INDICE
1. IL CASO DELLE “CASE PREFABBRICATE” NELL’AMBITO DEL PROGRAMMA DEI PRIMI 100 GIORNI DEL PRESIDENTE TSHISEKEDI
2. L’ISTRUZIONE DEL PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI KINSHASA-MATETE
3. NEL SOTTOBOSCO POLITICO DEL PROCESSO KAMERHE
1. IL CASO DELLE “CASE PREFABBRICATE” NELL’AMBITO DEL PROGRAMMA DEI PRIMI 100 GIORNI DEL PRESIDENTE TSHISEKEDI
Già nel mese di luglio 2019, la Società Civile si era detta preoccupata per i contratti firmati senza gara di appalto, per decine di milioni di dollari, nell’ambito del programma dei primi 100 giorni del Presidente Tshisekedi, in cui la costruzione di nuovi cavalcavia a Kinshasa rappresenta solo un piccola parte. La Società civile pone una particolare sul progetto di costruzione di 4.500 case prefabbricate in cinque province del paese, vendute dalla società turca Karmod.
Nell’ambito del programma dei primi 100 giorni, l’imprenditore libanese Jammal Samih si è aggiudicato due contratti per un totale di oltre 114 milioni di $ a favore di due sue società, Samibo e Husmal. Ciò che preoccupa la società civile è il fatto due contratti così importanti siano stati firmati in forma di comune accordo, cioè senza alcuna gara di appalto e che siano stati assegnati a due società recenti create da uno stesso imprenditore.
Per le ONG congolesi, l’aggiudicazione di questi due contratti è illegale, perché non rispetta le normative sulle procedure di appalto. Ma per il comitato di controllo del programma d’ugenza della presidenza, ciò che conta è il risultato. Se le due società sono recenti: Samibo è stata creata l’8 agosto 2018 e Husmal il 25 aprile 2019, Jammal Samih aveva già contribuito, in passato, alla modernizzazione della radio e della televisione nazionali. Il primo contratto è stato ereditato dal tempo del Presidente Joseph Kabila. Per il secondo, firmato nel mese di giugno 2019, la presidenza afferma di non avere avuto altra scelta, poiché, nel frattempo, Husmal era diventata il rappresentante esclusivo di Karmod nella Repubblica Democratica del Congo.[1]
La data fissata per l’inizio del processo relativo al caso delle “Case prefabbricate” è l’11 maggio 2020. Gli avvocati di Vital Kamerhe hanno ricevuto un mandato di comparizione. Secondo questo documento, in questo processo ci saranno tre co-imputati: Vital Kamerhe, capo del gabinetto del Presidente della Repubblica, Samih Jammal, amministratore generale delle società Samibo Congo Sarl e Husmal Sarl, Jeannot Muhima, responsabile dell’import-export alla presidenza.
Il progetto “Case prefabbricate” prevedeva la costruzione di 1.500 case popolari in cinque province e di altre 3.000 che dovevano essere utilizzate per migliorare le condizioni abitative di agenti dell’esercito e della polizia residenti a Kinshasa.
Samih Jammal e Vital Kamerhe sono accusati di appropriazione indebita di oltre 50 milioni di $ su circa 60 milioni di $ erogati tra marzo e agosto 2019, nell’ambito di questi due progetti del “programma dei primi 100 giorni”. Oltre all’appropriazione indebita dei 50 milioni di $ stanziati per i due progetti, Vital Kamerhe è anche accusato di aver beneficiato indirettamente, attraverso sua nuora Soroya Mpiana, di una concessione di un vasto terreno appartenente a Samih Jammal.
Secondo i suoi avvocati, non ci sono prove a sostegno di queste accuse: Vital Kamerhe non ha mai erogato personalmente un centesimo dal tesoro pubblico e non ha mai sentito parlare di alcuna donazione di terreno.[2]
L’11 maggio 2020, il capo del gabinetto del presidente Tshisekedi, Vital Kamerhe, dovrà presentarsi presso il Tribunale di Grande Istanza di Kinshasa-Gombe per l’inizio del processo. È accusato di appropriazione indebita di oltre 50 milioni di $, stanziati per il finanziamento di due progetti di installazione di 4.500 case prefabbricate, nell’ambito del Programma dei primi 100 giorni del nuovo Capo dello Stato, Félix Tshisekedi.
