Congo Attualità n. 450

LA LEGGE MARZIALE NEL NORD KIVU E IN ITURI

INDICE

1. LA 5ª PROROGA
a. Dalla richiesta del Governo all’atto di promulgazione del Capo dello Stato
b. Un bilancio dei primi tre mesi
2. LA PERSISTENZA DELLE VIOLENZE
a. La lista delle vittime continua ad allungarsi
b. Due giornalisti uccisi
c. Molti arresti e poche operazioni militari
3. LA NOMINA DEI MEMBRI DEL COORDINAMENTO DEL PROGRAMMA DI DISARMO E REINSERIMENTO COMUNITARIO

1. LA 5ª PROROGA

a. Dalla richiesta del Governo all’atto di promulgazione del Capo dello Stato

Il 26 luglio, il vicepresidente dell’Assemblea provinciale del Nord Kivu, Jean-Paul Lumbu Lumbu, ha chiesto una valutazione dell’applicazione della legge marziale prima di procedere ad ogni ulteriore proroga. Egli ha affermato che, a più di due mesi dalla sua instaurazione, la legge marziale non ha portato alcun miglioramento della situazione di insicurezza nel Nord Kivu: «A Beni, le Forze Democratiche Alleate (ADF) continuano a uccidere come prima ancora dell’instaurazione della legge marziale. Forse hanno addirittura ampliato il loro campo d’azione. I gruppi armati interni, a Lubero, Rutshuru, Masisi, Nyiragongo e Walikale continuano a imporre la loro legge, come prima». Secondo lui, «occorre chiedersi: qual è l’obiettivo della legge marziale? Cos’è andato storto? Cosa c’è da migliorare?».[1]

Il 26 luglio, in un comunicato stampa, l’Unione per la Nazione Congolese (UNC) ha chiesto al governo di Sama Lukonde di effettuare una valutazione dell’applicazione della legge marziale nelle due province del Nord Kivu e dell’Ituri, al fine di garantirne l’efficacia sul campo, visto il continuo aumento delle violenze che vi si commettono.[2]

Il 30 luglio, il Consiglio dei ministri ha approvato il progetto di legge sulla proroga della legge marziale nelle province di Ituri e Nord Kivu. Si tratta di una quinta proroga per altri 15 giorni.[3]

Il 2 agosto, l’ONG Unione delle Famiglie per la Ricerca della Pace (UFAREP) ha pubblicato un rapporto che riprende quattrocentotre (403) casi di violazioni dei diritti umani registrati in quattro territori (Nyiragongo, Rutshuru, Lubero e Beni) della provincia del Nord Kivu, a partire dall’inizio della legge marziale, il 6 maggio scorso. «Queste violazioni dei diritti umani sono state perpetrate da gruppi armati e dai servizi di sicurezza, tra cui l’esercito, la polizia e i servizi di intelligence», ha affermato il responsabile dell’UFAREP, Janvier Kaikolo. Secondo questa stessa fonte, queste violazioni dei diritti umani si concretizzano spesso in uccisioni, sequestri di persone, furti, arresti arbitrari, imposizione di tasse illegali, posti di controllo irregolari.[4]

Il 2 agosto, il presidente dell’Assemblea Nazionale, Christophe Mboso N’kodia, ha annunciato che la valutazione dell’applicazione della legge marziale nelle province di Ituri e Nord Kivu sarà fatta all’interno della Commissione Difesa e Sicurezza e non in assemblea plenaria. Secondo alcune informazioni, il presidente di questa commissione ha ricevuto 48 ore di tempo per iniziare le audizioni di alcuni membri del governo. Queste audizioni dureranno 3 giorni, perché la commissione ascolterà un ministro al giorno: il vice primo ministro dell’Interno, il ministro della Difesa nazionale e il ministro della giustizia. Nei giorni seguenti, un rapporto sarà presentato in assemblea plenaria. Salvo imprevisti, la prima audizione inizierà già il mercoledì 4 agosto.[5]

Il 3 agosto, il deputato Gratien Iracan di Saint Nicolas, coordinatore del Collettivo dei deputati delle 26 province (C26), ha dichiarato che un gruppo di 94 deputati ha deciso di non partecipare a nessuna seduta plenaria finalizzata alla 5ª proroga della legge marziale in corso nelle province di Ituri e Nord Kivu, perché ritengono nettamente insufficienti i risultati ottenuti. Essi chiedono, quindi, una sua valutazione, perché «tutte le segnalazioni provenienti dalle due province sono completamente diverse dalle informazioni pubblicate dal governo. I danni segnalati, sia umani che materiali, sono maggiori di quelli registrati prima dell’instaurazione della legge marziale». Secondo il deputato Gratien Iracan, dopo aver fatto un’analisi della situazione, il gruppo C26 ha chiesto una valutazione dell’applicazione della legge marziale da parte dei deputati, in collaborazione con alcuni ministri del governo e i capi di stato maggiore generali dell’esercito e della polizia.[6]

