VALUTAZIONE DELLA LEGGE MARZIALE IN PARLAMENTO E A PORTE CHIUSE: DELLE VERITÀ NASCOSTE SOTTO PRETESTO DI “SEGRETI DI STATO”?
INDICE
1. LA LEGGE MARZIALE IN ITURI E NEL NORD KIVU
a. La valutazione in Parlamento
b. La nona proroga
2. IL NUOVO PROGRAMMA DI DISARMO, DEMOBILIZZAZIONE, REINSERIMENTO COMUNITARIO E STABILIZZAZIONE (P-DDRCS)
a. Quanti sono i miliziani che si sono arresi nei territori di Rutshuru, Masisi e Walikale (Nord Kivu)
b. Il caso della Nduma Difesa del Congo (NDC-Renové) di Guidon Shemiray Mwisa
c. La società civile del Nord Kivu e del Sud Kivu ancora contraria alla nomina di Tommy Ushindi come coordinatore del P-DDRCS
d. Il nuovo Programma di disarmo (P-DDRCS): un’analisi del Kivu Security Tracker
3. I GRUPPI ARMATI
a. Ituri
b. Nord Kivu
c. Banditismo urbano e stradale
1. LA LEGGE MARZIALE IN ITURI E NEL NORD KIVU
a. La valutazione in Parlamento
Il 23 settembre, riunito in seduta plenaria, il Senato ha iniziato a fare una valutazione dell’applicazione della legge marziale attualmente in vigore nell’Ituri e nel Nord Kivu. In questa seduta, sono intervenuti il Ministro degli Interni Daniel Aselo, il Ministro della Difesa Nazionale Gilbert Kabanda e il Vice Ministro della Giustizia Amato Bayubasire. I tra ministri erano accompagnati dal Capo di stato maggiore generale dell’esercito, il generale Célestin Mbala, dall’Ispettore generale dell’esercito, il generale Gabriel Amisi, dall’Amministratore generale dell’Agenzia Nazionale dell’Intelligence (ANR) Justin Inzun, dal Direttore della Direzione Generale del Migrazioni (DGM) Roland Kashwantale e da altri. Dopo una lunga maratona di interventi durata quasi 8 ore, il Senato ha concesso un tempo di alcuni giorni a questi membri del governo, affinché possano “armonizzare i loro punti di vista, per evitare certe contraddizioni” e ritornare per una seconda volta. La fase di valutazione vera e propria è stata pertanto rinviata ad un’ulteriore data non ancora fissata.[1]
Il 23 settembre, durante la seduta plenaria del giorno, il presidente dell’Assemblea nazionale, Christophe Mboso, ha annunciato ai deputati nazionali che l’esame del rapporto della Commissione Difesa e Sicurezza relativo alla valutazione dell’applicazione della legge marziale nelle province di Ituri e Nord Kivu si terrà il martedì 28 settembre, a porte chiuse. Ha aggiunto che il suddetto rapporto non sarà dato ai parlamentari in anticipo, come avviene invece di solito. Il rapporto è stato redatto sulla base di audizioni di alcuni membri del governo e dei servizi di sicurezza. Il suo esame è insistentemente richiesto da vari deputati, al fine di potere eventualmente correggere le strategie adottate sul posto, per far fronte alle molteplici violenze perpetrate nei territori di Beni e di Irumu. Se per alcuni deputati la legge marziale dovrebbe essere rimodulata, per altri invece essa dovrebbe essere revocata, per non aver dato i risultati sperati, vista la persistenza delle violenze perpetrate contro le popolazioni civili.[2]
Il 29 settembre, l’Assemblea Nazionale ha approvato all’unanimità le conclusioni del rapporto di valutazione della legge marziale redatto dalla Commissione Difesa e Sicurezza. In una seduta plenaria a porte chiuse, i deputati nazionali si sono trovati tutti d’accordo sul fatto che, nonostante le ingenti risorse investite nell’attuazione della legge marziale, i risultati finora ottenuti sono nettamente inferiori alle aspettative. Essi hanno quindi auspicato che questa misura di eccezione non duri ancora a lungo. Inoltre, l’Assemblea nazionale ha raccomandato al governo di presentare un piano di gestione di uscita dal regime di legge marziale instaurato nell’Ituri e nel Nord Kivu e ciò prima della sua decima proroga.[3]
b. La nona proroga