In seguito a un contratto firmato nel 2018 con l’allora ministro dello sviluppo rurale, Justin Bitakwira, l’imprenditore libanese Samih Jammal, 83 anni, doveva consegnare e installare 900 case prefabbricate costruite dalla società turca Karmod e destinate a nove delle ventisei province del paese. A causa delle elezioni del 2018, questo contratto di quasi 27 milioni di $, concluso peraltro senza alcuna gara di appalto, era stato congelato.
Da novembre 2018, Vital Kamerhe è il principale alleato di Félix Tshisekedi. Insieme hanno fondato la coalizione Cap pour le Changement (Cach) [Verso il Cambiamento] e, ufficialmente, hanno vinto le elezioni presidenziali. Uno diventa Capo dello Stato, l’altro è nominato capo del Gabinetto della Presidenza.
Justin Bitakwira, membro del Fronte Comune per il Congo (FCC), piattaforma politica dell’ex Presidente Joseph Kabila, è anche ex presidente del gruppo parlamentare di Vital Kamerhe e ministro dello sviluppo rurale. Egli si trova dunque costretto a collaborare con il suo ex capo, dopo averlo lasciato a favore di Joseph Kabila. Justin Bitakwira ammette che, «quando Tshisekedi e Kamerhe sono arrivati al potere, hanno suscitato molte speranze», ma subito aggiunge: «tuttavia, invece di considerarci come alleati, ci hanno trattato come dei corrotti e dei buoni a nulla. Pensavano di poter cambiare tutto in pochi mesi».
Quando, in gennaio 2019, Félix Tshisekedi viene proclamato vincitore delle elezioni presidenziali, Samih Jammal vi vede un’opportunità per fare nuovi affari. Secondo un osservatore della politica congolese, «In gennaio 2019, dopo le elezioni del nuovo presidente, i figli di Samih Jammal hanno ritenuto che era arrivato il tempo per chiedere allo Stato congolese il pagamento del montante stabilito nel contratto del 2018 e, attraverso un amico, si sono messi in contatto con un nipote di Vital Kamerhe, capo del Gabinetto della Presidenza. Versione naturalmente smentita dall’entourage dello stesso Vital Kamerhe.
Contratti senza alcuna “base giuridica”
Justin Bitakwira, ex ministro dello sviluppo rurale e membro della coalizione di Joseph Kabila, ha firmato la maggior parte degli atti amministrativi relativi al contratto siglato, nel 2018, con Samibo Congo SARL, una delle società di Samih Jammal. Nel mese di aprile 2019, ha accettato di firmare anche un addendum al primo contratto con l’imprenditore libanese. Aumenta il quantitativo della richiesta, riduce il numero delle province interessate e raddoppia l’importo delle spese. Questa volta, si prevede la l’installazione di 1.500 case popolari prefabbricate (900 iniziali e 600 aggiuntive) in sole cinque province, per un importo di 57,5 milioni di dollari (invece dei 26,7 precedenti) . «Era il mio segretario generale che era stato designato come punto focale della presidenza e che mi trasmetteva le istruzioni», ha detto Bitakwira, precisando di non essere mai stato consultato dalla presidenza: «Quando il pubblico ministero mi ha detto che Vital Kamerhe mi aveva citato per ben dieci volte come responsabile di tutto ciò, sono rimasto sbalordito».
Due mesi dopo la firma di questo emendamento, il 18 giugno 2019, la Direzione Generale di Controllo degli Appalti Pubblici (DGCMP) non autorizza le modifiche apportate al contratto.
La DGCMP afferma che «l’emendamento modifica in modo significativo il contratto iniziale, fino al punto di cambiarne la natura stessa» e che, «nel dossier presentato, manca addirittura il preventivo del progetto da parte dell’imprenditore». Secondo una fonte giudiziaria, «si è creato una terribile confusione tra il progetto delle 900 case di Bitakwira e il progetto delle 1.500 case del programma dei 100 giorni, in assenza di qualsiasi base giuridica».