Il 3 agosto, l’Assemblea nazionale ha autorizzato, senza discussione dopo valutazione, il progetto di legge sull’autorizzazione della proroga della legge marziale nelle due province dell’Ituri e del Nord Kivu. Per questa quinta proroga, sui 342 deputati presenti 337 hanno votato “sì”, 3 hanno votato “no” e 2 si sono astenuti. Questa proroga di 15 giorni sarà in vigore dal 4 al 19 agosto 2021. Questa nuova proroga è stata preceduta da una breve seduta plenaria a porte chiuse dedicata alla valutazione dell’applicazione della legge marziale, come richiesto dai deputati delle due province in questione. Durante questa valutazione, è stato affermato che, nonostante gli sforzi compiuti, nelle due province permangono diversi problemi relativi alla sicurezza, all’amministrazione, alle finanze e che le soluzioni devono essere trovate il più presto possibile. Alcuni deputati nazionali si sono detti soddisfatti di questa valutazione che, secondo loro, era la condizione per poter prorogare la legge marziale.
Da questa valutazione sono emersi due  elementi: una certa impreparazione e tentativi di sabotaggio. Impreparazione, perché prima non è stato fatto alcun studio strategico e perché  il completamento dell’istituzione dell’amministrazione militare è stato lento. Ciò ha causato un problema di insufficienza di personale e di mezzi necessari per realizzare le operazioni previste.
Secondo alcune rivelazioni di membri del governo presenti in questa seduta plenaria, sui quasi 33 milioni di dollari erogati dal governo per finanziare la legge marziale, solo 5 sono stati validamente utilizzati per questo obiettivo in Ituri e altri 5 circa nel Nord Kivu. Risulta quindi che più di 20 milioni di dollari sono stati intascati da qualcuno. Le indagini sono già in corso. Questa valutazione sarà portata a termine dalla Commissione Difesa e Sicurezza nei giorni successivi.[7]

Il 4 agosto, il Senato ha approvato in seconda lettura il progetto di legge sulla proroga della legge marziale nell’Ituri e nel Nord Kivu. In questa seduta plenaria, tenuta in videoconferenza per motivi di pandemia, su 80 senatori presenti, 78 hanno votato a favore, 2 contrari, nessuna astensione.[8]

Il 4 agosto, il Capo dello Stato Félix Tshisekedi ha promulgato la legge sulla 5ª proroga della legge marziale decretata per le province di Ituri e Nord Kivu.[9]

b. Un bilancio dei primi tre mesi

Il 5 agosto, degli esperti del Kivu Security Tracker (KST) hanno dichiarato che, dal 6 maggio, giorno in cui è entrata in vigore la legge marziale nell’Ituri e nel Nord Kivu, in quelle due province i gruppi armati “hanno ucciso 485 persone”. Da sole, le Forze Democratiche Alleate (ADF), un gruppo armato di origine ugandese, ne avrebbero uccise 254. Per il periodo dal 1 febbraio al 5 maggio 2021, il KST aveva affermato che, nelle due province in questione, “l’insieme dei gruppi armati aveva ucciso 464 persone”. Da sole. le ADF ne avrebbero uccise 225.
Anche l’esercito ha reso noto  un suo bilancio sui miliziani uccisi dall’instaurazione, il 6 maggio scorso, della legge marziale. In Ituri: 121, di cui 32 ADF; nel territorio di Beni (Nord Kivu), 39, di cui 31 ADF.
«La legge marziale è un fiasco e non dovrebbe essere prorogata all’infinito», ha affermato Patrick Mundeke, residente a Goma (Nord Kivu) e membro del partito “Insieme per la Repubblica” dell’ex governatore del Katanga, Moïse Katumbi.
«La legge marziale è un amaro fallimento. Le persone continuano ad essere uccise, i sequestratori operano come prima e senza essere arrestati. La situazione sta diventando più grave di prima», si lamenta Masika Salama, una studentessa di 25 anni a Beni.
«La situazione è peggiorata. Prima della legge marziale, si poteva partire da Beni e arrivare a Bunia. Durante la legge marziale, è diventato estremamente pericoloso fare quel viaggio. La zona in cui avvengono i massacri si è ampliata. Gli aggressori sono ora attivi anche nell’Ituri, a nord di Beni», insiste il professor Mughanda.
«Occorrerebbe limitare la legge marziale ai soli territori di Beni (Nord Kivu) e di Irumu (Ituri), dove vengono commesse più atrocità», sostiene il deputato provinciale Promesse Matofali Yonama.[10]

Il 5 agosto, in una riunione della Commissione Difesa e Sicurezza dell’Assemblea nazionale tenutasi per fare una valutazione dell’applicazione della legge marziale insieme al ministro della Difesa nazionale, Gilbert Kabanda, i deputati del Nord Kivu e dell’Ituri hanno dichiarato che la legge marziale non ha prodotto i risultati sperati, perché anche vari membri dell’esercito sono responsabili di numerose violazioni dei diritti umani. Secondo un deputato che ha partecipato a questo incontro, i deputati presenti hanno chiesto che si possano «rivedere alcune modalità di applicazione della legge marziale perché, finora, i risultati sono più negativi che positivi, a causa dell’implicazione anche di vari membri dell’esercito e della polizia in atti di violenza commessi contro la popolazione civile. Talvolta il nemico si nasconde più tra le file delle forze di sicurezza che tra i gruppi armati. Perciò, abbiamo raccomandato di migliorare certi aspetti della legge marziale».[11]