Il 24 settembre, il Governo ha approvato il progetto di legge che autorizza la nona proroga della legge marziale nel Nord Kivu e nell’Ituri, per un periodo di altri 15 giorni, a partire dal 4 ottobre. Esso è stato presentato al Consiglio dei ministri da Rose Mutombo, ministra della giustizia. Secondo il governo, la legge marziale instaurata conformemente al decreto n. 21/015 del 3 maggio 2021, dovrebbe essere prorogata, tenuto conto della molteplicità delle violenze perpetrate dai gruppi armati e il mutamento delle loro strategie utilizzate contro le popolazioni civili.[4]
Il 30 settembre, l’Assemblea Nazionale ha approvato il progetto di legge che autorizza la nona proroga, a partire dal 4 ottobre, della legge marziale nelle province di Ituri e Nord Kivu. Su un totale di 500 deputati, 275 dei 279 che hanno partecipato al voto hanno votato “per” e solo 4 hanno votato “contro”. Adottato in prima lettura, il testo sarà trasmesso al Senato per una seconda lettura, prima della sua promulgazione da parte del Capo dello Stato entro e non oltre il 3 ottobre, data di scadenza dell’ottava proroga.[5]
Il 2 ottobre, il Senato ha approvato all’unanimità il disegno di legge sulla nona proroga della legge marziale nelle province di Ituri e Nord Kivu. Il testo è stato inviato al Presidente della Repubblica, per la sua promulgazione entro e non oltre il 3 ottobre, data di scadenza dell’ottava proroga. Nei giorni precedenti, in una seduta plenaria a porte chiuse, i ministri dell’interno, della difesa, delle finanze e della giustizia e i loro rispettivi servizi implicati nell’applicazione della legge marziale, avevano risposto alle domande che i senatori avevano loro formulato. Il presidente del Senato, Modeste Bahati Lukwebo, ha sottolineato che questa valutazione deve essere permanente attraverso la Commissione Difesa e Sicurezza del Senato.[6]
2. IL NUOVO PROGRAMMA DI DISARMO, DEMOBILIZZAZIONE, REINSERIMENTO COMUNITARIO E STABILIZZAZIONE (P-DDRCS)
a. Quanti sono i miliziani che si sono arresi nei territori di Rutshuru, Masisi e Walikale (Nord Kivu)
Il 17 settembre, in una conferenza stampa, il tenente colonnello Guillaume Ndjike Kaïko, portavoce del settore operativo Sokola 2 per il sud della provincia del Nord Kivu, ha affermato che, dall’entrata in vigore della legge marziale, il 6 maggio scorso, 745 miliziani si sono arresi, consegnando all’esercito 428 armi. Essi provengono principalmente da sei diversi gruppi armati, attivi nei territori di Rutshuru, Masisi e Walikale. Tra questi gruppi armati, il tenente colonnello Guillaume Ndjike Kaïko ha citato: il Nduma Defense of Congo (NDC-Rénové) di Guidon Shemiray, il Movimento d’Azione per il Cambiamento (MAC) di Gilbert Bwira, il Fronte Patriottico per la Pace (FPP) di Kabido, l’Alleanza dei Patrioti per un Congo Libero e Sovrano (APCLS) di Janvier Karayiri e i Kifua Fua di Delphin Mbaenda. Questi miliziani che si sono arresi sono temporaneamente confinati nei siti di Mubambiro (territorio di Masisi), Rumangabo (territorio di Rutshuru) e Biruwe, nel raggruppamento di Wassa (territorio di Walikale).
Le autorità militari ritengono che queste rese siano il risultato della pressione militare esercitata sui vari gruppi armati durante il periodo in cui vige la legge marziale. Tuttavia, la Società Civile del Nord Kivu deplora con sgomento le pessime condizioni in cui questi miliziani sono costretti a vivere, perché dimenticati dalle autorità militari. La Società civile teme che questi miliziani che si sono arresi riprendano le armi, per mancanza di un’adeguata assistenza. Infatti, decine di ex-combattenti, che si erano arresi precedentemente, sono già rientrati in foresta, appunto per la mancanza di un’adeguata assistenza, logistica e alimentare, nei centri di accantonamento in cui erano stati ospitati.
Per assicurare migliori condizioni di vita a quelli che si arrendono, un deputato provinciale di Walikale, Prince Kihangi, ha chiesto al governo di rendere effettivo il Programma di Disarmo, Smobilitazione, Reinserimento Comunitario e Stabilizzazione (P-DDR-CS). In particolare, egli ha chiesto l’immediato dispiegamento delle forze di sicurezza nelle zone finora occupate dai miliziani che si arrendono, perché il rischio è quello che altri gruppi armati attivi nei dintorni le rioccupino.
