GOVERNO SAMA LUKONDE: SE NE CONOSCONO GIÀ I MINISTRI, MA NON ANCORA IL PROGRAMMA
INDICE
1. LA PUBBLICAZIONE DELLA COMPOSIZIONE DEL GOVERNO SAMA LUKONDE
2. LA PRESENTAZIONE DEL RAPPORTO DELLA COMMISSIONE ELETTORALE IN PARLAMENTO
3. L’INIZIO DELL’OPERAZIONE DI DESIGNAZIONE DEL DELEGATO DELLE CONFESSIONI RELIGIOSE PRESSO LA COMMISSIONE ELETTORALE
4. ELEZIONI 2023: IL RISCHIO D’UN RINVIO
1. LA PUBBLICAZIONE DELLA COMPOSIZIONE DEL GOVERNO SAMA LUKONDE
Il 12 aprile, il presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, ha reso pubblica la composizione del nuovo governo. Si tratta di un esecutivo ampiamente rinnovato e politicamente abbastanza equilibrato. Essendo stato nominato il 15 febbraio, il nuovo primo ministro Jean-Michel Sama Lukonde ha impiegato quasi due mesi per formarlo e ciò in seguito a intense negoziazioni. In primo luogo, i ministeri dovevano essere distribuiti in base al peso politico dei membri della nuova maggioranza presidenziale, la Sacra Unione per la Nazione, un’ampia coalizione composta da ben 24 raggruppamenti politici. In secondo luogo, era necessario trovare nomi di consenso e assicurare una buona rappresentazione delle donne.
Il nuovo esecutivo congolese comprende 57 membri, primo ministro incluso. L’anteriore, quello del suo predecessore Sylvestre Ilunga, ne comprendeva 66. Questa nuova equipe governativa comprende 4 vice primi ministri, 9 ministri di stato, 31 ministri, 1 ministro delegato e 10 viceministri. «Rappresentatività femminile: 27%. Età media: 47 anni. Nuove entrate: 80%. Le priorità: sicurezza, sanità, istruzione, giustizia, agricoltura, pesca e allevamento, economia, processo elettorale, infrastrutture, digitale»: così il Primo Ministro Jean-Michel Sama Lukonde l’ha presentato in un messaggio via Twitter.
10 ministri del governo anteriore fanno parte anche dell’attuale. 7 sono stati confermati. Si tratta di: Jean-Lucien Bussa (Commercio estero), Pius Muabilu (Urbanistica), Julien Paluku (Industria), Augustin Kibassa (Poste, Telecomunicazioni, Nuove Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione – PTNTIC), Aimé Molendo Sakombi (Affari fondiari), Irène Esambo (persone diversamente abili) e José Mpanda (ricerca scientifica). 3 sono stati permutati, tra cui Yves Bunkulu (gioventù), Eustache Muhanzi (piccole e medie imprese) e Didier Mudimbu (idrocarburi).
Chi ha ottenuto la maggior parte dei ministeri è senza dubbio il partito di cui è membro ,il Presidente della Repubblica, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) a cui, con soli 32 deputati su 500 (6,5%), sono stati assegnati 8 ministeri su 45 (18%). Tra questi: il vice primo ministro e ministro dell’Interno, della sicurezza e del decentramento, Daniel Aselo Okito; il ministro delle finanze, Nicolas Kazadi Kadima; il ministro delle miniere, Antoinette N’Samba; il ministro dell’istruzione primaria, secondaria e tecnica, Tony Mwaba Kazadi; il ministro dell’agricoltura, Désiré M’Zinga; il ministro delle risorse idriche e dell’elettricità, Olivier Mwenze; il ministro della gioventù, Yves Bunkulu e il ministro per le relazioni con la Presidenza della Repubblica, Nana Manwanina. A questi si aggiungono: il Ministro della Difesa, Gilbert Kabanda (un generale in pensione), nominato personalmente dal Presidente Tshisekedi; il Ministro dele Poste e Nuove Tecnologie (PT-NTIC), Augustin Kibassa Maliba, membro dell’UDPS / Kibassa, e il Ministro degli idrocarburi, Didier Budimbu, membro degli alleati UDPS.
Nonostante la sua limitata rappresentazione all’Assemblea Nazionale, l’Unione per la Nazione Congolese (UNC) di Vital Kamerhe, partner di Félix Tshisekedi nella coalizione CACH, ha ottenuto 5 ministeri: il budget, con Aimé Boji; Affari fondiari, con Aimé Sakombi Molendo; Piccole e Medie Imprese, con Eustache Muhanzi, e Cultura, con Catherine Katshungu.
Nonostante la sua alta rappresentazione all’Assemblea Nazionale, l’ala del partito dell’ex Presidente Joseph Kabila che ha aderito alla Sacra Unione per la Nazione, il Partito Popolare per la Ricostruzione e lo Sviluppo (PPRD-Mosaico), ha ottenuto solo 5 ministri: Jean-Pierre Lihau, Vice Primo Ministro e Ministro del servizio pubblico; Adrien Bokele, ministro della pesca e dell’allevamento; Antoinette Kipulu, ministro della formazione professionale e tecnica; Serge Kembo, ministro dello sport e del tempo libero; e Modero Nsimba, ministro del turismo,
Tra gli altri membri del Fronte Comune per il Congo (FCC), che hanno aderito alla Sacra Unione per la Nazione, sono stati nominati altri 6 ministri: Pius Muabilu (AAA), Ministro dell’urbanistica; Julien Paluku (AAAB), Ministro dell’Industria; François Rubota (ADRP), Ministro dello sviluppo rurale; José Mpanda (ADRP), Ministro della ricerca scientifica; Gisèle Nadaya (AAB), Ministro del genere e della famiglia; Anne-Narie Karume (CCU e alleati), ministro delle relazioni con il Parlamento.