Il 6 agosto, in una conferenza stampa, il portavoce del governatore della provincia del Nord Kivu, il generale di brigata Sylvain Ekenge, ha dichiarato che, dall’instaurazione della legge marziale il 6 maggio scorso, si sono arresi 625 membri di gruppi armati, sono stati arrestati 145 collaboratori delle ADF, sono state recuperate 328 armi, sono stati sequestrati 10 veicoli e 15 moto che erano state messe a disposizione  delle ADF. Egli ha aggiunto che l’esercito ha arrestato anche un centinaio di miliziani ADF, tra i quali una cinquantina circa sono dei congolesi originari proprio di Beni e  Butembo, due grandi città del Nord Kivu. Egli ha inoltre ricordato che, da ottobre 2014, nei combattimenti intrapresi contro le Forze Democratiche Alleate (ADF) nel territorio di Beni, l’esercito congolese ha perso almeno 2.000 soldati.[12]

L’8 agosto, in un’intervista, il deputato nazionale Gratien Iracan ha affermato che il bilancio dei risultati della legge marziale è piuttosto negativo. Una delle cause è l’appropriazione indebita, da parte di alcuni ufficiali dell’esercito, di fondi stanziati per le operazioni militari. Questo deputato eletto nell’Ituri ha dichiarato che sono stati sbloccati 33 milioni di dollari per il finanziamento della legge marziale, ma solo 8 milioni di dollari sono arrivati nelle due province dell’Ituri e del Nord Kivu. Sui restanti 25 milioni, 13 milioni di dollari sono stati ritrovati presso lo stato maggiore delle forze armate della RDC a Kinshasa. Alcuni alti ufficiali hanno dichiarato di aver tenuto questi soldi in una cassaforte, per l’acquisto di un aereo. Il deputato Iracan si chiede: «Perché dei soldi che avrebbero dovuto trovarsi in banca sono finiti in una cassaforte?». Tra altre cause che impediscono la normale applicazione della legge marziale, egli cita anche la mancanza di personale militare e di risorse logistiche.
Secondo Gratien Iracan, il Capo dello Stato è stato imbrogliato da quelli che lo hanno incoraggiato a decretarla, tra cui alcuni ufficiali dell’esercito, responsabili dei vari casi constatati di malversazioni di denaro pubblico: «Abbiamo un buon esercito, ma alcuni comandanti fanno i furbetti. Qui a Kinshasa stanno costruendo case a più piani e vivono nel lusso, mentre i semplici soldati inviati a combattere sul fronte mancano ​​di tutto». Il deputato nazionale si è anche chiesto perché la Missione delle Nazioni Unite nella RDC (MONUSCO) sia stata esclusa dalle operazioni programmate nell’ambito della legge marziale, quando potrebbe fornire un buon appoggio logistico.
Secondo questo parlamentare eletto a Bunia, nell’Ituri, da quando è stata introdotta la legge marziale, l’insicurezza è aumentata e le informazioni fornite dal governo e dallo stato maggiore dell’esercito spesso non coincidono con la realtà osservata sul campo. Per chiarire questa sua posizione, egli ha affermato che, prima della legge marziale, nella provincia di Ituri c’erano 8 gruppi armati, ma attualmente ce ne sono 11; il numero degli sfollati interni è passato da 1 a 2 milioni di persone; le strade percorribili con una certa sicurezza sono passate da 5 a 1, la nazionale n. 27, anche se con grandi rischi. Nel territorio di Irumu, i gruppi armati hanno incendiato più di 30 villaggi. Nella stessa provincia, i posti di blocco illegali istituiti dall’esercito sono passati da 27 a quasi 189. Il deputato Iracan rivela che, in molti di questi posti di blocco, i militari collaborano con milizie e gruppi armati, per imporre alla popolazione locale delle tasse illegali.[13]

Il 9 agosto, in un comunicato stampa, il Centro Studi per la Promozione della Pace, della Democrazia e dei Diritti umani (CEPADHO) ha dichiarato che, nell’arco di sole due settimane, nei territori di Beni (Nord Kivu) e Irumu (Ituri) sono stati uccisi almeno 75 civili. Per il CEPADHO, l’obiettivo degli attacchi perpetrati in questi giorni dalle ADF è quello di incitare la popolazione ad opporsi alla legge marziale.[14]

2. LA PERSISTENZA DELLE VIOLENZE

a. La lista delle vittime continua ad allungarsi

Il 2 agosto, nel tardo pomeriggio, almeno 17 persone sono state uccise e altre prese in ostaggio in un attacco attribuito alle Forze Democratiche Alleate (ADF), nel distretto di Walese-vonkutu del territorio di Irumu, provincia di Ituri. La tragedia è avvenuta nel villaggio di Idohu, situato sul tratto Beni-Komanda della strada statale numero 4. Alcune testimonianze indicano che questo attacco è avvenuto verso le 17:00 ora locale. Secondo fonti della società civile locale, dei presunti miliziani ADF hanno sparato diversi colpi per intimidire la popolazione. Hanno poi catturato alcuni contadini di ritorno dai campi, li hanno legati, uccisi e decapitati.[15]

Il 5 agosto, in mattinata, almeno 8 persone, tra cui tre donne, sono stati uccise a colpi di fucili e machete, in un nuovo attacco perpetrato dalle Forze Democratiche Alleate (ADF), nel villaggio di Mbingi, nei pressi di Mamove, in territorio di Beni, provincia del Nord Kivu. Quattro persone sono state gravemente ferite e molte altre risultano disperse. Il presidente della società civile di Mamove, Kinos Katuho, ha affermato che gli aggressori provenivano dal vicino villaggio di Tchanitchani e hanno particolarmente preso di mira gli abitanti del villaggio che si stavano recando nei campi. Egli ha aggiunto che gli aggressori erano stati visti nei villaggi circostanti da almeno due settimane; « Questa presenza dei combattenti ADF aveva causato la fuga di alcuni abitanti: «Era da circa una o due settimane che dei miliziani ADF erano arrivati a Tchanichani, dove hanno ucciso una dozzina di persone, Da quel giorno erano rimasti nascosti nella foresta e ne uscivano solo per commettere delle razzie nei campi della popolazione. Non potendo più recarsi a lavorare nei campi, granparte della popolazione si è vista obbligata a fuggire in villaggi vicini ritenuti più sicuri».[16]

