DOPO LA DESTITUZIONE DEL COMITATO DI PRESIDENZA DELL’ASSEMBLEA NAZIONALE
INDICE
1. LE PRIME ADESIONI ALLA SACRA UNIONE DELLA NAZIONE. FRA CUI VARIE PROVENIENTI DALL’FCC
2. IL CROLLO DEL FRONTE COMUNE PER IL CONGO (FCC)
a. Malumori, dissensi e critiche
b. Creazione di un comitato di crisi
3. VERSO UN’ALTRA MAGGIORANZA PLETORICA?
4. LA MESSA IN QUESTIONE DELL’ATTUALE GOVERNO
1. LE PRIME ADESIONI ALLA SACRA UNIONE DELLA NAZIONE, FRA CUI VARIE PROVENIENTI DALL’FCC
Dopo la destituzione di tutti i membri del Comitato di presidenza dell’Assemblea Nazionale, si sono constatate diverse adesioni all’a Sacra Unione proposta dal Presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi.
Il 12 dicembre, il Blocco Unito per la Rinascita e l’Emergenza del Congo (BUREC), partito dell’attuale ministro dell’Industria Julien Paluku e membro del Fronte Comune per il Congo (FCC), ha aderito alla Sacra Unione per la Nazione proposta dal presidente Félix Tshisekedi. Il BUREC dispone di 10 deputati nazionali, tra cui il vice questore dell’Assemblea nazionale, 18 deputati provinciali e 1 senatore.
Il 13 dicembre, i Repubblicani di Kengo wa Dondo, ex presidente del Senato, sono passati allo schieramento Tshisekedista.
Il 14 dicembre, il raggruppamento politico Alleanza dei Democratici per il Rinnovamento e il Progresso (ADRP), membro dell’FCC, ha incaricato il suo segretario François Rubota di prendere formalmente contatto con i promotori della Sacra Unione. L’ADRP dispone di 23 deputati nazionali, 1 senatore, 2 ministri nel governo di Ilunkamba, 24 deputati provinciali, 1 presidente di un’Assemblea provinciale, 1 governatore e 2 vice governatori.
Il raggruppamento politico Alleanza delle Forze Democratiche del Congo e Alleati (AFDC-A), del senatore Modeste Bahati Lukwebo, aveva espresso la sua adesione già da qualche tempo.
L’AFDC-A dispone di 41 deputati nazionali, 13 senatori e 70 deputati provinciali.[1]
Il 14 dicembre, in una dichiarazione resa pubblica a Goma, 30 dei 48 deputati provinciali del Nord Kivu hanno affermato di appoggiare il Presidente Tshisekedi, nel suo tentativo di instaurare una nuova dinamica di governo attraverso la formazione di una Sacra Unione per la Nazione. Essi sperano che questa iniziativa politica possa porre fine al problema dell’insicurezza e dei continui massacri. Contro ogni aspettativa, una decina di essi,tra cui il presidente dell’Assemblea provinciale, Robert Seninga, sono membri del Fronte Comune per il Congo (FCC) di Joseph Kabila.[2]
Il 21 dicembre, in una corrispondenza indirizzata a Joseph Kabila, il ministro del Commercio estero, Jean-Lucien Bussa, gli ha annunciato la sua uscita dal Fronte Comune per il Congo (FCC).