Il deputato nazionale Jean Olive Mudekereza Namegabe ha chiesto al governo di convertire tutti gli ex combattenti dei gruppi armati che depongono le armi in attori di sviluppo economico, principalmente agricolo. Questo deputato eletto nel territorio di Walungu (Sud Kivu) ha auspicato che il nuovo programma DDRCS possa orientare gli ex miliziani verso attività agricole. Per fare ciò, ha invitato il governo a mettere a disposizione degli ex combattenti delle terre, affinché possano coltivarle, ciò che faciliterebbe anche il loro reinserimento sociale.[7]
b. Il caso della Nduma Difesa del Congo (NDC-Renové) di Guidon Shemiray Mwisa
Il 31 agosto, il vice governatore militare del Nord Kivu, il commissario Romy Ekuka Lipopo, ha dichiarato alla stampa locale che il capo del gruppo armato Nduma Difesa del Congo (NDC-Renové), l’autoproclamato generale Guidon Shemiray Mwisa, si è arreso alle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC), nel territorio di Walikale. Secondo il vice governatore militare, Guidon Shemiray e i suoi uomini si trovano temporaneamente in un sito del territorio di Walikale, in attesa dell’avvio ufficiale del processo di Disarmo (P-DDR-CS). Fonti dei servizi di sicurezza a Pinga affermano che, dalla fine di agosto, Mwissa Guidon si trova con i suoi 300 uomini, a Mpofi, nel raggruppamento di Utunda, nel nord del territorio di Walikale.
Secondo la società civile di questa entità, l’NDC-Renové di Guidon Shemiray controllava quattro territori della provincia del Nord Kivu: quelli di Walikale, Masisi, Rutshuru e Lubero.
Da giugno 2019, Guidon Shimiray Mwissa è sotto mandato di arresto emesso dalla giustizia congolese per, tra l’altro, crimini contro l’umanità per stupro. In luglio 2020, l’NDC-Renové si era diviso in due fazioni: una guidata da Guidon Shimiray Mwissa e l’altra diretta da Gilbert Bwira, anch’egli in procinto di arrendersi.[8]
Il 9 settembre, contrariamente a quanto annunciato alla stampa, il 31 agosto, dal vicegovernatore della provincia del Nord Kivu, l’autoproclamato generale Guidon Shimiray Mwisa, capo del gruppo di autodifesa Nduma Defense of Congo (NDC-R, in un’intervista ha annunciato di non essersi ancora arreso all’esercito. Guidon Shimaray, che non esclude la possibilità di arrendersi alle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC), ha posto una serie di condizioni, tra cui la concessione di un’amnistia generale a tutti gli ex combattenti dell’NDC-R, il riconoscimento dei gradi di quelli che sceglieranno di arruolarsi nell’esercito, il dispiegamento degli ex NDC-R integrati nell’esercito in zone precedentemente occupate dall’NDC-R e l’assistenza/risarcimento dei feriti.[9]
c. La società civile del Nord Kivu e del Sud Kivu ancora contraria alla nomina di Tommy Ushindi come coordinatore del P-DDRCS
Il 6 settembre, in una dichiarazione congiunta, le coordinazioni provinciali della società civile del Nord Kivu e del Sud Kivu hanno stigmatizzato la nomina, da parte del Presidente della Repubblica, di Tommy Tambwe come coordinatore del Programma di Disarmo P-DDRCS. Secondo loro, Tommy Tambwe non ispira fiducia, a causa del suo passato oscuro: «Disapproviamo la nomina di Tommy Tambwe come coordinatore del Programma di Disarmo (P-DDRCS), perché è uno che ha collaborato con le ribellioni del passato, tra cui l’RCD, il CNDP, l’M23 e l’ALEC e che, quindi, non ispira fiducia. È incomprensibile che qualcuno che ha collaborato con questi gruppi armati sia nominato a un incarico così importante. È come sputare sulla memoria di tutte le vittime degli orrori della guerra. Pertanto, chiediamo al Presidente della Repubblica di costringere Tommy Tambwe a dimettersi da questo incarico e di nominare qualcun altro che non abbia le mani sporche». Secondo la Società Civile del Nord e Sud Kivu, «la decisione di nominare Tommy Tambwe come coordinatore del P-DDRCS ricorda quella dell’ex capo di Stato, Joseph Kabila, quando quest’ultimo nominò il famigerato Bosco Ntaganda come suo stretto collaboratore nella strategia della ricerca della pace». Per questo, la Società Civile del Nord e Sud Kivu chiede all’attuale presidente Félix Tshisekedi di evitare l’errore commesso dal suo predecessore, quello di attribuire grandi responsabilità a personalità su cui pesano forti sospetti.[10]
d. Il nuovo Programma di disarmo (P-DDRCS): un’analisi del Kivu Security Tracker
Una “legge marziale” molto criticata.
Instaurata nelle province di Ituri e Nord Kivu dal 6 maggio, la legge marziale non ha prodotto, almeno per il momento, i risultati sperati. Essa consiste essenzialmente nel trasferimento di ampie parti del potere civile a governatori, amministratori territoriali e sindaci militari o membri di polizia. Tuttavia, dalla sua entrata in vigore, i massacri di civili sono continuati: dal 6 maggio, nel Nord Kivu e nell’Ituri, sono state uccise almeno 723 persone. Le Forze Democratiche Alleate (ADF), il più violento dei 122 gruppi armati registrati dal KST nell’est della RDCongo, ne ha uccise almeno 396. Negli ultimi mesi, il loro raggio d’azione si è notevolmente ampliato sui territori di Irumu e di Mambasa, nella provincia di Ituri. Da parte loro, l’esercito e la polizia sono implicati nella morte di almeno 65persone. Di conseguenza, la legge marziale, inizialmente accolta con favore dalla classe politica, ora è ampiamente criticata.