Il 6 agosto, 5 persone sono state uccise in un nuovo attacco attribuito alle Forze Democratiche Alleate (ADF) nella località di Mapasana, situata a nord-est di Mamove, nel territorio di Beni (provincia del Nord Kivu).[17]

L’11 agosto, in mattinata, almeno altre quattro persone sono state uccise dalle Forze Democratiche Alleate (ADF) nel villaggio di Kengele, 15 chilometri a ovest della città di Oicha (territorio di Beni), nel Nord Kivu. Secondo Omar Kalisya, presidente della società civile locale, le vittime sono degli sfollati che di notte dormivano a Oicha e al mattino si recavano a lavorare nei loro campi.[18]

L’11 agosto, almeno tre persone sono state uccise e due ferite in un nuovo attacco iniziato verso le 19:00 e attribuito alle Forze Democratiche Alleate (ADF), a Muziranduru, nel centro della cittadina di Kainama (territorio di Beni), della provincia del Nord Kivu. Secondo il delegato del governatore, Muhindo Isaya, le vittime sono state uccise quando gli attaccanti avevano già cessato di sparare: «È stato quando, non sentendo più il rumore degli spari, la gente è uscita di casa per rendersi conto della situazione che gli assalitori hanno iniziato a sparare contro di loro».[19]

Il 12 agosto, il presidente della società civile locale, Kinos Katuo, ha dichiarato che, nell’arco di 24 ore, nel distretto di Walese-Vonkutu, territorio di Irumu, provincia di Ituri, sono state uccise 9 persone: «3 persone sono state uccise a Tapi Rouge / Kalangwe verso Kisalaba. Altre 4 sono state uccise nelle vicinanze di Bayeyi, a nord-est di Mamove. Altre 2 sono state uccise a Mambume. Si tratta di abitanti del Nord Kivu che si recavano in Ituri per lavorare nei campi».[20]

Il 14 agosto, verso le 5:00 del mattino, le Forze Democratiche Alleate (ADF) hanno attaccato Kikingi, un villaggio situato vicino a Mwenda, nel settore del Ruwenzori, nel territorio di Beni della provincia del Nord Kivu. Il bilancio provvisorio parla di 17 morti, tra cui 10 civili, 4 miliziani ADF e 3 membri delle forze di sicurezza intervenuti per limitare i danni umani. Oltre alle vittime uccise, si parla di varie persone ferite, di altre disperse e di beni saccheggiati.[21]

b. Due giornalisti uccisi

Il 7 agosto, verso le 19:30 ora locale, un giovane giornalista della sottostazione RTNC di Rutshuru, Héritier Magayane, è stato accoltellato a morte mentre tornava a casa, a Bunyangula, un piccolo villaggio che separa il centro di Rutshuru dalla vicina cittadina commerciale di Kiwanja, a circa 70 km a nord di Goma, nel territorio di Rutshuru (Nord Kivu).
Eric Waseburo, direttore dei programmi della stazione radio La Colombe di Rutshuru, ha spiegato che Héritier Magayane è stato ucciso mentre stava tornando a casa dopo aver chiuso il suo piccolo chiosco poiché, per arrotondare lo stipendio, era anche rivenditore di carte telefoniche.
Egli ha aggiunto che i giornalisti di Rutshuru vivono costantemente nella paura, nonostante la decretazione della legge marziale per riportare la pace e la stabilità: «Io personalmente, come direttore dei programma per la radio La Colombe di Rutshuru, penso che sarebbe opportuno  spostare i nostri radio giornali delle ore 20:00 o 21:00 alle 18:00, perché a Rutshuru è molto pericoloso spostarsi di notte. Come giornalisti, siamo spesso minacciati di morte da estranei. Nel nostro lavoro, diffondiamo spesso informazioni su casi di sequestri di persone e angherie commesse da militari e agenti di polizia. Crediamo che siano loro a minacciarci e a toglierci la vita. Tanto più che siamo in una zona dove i casi di furti, saccheggi e sequestri sono molto frequenti».
Secondo Roger Sebyeradu, uno dei suoi colleghi, «nella zona ci sono diverse bande armate, ma il settore in cui Héritier Magayane è stato ucciso è controllato dall’esercito congolese, per cui non sarebbe da escludere l’ipotesi che questo omicidio possa essere legato ai servizi di sicurezza perché, dopo averlo ucciso, gli hanno strappato la lingua e rubato il cellulare». Secondo Luc Albert Bakole Nyengeke, amministratore militare del territorio di Rutshuru, Héritier Magayane aveva ricevuto una telefonata da una persona che gli aveva fissato un appuntamento ed è in quell’incontro che è stato ucciso. Secondo la Nuova Società Civile di Rutshuru, anche suo padre era stato ucciso un anno fa in circostanze quasi simili.[22]