A sostegno della sua decisione, appoggiata dal suo partito politico, la Coalizione dei Democratici (CODE), Jean-Lucien Bussa ha affermato di aver sempre chiesto l’attuazione di alcune riforme “essenziali” per la vita politica del paese. Tra queste: “il ritorno alle elezioni presidenziali a due turni, l’abolizione della soglia di eleggibilità imposta ai partiti politici, il ritorno al pagamento della cauzione elettorale per lista e accessibile a tutti i congolesi, secondo criteri di uguaglianza e di pari opportunità, l’irrevocabilità della nazionalità congolese di origine, il cambiamento delle modalità di nomina dei governatori provinciali e la revisione della legge sull’organizzazione e il funzionamento della Commissione elettorale. Jean-Lucien Bussa ha affermato che, benché l’FCC non abbia preso parte alle consultazioni intraprese dal Capo dello Stato Félix Tshisekedi, le conclusioni di questa iniziativa hanno evidenziato una convergenza di pareri tra il discorso del Presidente della Repubblica e le aspirazioni di CODE a proposito delle riforme citate. Di conseguenza, egli ha quindi deciso di «esercitare la propria libertà di impegno e di azione politica per lavorare, in tutta responsabilità, per il buon esito delle riforme citate, nell’interesse superiore del popolo congolese».[3]
Alcuni governatori membri del Fronte Comune per il Congo (FCC) hanno aderito alla Sacra Unione proposta dal Capo dello Stato Félix Tshisekedi. Dopo Carly Kasivita, governatore del Nord Kivu e Auguy Musafiri, governatore del Maniema, anche Sylvain Lubamba Mayombo, governatore della del Lomami e membro del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), ha dichiarato di aderire al progetto che il Presidente della Repubblica propone per il benessere della popolazione. Secondo il Governatore Lubamba, la Sacra Unione non è un partito politico, ma una modalità per mettersi al servizio del popolo per lo sviluppo del Paese. Egli ha quindi deciso di aderirvi, nella convinzione che la logica della Sacra Unione possa servire allo sviluppo anche della sua Provincia di appartenenza.[4]
Il 23 dicembre, ventisette deputati provinciali sui quarantotto che compongono l’Assemblea provinciale del Kwilu, hanno aderito alla sacra Unione Sacra della Nazione. In un comunicato stampa, essi hanno affermato di voler appoggiare l’iniziativa del Capo dello Stato, per instaurare un clima di pace e favorire lo sviluppo economico della loro provincia del Kwilu.[5]
Il 26 dicembre, a Kinshasa, il Capo dello Stato Félix Tshisekedi ha ricevuto il leader di Insieme per la Repubblica, Moise Katumbi Chapwe e quello del Movimento de Liberazione del Congo (MLC) , Jean-Pierre Bemba Gombo, che si erano già detti favorevoli alla Sacra Unione della Nazione.
Il Presidente della Repubblica ha ricevuto anche varie decine di deputati venuti a confermargli il loro impegno per la Sacra Unione della Nazione. Tra loro: dei deputati membri dell’Alleanza dei Democratici per il Rinnovamento e il Progresso (ADRP), dell’Azione Alternativa per il Benessere e il Cambiamento (AAB), della Coalizione dei Democratici (Code) di Jean- Lucien Bussa.
Il Presidente Félix Tshisekedi ha ricevuto anche una ventina di deputati e senatori membri del Fronte Comune per il Congo (FCC) ma che hanno aderito alla Sacra Unione della Nazione. In tutti questi incontri si è discusso su una nuova configurazione della maggioranza presidenziale, ma anche e soprattutto di quella che potrebbe essere la nuova maggioranza parlamentare all’interno dell’Assemblea Nazionale.[6]
Il 27 dicembre, in un comunicato, il governatore del Sud-Ubangi, Jean-Claude Mabenze, ha annunciato di aver aderito, con il suo governo provinciale, alla Sacra Unione della Nazione.
Jean-Claude Mabenze ha affermato di essersi conformato alla decisione del suo raggruppamento politico, la Coalizione dei Democratici (CODE), che aveva già deciso di aderire alla Sacra Unione della Nazione proposta dal presidente Félix Tshisekedi. Il governatore del Sud Kivu, Theo Nguabidje Kasi, ex membro dell’FCC, vi aveva già aderito ufficialmente la settimana precedente.[7]
Il 28 dicembre, in una loro dichiarazione, 22 deputati provinciali di Kinshasa, su un totale di 48, hanno annunciato la loro adesione alla Sacra Unione della Nazione. Gli altri 26 deputati provinciali sono rimasti fedeli all’FCC, la piattaforma politica dell’ex presidente Joseph Kabila.[8]
2. IL CROLLO DEL FRONTE COMUNE PER IL CONGO (FCC)
a. Malumori, dissensi e critiche
Un membro della lega giovanile del Partito popolare per la ricostruzione e la democrazia (PPRD), Me Geoffrey Mutombo, ha iniziato una petizione contro Emmanuel Ramazani Shadary, segretario permanente del PPRD, per “notoria incompetenza”. Egli lo ha accusato di:
– Non aver salvaguardato l’unità del partito e di non essere riuscito a conservare il potere in tutte le sue dimensioni politiche;
– Non avere preso alcuna iniziativa, per favorire il rinnovamento del partito;
– Non aver preso alcuna disposizione per evitare la destituzione della presidente dell’Assemblea nazionale, Jeanine Mabunda;
– Non aver preservato il dialogo democratico, privilegiando il pensiero unico;
– Rifiutare sistematicamente di coinvolgere i giovani nel processo decisionale;
– Aver favorito il clientelismo e una gestione non trasparente delle quote associative.
