Congo Attualità n. 421

LA CRISI CHE STA SGRETOLANDO LA COALIZIONE GOVERNATIVA FCC / CACH

INDICE

1. IL CONTESTO
2. LA LOTTA PER IL CONTROLLO DELLA CORTE COSTITUZIONALE
a. Tre strani “posti vacanti”
b. Il giuramento di tre nuovi giudici della Corte Costituzionale
3. LE REAZIONI
a. Del Fronte Comune per il Congo (FCC)
b. Di Verso il Cambiamento (CACH)
c. Della Società Civile
4. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ANNUNCIA UNA SERIE DI CONSULTAZIONI
5. VARI SCENARI POSSIBILI

1. IL CONTESTO

Il 15 ottobre, alla chiusura della loro Assemblea Plenaria svoltasi a Kinshasa dal 12 al 15 ottobre,
i vescovi della Conferenza Episcopale Nazionale della Repubblica Democratica del Congo (CENCO) hanno rivolto un messaggio al popolo congolese, di cui alcuni estratti:
«Attiriamo l’attenzione del nostro popolo sull’attuale blocco del funzionamento delle istituzioni dello Stato. Nonostante i nostri vari appelli agli alleati della coalizione di governo, affinché pongano fine alle loro liti interne, per dedicarsi a lavorare piuttosto per l’interesse generale della popolazione, siamo profondamente rattristati nel constatare che i politici stanno dimostrando una rivoltante indifferenza, mentre il Paese è a un passo dal baratro. Si trova infatti in una situazione di stallo, a causa della crescente crisi politica e delle sue conseguenze. La paralisi della coalizione colpisce e contagia tutti i settori della vita nazionale.
In un momento in cui i Congolesi languiscono in una miseria indescrivibile aggravata dal COVID-19, gli alleati al potere stanno dedicando le loro energie a calcoli di posizionamento in vista delle elezioni del 2023, al fine di mantenere o riconquistare il potere.
L’ossessione del potere per il potere porta alla confisca della sovranità del popolo congolese.
Altrimenti, come spiegare tutte quelle manovre messe in atto per il controllo della Commissione elettorale e la mancanza di consenso sulle riforme elettorali? Tutto ciò lascia presagire un altro slittamento delle prossime elezioni. Inoltre, le piaghe del tribalismo e dei conflitti comunitari sono spesso fomentate ed esacerbate dagli stessi politici, che sacrificano competenza e meritocrazia nella gestione della cosa pubblica a vantaggio degli interessi di parte. Peggio ancora, il Paese si trova in una situazione in cui il massimo organo giudiziario, ovvero la Corte costituzionale, non può svolgere la sua missione perché, senza un quorum, l’intero sistema è bloccato.
L’economia del Paese è in forte declino, con una drastica riduzione del potere d’acquisto da parte della popolazione, ciò che provoca un aumento della povertà e della disoccupazione. Il settore minerario, su cui il Paese potrebbe contare, è afflitto dalla corruzione, come molti altri, e avvantaggia pochi individui, le multinazionali e i “gruppi criminali militarizzati”, a scapito della popolazione. Dato il blocco politico ed economico nel nostro Paese, gli sforzi intrapresi per la gratuità dell’istruzione primaria e la regolarizzazione della retribuzione degli insegnanti, rischiano di essere vanificati.

La situazione d’insicurezza rimane devastante, soprattutto nella parte orientale del Paese, in particolare nelle province di Ituri, Nord e Sud Kivu e Tanganica. Segnaliamo la strategia di spopolamento di molte zone, mediante il massacro delle popolazioni locali, l’occupazione dei terreni e il controllo delle risorse naturali. I massacri perpetrati nei territori di Beni e di Djugu e i conflitti intercomunitari nella zona di Minembwe, illustrano sufficientemente questa situazione. Anche i ricorrenti conflitti intercomunitari dimostrano la debolezza dello Stato congolese, che sembra inesistente nei luoghi in cui proliferano milizie e gruppi armati di ogni genere, causandovi una conseguente miseria generalizzata. Anche in molte altre province, si registrano: sequestri con richiesta di riscatto, rapine a mano armata, stupri, omicidi, ecc. Inoltre, ci sono conflitti frontalieri con quasi tutti i paesi limitrofi, le cui forze armate regolari compiono frequenti incursioni sul territorio della Repubblica Democratica del Congo, occupando villaggi e città del nostro Paese».
Infine, i vescovi della CENCO hanno esortano il popolo congolese in questi termini:
«1° Usciamo dal nostro torpore e vigiliamo per il rispetto della Costituzione, in particolare dei suoi articoli intangibili, nonché per la reale indipendenza della Commissione elettorale e della Magistratura.
2° Esercitiamo efficacemente il nostro diritto di sovrano primario e agiamo per impedire qualsiasi tentativo di confiscare il nostro diritto di scegliere i nostri rappresentanti.
3° Continuiamo ad essere creativi, laboriosi e uniti, per affrontare le difficoltà economiche vissute quotidianamente.
4° Resistiamo pacificamente ai tentativi di balcanizzazione del nostro Paese, allo spopolamento dei nostri villaggi e all’occupazione delle nostre terre. La RD Congo è la nostra terra, “dono benedetto”, è la nostra eredità inalienabile e non dobbiamo permettere che ci venga portata via.
5° Chiediamo al nostro Governo di fare una richiesta formale per l’istituzione di un Tribunale Penale Speciale per la Repubblica Democratica del Congo, al fine di avviare procedimenti giudiziari contro i presunti responsabili, interni ed esterni, delle migliaia di morti e di vittime delle massicce violazioni dei diritti umani menzionate nel Rapporto Mapping pubblicato nel  2010 dalle Nazioni Unite.