Il 14 agosto, verso l’1:30, il giornalista Joël Mumbere Musavuli e sua moglie sono stati assassinati all’arma bianca, a Kenya – Bucha, una località situata nei pressi di Lwemba, nel territorio di Mambasa, un centinaio di chilometri a ovest di Bunia, capoluogo della provincia dell’Ituri. Era il direttore della stazione radio comunitaria RTCB / Biakato. Joël Musavuli e sua moglie sono stati aggrediti nella loro casa da un gruppo di uomini non identificati.
Secondo le informazioni raccolte da Journalistes En Danger (JED) da varie fonti indipendenti locali, il 26 luglio 2021, il giornalista Joël Mumbere Musavuli ha condotto una trasmissione dal titolo “Raïya fungula matsho” (Popolazione apri gli occhi), in cui ha denunciato diversi casi di violazioni dei diritti umani, commesse da membri dell’esercito e dei gruppi armati, proprio in questo periodo in cui è in vigore una legge marziale, decretata dal Presidente della Repubblica per ristabilire la pace in questa provincia di Ituri. Due giorni dopo, Joel Mumbere ha ricevuto una serie di minacce di morte e di arresto da parte di membri dell’esercito regolare e di gruppi armati.
Accompagnato dalla moglie, il giornalista si era recato nella località di Kenya-Bucha per attività agricole. Il 10 agosto 2021, membri dell’esercito hanno perquisito tutte le case della località. In seguito a questa operazione, secondo quanto riferito, i militari hanno sequestrato vari beni della popolazione locale e arrestato diverse persone, tra cui il giornalista Joel Mumbere, sospettato di collusione con gruppi armati.
Tutte le persone arrestate sono state condotte e detenute nelle strutture della polizia nazionale congolese a Luemba, località situata a 2 km da Kenya-Bucha. Joel Mumbere è stato rilasciato il giorno successivo, quando la polizia ha trovato la sua tessera da giornalista.
Il 14 agosto 2021, intorno all’1:30, la casa del giornalista è stata attaccata da un gruppo di persone munite di armi bianche. Dopo aver sfondato la porta, questi assalitori hanno ucciso il giornalista accoltellandolo al collo. Sua moglie è stata ferita con un machete e portata in un ospedale in condizioni molto critiche.
Contattato da JED, il generale Ngoy Sengelwa, commissario provinciale della polizia nazionale congolese/Ituri, ha confermato l’assassinio del giornalista: «È stato un gruppo armato Mai Mai ad ucciderlo. Le indagini sono già state avviate».
Joël Mumbere era tra i giornalisti di Radio Communautaire Lwemba che avevano dovuto vivere in clandestinità, dopo l’assassinio del loro collega Papy Mahamba in novembre 2019. Egli e i suoi colleghi stavano ricevendo una serie di minacce di morte per aver diffuso dei programmi di sensibilizzazione sull’eradicazione della malattia da virus Ebola nella provincia di Ituri.
Journalistes En Danger (JED) condanna fermamente questa nuova tragedia e chiede l’apertura di un’indagine seria e indipendente per chiarire le circostanze, le cause, i mandanti e gli esecutori di questo omicidio.[23]

c. Molti arresti e poche operazioni militari

Il 2 agosto, l’addetto alle comunicazioni della Polizia Nazionale Congolese (PNC), Nasson Murara, ha dichiarato che, dall’entrata in vigore della legge marziale, in seguito ad operazioni di controllo effettuate in vari quartieri della città di Beni (Nord Kivu), sono state arrestate 136 persone, tra cui 49 donne. Egli ha aggiunto che sono state recuperate anche 18 armi di tipo AK-47, diverse armi bianche e prodotti narcotici proibiti.[24]

Il 2 agosto, la Polizia Nazionale Congolese (PNC) ha annunciato l’arresto di 5 persone sospettate di appartenere a gruppi armati attivi nei territori di Djugu e Irumu (Ituri).
Secondo il portavoce della polizia dell’Ituri, il commissario Roger Tibasima, tra gli arrestati si segnala la presenza di Lailabo Sungurabo, alias Layi, comandante di una fazione del FPIC basata a Kunda, nel territorio di Irumu. È stato arrestato insieme ad altri due miliziani dello stesso gruppo. Un altro arrestato è Vyembeza Moïse, capo di un movimento insurrezionale denominato “Umoja ya wa Hema” (Unità degli Hema) in gestazione nel territorio di Djugu. È stato arrestato insieme a Ngabu Sumbu Christophe, un ufficiale di polizia che forniva armi e munizioni. Secondo la stessa fonte, questi presunti criminali sono stati condotti a Bunia (capoluogo dell’Ituri), dove restano detenuti in attesa di un loro processo presso il tribunale militare.[25]

Il 3 agosto, a Goma (Nord Kivu), al termine di una missione dell’Ispettorato Generale dell’Esercito guidata dal Generale Amisi Kumba Gabriel, sono stati arrestati e messi a disposizione della giustizia 9 ufficiali delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC), tra cui due colonnelli. Secondo il maggiore Gerry Bgelo, portavoce dell’Ispettorato generale, questi ufficiali sono accusati di “appropriazione indebita” di fondi stanziati per le operazioni militari pianificate nell’ambito della legge marziale. Si ricorda che questi 9 ufficiali arrestati a Goma si aggiungono agli altri 6 arrestati a Beni (Nord Kivu) e ad altri 9 arrestati a Bunia (Ituri), sempre nel contesto della stessa missione di ispezione.[26]