Per la coalizione di Moïse Katumbi, “Insieme”, sono stati nominati: Christophe Lutundula, Vice Primo Ministro e Ministro degli Affari Esteri; Christian Mwando, Ministro della Pianificazione; Chérubin Okende, ministro dei Trasporti; Mohindo Nzangi, ministro dell’Istruzione superiore e universitaria; Modeste Mutinga, ministro degli affari sociali e delle azioni umanitarie.
Per il partito di Jean-Pierre Bemba, il Movimento di Liberazione del Congo (MLC), Eve Bazaïba è stata nominata Vice Primo Ministro e Ministro dell’Ambiente e Jean-Jacques Mbungani Ministro della Salute.
Infine, l’Alleanza delle Forze Democratiche del Congo (AFDC) guidata dal presidente del Senato, Modeste Bahati, ha ottenuto il Ministero del portafoglio, con Adèle Kayinda, e quello dell’impiego, lavoro e assistenza sociale, con Claudine Ndusi.
Il deputato nazionale Patrick Muyaya, membro del Partito Lumumbista Unificato (PALU), membro del G13, è stato nominato Ministro delle comunicazioni e dei media e, quindi, nuovo portavoce del governo,
Il Ministero della Giustizia è stato affidato a Rose Mutombo, della Società Civile e quello dei Diritti Umani ad Albert Fabrice Puela, come personalità indipendente.[1]
Sama Lukonde aveva annunciato che avrebbe formato il suo governo sulla base della percentuale di ogni schieramento politico rappresentato all’Assemblea Nazionale e secondo il criterio di 1 ministro per 8 deputati. Conseguentemente, con 32 deputati su 500 (ovvero il 6,4%), l’UDPS avrebbe dovuto avere 4 ministri. Tuttavia ne ha ottenuti 11 su 57, vale a dire poco meno del 20%. Perché?
Su suggerimento del Presidente della Repubblica, il Primo ministro Sama Lukonde ha affidato parecchi posti ministeriali agli ex kabilisti che hanno aderito alla nuova maggioranza parlamentare della Sacra Unione per la Nazione, al fine di evitare un loro eventuale malcontento. Sarebbe stato questo il momento in cui il presidente ad interim dell’UDPS, Jean-Marc Kabund, ha alzato la posta in gioco, esigendo un maggior numero di ministeri per tale partito, considerato come la punta di diamante di quella “rivoluzione” che ha aperto la via alla Sacra Unione per la Nazione.
Si può anche constatare che due nuovi ministri provengono direttamente dal gabinetto del presidente Tshisekedi: Eberande Kolongele, ex direttore di gabinetto ad interim, ora nominato ministro del digitale e Nicolas Kazadi, finora ambasciatore itinerante del presidente, ora nominato ministro delle finanze. Inoltre, al ministero della Difesa è stato nominato un cognato della moglie del Presidente Tshisekedi, Denise Nyakeru. Si tratta di Gilbert Kabanda Kurenga, un ex generale dell’esercito ora in pensione, nato nel 1946 e arruolatosi nell’esercito nel 1973, al tempo di Mobutu.[2]
Se i principali membri della Sacra Unione sono stati quasi tutti presi in considerazione, certamente non mancheranno dei delusi che sicuramente faranno sentire la loro voce all’Assemblea Nazionale, quando si dovranno approvare i vari progetti di legge. La lealtà di alcuni parlamentari potrebbe rapidamente venir meno. Tanto più che il blocco maggioritario all’interno della Sacra Unione della Nazione rimane composto da dissidenti del Fronte Comune per il Congo (FCC), che potrebbero decidere in qualsiasi momento di cambiare casacca. Quindi, per evitare di dover gestire una maggioranza a geometria variabile, il Primo ministro ha già voluto assicurare ai potenziali futuri contestatari che alcuni di essi potrebbero servire lo Stato in altri posti e in “altri settori”. Un’infinita spartizione della torta che, ancora una volta, rischia di mettere a dura prova la vita politica e l’economia del Paese.[3]
Le sfide che attendono il nuovo esecutivo sono titaniche. Le condizioni di vita dei cittadini continuano a non migliorare. 1 abitante su 3 soffre di fame, mentre il 72% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno. Allora, cosa può fare il nuovo governo? Non molto. Le casse dello Stato sono disperatamente vuote e il margine di manovra dell’esecutivo si sta riducendo sempre più.
Secondo l’Osservatorio della Spesa Pubblica (Odep), per 80 milioni di abitanti, la RDC tenta di trovare i 7,1 miliardi di dollari, corrispondenti al suo budget ufficiale fissato per il 2021. In realtà, secondo l’Odep, “«quest’anno, la RDC non potrà ottenere i 3,5 miliardi di dollari previsti come entrate fiscali». E su questa somma, 2,5 miliardi saranno utilizzati per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici. In altre parole, poco o nulla rimarrà per migliorare la vita quotidiana della popolazione. La lotta alla corruzione dovrà quindi essere una priorità urgente per poter (finalmente) alimentare le casse dello Stato. Ma sembra molto difficile che gran parte dell’attuale classe politica riesca ad accettare questa sfida.[4]
Il nuovo governo dovrà affrontare diversi problemi, tra cui il deterioramento del tessuto socio-economico, ma soprattutto la questione dell’insicurezza che, nell’est del Paese, si è notevolmente aggravata.