Oltre 30 milioni di $ prelevati in contanti
Tra il 18 marzo e il 21 maggio 2019, la Banca Centrale del Congo trasferisce, in nove rate, 57,5 milioni di $, da un conto del Tesoro dello Stato presso la banca commerciale Rawbank, a quello di Samibo Congo Sarl, attivo presso la medesima banca. Si tratta del versamento dell’importo totale del progetto, effettuato senza che le prime case prefabbricate siano consegnate al destinatario in Congo. Sul totale dell’importo erogato, una fonte giudiziaria ha dichiarato che, «il Pubblico Ministero ha potuto rintracciare i bonifici bancari solo per poco più di otto milioni di dollari. Nessuna traccia dei restanti 50 milioni circa … Due ipotesi. La prima: l’impresa turca Karmod ha accettato pagamenti in contanti o per altre vie non citate nel contratto, ciò che sarebbe illegale. La seconda: il denaro è stato intascato da qualcuno». Secondo questa fonte giudiziaria, Samih Jammal o chi per lui ha ritirato almeno 35 milioni di $ in contanti e a più riprese quando, nella Repubblica Democratica del Congo, i prelievi di contanti sono limitati a 10.000 dollari.
Inoltre, gli avvocati di Samih Jammal, amministratore generale di Samibo Congo SARL, avrebbero presentato una licenza di importazione per un importo di soli 12 milioni di $. Secondo Tshitsha Bolokombe, uno degli avvocati di Jammal Samih, «il nostro cliente è un commerciante e ha conti bancari dappertutto. Alcuni ordini potrebbero essere stati soddisfatti al di fuori del circuito bancario pattuito».
Inoltre, ancor prima che il primo ordine sia eseguito, nel 2019 Samih Jammal si aggiudica un secondo contratto. Senza passare attraverso alcuna gara d’appalto, ottiene un nuovo ordine di 57,5 milioni di $, inoltrato dalla Presidenza. Questa volta si tratta di un accordo consensuale per la consegna di 3.000 case prefabbricate destinate ad agenti dell’esercito e della polizia residenti a Kinshasa. Secondo un avvocato di Samih Jammal, «Quando l’esecuzione del primo progetto era ancora in corso, la Presidenza ha inoltrato un nuovo ordine, perché il Capo dello Stato era contento del lavoro svolto».
Vital Kamerhe si difende
Nessun contratto legalmente valido sarà stipulato con Husmal SARL, una società creata dall’imprenditore libanese il 25 aprile 2019, appena 20 giorni prima dell’emissione di una sua fattura. In una lettera inviata al Pubblico Ministero il 13 aprile 2020, Vital Kamerhe si è giustificato facendo riferimento alla “assenza, presso gli organi della Presidenza, di un comitato per gli appalti pubblici” e a un “governo arrivato a fine mandato e, quindi, dimissionario e limitato alle pratiche correnti”. In effetti, il 20 maggio 2019, il Primo Ministro Bruno Tshibala, ex compagno di partito di Félix Tshisekedi e alleato di Joseph Kabila, ha accettato di rassegnare le dimissioni.
Per quanto riguarda il primo contratto e l’addendum aggiunto, Vital Kamerhe afferma di aver fatto tutto quanto previsto dalle nome e fornisce circa 33 documenti giustificativi: «Su un totale di 1.500 case prefabbricate ordinate, 1.200 (l’80% del totale) sono già state consegnate dalla società Samibo e le altre 300 sono già fabbricate, anche se ancora in attesa di essere caricate e spedite verso il porto di Matadi». Secondo Vital Kamerhe, se non arrivano alla loro destinazione finale, è perché la maggior parte dei container sarebbe ancora bloccata nei porti di Lobito e Dar es Salaam, «a causa della mancanza di pagamento delle spese da parte del governo», tra cui delle spese amministrative e quelle relative al trasporto verso le cinque province interessate.