Un nuovo Programma di disarmo “P-DDRCS”.
In questo contesto, il 7 agosto 2021, il presidente Tshisekedi aveva nominato Emmanuel Tommy Tambwe Rudima come coordinatore nazionale del nuovo Programma per il Disarmo, la Smobilitazione, il Reinserimento Comunitario e la Stabilizzazione (P-DDRCS), istituito un mese prima. Potrà questo nuovo “P-DDRCS” promuovere la pace nell’est della RDCongo?
Le trattative avviate nei mesi scorsi tra l’esercito congolese e i gruppi armati della parte meridionale del Nord Kivu (i territori di Nyiragongo, Rutshuru, Masisi, Walikale e il sud Lubero), hanno fatto sì che un discreto numero di miliziani si siano arresi. Tuttavia, nessuno dei loro capi si è finora arreso alle autorità militari, rendendo in tal modo reversibili i risultati finora ottenuti. Inoltre, i precedenti casi di miliziani arresi dimostrano che questi risultati sono raramente duraturi, senza un programma di disarmo adeguatamente finanziato e attuato, che consenta un’assistenza reale ed efficace degli ex miliziani. Infatti, molti miliziani che si erano arresi sono poi ritornati nei loro rispettivi gruppi armati rimasti nella foresta. Dal 2003, si sono susseguiti almeno tre programmi DDR, ma senza alcun risultato significativo. Molti degli attuali membri dei gruppi armati sono già passati attraverso questi programmi di disarmo, ma hanno ripreso le armi dando origine a un movimento di “ritorno circolare” e di “riciclaggio di ribelli”. Sarebbe quindi possibile che questo nuovo programma di disarmo DDRC-S riesca, quando i precedenti hanno fallito?
Un nuovo coordinatore molto contestato.
La designazione di Tommy Tambwe come coordinatore del nuovo programma di disarmo ha provocato una reazione ostile della società civile, che non ha affatto dimenticato che egli è stato membro sia del Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD), per il quale è stato anche vicegovernatore del Sud Kivu, sia dell’Alleanza per la Liberazione dell’Est del Congo (ALEC), due ribellioni create e appoggiate dal Ruanda, Anche il dottor Denis Mukwege, premio Nobel per la pace 2018, ha espresso i suoi “dubbi”, ritenendo che «sarebbe necessario mettere da parte le precedenti politiche che consistevano nel promuovere quelli che, invece, dovrebbero rispondere dei loro atti davanti alla giustizia».
I finanziatori internazionali appoggeranno il nuovo programma?.
Una sfida è quella di convincere i finanziatori ad appoggiare questo programma. Il coordinatore Tommy Tambwe ha affermato che lo Stato congolese contribuirà a questo programma con un finanziamento proprio: «Abbiamo recuperato 1 milione di dollari che era già previsto per finanziare lo STAREC e il PN-DDRC [due istituzioni sostituite dal P-DDRC]. Questo milione servirà per il funzionamento iniziale, ma è insufficiente. Stiamo vedendo con il presidente del Consiglio la possibilità di ulteriori crediti all’interno del budget già votato per il 2021. Elaboreremo quindi il budget per il 2022». Quindi, il livello del finanziamento da parte dello Stato rimane ancora da definire. Si teme che rimarrà insufficiente senza il contributo di finanziatori internazionali. Il DDR3 era fallito proprio su questo: scottati da sospetti casi di corruzione e di appropriazione indebita constatati nei programmi precedenti, i potenziali finanziatori avevano ritenuto che le garanzie necessarie non fossero sufficienti.
In occasione della presentazione di un programma di disarmo DDR da parte dei governatori del Nord Kivu, Sud Kivu e Ituri in ottobre 2020, gli ambasciatori dell’Unione Europea, degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e del Canada avevano promesso un loro appoggio.
Tuttavia, quando il 4 luglio 2021 è stato pubblicato il decreto sul nuovo programma “P-DDRCS”, un diplomatico occidentale si è detto spiacevolmente sorpreso di constatare che la strutturazione del programma conferisce alle tre province più colpite dall’insicurezza meno potere di quanto sperasse: egli teme un accentramento del programma che rischia di sminuirne l’efficacia.
Anche il profilo di Tommy Tambwe come coordinatore del programma ha suscitato le preoccupazioni dei diplomatici occidentali di stanza a Kinshasa, preoccupazioni rafforzate dalla reazione della società civile. Tuttavia, nessun Paese straniero ha pubblicamente contestato tale nomina, ciò che lascia aperta la porta della collaborazione.