Infine, nella sua petizione, Geoffrey Mutombo chiede “un congresso straordinario del partito, in vista della destituzione dell’equipe di Shadary e dell’elezione di nuovi leader”.[9]
Il 12 dicembre, un gruppo di sei senatori del Fronte Comune per il Congo (FCC) ha trasmesso un memorandum alla loro autorità morale, Joseph Kabila. Essi vi denunciano una gestione calamitosa e caotica da parte dell’attuale equipe di coordinamento, in particolare:
– concentrazione di tutte le decisioni nelle mani di un gruppo ristretto di persone, per un loro vantaggio personale e a scapito dell’interesse comunitario;
– assegnazione dei posti importanti a familiari, amici e parenti, a scapito dei veri militanti;
– trattamento degli altri membri dell’FCC come vassalli;
– selezione arbitraria dei membri che possono partecipare alle riunioni, per impedire la partecipazione di altri membri che potrebbero avere idee opposte;
– Favoritismo, autoritarismo, nepotismo, clientelismo, mancanza di trasparenza;
– mancanza di strategie politiche che corrispondano alle aspettative e alle aspirazioni della popolazione congolese;
– conflitti di leadership, che provocano dissidenze interne.
Pertanto, essi raccomandano:
+ le dimissioni di tutto il comitato di coordinamento dell’FCC;
+ la convocazione della conferenza dei presidenti dei vari partiti membri, con la partecipazione di altre personalità politiche, tra cui i parlamentari, per fare un’autocritica, valutare la gestione dell’attuale coordinamento e trarne le conseguenze;
+ le elezioni di un nuovo comitato di coordinamento dell’FCC.
Come i senatori, anche diversi dirigenti del partito di Kabila chiedono le dimissioni della leadership sia del PPRD che dell’FCC, in modo particolare di Emmanuel Ramazani Shadary, attuale segretario permanente del PPRD, e di Nehemiah Mwilanya, attuale coordinatore dell’FCC.[10]
Il 19 dicembre, in una dichiarazione politica, l’Alleanza dei Nazionalisti per la Democrazia e l’Emergenza del Congo (ANADEC), di Aggé Matembo, ha constatato con profonda amarezza l’esistenza di «un clima di smobilitazione all’interno dell’FCC, dovuto al tradimento, alla corruzione e all’ipocrisia politica di alcuni colleghi, perché questa piattaforma politica è stata presa in ostaggio da un gruppo di dirigenti che, dopo la sconfitta nelle elezioni di dicembre 2018, non sono riusciti a garantirne la coesione e l’unità». L’ANADEC ha denunciato in modo particolare il comportamento di alcune personalità dell’FCC, tra cui Néhémie Mwilanya, Aubin Minaku, Emmanuel Shadary, Evariste Boshab e Adolphe Lumanu, accusati di incompetenza nell’ambito della gestione della coordinazione dell’FCC: «Navigano controcorrente conducendo la barca FCC verso un terribile naufragio, ma a beneficio dei loro interessi egoistici. La loro gestione è fondata sul nepotismo, il clientelismo, la corruzione e l’assenza di un vero dialogo tra i vari gruppi politici».
