insieme, anche se in modo nuovo. Grazie alle persone grandi che ti hanno permesso di fare e direi anche di essere quello che hai fatto e sei stato.
Teresina Caffi, mmx, per Rete Pace per il Congo