Infine, secondo una fonte interna della Banca Mondiale, quest’ultima avrebbe già escluso la possibilità di finanziare direttamente il P-DDRCS. Ciò non esclude il finanziamento di singoli progetti nell’ambito di questo programma. La Banca Mondiale sembra però voler evitare di finanziare il progetto nazionale in quanto tale. Ciò potrebbe quindi creare alcuni problemi indebolire la capacità del P-DDRCS di amministrare l’insieme delle operazioni, tra cui l’identificazione e l’assistenza dei miliziani smobilitati e disarmati. Tuttavia, i potenziali finanziatori internazionali non escludono la possibilità di fornire un appoggio tecnico al programma, come la Missione dell’ONU in Congo (MONUSCO), che si è impegnata ad appoggiare questo nuovo programma.
Quale strategia adottare?.
Nel 2013, in “Sciogliere il nodo gordiano dell’insicurezza”, il Rift Valley Institute aveva sostenuto che il programma di disarmo di allora non era sufficientemente basato sulla comunità. Gli autori avevano notato che, concentrandosi solo sugli ex combattenti, quel programma di disarmo (DDR) non facilitava la riconciliazione, perché “le comunità, in cui gli ex miliziani si reinserivano, si accorgevano che quelli che avevano imbracciato le armi venivano ricompensati, ricevendo del denaro e una formazione professionale”.
Questo nuovo programma P-DDRCS, frutto della fusione tra STAREC e l’anteriore Programma Nazionale di disarmo (DDR), vuole essere più “comunitario”. Sembra una pista interessante.
Affinché non si possa più dire che le comunità non sono state implicate nella realizzazione del programma, il coordinatore Tommy Tambwe dovrebbe istituire in ogni provincia dei “Comitati di Consultazione e di Appoggio per la Pace (CCAP)” composti da rappresentanti delle autorità, della società civile, dei capi tradizionali, delle confessioni religiose, delle ONG e delle associazioni dei giovani e delle donne, ecc.
Il dilemma della reintegrazione.
Questi comitati dovranno inevitabilmente affrontare e risolvere varie questioni, tra cui il reinserimento sociale di alcuni ex miliziani nelle comunità e un’eventuale integrazione di altri nell’esercito. Un elemento essenziale del reinserimento degli ex miliziani nella comunità è l’offerta di alternative economiche viabili e appropriate. In passato, i programmi di reinserimento indirizzavano gli ex combattenti verso attività spesso inadatte (mulini, barberie, ecc.), per le quali i beneficiari non avevano ricevuto alcuna formazione specifica per gestirle.
Inoltre, il decreto sull’istituzione del nuovo programma di disarmo( DDRCS) precisa che l’integrazione nell’esercito sarà possibile solo su base individuale: un modo per evitare un’integrazione collettiva, come avveniva in passato. Questa integrazione nell’esercito è mal vista sia dalla comunità internazionale che dalla società civile perché, secondo loro, essa contribuisce a perpetuare il ciclo della violenza e dell’impunità, creando un incentivo ad imbracciare le armi per potere, alla fine, beneficiare di questo tipo di programma.
Tuttavia, questa intransigenza da parte della comunità internazionale e della società civile locale può essere di difficile applicazione, soprattutto per quei gruppi armati che hanno già avviato un processo di smobilitazione. Per esempio, è il caso dell’Unione dei Patrioti per la Liberazione del Congo (UPLC) e del Fronte Patriottico di Resistenza dell’Ituri (FRPI), ai quali è stata promessa la loro reintegrazione nell’esercito nazionale, con il riconoscimento dei loro gradi acquisiti all’interno del loro gruppo armato. È sulla base di questa promessa che avevano deciso di rendere le armi. La speranza di un’amnistia e di un’integrazione nell’esercito è spesso una delle motivazioni principali che spingono i gruppi armati alla resa. Secondo alcuni rapporti, anche il capo della Nduma Difesa del Congo-Rinnovato (NDC-R), Guidon Shimiray, ha recentemente posto questo tipo di condizione per poter deporre le armi.
Conclusione.
I nuovi responsabili del P-DDRCS dovranno quindi fare di tutto per convincere dei finanziatori scettici nei loro confronti, per quanto riguarda la possibilità di progettare e di realizzare un programma realmente efficace di disarmo e reinserimento, Dovranno inoltre rompere con le pratiche del passato, trovando un nuovo modo per incentivare i miliziani ad arrendersi. Non sarà affatto facile.[11]
3. I GRUPPI ARMATI
a. Ituri
Il 26 settembre, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) hanno affermato di essersi scontrate con dei miliziani del Fronte Patriottico Integrazionista Congolese (FPIC), noto anche come Chini ya Kilima, nel villaggio di Makayanga, in territorio di Irumu, a sud della città di Bunia (Ituri). Questa situazione ha seminato il panico tra gli abitanti di Komanda, che si trova a 3 km da Makayanga. Credendo che si fosse trattato di un attacco di miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF), gli abitanti di questa cittadina sono fuggiti in massa.