L’ANADEC ha ribadito «la propria fedeltà e lealtà a Joseph Kabila, “escludendo però dalla sfera decisionale della FCC le 5 personalità citate, relegate nei loro rispettivi partiti politici e impedite di agire in nome dell’FCC, poiché ormai prive di responsabilità».
Infine, l’ANADEC ha annunciato «l’inizio di una nuova corrente politica denominata FCC -Progressista, una corrente politica che vuole dare una nuova speranza ai delusi e agli scoraggiati, conservando la maggioranza politica».[11]
Il 20 dicembre, il presidente del partito laburista (PT), Steve Mbikayi, ha affermato che nell’FCC «c’è un gruppo di dirigenti che hanno fallito nella loro missione e che ci hanno portato alla rovina.
Li destituiremo dalle loro funzioni e istituiremo un nuovo coordinamento temporaneo. E quando la crisi sarà finita, faremo rapporto alla nostra autorità morale, affinché possa designare un coordinamento definitivo». La missione principale di questo nuovo coordinamento sarebbe quella di riconciliare Tshisekedi e Kabila, ciò che permetterebbe il ritorno all’interno dell’FCC di tutti quelli che se ne erano andati, a causa della cattiva gestione da parte del vecchio coordinamento. Per quanto riguarda la Sacra Unione proposta da Felix Tshisekedi, il presidente del PT esclude la possibilità di aderirvi e critica “l’opportunismo e il vagabondaggio” di quelli che vi hanno aderito senza conoscerne lo statuto.[12]
Il 24 dicembre, la conferenza dei presidenti del raggruppamento politico Alleanza dei Democratici per il Rinnovamento e il Progresso (ADRP), membro del Fronte Comune per il Congo (FCC), ha ritirato la sua fiducia in François Rubota Masumboku, presidente del raggruppamento, accusandolo di affermare che l’ADRP ha già aderito alla Sacra Unione, sebbene avesse ricevuto solo un mandato di consultazione. Secondo una dichiarazione politica dell’ADRP, letta da Marcel Ilunga Leu, «il comunicato stampa del 13 dicembre 2020 che dà mandato di consultazione a François Rubota Masumbuko per contattare la Sacra Unione non costituisce un atto di adesione dell’ADRP alla Sacra Unione, come egli oggi afferma. Noi membri della plenaria dei partiti politici membri dell’ADRP, unico organismo autorizzato ad agire in nome del raggruppamento, ritiriamo la nostra fiducia in François Rubota Masumboko … L’ADRP è e resta un raggruppamento del Fronte Comune per il Congo (FCC) e ribadisce la sua lealtà alla sua autorità morale, Joseph Kabila Kabange».
Nello stesso tempo, il segretario generale del Movimento Sociale per il Rinnovamento (MSR) e presidente dell’ADRP, François Rubota, ha annunciato il suo sostegno alla Sacra Unione del presidente Félix Tshisekedi.
Composto da 17 partiti politici, tra cui Congo Espoir, UCP, APDD, M17 / Mpaka, MSR, FPDD, PSD, UPPF, PARECO, ecc., l’ADRP dispone di 23 deputati nazionali, 1 senatore, 2 ministri, 24 deputati provinciali, 1 presidente di Assemblea provinciale, 1 governatore e 2 vice-governatori.[13]
b. Creazione di un comitato di crisi
Il comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale è stato contro ogni previsione destituito. Il Presidente della Repubblica ha annunciato che presto nominerà un informatore, per identificare una nuova maggioranza parlamentare. All’interno dello stesso FCC stanno emergendo nuove correnti, tra cui l’FCC progressista. La leadership di Néhémie Mwilanya è contestata. Sul conto di Kabila si possono ricordare anche altre sconfitte precedenti: la nomina di tre giudici alla Corte costituzionale, il rigetto delle leggi Minaku-Sakata sulla riforma della giustizia, le dimissioni di Célestin Tunda dal governo, il caso Ronsard Malonda archiviato dal presidente della Repubblica, ecc. Resta da vedere per quanto tempo Kabila continuerà a indietreggiare.[14]
Il Fronte Comune per il Congo (FCC) sta cercando un modo per affrontare la crisi politica che si è creata al suo interno e che, dopo la destituzione del comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale si è accentuata con l’abbandono di molti suoi membri.