Il 4 agosto, a Butembo, una città commerciale del territorio di Lubero (Nord Kivu), il comitato di sicurezza urbana ha presentato alla stampa locale 23 sospetti criminali. La loro età varia dai 12 ai 35 anni. Secondo il sindaco ad interim di Butembo, il commissario Roger Mowa Baeki-Teli, queste persone sono membri di sei diversi gruppi implicati in vari atti di furto con scasso e rapine a mano armata registrati nelle ultime settimane in diversi quartieri di Butembo e dintorni.[27]

Il 10 agosto, durante la notte, l’esercito ha organizzato un’operazione di rastrellamento nei quartieri Mikeno e Mapendo della città di Goma (Nord Kivu). L’operazione si è conclusa con l’arresto di 243 persone e il sequestro di una grande quantità di machete, bevande alcoliche e droghe. Tra gli arrestati, ci sono circa 30 stranieri, tra cui ruandesi, ugandesi e un burundese, entrati illegalmente in territorio congolese. Si tratta di un’operazione condotta nell’ambito dell’applicazione della legge marziale in vigore dal 6 maggio scorso nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri.[28]

Il 12 agosto, dalla città di Butembo, il portavoce del settore operativo Sokola 1 Grand-Nord, il tenente Mualushayi, ha annunciato che, in seguito ad offensive condotte dall’8 agosto scorso contro le ADF,  nella valle di Mwalika del distretto di Bashu, l’esercito ha ucciso 45 combattenti appartenenti a questo gruppo armato. Anche in questo caso, si tratta di un’ennesima operazione militare intrapresa nell’ambito dell’applicazione della legge marziale in vigore nel Nord Kivu e nell’Ituri dal 6 maggio scorso.[29]

Il 12 agosto, dalla città di Beni, il portavoce del governatore militare del Nord Kivu, il generale Sylvain Ekenge, ha annunciato che l’esercito ha conquistato la valle di Mwalika, dove si trova il centro più importante di formazione e addestramento delle ADF, nel territorio di Beni (Nord Kivu).[30]

3. LA NOMINA DEI MEMBRI DEL COORDINAMENTO DEL PROGRAMMA DI DISARMO E REINSERIMENTO COMUNITARIO

Il 6 agosto, il coordinatore provinciale del programma di smobilitazione, disarmo e reinserimento comunitario (DDR-C) nel Nord Kivu, Jacques Katembo, ha affermato che l’efficacia di questo programma è l’unico modo per riportare la pace nel Nord Kivu: «Le arrese di alcuni gruppi armati non sono il risultato delle operazioni militari intraprese nell’ambito della legge marziale. I gruppi armati del Nord Kivu non hanno bisogno della legge marziale per arrendersi. Sono già sufficientemente sensibilizzati e la maggior parte di loro hanno già firmato degli atti di ingaggio che attestano la loro disponibilità a deporre le armi. Ciò che si aspettano è la messa in atto concreta del programma di Disarmo e Reinserimento Comunitario. Un decreto presidenziale a questo proposito è già stato pubblicato. La Comunità internazionale è pronta a portare un suo contributo finanziario. Ciò che ancora manca è la nomina dei responsabili del PDDR-C, il che impedisce che il programma possa iniziare».[31]

Il 7 agosto, il Presidente della Repubblica, Félix Antoine Tshisekedi, ha nominato i membri del coordinamento del Programma di Smobilitazione, Disarmo, Reinserimento Comunitario e di Stabilizzazione (P/DDRCS).
Tomy Tambwe Ushindi, ex membro del Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD), è stato nominato coordinatore nazionale del Programma DDRCS.
Gli altri membri del coordinamento sono:
– Colonnello Pierre Vosale Ikilingayi: Vice Coordinatore Nazionale responsabile delle questioni tecniche e operative
– Patricia Undele Tuluka: Vice Coordinatrice Nazionale responsabile delle questioni amministrative e finanziarie.[32]

Subito dopo la pubblicazione della composizione della coordinazione del programma di disarmo e reinserimento, è iniziata la polemica sul passato di Emmanuel Tommy Tambwe Ushindi, nominato coordinatore del programma.
Tommy Tambwe Runiga è originario della pianura di Uvira, nel Sud Kivu,.
Secondo diversi documenti e fonti, nel 1998 è stato tra i 50 firmatari della nascita ufficiale del Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD), una ribellione appoggiata dal Ruanda, contro il governo di Laurent Desire Kabila. Come membro di questo movimento armato, ha ricoperto la carica di vice-governatore del Sud Kivu.
Nel 2000, Tommy Tambwe ha avuto dei problemi con l’RCD. Per 3 mesi è stato incarcerato in un famoso carcere di Goma gestito dall’RCD e denominato “cane cattivo”,
Nel periodo della transizione (2003 – 2006), in seguito alle trattative tra i vari belligeranti a Sun-City, in Sud Africa, si è trovato senza alcun incarico.
Deluso, è entrato a far parte del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP), una nuova ribellione creata nel gennaio 2006 dall’ex generale Laurent Nkunda.
Quando fu creato il Movimento del 23 marzo (M23), Tommy Tambwe aderisce all’ala politica di questa ribellione, insieme ad altri ex membri dell’RCD / Goma e del CNDP.
Nel luglio 2012, Tommy Tambwe, allora rifugiato in Ruanda, entra nel movimento “Alleanza per la Liberazione dell’Est del Congo (ALEC). ALEC si allea con l’M23 e un altro movimento armato denominato Movimento Congolese per il Cambiamento (MCC), per creare una “Repubblica indipendente del Kivu”.
Nel 2013, Tambwe Runiga era stato richiamato dall’M23 per partecipare ai negoziati di pace tra il governo congolese e l’M23, a Munyonyo, nella città di Kampala (Uganda).[33]