«C’è stato un attacco dei miliziani dell’FPIC in cui essi hanno incendiato un veicolo. Ne è seguito uno scontro tra loro e l’esercito. Il bilancio è di 8 miliziani uccisi, 11 catturati e diversi altri feriti. Per il momento, Komanda e Makayanga sono sotto controllo dell’esercito. La psicosi e la tensione che si sono diffuse tra la popolazione di Komanda sono state causate dal forte rumore delle detonazioni delle armi. Ma ciò è del tutto normale», ha affermato il tenente Jules Ngongo, portavoce dell’esercito in Ituri.
Tuttavia, altre fonti, tra cui la sezione di Irumu della Convenzione per il Rispetto dei Diritti Umani (CRDH), parlano di morti anche tra la popolazione civile, un dato non confermato da fonti ufficiali. «A Makayanga, il bilancio è catastrofico. Ci sono 12 morti civili e più di 20 case incendiate, per non parlare dei beni saccheggiati. Gli abitanti stanno fuggendo, alcuni verso Bunia e altri verso Beni», ha affermato Christophe Munyanderu, coordinatore della CRDH.
Su Twitter, la Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione del Congo (MONUSCO) ha dichiarato che, «ieri, 26 settembre, le Forze della MONUSCO e delle FARDC si sono scontrate con le ADF a Makayanga (Ituri). Tra i miliziani, uno è rimasto ucciso e dieci sono stati catturati». Questa versione della Monusco è quindi diversa da quella dell’esercito, che ha attribuito l’attacco a dei miliziani del Fronte Patriottico Integrazionista Congolese (FPIC). Varie fonti locali avevano già dichiarato che si trattava di un attacco organizzato dalle ADF.
Gli abitanti e i commercianti di Komanda sono fuggiti con le loro merci e altri beni già dal 26 settembre. Molte famiglie si sono dirette verso Beni o Butembo, nel Nord Kivu. Altre hanno preso la direzione di Mambasa o Bunia. Per la maggior parte della popolazione, la presenza dell’esercito non è sufficientemente rassicurante, nonostante l’appello delle autorità militari alla calma. Per il momento, tutte le attività commerciali sono state sospese e le strade sono deserte.
È dalla settimana precedente che la popolazione di Komanda vive nella paura e nel terrore, dopo aver subito un attacco da parte di miliziani delle ADF che hanno ucciso quattro persone e incendiato circa 30 case.[12]
Il 26 settembre, durante la notte, dei miliziani della Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO) hanno ucciso almeno cinque persone in un nuovo attacco perpetrato nella zona mineraria di Digene del settore Banyali Kilo (territorio di Djugu), in Ituri. In seguito a questo attacco, iniziato intorno alle 20:00, la popolazione è fuggita in massa verso il comune rurale di Mungwalu. La zona in cui è avvenuto l’attacco è nota per un’intensa attività di estrazione dell’oro, in cui sono implicati anche diversi gruppi di miliziani della CODECO.[13]
Il 28 settembre, nel pomeriggio, il villaggio di Mangiva, situato a 7 km da Komanda (territorio di Irumu), nella provincia di Ituri, è stato attaccato da presunti miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF). Si tratta del secondo attacco in quella zona, dopo quello di Makayanga. L’esercito è intervenuto per sventarlo.[14]
Il 29 settembre, cinque persone di una stessa famiglia sono state uccise da uomini armati non identificati, nei pressi del ponte Mbogu, situato a una decina di chilometri dal centro di Bunia, sulla strada Bunia-Kasenyi, in Ituri. Queste persone stavano viaggiando a bordo di un veicolo, quando sono cadute in un’imboscata mentre rientravano da un funerale a Kasenyi. Secondo la società civile locale, in seguito all’attacco, altre persone risulterebbero scomparse. Questa strada, su cui si registrano diversi attacchi armati, in particolare contro i commercianti, attraversa una zona controllata da una milizia denominata Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO), membro dell’Alleanza per la Liberazione del Congo (ALC), Tuttavia, essa è di capitale importanza, poiché collega la città di Bunia con il Lago Albert, confine naturale tra la RDCongo e l’Uganda.[15]
Il 30 settembre, il vice comandante della polizia provinciale, Ngoy Sengelwa Séguin, ha presentato 44 miliziani del Fronte Patriottico Integrazionista Congolese (FPIC) e delle Forze Democratiche Alleate (ADF) al governatore militare della provincia di Ituri. Questi miliziani erano stati catturati dalle forze dell’esercito a Makayanga e Komanda, nel territorio di Irumu, durante degli scontri che avevano causato la fuga di gran parte della popolazione. Essi sono stati consegnati alla giustizia per rispondere delle loro azioni.[16]