Per questo, a metà dicembre, l’ex presidente della repubblica Joseph Kabila e autorità morale dell’FCC, ha istituito una commissione di crisi che, secondo alcune fonti, dovrebbe garantire l’interim dell’attuale comitato di coordinamento. La commissione è composta da 12 persone, tra cui quattro membri di un comitato direttivo: l’ex ministro degli Affari esteri Raymond Tshibanda (presidente), Didi Manara, (vicepresidente), Liliane Mpande (relatore) e Marie-Ange Mushobekwa (Questore). Gli altri otto membri sono: Félix Kabange, Didace Pembe, Elysée Minembwe, François Nzekuye, Fidèle Likinda, Patrick Bologna, Jean Ilongo Tokole e Didier Manzenge. Dietro anonimato, un membro della suddetta commissione ha dichiarato che, «nominata personalmente da Joseph Kabila, questa commissione di crisi dovrebbe garantire l’interim del comitato di coordinamento dell’FCC fino alla prossima nomina di un comitato definitivo di coordinamento, dopo previa consultazione dei vari capi dei partiti politici membri dell’FCC». Il 21 dicembre, una piccola delegazione della suddetta commissione si è recata a Lubumbashi dove attualmente si trova Joseph Kabila, per informarlo sulle consultazioni effettuate con i deputati nazionali membri dell’FCC.[15]
Il 23 dicembre, Raymond Tshibanda, Marie-Ange Mushobekwa, Félix Kabange Numbi e alcuni altri membri della commissione di crisi hanno incontrato Joseph Kabila nella sua residenza privata di Kashamata, a Lubumbashi, per presentargli i risultati del loro lavoro di consultazione dei deputati nazionali membri dell’FCC. La missione della commissione di crisi è quella di diagnosticare le cause della crisi all’interno dell’FCC, formulare proposte per uscirne e organizzare delle strategie che possano permettere di mantenere la supremazia sulle assemblee e governatorati provinciali. Secondo uno dei suoi membri, la coalizione pro-Kabila spera, evidentemente, di poter riconquistare la presidenza dell’Assemblea Nazionale in occasione di una votazione prevista nel corso di una sessione parlamentare straordinaria programmata per il prossimo mese di gennaio. All’ordine del giorno di tale sessione: l’elezione e l’insediamento del nuovo comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale e il voto su una probabile mozione di sfiducia nei confronti del Primo Ministro. Da parte sua, Raymond Tshibanda ha affermato che l’unità di crisi istituita da Joseph Kabila all’interno dell’FCC non sostituisce l’attuale comitato di coordinamento presieduto da Mwilanya.[16]
Il 24 dicembre, l’Alleanza dei Costruttori di un Congo Emergente (ABCE) ha accolto con favore la creazione, da parte di Joseph Kabila, di un comitato di crisi per valutare l’attuale situazione del Fronte Comune per il Congo (FCC). In una sua dichiarazione politica, questo raggruppamento di partiti guidato da Athanase Matenda ha approfittato di questa occasione per ribadire la sua lealtà all’ex Capo dello Stato e confermare la sua appartenenza all’FCC.[17]