6° Chiediamo al nostro Governo di dimostrare maggiormente la sua autorità e di esercitare il suo potere sovrano, per combattere la corruzione e l’impunità, neutralizzare i responsabili dell’insicurezza e i loro complici e affermare la propria sovranità nei confronti di Stati terzi».[1]

2. LA LOTTA PER IL CONTROLLO DELLA CORTE COSTITUZIONALE

a. Tre strani “posti vacanti”

Il 21 ottobre, a Kinshasa, tre nuovi giudici della Corte costituzionale: Dieudonné Kaluba, Kalume Yasengo e Kamulete Badibanga, hanno prestato giuramento davanti al Presidente della Repubblica. Si è trattato di una cerimonia molto controversa che ha rivelato l’esistenza di una grande battaglia all’interno dell’attuale coalizione di governo formata dal Fronte Comune per il Congo (FCC) dell’ex presidente Joseph Kabila e Verso il Cambiamento (CACH) dell’attuale presidente Félix Tshisekedi.
Per capire il perché di questa battaglia, occorre ricordare che, secondo la Costituzione congolese, nel suo articolo 158, la Corte Costituzionale è la più alta istituzione giudiziaria congolese responsabile, tra l’altro, di giudicare il presidente della Repubblica e il Primo Ministro, di pronunciarsi sulle questioni elettorali, tra cui la validità delle candidature alle elezioni presidenziali, e di convalidare i risultati elettorali a tutti i livelli.
Essa è composta da 9 giudici, di cui tre possono essere cambiati ogni tre anni, in seguito a un sorteggio effettuato all’interno di ciascuna componente rappresentata presso la Corte: la Presidenza della Repubblica, il Parlamento (Assemblea Nazionale e Senato) e il Consiglio Superiore della Magistratura. Ma l’articolo 158 della costituzione precisa che, in occasione del cambiamento dei tre giudici, ciascuna delle tre componenti deve presentare il proprio candidato.
È inoltre necessario tornare a luglio 2018, quando l’allora Presidente Joseph Kabila, sostituì tre giudici della Corte costituzionale.
Nel 2018, secondo la costituzione, alla fine di un triennio, in seguito a un sorteggio effettuato all’interno di ciascuna delle tre componenti rappresentate presso la Corte costituzionale, 3 dei 9 giudici dovevano lasciare la Corte costituzionale. Ma lo stesso giorno in cui era previsto il sorteggio, due giudici presentarono le dimissioni: Jean-Louis Esambo e Banyaku Luape.
Il terzo giudice, Kalonda Kele Oma Yvon, era deceduto l’8 aprile 2018.
In seguito a questa situazione, non fu più necessario effettuare il sorteggio. Con ordinanza presidenziale N° 18/038 del 14 maggio 2018 furono nominati 3 nuovi giudici, tra cui Norbert Nkulu, Jean Ubulu e François Bokona. Tutti e tre provenivano dagli ambienti prossimi a Joseph Kabila. Norbert Nkulu era stato designato dalla Presidenza della Repubblica, Jean Ubulu dal Consiglio Superiore della Magistratura e François Bokona dal Parlamento riunito in Congresso.
Il 4 luglio 2020 inizia la battaglia per il controllo sulla Corte costituzionale. Benoit Lwamba, presidente della Corte costituzionale, si reca dal Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, presso la Cittadella dell’Unione Africana. Il giudice ha una richiesta da presentare al Presidente. In pieno confinamento per la pandemia Covid-19, egli chiede di poter andare a Bruxelles, percure mediche. Ma, appena iniziata, la conversazione prende una piega diversa. Se Felix  Tshisekedi accetta facilmente di ricevere il giudice presidente della Corte costituzionale, è perché ha un’idea in testa. Secondo un collaboratore di Lwamba, è in quell’occasione che il Presidente della Repubblica gli farà una strana proposta: se voleva andare a Bruxelles, doveva dapprima dimettersi.
Altri affermano che, a Benoit Lwamba, è stata immediatamente consegnata una lettera relativa alle sue dimissioni. “Di fronte alle sue esitazioni, egli è stato chiaramente minacciato”, rivela un altro collaboratore del giudice Lwamba che, nonostante tutto, decide di partire per Bruxelles. Sui social network appare immediatamente una fuga di notizie. Una lettera, subito autentificata dal gabinetto del presidente Tshisekedi, annuncia pubblicamente le dimissioni del giudice Lwamba. La lettera in questione è firmata dallo stesso Benoit Lwamba.
Il 10 luglio 2020, secondo uno strano rapporto trapelato anch’esso sui social media, sette giudici della Corte costituzionale “prendono atto” delle dimissioni del loro presidente, Benoit Lwamba.
Tuttavia, nello stesso giorno, viene diffusa una nuova lettera firmata dallo stesso Benoit Lwamba da Bruxelles, in cui egli smentisce le sue dimissioni e qualifica la lettera precedente di  “voce da corridoio”. La Presidenza della Repubblica decide quindi di contrattaccare.
Il 12 luglio degli agenti dell’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR) fanno irruzione negli edifici della Corte costituzionale, sfondando la porta principale e prendendo di mira specificamente l’ufficio del giudice presidente Benoit Lwamba.
Il 17 luglio 2020, in pieno braccio di ferro sulla questione delle dimissioni del giudice-presidente Lwamba, con ordinanza presidenziale, il Capo dello Stato cambia unilateralmente tre giudici della Corte costituzionale. Due giudici della Corte costituzionale, Jean Ubulu Mpungu e Noël Kilomba Ngozimala, sono nominati presidenti della Corte di cassazione e il giudice presidente Lwamba è ritenuto dimissionario. In questo modo, il Presidente della Repubblica ottiene 3 posti “vacanti” presso la Corte Costituzionale, come nel caso del 2018, quando Presidente della Repubblica era Joseph Kabila. È così che il Presidente Félix Tshisekedi è riuscito a creare a tavolino una situazione di “sede vacante” che gli avrebbe permesso di evitare di dover ricorrere a un sorteggio, per rispettare l’articolo 158 della Costituzione.
Tuttavia, il 27 luglio, i due giudici nominati presso la Corte di cassazione, Jean Ubulu Mpungu e Noël Kilomba Ngozimala, hanno contestato la loro nomina, scrivendo al Presidente della Repubblica: «Eccellenza, Signor Presidente della Repubblica, è attraverso la televisione e senza previa consultazione che abbiamo appreso, il 17 luglio 2020, delle nostre nomine a Presidenti della Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 20 / 108 del 17 luglio 2020, cui sono seguite le nostre immediate sostituzioni, mentre è da luglio 2014 per il giudice Kilomba, e da aprile 2018 per il giudice Ubulu che, con le nostre rispettive lettere (…), avevamo optato di non lavorare più presso la Corte Suprema di Giustizia, fino alla scadenza dei nostri mandati, di nove anni, presso la Corte Costituzionale, in conformità con la Costituzione, nel suo articolo 158, paragrafo 3, nonché con la Legge -organica n° 13/026 del 15 ottobre 2013».
D’altra parte, anche se i due giudici hanno finalmente dovuto lasciare la Corte costituzionale, la Costituzione obbliga il Capo dello Stato a nominare, tra i tre nuovi giudici, uno presentato dal Parlamento (Assemblea nazionale e Senato riuniti in Congresso), ciò che non è stato fatto.[2]