Durante il periodo dell’Alleanza delle Forze Democratiche di Liberazione (AFDL), un movimento armato creato e sostenuto dal Ruanda, Emmanuel Tommy Tambwe Ushindi era direttore responsabile della sicurezza interna, poi agente del Servizio Nazionale di Intelligence e Protezione (SNIP). Nel 2002, quando era vice -governatore del Sud Kivu durante il periodo del Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD), una seconda ribellione creata e sostenuta dal Ruanda, era stato citato da Reporters sans frontières e da Amnesty International come colui che aveva ordinato gli arresti di diversi giornalisti.
Secondo le testimonianze di alcuni abitanti del Sud Kivu, quando era vice governatore del Sud Kivu, ha ordinato l’arresto di due giornalisti della stazione RTNC di Uvira, successivamente giustiziati. Ha ordinato la chiusura di Radio Maendeleo di Bukavu e ha ordinato l’arresto di alcuni cittadini che stavano partecipando a un programma interattivo di Radio Maria di Bukavu. È sospettato di essere autore del massacro di Makobola, co-autore del massacro di Lulinda e complice del massacro di Katogota.
Sempre attivo nei movimenti armati, nel 2012 è stato nominato presidente dell’Alleanza per la Liberazione dell’Est del Congo (ALEC). Secondo un rapporto del gruppo di esperti delle Nazioni Unite, questo movimento era stato creato da un gruppo di Banyamulenge appartenenti alla diaspora, con l’obiettivo di creare uno stato indipendente del Kivu. Amnesty International aggiunge che questa ribellione avrebbe commesso vari crimini nel Sud Kivu, tra cui il reclutamento forzato di bambini soldato. Per quanto riguarda la sua partecipazione alla ribellione del Movimento del 23 marzo (M23), egli afferma di aver solo collaborato come consulente durante i negoziati politici del 2014 a Kampala (Uganda).[34]

L’11 agosto, in un comunicato stampa, il dottor Denis Mukwege, premio Nobel per la pace 2018, ha espresso la sua preoccupazione per la nomina di Tambwe Runiga, ha denunciato ciò che descrive come “promozione dei criminali” e ha chiesto al governo congolese di “rompere con le politiche che hanno prolungato e aggravato la sofferenza del popolo congolese”. Secondo il comunicato stampa, «i precedenti programmi di disarmo, smobilitazione e reinserimento, non sufficientemente finanziati e falliti, le politiche di integrazione indiscriminata dei membri dei gruppi armati nell’esercito nazionale, spesso accompagnate da promozioni ingiustificate, hanno favorito l’indisciplina all’interno dell’esercito e delle istituzioni dello Stato. Premiando i criminali invece di consegnarli alla giustizia, questa strategia ha piuttosto incoraggiato i gruppi armati invece di scoraggiarli».
Secondo il dottor Mukwege, «questa strategia è la conseguenza dei vari accordi politici che, benché volti a porre fine alla violenza, hanno creato le premesse per una situazione di instabilità e una cultura dell’impunità, integrando i membri dei gruppi armati, congolesi e stranieri, nelle forze di sicurezza e di difesa della Repubblica. Essa favorisce un sistema che legittima la violenza e la criminalità come modalità di accesso al potere, alimenta una spirale infernale di violenze e mette a rischio l’instaurazione di una pace duratura. Se si vede che prima o poi si finirà per essere ricompensati per i crimini commessi, non si vede perché si debba cessare di compierli».
Secondo il dottor Denis Mukwegue, «questa strategia incoraggia tutti quei criminali che sono ancora attivi nella foresta a continuare a uccidere, stuprare e distruggere, poiché sanno che un giorno, la via della violenza e della distruzione li porterà al potere o permetterà loro di occupare posti importanti nell’amministrazione, nell’esercito, nella polizia, ecc., perpetuando la sofferenza della popolazione».
Il Premio Nobel per la pace 2018 ha quindi auspicato l’adozione di una strategia nazionale olistica di giustizia post conflitto, che dia priorità a riforme istituzionali capaci di evitare il ripetersi delle atrocità e delle violenze, in particolare attraverso una profonda riforma dei settori della sicurezza e della giustizia. Secondo lui, l’obiettivo di questa giustizia post conflitto e della riforma delle istituzioni dovrebbe essere quello di identificare ed escludere dalle istituzioni pubbliche i responsabili delle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.
Dénis Mukwege ha sottolineato che, se ci fosse una reale volontà politica di sconfiggere definitivamente i gruppi armati, il governo dovrebbe evitare tutte quelle politiche volte a concedere promozioni a coloro che dovrebbero essere ritenuti responsabili delle loro azioni davanti alla giustizia e dovrebbe invece valorizzare tutte quelle persone che, conducendo una vita integra, non hanno a loro carico alcun precedente di violazioni dei diritti umani.[35]