2. VERSO UN’ALTRA MAGGIORANZA PLETORICA?
Il 13 dicembre, il deputato nazionale Guy Mafuta Kabongo, eletto nella lista del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), ha affermato che la riconfigurazione della maggioranza all’interno del parlamento non viola le disposizioni del Regolamenti interno dell’Assemblea Nazionale: «Il Regolamento interno dell’Assemblea Nazionale prevede la possibilità di una riconfigurazione della maggioranza parlamentare anche durante il mandato. Questo regolamento, Conformemente all’articolo 101 della Costituzione, l’articolo 54 comma 5 del Regolamento interno permette al deputato, quando la sua visione e le sue convinzioni non corrispondono più a quelle sostenute dal suo raggruppamento politico, di dissociarsi da esso, ritirandosi dal suo gruppo parlamentare e registrandosi come non iscritto, pur rimanendo membro effettivo del suo partito o gruppo politico che lo ha portato all’emiciclo … I risultati del voto che ha portato alla destituzione del comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale hanno chiaramente dimostrato che quasi un centinaio di deputati non hanno rispettato gli orientamenti dati dal loro gruppo politico. È una dinamica che, una volta consolidata, si fonderebbe su questa disposizione del Regolamento interno e, per quanto riguarda la creazione della Sacra Unione, non violerebbe in alcun modo la Costituzione» . Il deputato Guy Mafuta è uno dei firmatari della petizione per la destituzione del Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale.[18]
Il risultato del voto dei deputati, il 10 dicembre, sulla mozione di sfiducia nei confronti del Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale è stato percepito come un cataclisma politico.
Questo evento, infatti, indica una riconfigurazione della maggioranza parlamentare ed è, quindi, una buona notizia per il presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi Tshilombo, che sta cercando il modo più confacente per portare avanti la sua politica di governo.
Tuttavia, dopo l’euforia di questa vittoria politica, è necessario interrogarsi sulle vere ragioni di questa inversione di tendenza all’interno dell’Assemblea Nazionale: sono davvero politiche o puramente circostanziali? Solo il tempo lo dirà. Infatti , non si dice che, se le premesse sono false, il risultato sarà disastroso?
Il caso Mabunda. Ella non è riuscita a consolidare la sua posizione di presidente dell’Assemblea nazionale e le proteste contro la sua persona e la sua gestione, anche all’interno del suo campo politico, risalgono a molto tempo prima. In discussione: numerose accuse di abuso di potere, gestione opaca delle finanze e, soprattutto, peccato cardinale: la revisione al ribasso degli stipendi parlamentari da 11.000 a 4.000 dollari e, ciliegina sulla torta, gli arretrati di stipendi ancora dovuti. Su questa base, si può sinceramente parlare di consapevolezza tra i parlamentari o semplicemente di un voto sanzionatorio contro la presidente Mabunda per ragioni ben precise? Dopo la sua caduta, le lingue cominciano a sciogliersi. Alcuni deputati ammettono di aver ricevuto una media di 7.000 $, in cambio del loro voto (il doppio del loro stipendio mensile), 15.000 $ per i più influenti. La RDC rimane un paese completamente afflitto dalla corruzione. Tutti entrano in politica per ottenere lo status di milionari. Questa corruzione morale può essere il segno evidente di un parlamento “nominato” e non “eletto”, tanto più che i risultati elettorali del 2018 non sono mai stati pubblicati dalla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (Ceni) che, peraltro, non gode affatto della fiducia del popolo. È quindi perfettamente comprensibile che i deputati si siano spaventati della minaccia di scioglimento dell’Assemblea nazionale perché, in caso di elezioni anticipate e trasparenti, molti di loro non saranno rieletti.
La coalizione FCC. I circa 80 deputati che hanno fatto la differenza, in occasione del voto di sfiducia nei confronti del Comitato di presidenza presieduto da Jeanine Mabunda, hanno comunque compiuto un atto che merita di essere sottolineato: hanno posto fine al “caporalato” esistente all’interno della coalizione FCC e hanno recuperato la loro dignità. Il vero contratto sociale è quello stretto con la popolazione e non con individui.