b. Il giuramento di tre nuovi giudici della Corte Costituzionale

Il 21 ottobre, tre giudici della Corte costituzionale nominati dal presidente Felix Tshisekedi lo scorso luglio hanno prestato giuramento nella Sala dei Congressi di Palazzo del Popolo, sede del Parlamento. I tre giudici sono: Dieudonné Kaluba Dibwa, proposto dal Presidente della Repubblica, Kalume Yasengo e Kamulete Badibanga, presentato dal Consiglio Superiore della Magistratura. La signora Kalume Yasengo è l’unica e la prima donna membro dell’Alta Corte. Il Capo dello Stato Felix Tshisekedi è stato accolto dal Vice Presidente del Senato, Samy Badibanga, e dal Vice Ministro della Giustizia. La cerimonia si è svolta in assenza dei Presidenti del Senato, Alexis Thambwe, e dell’Assemblea nazionale, Jeanine Mabunda. Il giorno precedente, queste due personalità avevano già annunciato, in una lettera indirizzata al Capo dello Stato, che non sarebbero state presenti alla cerimonia. Era assente anche il Primo Ministro, Sylvestre Ilunga, benché fosse stato incaricato dall’ultimo Consiglio dei ministri di organizzare la cerimonia. Queste tre personalità autorevoli sono membri del Fronte Comune per il Congo (FCC), piattaforma politica guidata dall’ex presidente Joseph Kabila e membro della coalizione di governo, insieme a Verso il Cambiamento (CACH). L’FCC contesta la legalità delle ordinanze presidenziali dello scorso giugno, relative alle nomine di questi tre nuovi giudici della Corte Costituzionale.[3]

Secondo Didi Manara, presidente del gruppo parlamentare PPRD e Alleati, alla cerimonia di giuramento erano presenti solo 4 parlamentari FCC su un totale di 338. Il deputato nazionale Léon Mubikayi, presidente del gruppo parlamentare Verso il Cambiamento (CACH), ha affermato che a questa cerimonia hanno partecipato circa 160 deputati e senatori. Secondo il deputato Paul Muhindo, eletto per il territorio di Beni (Nord Kivu), «il Comitato di presidenza dell’Assemblea non ha vietato ai deputati di prendere parte alla cerimonia. È stato invece l’FCC a vietare ai suoi deputati di partecipare».[4]

3. LE REAZIONI

a. Del Fronte Comune per il Congo (FCC)