Dal punto di vista socio-economico: lo stipendio degli insegnanti nel contesto della gratuità dell’insegnamento di base fa ancora problema. In diverse scuole, gli alunni sono sottoposti a lavori agricoli, per produrre e venderne i raccolti, al fine di completare lo stipendio dei loro insegnanti.
Sul mercato, i prezzi continuano ad aumentare. Un cartone di uova che costava 4.000 FC è salito a 10.000 FC. Spesso, i prezzi sono aumentati di almeno 10.000 FC. Il sacco di carbone è passato da 30.000 FC a 40.000 FC. È ciò che è successo anche per il cartone di 30 kg di pesce secco, il cartone di 9 kg di pesce salato, per il sacco di 100 kg di fagioli provenienti da Goma (Nord Kivu), per il sacco di 50 kg di riso proveniente dalla Thailandia e dalla Cina, per il sacco di 50 kg di zucchero proveniente dal Kwilu e dal Kongo centrale e per il sacco di 25 kg di semola.
Preoccupa anche il degrado delle infrastrutture stradali. Le strade nazionali e le vie rurali sono in avanzato stato di abbandono.
Nel settore sanitario, si stanno diffondendo molteplici malattie endemiche, tra cui morbillo e colera, l’epidemia di Ebola e la pandemia Covid-19 che ha già fatto 745 morti.
La sfida più grande resta l’insicurezza. L’epicentro si trova nella zona di Beni (Nord Kivu), dove sono attive le Forze Democratiche Alleate (ADF). Secondo il rapporto della CENCO, dal 2013, a Beni sono state uccise 6.000 persone, mentre in Ituri, solo nel 2020, si sono registrati 2.000 morti. Questa situazione ha causato grandi spostamenti di popolazioni, costrette ad abbandonare interi villaggi caduti nelle mani degli aggressori.
Secondo i vari rapporti pubblicati, sono più di 130 i gruppi armati presenti nelle province del Nord Kivu, del Sud Kivu e dell’Ituri. Occorrono mezzi per sconfiggerli. Ma, nel 2019, il budget riservato all’esercito è stato di soli 331 milioni di dollari, ovvero il 5,74% del budget nazionale.[5]
Il 14 aprile, due giorni dopo la pubblicazione della composizione del governo di Sama Lukonde Kyenge, 138 deputati nazionali, membri della Sacra Unione per la Nazione e in maggioranza provenienti dal Fronte Comune per il Congo (FCC), firmatari delle petizioni contro i membri dell’ex Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale guidato da Jeanine Mabunda e contro il precedente governo guidato dall’ormai ex Primo ministro Sylvestre Ilunga Ilunkamba, hanno annunciato, in un memorandum indirizzato personalmente al Capo dello Stato e autorità morale della Sacra Unione della Nazione, la propria insoddisfazione per la composizione del nuovo governo. Riuniti nel “Collettivo dei rivoluzionari”, questi deputati nazionali hanno affermato di non essere stati sufficientemente ricompensati per la lotta che hanno condotto a favore del cambiamento della maggioranza parlamentare in seno all’Assemblea nazionale. Inoltre, hanno denunciato anche la non rappresentatività di alcune province nella nuova squadra di governo.
Secondo loro, è anormale che alcune province come il Sud Kivu, il Kasaï Centrale e il Kongo Centrale abbiano ottenuto almeno sei ministri ciascuna, mentre altre, come il Nord Ubangi, l’Alto Uele e il Mai-Ndombe non ne hanno ottenuto nessuno. Essi chiedono quindi un aggiustamento del nuovo governo prima del suo insediamento alla presenza dell’Assemblea nazionale.
Intanto il Fronte Comune per il Congo (FCC), ora all’opposizione, dispone di circa 140 deputati. I 138 frustrati della Sacra Unione insieme ai 140 deputati del FCC potrebbero formare un unico blocco di 278 deputati, in grado di bloccare l’insediamento del nuovo governo, a meno che Felix Tshisekedi e il suo primo ministro non vi trovino una soluzione consensuale. Va ricordato che, per essere insediato, il governo deve ottenere almeno 251 voti favorevoli, cioè la maggioranza assoluta dei 500 deputati che compongono l’Assemblea Nazionale.[6]
2. LA PRESENTAZIONE DEL RAPPORTO DELLA COMMISSIONE ELETTORALE IN PARLAMENTO
La questione relativa all’organizzazione delle elezioni generali del prossimo 2023 è stata iscritta nel calendario delle attività dell’Assemblea Nazionale grazie soprattutto alla pubblicazione di uno degli ultimi comunicati dei vescovi membri della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO).
Nel loro messaggio del 1° marzo, i vescovi avevano chiesto al Parlamento di dare la priorità alle riforme elettorali mediante la revisione della legge elettorale e di quelle relativa all’organizzazione e funzionamento della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), al fine di garantire lo svolgimento delle elezioni entro i tempi previsti dalla costituzione (2023) ed evitare ogni pretesto per eventuali rinvii.[7]
Il 9 aprile, il presidente della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), Corneille Nangaa, ha presentato all’Assemblea nazionale il Rapporto generale del processo elettorale 2012-2020 e quello annuale 2019-2020. Egli ha colto l’occasione per sollevare la questione delle riforme elettorali. Tra i temi discussi, anche quello relativo all’organizzazione e al funzionamento della CENI.