La Sacra Unione. Questa iniziativa non è nuova e, secondo esperienze passate, essa si era conclusa con un fallimento. Il suo futuro sembra piuttosto incerto. Infatti, è molto difficile credere a un cambiamento nel comportamento del politico congolese, noto per la sua versatilità. Come credere alla sincerità di un individuo che, partendo dal nulla, è stato kabilista per due decenni, durante i quali ha illegalmente accumulato un’enorme fortuna e che poi, improvvisamente, abbandona la nave kabilista per salire a bordo di quella della Sacra Unione? Non potrebbe essere solo una corsa per ottenere un posto “sicuro”? Non potrebbe quindi trattarsi di un’assicurazione per la sopravvivenza politica? Affinché la soluzione dei grandi problemi che affliggono la società congolese diventi la priorità delle priorità nella vita politica del Paese, è necessario evitare che la Sacra Unione per la Nazione diventi una nuova coalizione composta da partiti e raggruppamenti politici. alla ricerca della condivisione del potere.[19]
Il 21 dicembre, parlando dell’attuale situazione in cui si trova il Fronte Comune per il Congo (FCC), Ferdinand Kambere, Vice Segretario Permanente del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), ha affermato che non è ancora possibile parlare di “riqualificazione” della maggioranza parlamentare. Secondo Kambere, la riqualificazione della maggioranza presuppone un buon numero di partiti politici che si mettono insieme attorno a un programma comune, ciò che, secondo lui, non è ancora possibile constatare, almeno per il momento[20].
3. LA MESSA IN QUESTIONE DELL’ATTUALE GOVERNO
Il 9 dicembre, in un’intervista, il senatore Célestin Vunabandi ha chiesto al Primo Ministro Sylvestre Ilunga Ilunkamba di rassegnare le dimissioni perché, secondo lui, la sua nomina era stata una conseguenza dell’accordo FCC-CACH, che attualmente non esiste più: «l’attuale primo ministro era stato nominato in virtù di un accordo privato tra l’FCC e CACH che, tra l’altro, non sono nemmeno dei raggruppamenti politici, ma semplici organizzazioni politiche informali che hanno firmato un accordo di coalizione tra loro. Una volta che l’accordo è stato rotto, il Primo ministro dovrebbe presentare le proprie dimissioni al Capo dello Stato, per consentirgli di trovare una soluzione che ponga fine alla crisi innescata dalla rottura di detto accordo». Secondo Célestin Vunabandi, la nomina di un informatore è abbastanza logica, vista l’attuale situazione del Paese: «con la nomina di un informatore sarà possibile individuare una nuova coalizione di maggioranza che permetterà al Presidente della repubblica di imprimere la sua visione e di realizzare il suo programma d’azione».[21]
Alcuni collaboratori del Primo Ministro Sylvestre Ilunga Ilunkamba hanno fatto notare che il Presidente della Repubblica può mettere fine alle funzioni del Primo Ministro solo su presentazione, da parte di quest’ultimo, delle proprie dimissioni dal Governo. Essi hanno sottolineato che il Primo Ministro Ilunga Ilunkamba ha sempre detto che non si dimetterà, se non su richiesta della sua famiglia politica.
D’altra parte, riguardo alla nomina di un informatore, un consigliere del Primo Ministro ha ricordato che «l’esistenza di una maggioranza viene constatata all’inizio della legislatura. E se tale maggioranza non esiste, il Presidente della Repubblica affida a una personalità di sua scelta una missione di informazione, al fine di individuare una coalizione. Attualmente però non ci troviamo all’inizio di una legislatura». Tuttavia, secondo un membro del gabinetto del Presidente della Repubblica Félix Tshisekedi, «se il primo ministro non si dimette, la nuova maggioranza voterà per la sua destituzione mediante una mozione di sfiducia».[22]