Il Fronte Comune per il Congo (FPP), dell’ex presidente Joseph Kabila, ha sempre contestato la legalità delle ordinanze presidenziali rese pubbliche il 17 luglio e relative alle nomine dei nuovi giudici della Corte costituzionale. È dallo scorso mese di luglio che l’FCC ha denunciato queste nomine come incostituzionali ed è per questo che i senatori e deputati dell’FCC, che in Parlamento sono in maggioranza, hanno presentato ricorso alla Corte Costituzionale, per l’interpretazione dell’articolo 158 della Costituzione.[5]

Il 20 ottobre, Théodore Ngoy, avvocato dei due giudici Noel Kilomba e Jean Ubulu che, pur essendo membri della Corte costituzionale, sono stati nominati presso la Corte di cassazione lo scorso luglio, ha affermato che «la nomina dei giudici che dovranno prestare giuramento è nulla. Il Senato e l’Assemblea Nazionale non si riuniranno in Congresso per una nomina chiaramente nulla. Per il momento, il Capo dello Stato poteva sostituire un solo giudice. Per gli altri due, avrebbe dovuto aspettare il sorteggio del prossimo anno. Ne consegue che Ubulu e Kilomba dovrebbero rimanere al loro posto, presso la Corte costituzionale, fino al 2021, quando uno di loro potrebbe essere sorteggiato e, quindi, obbligato a cedere il posto». Infatti, secondo la costituzione (articolo 158): “La Corte costituzionale è composta da nove membri nominati dal Presidente della Repubblica, di cui tre di propria iniziativa, tre designati dal Parlamento riunito in Congresso e tre designati dal Consiglio Superiore della Magistratura … Il mandato dei membri della Corte costituzionale è di nove anni, non rinnovabile. La Corte Costituzionale si rinnova, per un terzo, ogni tre anni. Tuttavia, ad ogni rinnovo, verrà effettuato un sorteggio di un membro per ciascuno dei tre gruppi. Il Presidente della Corte Costituzionale è eletto dai suoi pari, per un periodo di tre anni rinnovabile una sola volta. Viene investito con ordinanza del Presidente della Repubblica”.[6]

Il deputato François Nzekuye, membro dell’FCC, ha dichiarato: «Alla Corte costituzionale non ci sono nuovi giudici, a parte quello che ha sostituito Benoît Lwamba, che si era dimesso. Tutti gli altri sono dei pseudo giudici incostituzionali, perché sono stati nominati in violazione della costituzione. Secondo quest’ultima e in questo momento, il Presidente della Repubblica, [Félix Tshisekedi], aveva il diritto di sostituire un solo giudice, Benoît Lwamba, che si era dimesso. Per gli altri due giudici,  il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto attendere il 2021 e procedere secondo la via del sorteggio».[7]

Il 21 ottobre, in un comunicato stampa pubblicato in seguito al giuramento dei tre nuovi giudici della Corte costituzionale, il partito politico Unione Repubblicana (UR) ha parlato di una “violazione intenzionale e flagrante”, non solo dell’articolo 158 della costituzione del 18 febbraio 2006, ma anche dell’articolo 7 della legge organica n° 13/026 del 15 ottobre 2013 relativa alla organizzazione e funzionamento della Corte costituzionale, che prevede la sostituzione dei membri della Corte entro un mese, al più presto, e una settimana, al più tardi, prima della scadenza del mandato, secondo le condizioni previste dagli articoli da 2 a 6 della stessa legge organica.[8]

In una dichiarazione, il Fronte Comune per il Congo (FCC) ha ribadito la propria disapprovazione nei confronti della cerimonia di giuramento dei tre nuovi giudici della Corte costituzionale. Secondo questa piattaforma politica di Joseph Kabila, «con questa cerimonia del tutto “irregolare”, il Presidente della Repubblica ha palesemente manifestato la sua scelta deliberata di violare la costituzione. Pertanto, l’FCC non si sentirà in alcun modo obbligato a rispettare le loro decisioni». Riguardo alla coalizione FCC-CACH, l’FCC si è detto pronto ad «assumersi le proprie responsabilità rispetto, da un  lato, alle prescrizioni della costituzione e, dall’altro, alla fiducia che il popolo sovrano gli ha dimostrato, concedendogli la maggioranza nell’Assemblea Nazionale».[9]

b. Di Verso il Cambiamento (CACH)

Il 20 ottobre, il segretario generale del partito dell’attuale Presidente della Repubblica, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Augustin Kabuya, ha denunciato i tentativi intrapresi dal Fronte Comune per il Congo (FCC) di voler mantenere il controllo sulla Corte costituzionale: «La Corte costituzionale è composta da nove giudici ma, attualmente, dispone solo di sei giudici. È quindi necessario che gli altri tre possano prestare giuramento, affinché l’equipe sia completa. Cosa c’è di male? Questi giudici sono stati proposti al Consiglio Superiore della Magistratura. Ma c’è stata un’interferenza politica. È a tutti noto che, in una conversazione con un membro del suo partito politico, Lambert Mende ha detto: “Occorre fare tutto il possibile, perché non possiamo permetterci di perdere il controllo sulla Corte costituzionale”. Da quando in qua la giustizia deve essere a disposizione di un solo campo politico?».[10]