A proposito del secondo contratto relativo a 3.000 case prefabbricate, Vital Kamerhe è altrettanto irremovibile. Dei 57,5 milioni di $ annunciati, solo 2.137.500 di $ sono stati effettivamente erogati, pari al 3,75% dell’importo totale. Corrispondentemente a tale versamento, la seconda impresa di Jammal Sammih, Husmal, avrebbe già consegnato 31 container di materiali al porto di Matadi.
Tuttavia, una fonte giudiziaria assicura che «il Pubblico Ministero detiene tutti i tracciati dei trasferimenti bancari sui conti di Samih Jammal, Vital Kamerhe e dei suoi parenti. Se dico che hanno intascato del denaro, è che l’anno fatto». Secondo la giustizia congolese, la nuora di Vital Kamerhe, Soraya Mpiana, ha ricevuto in dono un terreno di 5.000 metri quadrati appartenente a Samih Jammal. Ma gli avvocati di Vital Kamerhe e di Samih Jammal smentiscono tale informazione. Tuttavia, il Pubblico Ministero sembra detenere un certificato di registrazione di proprietà di quel terreno a nome di Soraya Mpiana e datato 8 giugno 2019.
Contratti gonfiati
Le prime case prefabbricate vengono consegnate in agosto 2019 e destinate al campo militare Tshatshi di Kinshasa. Il comitato di controllo sull’attuazione del programma dei primi 100 giorni del Presidente Tshisekedi, istituito due mesi prima, ha accolto con favore questa informazione. Tuttavia, l’ordine è lungi dall’essere corrispondente alle fatture presentate. Samibo Congo SARL doveva consegnare delle “case con due camere da letto” ad un prezzo unitario di 35.000 $ e altre “case prefabbricate a due piani” a 45.000 $ ciascuna.
Sul suo sito web, la società produttrice turca, Karmod, le case simili a quelle installate nel campo militare Tshatshi di Kinshasa sono di due tipi: 51 m² con una camera da letto e 91 m² con due camere da letto (a due piani). Questi sono i tipi più economici del catalogo messo in linea. In Turchia, costano rispettivamente 5.500 e 13.000 dollari, tasse incluse. A questo, si aggiungerebbe il costo del trasporto fino al porto di Matadi: 5.000 $ per casa e per container. È ciò che appare su due preventivi forniti al Pubblico Ministero dagli avvocati difensori di Samih Jammal. Il rappresentante di Karmod nella RD Congo aggiunge costi di installazione che moltiplicano per sette il prezzo delle case con una camera da letto e per tre quello delle case a due piani. Samibo Congo SARL fattura tutto, inclusa l’installazione delle porte (interne ed esterne) a un prezzo di 10 dollari ciascuna.
Nella sua lettera del 13 aprile 2020, Vital Kamerhe cerca di giustificare questi prezzi: «Samibo Congo SARL ha dovuto sostenere i costi di acquisto delle case, del loro trasporto fino ai porti di arrivo, la costruzione delle fondazioni o delle basi su cui installare le case, gli stipendi degli operai turchi che devono montare le case, i salari dei manovali locali e altre varie spese». Stranamente, la seconda società di Samih Jammal, Husmal SARL, non applica le stesse tariffe e fattura queste case tra i 16.000 e i 19.000 dollari, incluse tutte le spese. È ciò che spiega perché anche questo secondo contratto raggiunge i 57,5 milioni di $, ma per il doppio delle case.
Nessun effettivo controllo sulla spesa pubblica
Il 7 febbraio 2020, in Consiglio dei Ministri, il Presidente della Repubblica Félix Tshisekedi ha annunciato la sua intenzione di avviare un’inchiesta sui cantieri in corso nell’ambito del programma dei 100 giorni. L’inchiesta si trasforma in procedura giudiziaria su proposta del Vice Primo Ministro incaricato della giustizia, membro della coalizione prossima a Joseph Kabila.
«Riconosco che nelle operazioni di controllo ci sono state molte carenze», ammette Nicolas Kazadi, ex coordinatore del comitato di monitoraggio del programma dei 100 giorni e ancora ambasciatore itinerante di Félix Tshisekedi. Secondo una fonte giudiziaria, «è vero che i ministri del bilancio e delle finanze di quel periodo e il governatore della Banca Centrale avrebbero di che rendere conto … Il Procuratore generale è in possesso di certe informazioni, ma non può far arrestare dei ministri, perché possono essere interpellati solo dalla Corte di cassazione».