Il 1° ottobre, in un nuovo attacco avvenuto in un quartiere della città di Komanda, nel territorio di Irumu (Ituri) e attribuito a miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF) e ai loro alleati del Fronte Patriottico e Integrazionista del Congo (FPIC), almeno sei persone sono state uccise e varie case e veicoli incendiati. Alcune fonti parlano di otto morti, dieci persone prese in ostaggio, dieci case date alle fiamme e sei veicoli incendiati. L’attacco è iniziato verso le 19:00 e si è protratto per diverse ore. Si tratta del terzo attacco attribuito alle ADF in quella zona nell’arco di una settimana. Alcuni abitanti che erano già rientrati a Komanda dopo l’attacco del 26 settembre, a Makanyanga, un villaggio a 5 chilometri da Komanda, sono nuovamente fuggiti. «Ogni giorno ci sono degli attacchi che obbligano gli abitanti a lasciare le proprie case e le proprie terre verso località vicine ritenute più sicure. È una situazione che ci spaventa», ha affermato Daniel Herabo, presidente della società civile locale.[17]
Il 2 ottobre, in diversi villaggi del Territorio di Djugu e di Irumu (Ituri), sono stati segnalati violenti scontri tra le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) e dei miliziani del Fronte Patriottico e Integrazionista Congolese (FPIC) che collaborano con quelli della Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO). Si tratta dei seguenti villaggi: Ngongo, Kunda (territorio di Irumu), Nyangarayi, Lipri, Tsili (territorio di Djugu), situati più o meno 20 km a nord di Bunia, capoluogo della provincia. Molti abitanti di questi villaggi si sono rifugiati in foresta. Secondo il portavoce dell’esercito per le operazioni militari nell’Ituri, in questi ultimi giorni l’esercito ha intensificato le offensive contro questi due gruppi armati.[18]
b. Nord Kivu
Il 27 settembre, 3 persone sono state uccise durante degli scontri tra militari dell’esercito e degli uomini armati a Mabondo e a Kinehambaore, nel raggruppamento di Malambo del settore di Ruwenzori, nel territorio di Beni (Nord-Kivu). Secondo la società civile del suddetto settore, le vittime sono degli abitanti del comune di Bulongo, situato sulla strada Beni-Kadindi.[19]
Il 4 ottobre, a sette anni da ciò che è considerato come l’inizio dei massacri di Beni, il Centro Studi per la Promozione della Pace, della Democrazia e dei Diritti Umani (CEPADHO) ha espresso, in un comunicato, il suo rammarico per la tragedia umana causata dai gruppi armati, soprattutto dalle Forze Democratiche Alleate (ADF), in questa parte del Paese: «Il CEPADHO deplora il fatto che, in seguito ad ogni tipo di barbarie commesse dai gruppi armati, almeno 3.persone siano stati brutalmente uccise e circa altre 1.800 sequestrate. Almeno 3.430 case sono state incendiate, 125 veicoli dati alle fiamme e 130 scuole e strutture sanitarie distrutte».[20]
c. Banditismo urbano e stradale
Il 6 settembre, la Polizia Nazionale Congolese (PNC) del commissariato di Butembo (Nord Kivu) ha presentato alla stampa locale una banda di 11 sospetti criminali arrestati il 26 agosto. Sono accusati di aver compiuto imboscate contro veicoli, in particolare contro quelli appartenenti ad organizzazioni internazionali, sul tratto stradale Butembo-Beni. Il capobanda sarebbe un certo Kasereka Mulilirwa. Sarebbe implicato anche un agente della Ong Mercy Corps, di nome Pasteur, che faceva credere alla banda che i veicoli delle organizzazioni internazionali trasportassero una somma colossale di denaro destinata alla balcanizzazione del Paese. Tuttavia, egli è ancora in fuga.[21]
Il 7 settembre, in un suo comunicato, l’Associazione Africana per i Diritti Umani (ASADHO) ha affermato che, in agosto, ha potuto documentati almeno 57 casi di rapina a mano armata nella città di Beni (Nord Kivu). Si tratta di casi di furti in abitazioni private e di rapine a mano armata registrati nelle ultime settimane nei comuni di Mulekera e Bungulu, in particolare nei quartieri periferici della città, Kasanga Tuha e Mambangu, a meno di un chilometro di distanza da una base militare dell’esercito. L’ASADHO ha deplorato l’aumento dell’insicurezza nella città di Beni, nonostante la legge marziale decretata dal Capo dello Stato. Da parte sua, la società civile punta il dito contro dei militari che sono stati feriti sul fronte e che attualmente vivono in città tra la popolazione. L’ASADHO chiede quindi il loro allontanamento dalla città: «Chiediamo alle autorità nazionali e provinciali di identificare tutti i militari feriti, per trasferirli altrove, fuori della città di Beni, perché crediamo che siano loro ad incrementare l’insicurezza urbana nella città di Beni».[22]
L’11 settembre, il sindaco della città di Beni (Nord Kivu), il commissario Narcisse Muteba Kashale, ha presentato alla stampa un gruppo di nove persone, tra cui due donne, arrestate dalla polizia con l’accusa di appartenere a un gruppo di presunti rapinatori a mano armata.