Il 21 ottobre, il deputato nazionale Léon Mubikayi, presidente del gruppo parlamentare Verso il Cambiamento (CACH), ha affermato che la costituzione è stata rispettata. Infatti, secondo lui, «i membri della Corte costituzionale prestano giuramento davanti al popolo congolese, davanti all’Assemblea nazionale e davanti al Senato, ma è il Presidente della Repubblica che riceve il loro giuramento. Quindi, secondo la costituzione, non è il Congresso in quanto tale che è abilitato a ricevere il giuramento, anche se quest’ultimo è emesso davanti al popolo, rappresentato dai deputati e senatori nazionali».[11]

c. Della Società Civile

In seguito all’assenza dei presidenti delle due camere del Parlamento, del Primo Ministro e dei parlamentari e ministri del Fronte Comune per il Congo (FCC) durante la cerimonia di giuramento dei nuovi giudici della Corte costituzionale, la Società Civile ha chiesto lo scioglimento dell’Assemblea nazionale. Secondo il coordinatore generale della Società Civile, Christopher Ngoy, «il ​​governo e i rappresentanti del popolo avrebbero dovuto essere presenti, ma hanno preferito seguire le direttive dei loro partiti politici. Il rimettere in carreggiata la democrazia richiede oggi lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e della coalizione FCC-CACH attualmente al potere».[12]

La Voce dei Senza Voce (VSV), una Ong per la difesa dei diritti umani, ha denunciato la continuazione di una presa in ostaggio della RDC da parte del Fronte Comune per il Congo (FCC) che, «a tutti i costi, cerca di imporre la propria volontà politica in tutti i settori della vita nazionale, senza tenere conto delle profonde aspirazioni della popolazione congolese». Per salvare il paese, l’Ong ha chiesto al Presidente Félix Tshisekedi di «porre fine alla vera falsa coalizione politica FCC-CACH; sciogliere l’Assemblea nazionale, spesso responsabile delle diverse crisi politiche e revocare il Primo Ministro Sylvestre Ilunga Ilunkamba, troppo dipendente dagli ordini impartiti dalla sua famiglia politica (l’FCC), quando invece dovrebbe collaborare strettamente con il presidente della Repubblica».[13]

Secondo l’Associazione Congolese per l’Accesso alla Giustizia (ACAJ), l’assenza dei membri dell’FCC, tra cui i due presidenti delle camere del parlamento, alla cerimonia di giuramento dei tre nuovi giudici della Corte costituzionale, conferma l’esistenza di divisioni e divergenze all’interno della coalizione FCC – CACH attualmente al potere. Secondo l’ACAJ, la soluzione a questa crisi è lo scioglimento dell’Assemblea nazionale in conformità con l’articolo 148 della costituzione, al fine di individuare una nuova maggioranza parlamentare che possa permettere la formazione di un nuovo governo. L’ACAJ non esclude la possibilità di elezioni legislative anticipate. Questa soluzione potrebbe fornire al Paese un’altra maggioranza parlamentare che permetterebbe di formare un governo stabile e coeso, che libererebbe il Paese dall’immobilismo provocato dalla crisi che sta logorando la coalizione governativa FCC-CACH.[14]

La piattaforma Agire per delle Elezioni Trasparenti e Pacifiche (AETA), ha constatato con preoccupazione che la cerimonia di giuramento dei tre nuovi giudici della Corte costituzionale ha messo in rilievo una profonda crisi all’interno della coalizione di governo, la cui coesione era già fragile e oscillante. L’Ong teme che questa situazione di crisi porti all’interruzione della cooperazione tra le più alte istituzioni governative, il cui arresto costituirebbe un blocco per il buon funzionamento delle istituzioni dello Stato, prime responsabili della stabilità della nazione. Questa piattaforma deplora il fatto che la crisi politica manifestatasi in occasione della cerimonia di giuramento dei tre nuovi giudici della Corte costituzionale possa far dimenticare le tre grandi sfide: a) l’insicurezza dell’est del paese, che potrebbe minacciare la sovranità del paese; b) la crisi economica che colpisce sempre più la società, ma che è sempre l’ultima delle preoccupazioni della classe politica congolese; c) la ripresa del processo elettorale, essenziale per la sopravvivenza e il consolidamento della democrazia. Secondo l’AETA, l’attuale battaglia, che i due alleati della coalizione governativa FCC-CACH hanno intrapreso sulla questione della Corte costituzionale, sarebbe provocata dalla volontà, da parte di ciascuna delle due parti, di ricuperare il controllo sulla più alta istituzione giudiziaria del paese, al fine di assicurarsi, in anticipo, la vittoria elettorale nel 2023. Perciò, la piattaforma AETA invita le due autorità morali dell’FCC e di CACH, Kabila e Tshisekedi, ad avviare un dialogo che permetta di migliorare il clima di lavoro interistituzionale, nell’interesse superiore della nazione.[15]

Per quanto riguarda la crisi all’interno della coalizione di governo FCC-CACH, il coordinatore della Nuova Società Civile Congolese (NSCC), Jonas Tshiombela Kabena, in un’intervista, ha suggerito al Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, di avviare delle consultazioni popolari rivolte a tutte le forze politiche e sociali del Paese, al fine di cercare soluzioni adeguate per l’interesse superiore della nazione.[16]

4. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ANNUNCIA UNA SERIE DI CONSULTAZIONI