Finora, la maggioranza sembrava acquisita allo schieramento di Joseph Kabila ma, secondo Trésor Kibangula, analista del Gruppo di Studi sul Congo (GEC), le cose stanno cambiando: «Tutto sembra confermare che c’è una maggioranza che sta cambiando. Lo si è visto con la destituzione del comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale e la stessa situazione potrebbe ripetersi nei prossimi giorni, quando questa nuova maggioranza denominata “sacra unione della nazione” chiederà senza dubbio le dimissioni del Primo Ministro». Secondo l’analista del GEC, tale richiesta potrà confermare l’esistenza di una nuova maggioranza parlamentare imperniata sul Presidente Felix Tshisekedi. La Costituzione è chiara: il Primo Ministro è nominato all’interno della maggioranza parlamentare espressa all’Assemblea Nazionale. Secondo Trésor Kibangula, «se la maggioranza parlamentare cambia, inevitabilmente il Primo Ministro non avrà più la fiducia della nuova maggioranza parlamentare. E quindi dovrà decidere se dimettersi volontariamente o aspettare che questa nuova maggioranza parlamentare emergente lo costringa a dimettersi votando una mozione di sfiducia nei suoi confronti».[23]
Il 12 dicembre, il deputato nazionale André Léon Ntumba, ha dichiarato che, con la destituzione del Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale, la maggioranza parlamentare FCC-CACH si sta “ribaltando” a favore della Sacra Unione della nazione proposta dal Presidente della Repubblica Félix Tshisekedi. Ha quindi chiesto al primo ministro Sylvestre Ilunga Ilunkamba di presentare le sue dimissioni. In caso contrario, André Léon Ntumba ha affermato che l’Assemblea nazionale lo destituirà con una mozione di fiducia nei suoi confronti.[24]
Il 18 dicembre, in una dichiarazione letta in conferenza stampa dal deputato nazionale Delly Sessanga, il Gruppo delle 13 personalità firmatarie dell’appello dell’11 luglio (G13) ha affermato che, per quanto riguarda un possibile prossimo governo, il Capo dello Stato dovrà: «favorire un formato di austerità ridotto a 35 membri al massimo e compatibile con le scarse risorse delle attuali finanze pubbliche. Il nuovo governo dovrà essere un governo di missione, con l’obiettivo di affrontare le enormi sfide del paese, tra cui le riforme elettorali, l’organizzazione delle elezioni nel 2023, la sicurezza nell’est del paese, il consolidamento delle finanze pubbliche e il rilancio dell’economia nazionale». I membri del G13 hanno proposto anche una riduzione del tenore di vita delle istituzioni, «riducendo le dimensioni delle segreterie del Presidente della Repubblica, del Primo ministro e di tutte le istituzioni politiche in generale, a favore del miglioramento della condizione sociale dei Congolesi».
Il G13 ha aggiunto che, «per essere veramente al servizio del popolo, la Sacra Unione della Nazione dovrà basarsi sulle seguenti priorità: 1) le riforme istituzionali ed elettorali in vista dell’effettiva organizzazione delle elezioni nel 2023; 2) le riforme del settore della sicurezza e della difesa nazionale e 3) il consolidamento delle finanze pubbliche, in vista di una politica di ripresa economica dopo il COVID-19».[25]
[1] Cf Stéphie Mukinzi – Politico.cd, 14.12.’20
[2] Cf Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 15.12.’20
[3] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 22.12.’20; Actualité.cd, 22.12.’20
[4] Cf Carmel Ndeo – Politico.cd, 21.12.’20
[5] Cf Radio Okapi, 24.12.’20
[6] Cf Radio Okapi, 27.12.’20; Actualité.cd, 27.12.’20
[7] Cf Radio Okapi, 28.12.’20
[8] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 28.12.’20
[9] Cf Stéphie Mukinzi – Politico.cd, 14.12.’20
[10] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 16.12.’20; Thierry Mfundu Politico.cd, 16.12.’20
[11] Cf Stéphie Mukinzi – Politico.cd, 20.12.’20
[12] Cf Stéphie Mukinzi – Politico.cd, 20.12.’20
[13] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 24.12.’20; Carmel Ndeo – Politico.cd, 24.12.’20
[14] Cf Actualité.cd, 24.12.’20
[15] Cf Stanis Bujakera Tshiamala – Actualité.cd, 24.12.’20
[16] Cf Kamanda Wa Kamanda Muzembe – RFI, 24.12.’20
[17] Cf Germain Lobo – Actualité.cd, 25.12.’20
[18] Cf Japhet Toko – Actualité.cd, 13.12.’20
[19] Cf Dominique Kabongo – Lalibre.be/afrique, 14.12.’20 https://afrique.lalibre.be/56618/opinion-rdc-vers-une-autre-majorite-plethorique/
[20] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 21.12.’20
[21] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 09.12.’20
[22] Cf Actualité.cd, 09.12.’20
[23] Cf RFI, 12.12.’20
[24] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 12.12.’20
[25] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 18.12.’20; Germain Lobo – Actualité.cd, 18.12.’20