Inoltre, altre quindici persone sono state arrestate durante una retata effettuata, nella mattinata dello stesso giorno, dall’esercito e dalla polizia, nel quartiere di Ngongolio, del comune di Mulekera. Tutte queste persone sono detenute presso la stazione di polizia urbana di Beni.[23]
Il 22 settembre, il comandante provinciale della Polizia Nazionale Congolese (PNC) ha presentato alla popolazione 5 persone che, la notte del giorno precedente, erano state trovate in possesso di 5 armi AK-47, un lanciarazzi e varie munizioni e, quindi, arrestate a Bogoro, una località situata a 25 chilometri a sud-est di Bunia (Ituri). Secondo il vice commissario di divisione, Ngoy Sengelwa Séguin, si tratta di una banda di rapinatori che attaccano i veicoli in transito sul tratto stradale Bunia-Kasenyi, lungo circa 55 km.[24]
Il 29 settembre, nella notte, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) e la Polizia Nazionale Congolese (PNC) hanno effettuato una vasta retata nel villaggio di Rusayo del territorio di Nyiragongo (Nord Kivu). Durante questa operazione, sono stati arrestati più di 100 sospetti banditi, tra cui 37 ruandesi irregolari. Le forze della sicurezza e dell’ordine hanno anche sequestrato armi bianche, effetti militari, bevande alcoliche e diversi beni che erano stati rubati alla popolazione. Secondo il generale di brigata Ghislain Tshin’kobo, comandante della 34a regione militare, «i 37 ruandesi trovati in situazione irregolare saranno rimpatriati nel loro Paese attraverso la Direzione Generale delle Migrazioni (DGM) e, per quanto riguarda gli altri indagati, banditi riconosciuti, il loro caso sarà trattato individualmente».[25]
[1] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 23.09.’21; Moise Dianyishayi – 7sur7.cd, 23.09.’21
[2] Cf Clément Muamba et Berith Yakitenge – Actualité.cd, 24.09.’21
[3] Cf Radio Okapi, 30.09.’21; Berith Yakitenge – Actualité.cd, 30.09.’21
[4] Cf Japhet Toko – Actualité.cd, 25.09.’21
[5] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 30.09.’21
[6] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 02.10.’21
[7] Cf Radio Okapi, 06.09.’21; Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 06.09.’21; Glody Murhabazi – 7sur7.cd, 17.09.’21; Jonathan Kombi – Actualité.cd, 16.09.’21; Radio Okapi, 09.09.’21
[8] Cf Dominique Malala – Politico.cd, 01.09.’21; Radio Okapi, 01.09.’21
[9] Cf Carmel Ndeo – Politico.cd, 09.09.’21
[10] Cf Jonathan Kombi – Actualité.cd, 16.09.’21; Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 08.09.’21
[11] Cf Kivu Security Tracker, 10.09.’21 https://blog.kivusecurity.org/fr/le-nouveau-programme-de-desarmement-et-demobilisation-peut-il-reussir/
[12] Cf Freddy Upar – Actualité.cd, 27.09.’21; Bantou Kapanza Son – 7sur7.cd, 27.09.’21; Actualité.cd, 28.09.’21; Radio Okapi, 28.09.’21
[13] Cf Freddy Upar – Actualité.cd, 28.09.’21; Séraphin Banangana – 7sur7.cd, 28.09.’21
[14] Cf Freddy Upar – Actualité.cd, 29.09.’21
[15] Cf Freddy Upar – Actualité.cd, 30.09.’21
[16] Cf Séraphin Banangana – 7sur7.cd, 01.10.21
[17] Cf Freddy Upar – Actualité.cd, 02.10.’21; AFP – Actualité.cd, 02.10.’21; Radio Okapi, 02.10.’21
[18] Cf Séraphin Banangana 7sur7.cd, 02.10.’21
[19] Cf Bantou Kapanza Son – 7sur7.cd, 29.09’21
[20] Cf Radio Okapi, 04.10.’21
[21] Cf 7sur7.cd, 06.09.’21
[22] Cf Yassin Kombi – Actualité.cd, 08.09.’21
[23] Cf Radio Okapi, 12.09.’21
[24] Cf Séraphin Banangana – 7sur7.cd, 23.09.’21
[25] Cf Jonathan Kombi – Actualité.cd, 01.10.’21