Il 23 ottobre, in un messaggio alla nazione, il presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, ha manifestato ancora una volta il suo appoggio ai tre nuovi giudici della Corte costituzionale perché, secondo lui, il loro giuramento ha rafforzato lo stato di diritto.
Egli ha ricordato che i risultati delle elezioni del 2018 avevano costretto l’opposizione e la maggioranza di allora a lavorare insieme: «Avevamo scelto di gestire il Paese a partire da una coalizione che sembrava costituire la soluzione più adeguata, per far uscire il Paese dalle sue varie e ricorrenti crisi e per preservare il valore dell’alternanza politica ai vertici dello Stato». Tuttavia, egli ha fatto osservare che, quasi due anni dopo, le continue divergenze esistenti tra le due parti della coalizione hanno impedito di progredire, soprattutto in alcuni settori: «Queste divergenze riguardano soprattutto le questioni relative alla pace, la sicurezza nazionale, la composizione della Commissione Elettorale, l’organizzazione delle elezioni, l’economia, l’indipendenza della magistratura, lo Stato di diritto, la territoriale e la diplomazia».
Secondo il Presidente Tshisekedi, queste importanti questioni richiedono un ampio consenso nazionale. Per questo, egli ha annunciato di aver deciso di «avviare, dalla prossima settimana, una serie di contatti, per consultare attori politici e sociali, al fine di creare una sacra unione per la nazione». Il Presidente della Repubblica ha promesso che, al termine di queste consultazioni, egli ritornerà ad informare la popolazione sulle decisioni che verranno prese. Tali decisioni, ha egli detto, non escluderanno alcun scenario.
Infine, egli si è impegnato a preservare l’unità del Paese e a difendere  gli interessi superiori della nazione: «Non permetterò che alcun impegno politico, di qualsiasi tipo esso sia, abbia la priorità sulle prerogative costituzionali e sugli interessi superiori del popolo congolese. Non transigerò sugli interessi superiori della nazione. Non cederò alcuna minima parte della nostra sovranità nazionale. Non risparmierò alcun sforzo per preservare la pace e l’unità nazionale».[17]

5. VARI SCENARI POSSIBILI

Nel suo intervento, Felix Tshisekedi ha evocato le divergenze che, da quasi due anni, lo oppongono all’FCC di Joseph Kabila. Ma non ha mai annunciato un’eventuale fine della coalizione governativa FCC- CACH. Egli si è semplicemente limitato a differenziare chi ha rinunciato agli “antivalori” da chi “continua ad ostacolare il progresso”. Felix Tshisekedi ha dichiarato di non escludere alcun scenario, ma la situazione rimane incerta. Il Paese non ha i mezzi per finanziare nuove elezioni che deriverebbero da un possibile scioglimento dell’Assemblea Nazionale.
Il Capo dello Stato potrebbe quindi decidere di mantenere la coalizione FCC – CACH, ma queste due piattaforme politiche non sono mai riuscite a risolvere le loro divergenze. Per quanto riguarda la possibilità di cercare una nuova maggioranza parlamentare, per il momento la piattaforma presidenziale, CACH, dispone di appena 50 deputati, mentre l’FCC di Joseph Kabila ne ha 350. Per costruire una nuova maggioranza, Felix Tshisekedi dovrebbe quindi ricuperare più di 200 deputati provenienti dall’FCC o dall’opposizione (Lamuka).[18]

Nel suo discorso, il Capo dello Stato ha denunciato il blocco delle istituzioni e della coalizione di governo formata con il suo predecessore Joseph Kabila. Per rimediarvi, egli ha promesso di organizzare delle consultazioni, al fine di creare un’unione nazionale.
Nell’entourage del Capo dello Stato il messaggio è chiaro: non si può più avere due autisti per una medesima auto. Secondo un collaboratore del Presidente Tshisekedi, ciò che ora deve fare è trovare una maggioranza all’interno dell’Assemblea nazionale che gli consenta di portare avanti le sue decisioni.
Verso il Cambiamento (CACH), la piattaforma politica presidenziale, ha solo 47 deputati sui 500 che compongono l’Assemblea Nazionale. Da parte sua, in occasione della cerimonia di giuramento dei tre nuovi giudici della Corte costituzionale nominati dal presidente Tshisekedi, Joseph Kabila ha dimostrato di disporre ancora di una maggioranza di deputati e senatori che hanno boicottato la suddetta cerimonia. Tuttavia, la piattaforma politica dell’ex presidente della Repubblica, il Fronte Comune per il Congo (FCC), dovrebbe sapere che è l’unica a credere che sia logico perdere un’elezione presidenziale e conquistare una simile maggioranza nelle elezioni legislative, come avvenuto in dicembre 2018. Pertanto, data la mancanza di legittimità della sua presunta vittoria alle elezioni legislative, essa dovrebbe aggiungere un po’ d’acqua al suo vino.
Oggi Félix Tshisekedi può sperare di ottenere, a determinate condizioni, l’appoggio di una parte dell’opposizione e di alcuni esponenti del Fronte Comune per il Congo (FCC) che già stanno avvicinando. Ma non sarà sufficiente. Dovrà cercare di convincere un altro centinaio di deputati in più, da sottrarre all’FCC. Tuttavia, nell’entourage di Joseph Kabila, si assicura che nessuno si lascerà convincere da uno che ha infranto tutti gli accordi che ha firmato,  tra cui Ginevra (con Lamuka), Nairobi (con l’UNC) e Kinshasa (con Joseph Kabila).[19]