Secondo Corneille Nangaa, i prossimi membri della commissione elettorale dovranno essere delle personalità indipendenti che non si sono mai candidati alle elezioni e che non fanno parte di alcuna formazione politica: «per essere veramente indipendenti, i membri della CENI non possono essere personalità politiche già elette, né candidati non eletti, ancora meno attivisti di primo piano che esercitano determinate attività politiche all’interno di partiti e raggruppamenti politici (articoli 10 e 12)».
Egli ha suggerito che l’indipendenza dei membri della CENI sia rafforzata mediante una loro irremovibilità legale per tutta la durata del mandato, come nel caso della Corte costituzionale. Ciò vuol dire che un membro della CENI non può essere sostituito su indicazione del partito o dell’organizzazione che l’ha designato, salvo i casi di impedimento previsti dalla legge. La sua revoca sarebbe quindi oggetto di una procedura speciale,
Corneille Nangaa ha aggiunto che, nell’ipotesi in cui si mantenesse la nomina del Presidente della CENI da parte delle confessioni religiose, Ciò dovrà essere chiaramente precisato nell’articolo 10 comma 2 della legge organica relativa alla CENI.
Egli propone inoltre che si preservi la memoria istituzionale, mediante un rinnovo parziale, periodico e rotativo dei membri, secondo la scadenza del mandato di ciascun membro.
Consapevole che una riforma generale e radicale del sistema elettorale può richiedere diversi anni, Corneille Nangaa ha affermato che «una ristrutturazione del tipo “tabula rasa” rischia di ritardare lo svolgimento delle elezioni 2023» e ha ricordato l’importanza di tenere conto dei vincoli temporali imposti dalla costituzione.
Per quanto riguarda il costo delle elezioni, egli ha dichiarato che spendere 1 miliardo di dollari per un ciclo elettorale è eccessivo. Egli ha precisato che, a differenza di altri paesi che dispongono di un registro di stato civile, «quasi la metà delle risorse stanziate per il processo elettorale congolese è destinata alla costituzione del registro elettorale (liste degli elettori)», aggiungendo: «la valutazione di questo finanziamento deve tener conto del fatto che il budget elettorale copre voci che non dovrebbero dipendere dalla CENI. È il caso della messa in sicurezza del processo elettorale (più di 120.000 agenti di polizia e di sicurezza), della riparazione di strade e ponti, del sistema di telecomunicazioni, dell’insediamento di certe strutture giuridiche e della formazione dei loro animatori».
Per quanto concerne le riforme riguardanti le elezioni di senatori e governatori, Corneille Nangaa ha sottolineato che «la modalità di voto indiretto e il numero ridotto degli elettori hanno favorito alcune pratiche sgradevoli, come la corruzione degli elettori, la violazione della segretezza di voto mediante apparati fotografici, il ricorso ad intimidazioni, ecc.», aggiungendo che, «per scoraggiare queste pratiche, non è assolutamente necessario ricorrere alla modalità del suffragio diretto, ma sarebbe sufficiente riflettere su come poter ampliare l’elettorato di questo tipo di elezioni», senza tuttavia specificare in dettaglio come ciò possa essere organizzato.
Per quanto riguarda le elezioni locali, Corneille Nangaa ha ricordato che, finora, esse non sono mai state organizzate. Tra le cause: non solo la complessità dell’organizzazione di tali elezioni, che riguardano ben 11.735 nuovi sindaci e consiglieri, 734 consigli locali, 311 consigli comunali e 32 consigli urbani, ma anche il conseguente aumento delle spese elettorali, Riguardo a ciò, egli ha proposto due opzioni possibili.
La prima opzione sarebbe quella di una moratoria per un periodo ragionevole da determinare. Ciò implicherebbe la nomina delle autorità locali da parte di un’autorità superiore da definire e la sospensione di alcune disposizioni dell’attuale legge elettorale.
La seconda opzione consisterebbe nel mantenere le elezioni amministrative locali, ma assimilando gli enti territoriali decentrati agli attuali Territori. Ciò ridurrebbe il numero dei consigli da 1.077 a 177 (145 consigli territoriali e 32 consigli urbani) e contribuirebbe a diminuire le spese e a semplificare la struttura organizzativa.[8]
Corneille Nangaa ha formulato una serie di raccomandazioni relative a:
– La non politicizzazione della CENI, essenziale per il suo buon funzionamento.
– L’estensione del voto ai cittadini congolesi residenti all’estero.
– L’enunciazione di criteri oggettivi relativi all’ineleggibilità delle persone condannate a in seguito a una sentenza definitiva.
– La soppressione della possibilità di presentarsi come candidati a più elezioni in uno stesso ciclo elettorale e l’interdizione di iscrivere, come supplenti o sostituti, dei familiari dei candidati stessi.
– L’interdizione dello sdoppiamento di partiti o raggruppamenti politici e il passaggio da un partito all’altro alla vigilia delle elezioni.
– L’eventuale istituzione di un doppio grado di giurisdizione per i contenziosi riguardanti le candidature, tenendo tuttavia conto della tempistica legata alla pubblicazione, da parte della CENI, delle liste definitive dei candidati.
– L’eventuale modifica della modalità di voto per le elezioni legislative: miglioramento della soglia legale di rappresentatività, l’adozione di un’elezione a maggioranza semplice e il conseguente adeguamento della ripartizione delle circoscrizioni elettorali.