L’11 agosto, in una dichiarazione resa pubblica a Bukavu, una trentina di organizzazioni aderenti alla società civile e ai movimenti civici della provincia del Sud Kivu hanno raccomandato al Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, di ritornare sul suo decreto di nomina di Tommy Tambwe Ushindi come coordinatore del programma di Disarmo, Smobilitazione, Reinserimento Comunitario e Stabilizzazione (P-DDRCS). Queste organizzazioni si oppongono a questa nomina a causa del passato ribelle di Tommy Tambwe, che è stato vice-governatore della provincia del Sud Kivu, quando essa era amministrata dalla ribellione RCD. «Come può un ex capo ribelle che, negli ultimi 30 anni, ha partecipato a tutti i conflitti armati (RDC, M23, ALEC…) che hanno destabilizzato l’est della RDCongo, essere nominato coordinatore di una struttura il cui obiettivo è quello di contribuire alla pacificazione di quella stessa regione? Che credito morale avrà di fronte ai vari gruppi armati di questa regione? Non sarà anche questo un precedente che rischia di incoraggiare i belligeranti a continuare a ricorrere alla violenza come mezzo di affermazione? Quale messaggio questa nomina invia alle famiglie delle vittime delle varie atrocità commesse sotto la guida di questi vari signori della guerra?», si chiedono queste organizzazioni della società civile del Sud Kivu, chiedendo al Capo dello Stato di rivedere il suo decreto, evitando di ricorrere a persone le cui mani sono sporche del sangue dei loro compatrioti e di scegliere, come coordinatore del P-DDRCS, un’altra persona di grande moralità e di comprovata competenza.[36]

Il 13 agosto, in un comunicato stampa, l’organizzazione internazionale per i diritti umani Human Rights Watch (HWR) ha ricordato l’oscuro passato di Tommy Tambwe, ex leader ribelle citato in diversi rapporti internazionali per gravi crimini commessi durante varie ribellioni di cui ha fatto parte. HWR ha affermato che la sua nomina a coordinatore del Programma Disarmo, Smobilitazione, Reinserimento Comunitario e Stabilizzazione (P-DDRCS) rischia di compromettere lo stesso programma che dovrebbe invece contribuire a voltare la pagina buia dei gruppi armati dell’Est della RDCongoe: «Ritirare le armi dei combattenti, condurre in giustizia i responsabili dei gravi crimini commessi e reintegrare il resto nelle loro comunità è la chiave che potrebbe permettere di porre fine alle violenze commesse nell’Est della RDCongo. Ma la nomina, da parte del Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, dell’ex capo ribelle Tommy Tambwe come coordinatore di questo programma di disarmo e reinserimento solleva numerose preoccupazioni. La nomina di Tommy Tambwe rischia di compromettere gli sforzi di disarmo e stabilizzazione».[37]

[1] Cf Radio Okapi, 27.07.’21
[2] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 30.07.’21
[3] Cf Merveilles Kiro – Politico.cd, 31.07.’21
[4] Cf Radio Okapi, 04.08.’21
[5] Cf Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 03.08.’21
[6] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 03.08.’21
[7] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 03.08.’21; Radio Okapi, 04.08.’21
[8] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 04.08.’21
[9] Cf Moise Dianyishayi – 7sur7.cd, 05.08.’21
[10] Cf AFP – Actualité.cd, 06.08.’21
[11] Cf Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 05.08.’21
[12] Cf Radio Okapi, 09.08.’21; AFP – Actualité.cd, 06.08.’21
[13] Cf Radio Okapi, 09.09.’21; Berith Yakitenge – Actualité.cd, 09.08.’21
[14] Cf Radio Okapi, 09.08.’21
[15] Cf Bantou Kapanza Son – 7sur7.cd, 03.08.’21; Radio Okapi, 03.08.’21
[16] Cf Yassin Kombi – Actualité.cd, 06.08.’21; Radio Okapi, 06.08.’21
[17] Cf 7sur7.cd, 06.08.’21
[18] Cf Yassin Kombi – Actualité.cd, 11.08.’21
[19] Cf Yassin Kombi – Actualité.cd, 11.08.’21
[20] Cf Bantou Kapanza Son – 7sur7.cd, 12.08.’21
[21] Cf Bantou Kapanza Son – 7sur7.cd, 14.08.’21
[22] Cf Radio Okapi, 09.08.’21; Jonathan Kombi – Actualité.cd, 08.08.’21; AFP – Actualité.cd, 08.08.’21
[23] Cf Actualité.cd, 14.08.’21
[24] Cf Azarias Mokonzi – Politico.cd, 03.08.’21
[25] Cf Freddy Upar – Actualité.cd, 03.08.’21
[26] Cf Glody Murhabazi – 7sur7.cd, 03.08.’21
[27] Cf Joël Kaseso – 7sur7.cd, 04.08.’21
[28] Cf Jonathan Kombi – Actualité.cd, 11.08.’21
[29] Cf Bantou Kapanza Son – 7sur7.cd, 12.08.’21
[30] Cf Bantou Kapanza Son – 7sur7.cd, 13.08.’21
[31] Cf Radio Okapi, 06.08.’21
[32] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 07.08.’21
[33] Cf Radio Okapi, 12.08.’21
[34] Cf Patient Ligodi – RFI, 10.08.’21; Actualité.cd, 10.08.’21
[35] Cf Alphonse Muderwa – 7sur7.cd, 11.08.’21; AFP – lalibre.be/Afrique, 11.08.’21; RFI, 12.08.’21
[36] Cf Justin Mwamba – Actualité.cd, 14.08.’21
[37] Cf Fonseca Mansianga – Actualité.cd, 14.08.’21