La riunione settimanale del Consiglio dei ministri non è stata convocata. Il presidente Félix Tshisekedi ha annunciato di voler intraprendere delle consultazioni in vista di una sacra unione della nazione. “Quando si ha il vento in poppa, non è il momento di abbassare le vele”. L’immagine marina è offerta da una personalità politica prossima alla Presidenza della Repubblica. Secondo lei, il colpo di forza effettuato da Tshisekedi, con il giuramento dei tre nuovi giudici da lui nominati alla Corte costituzionale, “cambia completamente gli equilibri di potere ai vertici dello Stato”. E alla domanda sulla questione della legalità di questo “colpo di forza”, quel politico si limita a dire che “tutti i colpi sono permessi”. Questa frase è una chiara manifestazione della lotta in corso tra i due attuali e principali protagonisti della scena politica del Paese: Joseph Kabila e Félix Tshisekedi. Si tratta di un combattimento poco osservante dei testi legali e di una pericolosa deriva, qualunque sia la ragione invocata per giustificarla.
Secondo diversi osservatori, il rinvio del Consiglio dei ministri conferma la volontà del Presidente della Repubblica di costringere il suo Primo Ministro, Sylvestre Ilunga, a dimettersi. Il presidente del Consiglio dei ministri era stato incaricato dal Presidente della Repubblica di organizzare la cerimonia di giuramento dei nuovi giudici della Corte costituzionale. Fedele all’ex presidente Joseph Kabila, il Primo Ministro non ha ovviamente accettato e non si è nemmeno presentato alla cerimonia. Secondo un altro osservatore, “Chiedendogli di organizzare la cerimonia di giuramento, Tshisekedi lo ha messo alle strette. Sapeva che il suo Primo Ministro non avrebbe accettato. Per questo ne ha approfittato per metterlo in difficoltà”.
Benché sia riuscito a prendere il controllo sulla Corte costituzionale, il Presidente Tshisekedi non ha ancora portato a casa tutto ciò che si è proposto. Deve comunque riuscire a invertire i rapporti di forza all’interno del parlamento e a ottenere la presidenza della Commissione elettorale. Due obiettivi che finora sembravano impossibili da raggiungere, ma che ora potrebbero essere raggiungibili, anche se la strada rimane ancora molto ripida.
È impossibile oggi tentare di sciogliere il parlamento, almeno fino a quando non ci sia una nuova Commissione elettorale. Tshisekedi deve quindi tentare di invertire l’equilibrio delle forze all’interno della Camera dei Deputati. Uno scenario, questo, che passa inesorabilmente attraverso le famose consultazioni annunciate. Visto il blocco istituzionale che si è creato tra i due alleati al potere, si tratterrebbe quindi di cercare dei nuovi alleati che potrebbero trovarsi sia nelle file del Fronte Comune per il Congo (FCC), piattaforma del precedente presidente della Repubblica Joseph Kabila, sia nelle file dell’opposizione (si pensi soprattutto a Katumbi e a Bemba. Difficile immaginare che Fayulu accetti di entrare in questo gioco). Tuttavia, questi secondi dovrebbero accettare di collaborare con chi (Félix Tshisekedi) li ha traditi nel mese di novembre 2018, dopo l’incontro di Lamuka a Ginevra.
“Tutto dipenderà da ciò che il Presidente potrà mettere sul tavolo. Se riuscisse a ottenere le dimissioni del Primo ministro Ilunga, potrebbe nominare un informatore incaricato di individuare una nuova maggioranza in parlamento”, ha affermato un kabilista potenzialmente tshisekedista.
Tra le file dell’FCC, il colpo di forza operato da Tshisekedi è vissuto come un trauma e molti iniziano a interrogarsi sul loro futuro e sul margine di manovra che la loro autorità morale (Joseph Kabila) può ancora disporre. Tanto più che molti attuali parlamentari dell’FCC stanno cominciando a mostrare segni di insofferenza nei confronti di un’autorità che “invia ingiunzioni, senza però mettersi in prima linea e senza ricompensare chi prende i colpi”.
Tshisekedi è pompato. Durante la sua permanenza a Bruxelles alla fine del mese di settembre, uno dei suoi consiglieri aveva detto che avrebbero “ribaltato l’equilibrio politico, preso il controllo del parlamento e cacciato Mabunda dal comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale”. Le prossime settimane saranno decisive. Ma i calcoli saranno serrati. I kabilisti hanno la stragrande maggioranza in Parlamento e se Tshisekedi vuole raggiungere i suoi obiettivi, sarà necessario che egli conceda molto potere ai suoi nuovi “alleati”, che verranno solo se ne varrà davvero la pena, il che creerà tensioni all’interno dell’UDPS, il suo partito. A meno che, ovviamente, Tshisekedi non sia pronto a lanciare un suo nuovo movimento politico, come alcuni già annunciano.[20]