– L’ampliamento dell’elettorato per le elezioni dei senatori e dei governatori delle province, al fine di evitare i perversi effetti della corruzione.[9]
Nell’ambito del rapporto annuale del 2019-2020, Corneille Nangaa ha affermato che, delle 105.557 macchine per votare previste, 7.352 sono andate perse e che, delle 98.205 macchine rimaste, 4.612non funzionano più. Tra le 93.593 macchine in buone condizioni, 85.378 dispongono di tutte le componenti e 8.215 sono incomplete. Tutte le macchine per votare inventariate sono attualmente immagazzinate presso le varie antenne della CENI situate nelle diverse province, tranne quelle di Kinshasa, che sono temporaneamente conservate negli hangar dell’Autorità delle Vie Aeree (RVA), presso l’aeroporto internazionale di Ndjili. Ogni macchina è costata 1.465 $. Essendone state ordinate 106.457, il costo cumulativo è stato di 176.468.116 $, compresi vari servizi correlati.
Per quanto riguarda la remunerazione degli agenti della CENI, Corneille Nangaa ha riconosciuto che gli arretrati salariali costituiscono un vero problema, a causa del ricorrente mancato pagamento degli stipendi mensili. Tuttavia, egli ha precisato che, da gennaio 2020, invece di assegnare alla CENI i fondi necessari, come si faceva in passato, la retribuzione degli agenti della CENI è stata integrata nell’ambito della catena di pagamento dei dipendenti statali e con natura prioritaria: «da gennaio 2020, l’importo stanziato per la remunerazione degli agenti della CENI, applicato come previsto dalla legge finanziaria 2020, ammonta a 2.017.589.283 FC (poco più di 1 milione di dollari) mensili ed è regolarmente sbloccato».[10]
Nel corso del dibattito che ne è seguito, il deputato nazionale Patrick Muyaya ha ricordato che molte delle difficoltà incontrate nell’organizzazione delle elezioni sono state di natura economica. Per risolverle, egli ha insistito sulla necessità di pianificare adeguatamente l’organizzazione delle elezioni: «A volte sento dire che si potrebbe sospendere le elezioni e usare i fondi risparmiati per promuovere lo sviluppo economico del Paese. Altre volte sento dire che, per ridurre le spese elettorali, si potrebbe passare ad elezioni presidenziali indirette. In realtà, le nostre difficoltà sono dovute al fatto che si concentra il budget elettorale in un solo anno, quando potrebbe essere programmato sull’intero periodo della legislatura che è di 5 anni. Un budget pluriannuale destinato alle elezioni potrebbe facilitarne il finanziamento».
Nello stesso ordine di idee, il deputato Muhindo Nzangi ha proposto che si possa riflettere su dei meccanismi che permettano d’avere delle elezioni più semplici: «È proprio necessario importare le urne dalla Cina? Non si potrebbero usare quelle stoffe che indossano le nostre donne per allestire le cabine elettorali? Si risparmierebbe denaro e tempo. D’altra parte, ne le urne, né le cabine importate dall’estero hanno potuto contribuire ad evitare gli ingenti brogli elettorali constatati». Egli ha inoltre affermato che, sulla base degli insegnamenti tratti dalle ultime elezioni, la Corte costituzionale dovrebbe limitarsi a fare delle osservazioni alla CENI, invece di proclamare i risultati definitivi delle elezioni: «Ritengo che la Corte costituzionale non debba modificare i risultati elettorali proclamati dalla CENI. La Corte costituzionale dovrebbe limitarsi a segnalare le sue osservazioni alla CENI, senza proclamare i risultati definitivi perché, in realtà, essa non è presente sul campo». Infatti, ciò si è rivelato particolarmente vero nel caso dei contenziosi elettorali delle legislative del 2018. Diversi deputati proclamati vincitori dalla CENI sono stati invalidati dalla Corte Costituzionale e poi riconvalidati, ciò che ha discreditato la Corte costituzionale presso la pubblica opinione.
Il deputato nazionale Gratien Iracan ha affermato che il rapporto presentato da Corneille Nangaa apre la strada alle varie riforme da attuare prima dello svolgimento delle prossime elezioni: «in questo rapporto, Corneille Nangaa ha suggerito delle piste di riflessione, in vista della riforma della legge elettorale e della legge relativa all’organizzazione e al funzionamento della CENI. Ci sono molte cose che devono essere cambiate. Ad esempio: le elezioni presidenziali potrebbero passare da uno a due turni, in modo che il Presidente della Repubblica sia eletto a maggioranza assoluta; le elezioni dei senatori e governatori, attualmente a suffragio indiretto e caratterizzate da molti casi di corruzione, potrebbero essere organizzate nella modalità diretta. Per quanto riguarda la presidenza della CENI, non è necessario che essa debba essere affidata sempre alle confessioni religiose. In questo caso, occorre includerlo nella legge sull’organizzazione del CENI. Per quanto riguarda l’assemblea plenaria della CENI, essa è composta da 13 membri. Devono sempre essere sostituiti tutti e 13 contemporaneamente? Quando si sostituiscono tutti e 13 insieme, si deve ricominciare tutto da zero e, in tal modo, si accumulano ritardi che potrebbero essere evitati. Per rimediarvi, si potrebbe adottare un sistema di sostituzione parziale, periodico e rotativo».[11]
Il 13 aprile, il presidente della CENI, Corneille Nangaa, si è presentato una seconda volta davanti ai deputati nazionali, per rispondere alle loro domande. Nella sua replica, egli è ritornato sulle principali riforme da attuare in vista dell’organizzazione delle prossime elezioni previste per il 2023. Egli ha fatto osservare che alcune di queste riforme avrebbero dovuto essere avviate nel 2019. Si tratta, in particolare, del caso della riforma della legge sulla CENI, che avrebbe permesso di aver già nominato i suoi nuovi membri, in sostituzione degli attuali, il cui mandato era già scaduto nel 2019. Ha anche aggiunto che questi ritardi possono essere compensati con una buona volontà, i mezzi sufficienti e una pianificazione adeguata. Sulla spinosa questione del censimento, Corneille Nangaa ha avvertito: «condizionare le elezioni al censimento generale della popolazione è molto pericoloso, in quanto le due attività non dipendono dalle stesse istituzioni e non obbediscono agli stessi ritmi di calendario». Egli ha inoltre dichiarato che, in mancanza dei fondi necessari per il suo funzionamento, dal 2019 la CENI non produce più i duplicati delle tessere elettorali.
Infine, dopo emendamenti e raccomandazioni, l’Assemblea nazionale ha approvato i due rapporti elettorali presentati da Corneille Nangaa: quello del periodo elettorale 2012-2019 e quello annuale del 2019-2020, il che apre la strada alle attese riforme elettorali.[12]
3. L’INIZIO DELL’OPERAZIONE DI DESIGNAZIONE DEL DELEGATO DELLE CONFESSIONI RELIGIOSE PRESSO LA COMMISSIONE ELETTORALE
Il 15 marzo, nel suo discorso di apertura della sessione parlamentare ordinaria di marzo, il presidente dell’Assemblea nazionale, Christophe Mboso, ha annunciato che la legge elettorale e la legge sull’organizzazione e il funzionamento della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) saranno esaminate in via prioritaria durante l’attuale sessione parlamentare di marzo. Inoltre, egli ha chiesto alle confessioni religiose di accelerare la procedura di designazione del loro delegato alla CENI: «Mi auguro che, questa volta, i responsabili delle confessioni religiose possano superare i loro ego e riescano a designare al più presto il loro delegato alla CENI».
Ciò nonostante, diverse personalità, organizzazioni della società civile e formazioni politiche preferiscono dare la priorità alla riforma della legge elettorale e della legge sull’organizzazione e il funzionamento della CENI.[13]
Il 20 marzo, i responsabili delle confessioni religiose hanno incontrato il presidente dell’Assemblea nazionale, Christophe Mboso, per discutere sulle riforme elettorali e sulla designazione del loro nuovo delegato alla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) che, secondo le disposizioni legislative, ne sarà presidente.
Le due parti si sono trovate d’accordo sulla necessità di avviare, il prima possibile, la riforma della legge elettorale e della legge sull’organizzazione e il funzionamento della CENI. Inoltre, per risparmiare tempo, le confessioni religiose hanno annunciato l’avvio della procedura di designazione del loro delegato alla CENI come suo nuovo presidente.
Al termine dell’incontro, padre Donatien Nshole, portavoce delle confessioni religiose, ha dichiarato alla stampa che i responsabili delle confessioni religiose hanno preso atto della richiesta loro avanzata dal presidente dell’Assemblea Nazionale e relativa alla designazione del loro nuovo delegato alla CENI: «Si è discusso sulla questione della designazione dei nuovi membri del Comitato di presidenza della CENI. I responsabili delle confessioni religiose hanno preso atto del discorso del presidente dell’Assemblea Nazionale in occasione dell’apertura della sessione parlamentare ordinaria di marzo. Hanno preso atto dell’impegno che il comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale si è preso, per fare delle riforme elettorali una priorità. Hanno inoltre preso atto della richiesta loro avanzata, quella di attivarsi per designare il loro delegato alla CENI. Si sono trovati d’accordo sul fatto che non è necessario aspettare la fine delle riforme per iniziare a designare i nuovi membri della CENI, ciò che contribuirà ad evitare di accumulare ritardi dannosi». Secondo il comunicato stampa della piattaforma delle confessioni religiose letto dal padre Donatien Nshole, «per motivi pratici, chiunque abbia intenzione di candidarsi come membro della CENI in nome delle confessioni religiose, deve presentare la propria candidatura presso una sola confessione religiosa di sua scelta, entro e non oltre venerdì 9 aprile 2021. Le candidature ricevute saranno esaminate dall’insieme delle confessioni religiose in una loro seduta plenaria. Quelle che saranno approvate, saranno comunicate all’Assemblea nazionale in modo consensuale».
Sempre secondo il comunicato, ogni confessione religiosa dovrà presentare all’assemblea plenaria delle confessioni religiose, previa preselezione, un massimo di 3 candidature. La preselezione sarà effettuata a livello di ciascuna denominazione religiosa e sulla base dei seguenti criteri: competenza in materia elettorale, esperienza, integrità morale, credibilità, coraggio, personalità, indipendenza dai politici, ecc.[14]
Va ricordato che, in giugno 2020, le confessioni religiose avevano dovuto sospendere la procedura di designazione del loro candidato comune come membro della Commissione elettorale, perché la Chiesa cattolica e la Chiesa di Cristo in Congo avevano ritenuto che l’elezione di Ronsard Malonda fosse avvenuta in modo “fraudolento”.