Il Fronte Comune per il Congo (FCC) sta chiaramente tentando di prendere tempo, paralizzando l’azione politica del nuovo presidente della Repubblica. Si tratta di una strategia di logoramento, in vista di un suo ritorno alla Presidenza della Repubblica nel prossimo 2023. Infatti, secondo alcune fonti, l’accordo tra Kabila e Tshisekedi suggerirebbe che la famiglia politica dell’attuale presidente Félix Tshisekedi dovrebbe appoggiare la candidatura proposta dalla famiglia politica dell’ex presidente Joseph Kabila nelle prossime elezioni presidenziali del 2023. Si tratterrebbe di un’ipotesi che, a Limete, sede del partito di Felix Tshisekedi, nessuno osa immaginare.
La guerra di trincea si è rapidamente trasformata in guerra aperta e il Paese si è trasformato in una gigantesca sala d’attesa, dove varie istituzioni sono rimaste bloccate. Si sta ancora aspettando la nomina del nuovo presidente della Commissione Elettorale (CENI) e la sostituzione del dimissionario Ministro della Giustizia. Si contestano le nomine di tre nuovi giudici della Corte Costituzionale e le dimissioni del presidente della Corte Costituzionale, …
In questo contesto, i Congolesi si attendevano che il Presidente della Repubblica annunciasse un’eventuale dimissione del governo, o lo scioglimento dell’Assemblea nazionale o la nomina di un informatore incaricato di trovare una nuova maggioranza parlamentare, ma egli ha semplicemente annunciato di volere avviare una consultazione delle varie parti politiche e sociali (…) per creare una “sacra unione”. In breve: Tshisekedi sta temporeggiando.
L’obiettivo dichiarato di questo giro di consultazioni è tornare al tavolo per ridistribuire le carte tra le varie parti politiche e formare un nuovo governo meno ostile alla politica del Presidente.
Il problema è che la piattaforma politica del Presidente Félix Tshisekedi, Verso il Cambiamento (CACH), è ampiamente minoritaria, sia all’Assemblea nazionale che al Senato. L’FCC pro-Kabila regna invece sovrano con i suoi quasi 350 deputati. Conseguentemente: il nuovo esecutivo, se ci sarà un nuovo governo, probabilmente sarà ancora di forte connotazione FCC. Ovviamente, il primo ministro potrà anche cambiare, ma ciò richiederà l’accordo dell’FCC per un nuovo nome. Ci si può ricordare che Joseph Kabila e Felix Tshisekedi avevano impiegato più di 7 mesi per raggiungere un accordo sul nome di Sylvestre Ilunga, ora accusato dal Presidente di bloccare tutte le sue ordinanze.
Per uscire dalla trappola in cui è tenuto prigioniero, il Presidente Félix Tshisekedi cercherà di modificare gli equilibri delle forze politiche. Senza poter contare con l’Unione per la Nazione Congolese (UNC), in difficoltà dopo la condanna del suo presidente, Vital Kamerhe, a 20 anni di carcere, per appropriazione indebita di fondi pubblici, Félix Tshisekedi è alla ricerca di nuovi partner. Un riavvicinamento, già in corso, con l’AFDC di Modeste Bahati e un appoggio proveniente dall’MLC di Jean-Pierre Bemba o da Insieme per la Repubblica di Moïse Katumbi potrebbero dare un nuovo impulso alla coalizione presidenziale. Ma se questo nuovo respiro potrebbe consentire a Felix Tshisekedi di ricomporre la sua maggioranza, probabilmente non riuscirebbe a invertire i rapporti di forza, sempre favorevoli all’FCC di Joseph Kabila
L’annuncio presidenziale rischia, quindi, di aprire semplicemente le porte all’eterna corsa per la condivisione dei posti di potere, com’è consuetudine ad ogni nuova consultazione politica. Nonostante qualche possibile spostamento da un gruppo all’altro nell’ambito dell’Assemblea nazionale, probabilmente questi cambiamenti potrebbero essere abbastanza limitati. Il divorzio di CACH dall’FCC non sembra ancora essere all’ordine del giorno. “Non succederà nulla, ahimè!”, si rammarica un movimento civico sui social network, aggiungendo: “gli interessi privati ​​dei due campi, e dei due uomini, continueranno a prevalere su quelli di 90 milioni di congolesi”.[21]

[1] Cf http://www.cenco.org/peuple-congolais-ne-nous-laissons-pas-voler-notre-souverainete/
[2] Cf Politico.cd, 21.10.’20
[3] Cf Radio Okapi, 21.10.’20
[4] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 21.10.20
[5] Cf Actualité.cd, 20.10.’20
[6] Cf Actualité.cd, 20.10.’20
[7] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 20.10.’20
[8] Cf Jordan Mayenikini – Actualité.cd, 21.10.’20
[9] Cf Actualité.cd, 22.10.’20
[10] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 20.10.’20
[11] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 21.10.20
[12] Cf Radio Okapi, 21.10.’20
[13] Cf Actualité.cd, 22.10.’20
[14] Cf Japhet Toko – Actualité.cd, 22.10.’20
[15] Cf Jordan Mayenikini – Actualité.cd, 22.10.’20
[16] Cf Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 23.10.’20
[17] [17] Cf Actualité.cd, 23.10.’20; Radio Okapi, 23.10.’20
[18] Cf RFI, 24.10.’20
[19] Cf Sonia Rolley – RFI, 26.10.’20
[20] Cf Hubert Leclerq – Lalibre.be / Afrique, 22.10.’20
[21] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 23.10.’20