Tuttavia, l’Assemblea nazionale sotto la direzione di Jeanine Mabunda aveva, nello stesso mese, confermato Ronsard Malonda, già membro dell’equipe di Corneille Nangaa, come presidente della CENI, ciò che aveva suscitato indignazione all’interno dell’intera classe politica. In seguito a ciò, il presidente della Repubblica, attraverso una comunicazione fatta nel mese di luglio, aveva rifiutato di nominare Ronsard Malonda come nuovo presidente della CENI.[15]
Il 21 marzo, il presidente dell’Associazione Africana per i Diritti Umani (Asadho), Jean-Claude Katende, ha affermato che le denominazioni religiose stanno agendo troppo in fretta. Secondo lui, per il momento, la cosa più importante è quella di stabilire le regole del gioco per le prossime elezioni. A questo proposito, egli ha dichiarato; «Mi sorprende questa voglia di correre. Tutti infatti chiedono che dapprima si facciano le riforme elettorali, per poi poter designare i nuovi membri della CENI secondo i criteri esposti nelle nuove leggi aggiornate. Non si capisce quale sia il senso di questa fretta nel voler designare il nuovo presidente della CENI secondo le vecchie leggi che hanno causato molti problemi. Da parte nostra, non siamo d’accordo con ciò che i responsabili delle confessioni religiose hanno annunciato e chiediamo loro che tengano conto della volontà della maggior parte della classe politica e della popolazione che, già dall’anno scorso, si era opposta a questo tipo di procedura».[16]
Il 22 marzo, in un comunicato stampa, il movimento civico Impegno per il Cambiamento (ECCHA-RDC) ha chiesto alle confessioni religiose di sospendere la procedura relativa alla designazione – candidatura del loro delegato alla commissione elettorale e di aspettare che il Parlamento faccia dapprima le riforme elettorali necessarie, tra cui la revisione della legge elettorale, della legge sull’organizzazione e il funzionamento della CENI e di alcuni articoli della Costituzione. Inoltre, ECCHA-RDC ha sottolineato che, nelle elezioni del 2006, 2011 e 2018, sono stati constatati molti casi di irregolarità, brogli elettorali, corruzione, violenze e gravi violazioni dei diritti umani. Per questo, ECCHA-RDC ha chiesto all’Assemblea nazionale di prendere in considerazione i vari rapporti già inoltrati da tempo dal presidente uscente della CENI, Corneille Nangaa, ma non ancora esaminati.[17]
Il 24 marzo, in un comunicato stampa firmato, tra altri, da Delly Sesanga, Jacques Ndjoli, Claudel Lubaya e Patrick Muyaya, il Gruppo delle 13 personalità politiche e sociali (G13) firmatarie dell’appello dell’11 luglio 2020 per un consenso sulle riforme elettorali, ha denunciato l’eccessiva “precipitazione” dei responsabili delle confessioni religiose sulla questione della designazione del loro delegato alla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Il G13 ha affermato che questa “precipitazione” rischia di distruggere quel consenso già raggiunto dalle varie forze politiche e sociali, secondo cui le riforme elettorali, tra cui la revisione della legge elettorale, della legge sull’organizzazione e il funzionamento della CENI e di alcuni articoli della Costituzione, devono precedere la designazione dei nuovi membri della CENI, al fine di evitare il caos e assicurare che le elezioni del 2023 siano veramente trasparenti, democratiche, credibili e pacifiche.
Secondo il comunicato stampa, «il G13 chiede al Comitato di presidenza dell’Assemblea Nazionale di iscrivere con priorità, nell’ordine del giorno della sessione parlamentare in corso, il dibattito sulla revisione della Legge sull’organizzazione e il funzionamento della CENI e di approvarla il prima possibile, preferibilmente entro la fine di aprile, ciò che permetterebbe di nominare il nuovo comitato direttivo della CENI entro la fine di maggio 2021».[18]
Il 22 marzo, l’avvocato Sylvain Lumu Mbaya, direttore dell’Istituto Alternative Civiche per la Governabilità Democratica, ha annunciato la sua candidatura alla presidenza della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Egli ha affermato di aver presentato il suo dossier al Segretariato per il trattamento delle candidature della Comunità Islamica nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). Sylvain Lumu Mbaya ha più di 10 anni di esperienza nell’assistenza elettorale e nell’osservazione elettorale nazionale e internazionale. È anche un esperto nel campo delle operazioni di controllo dei registri elettorali in Africa (Camerun, Senegal, RDC) e nella valutazione delle esigenze elettorali negli Stati francofoni.[19]
Il 24 marzo, in un comunicato stampa, un’ala della Comunità Islamica della RDCongo (COMICO), quella dell’Imam Abdoul Ngoma, ha dichiarato di non riconoscere come valida la candidatura presentata il 22 marzo da Sylvain Lumu Mbaya: «Le autorità legittime e legali della COMICO, riunite presso la loro sede nazionale, hanno appreso con sorpresa e attraverso i mezzi di comunicazione, come ogni altro Congolese, che l’avvocato Sylvain Lumu ha annunciato di aver presentato la sua candidatura a membro della CENI. Esse precisano che tale candidatura è stata presentata presso una persona non altrimenti identificata e situata ad un indirizzo sconosciuto. Per questo, le autorità legali e legittime della COMICO smentiscono formalmente di aver accettato la candidatura del suddetto che, peraltro, è consigliere dell’ex rappresentante legale della COMICO, Sheikh Abdallah Mangala e consulente dell’onorevole presidente dell’Assemblea Nazionale». L’ala dell’Imam Abdoul Ngoma ha aggiunto che chiunque desideri presentare la sua candidatura come membro della CENI, per conto delle confessioni religiose e tramite la Comunità Islamica, deve presentarla presso la sede islamica nazionale situata in via Huileries e che ogni altra candidatura inoltrata in modalità diversa sarà considerata nulla.[20]
Il 6 aprile, Cyrille Ebotoko ha presentato il suo dossier in vista della sua candidatura alla presidenza della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Responsabile della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) dal 2011, Cyrille Ebotoko è considerato come il principale esperto della CENCO in materia elettorale. Dal 2015 al 2019, egli aveva già gestito il progetto di osservazione elettorale promosso dalla CENCO e finanziato da Usa, Gran Bretagna, Belgio, Svizzera, Paesi Bassi, Svezia, Canada e Francia.[21]
Il 13 aprile, il presidente della Sinergia delle Missioni di Osservazione Civica delle Elezioni (SYMOCEL), mons. Abraham Djamba, ha condizionato il trattamento delle candidature per la presidenza della CENI alla riforma della legge elettorale e di quella relativa all’organizzazione e al funzionamento del CENI. Ha quindi esortato le confessioni religiose a non approvare le varie candidature pervenute, fino a quando le riforme elettorali non siano state effettuate.[22]
4. ELEZIONI 2023: IL RISCHIO D’UN RINVIO
La questione relativa all’organizzazione delle elezioni generali del prossimo 2023 continua a suscitare reazioni e polemiche all’interno della classe socio-politica congolese.
Il 7 marzo, il segretario generale del partito presidenziale, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Augustin Kabuya, ha affermato che il suo partito è pronto per andare alle elezioni nel 2023, ma a condizione che si organizzi dapprima il censimento della popolazione, per sapere chi è congolese e chi non lo è. Secondo vari osservatori, la condizione posta dall’UDPS rischierebbe di provocare un rinvio delle prossime elezioni previste costituzionalmente alla fine del 2023. Occorre ricordare che, in settembre 2020, il direttore generale dell’Ufficio Nazionale d’Identificazione della Popolazione (ONIP), Richard Ilunga, aveva dichiarato che il censimento generale della popolazione sarebbe costato 350 milioni di dollari e che sarebbe durato 2 anni. Se iniziata subito, l’operazione avrebbe potuto terminare in dicembre 2022, un anno prima delle elezioni.[23]
L’11 marzo, in una conferenza stampa a Kinshasa, il presidente del comitato direttivo dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Victor Wakwenda, ha dichiarato che il suddetto comitato ha chiesto al gruppo parlamentare del partito di «avviare una procedura che possa permettere di legalizzare il mandato dell’attuale Capo dello Stato, Félix Tshisekedi, a partire dall’insediamento del governo di Sama Lukonde». Victor Wakwenda ha affermato che i primi due anni di presidenza di Felix Tshisekedi dovrebbero essere considerati come un periodo intermedio caratterizzato dalla Coalizione FCC-CACH e che, quindi, non dovrebbero essere messi sul conto del Presidente della Repubblica: «I due anni che si sono fatti perdere a Felix Tshisekedi (…) andrebbero addebitati al periodo del precedente Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, che andrebbe dal 2016 alla fine del 2021, quando si è concluso». Secondo gli stessi osservatori, questo sarebbe un secondo elemento che potrebbe essere alla base delle prossime elezioni.[24]
Da parte sua, il presidente ad interim del partito presidenziale, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Jean-Marc Kabund, ha insistito sulle obbligazioni e ambizioni politiche del partito: «La nostra visione politica che si è cristallizzata nella mitica frase “Dapprima il popolo” non si concretizzerà in cinque o dieci anni, ma è un progetto politico ambizioso a lungo termine. Il partito ha quindi l’obbligo di mantenere il potere, in modo democratico, il più a lungo possibile». Tuttavia, di fronte alle molte pressioni provenienti da ogni parte e volte a impedire un eventuale rinvio delle elezioni oltre il 2023, egli ha aggiunto: «L’UDPS non ha bisogno di rimanere al potere per sempre. La popolazione non può attribuirci questa intenzione. Anche il nostro partito è favorevole all’organizzazione delle elezioni nel 2023, anche se è pronto a cedere di fronte ai problemi e alle realtà politiche e sanitarie del momento». Infine, Jean-Marc Kabund ha fatto riferimento all’organo tecnico organizzatore delle elezioni, a cui attribuisce ogni responsabilità legale: «È solo la CENI che è autorizzata a dirci se tecnicamente e materialmente le elezioni possono o meno aver luogo entro i tempi costituzionali».[25]
[1] Cf Christophe Rigaud – afrikarabia.com, 13.04.’21; AFP – Lemonde.fr, 13.04.’21; Sonia Rolley – RFI, 12 et 13.04.’21
[2] Cf Marie-France Cros – Lalibre.be/Afrique, 13.04.’21
[3] Cf Christophe Rigaud – afrikarabia.com, 13.04.’21
[4] Cf Christophe Rigaud – afrikarabia.com, 13.04.’21
[5] Cf Actualité.cd, 13.04.’21
[6] Cf David Mwania – Grandjournalcd.net, 14.04.’21 ; Moïse Dix – Grandjournalcd.net, 15.04.’21
[7] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 08.03.’21
[8] Cf Actualité.cd, 09.04.’21
[9] Cf Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 09.04.’21
[10] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 09.04.’21
[11] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 11 et 12.04.’21; Berith Yakitenge – Actualité.cd, 12.04.’21
[12] Cf Actualité.cd, 13,04.’21
[13] Clément Muamba – Actualité.cd, 20.03.’21
[14] Cf Japhet Toko – Actualité.cd, 20.03.’21 ; Roberto Tshahe – 7sur7.cd. 20.03.’21
[15] Cf Prince Mayiro – 7sur7.cd, 22.03,’21
[16] Cf RFI, 21.03.’21
[17] Cf Christel Insiwe – 7sur7.cd, 22.03.’21
[18] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 25.03.’21
[19] Cf Actualité.cd, 22.03.’21
[20] Cf Fonseca Mansianga – Actualité.cd, 26.03.’21
[21] Cf Actualité.cd, 06.04.’21
[22] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 13.04.’21
[23] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 08.03.’21
[24] Cf Radio Okapi, 11.03.’21
[25] Cf Politico.cd, 15.03.’21