Com’è possibile erogare 60 milioni di dollari dai conti del Tesoro, senza un contratto e un preventivo legalmente validi e ritirare questi fondi essenzialmente in contanti?
Il caso non sorprende Valery Madianga, membro dell’Osservatorio delle Spese Pubbliche (ODEP): «Questo non è un fatto nuovo nel nostro paese. Le autorità sono sempre state abituate a erogare fondi senza previo contratto e senza alcuna gara d’appalto e a prelevare denaro in contanti per decine di milioni». Secondo l’ODEP, la novità è che ora il sistema giudiziario e la stampa possono ottenere le prove di queste irregolarità. Con il presidente Tshisekedi, è vero che questi fatti si sono ripetuti, ma è altrettanto vero che si stanno intraprendendo dei processi finora ritenuti impossibili.
Diritto di risposta
Il partito di Vital Kamerhe respinge l’idea che si tratti di un inizio della lotta contro la corruzione e denuncia una procedura giudiziaria a orologeria, messa in moto contro un futuro candidato alle elezioni presidenziali del 2023: «Se non si trattasse di un “processo politico”, sul banco degli accusati si vedrebbero anche Yav, Kangudia, Mutombo, Kazadi e persino Félix Tshisekedi. Anch’essi sono tutti responsabili della gestione del programma dei 100 giorni. Vital Kamerhe non ha mai pagato un centesimo da solo, non era di sua competenza».
Secondo gli avvocati della difesa di Kamerhe, la catena della spesa pubblica è stata rigorosamente rispettata. Essi hanno inoltre insistito sul fatto che, per quanto riguarda la progettazione e l’attuazione del programma dei 100 giorni e, in particolare, la regolarizzazione della procedura degli appalti, tutto è stato interamente gestito dal Ministro dello sviluppo rurale.
Sempre secondo la difesa di Vital Kamerhe, la Presidenza aveva previamente consultato i dipartimenti statali autorizzati e la Direzione generale del controllo degli appalti pubblici e li aveva già informati sul fatto che si sarebbero iniziati i lavori e che, in seguito, si sarebbe passati alla regolarizzazione di eventuali carenze.[3]
2. L’ISTRUZIONE DEL PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI KINSHASA-MATETE
L’8 aprile 2020, Vital Kamerhe, direttore del gabinetto del Presidente Félix Tshisekedi, si è recato alla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Kinshasa – Matete, per essere ascoltato sulla questione della gestione dei fondi assegnati al programma dei primi 100 giorni del Presidente della Repubblica.
Si tratta di un programma che copre vari settori, tra cui l’accesso all’elettricità e all’acqua potabile, la salute, l’istruzione e le infrastrutture stradali. Il budget annunciato è di 497 milioni di $. Ma il problema è che l’ultimo governo di Joseph Kabila guidato da Bruno Tshibala viene dichiarato “uscente” e quindi tutto è gestito in via provvisoria dalla presidenza della Repubblica. Alcuni mesi dopo, cominciano ad apparire i primi sospetti di corruzione. Si riferiscono, in primo luogo, all’opacità della procedura di appalto dei contratti, molti dei quali sono stati conclusi senza alcuna gara di appalto e in maniera prettamente consensuale. Giorno dopo giorno, i lavori sui cantieri rallentano e aumentano i sospetti di malversazione e appropriazione indebita di denaro pubblico.
Alla Procura generale della Repubblica e nei ranghi del partito di Félix Tshisekedi, si dice che, «se Vital Kamerhe è stato interrogato è perché «non solo è colui che dava gli ordini relativi alle spese della presidenza, ma anche perché, fino a settembre 2019, è stato lui a controllare le finanze del programma d’urgenza dei primi 100 giorni del Presidente Tshisekedi».
Dopo cinque ore di interrogatorio, poco prima delle 19:00, Vital Kamerhe è stato arrestato e trasferito al carcere di Makala.
Il suo partito, l’UNC, denuncia una campagna di demonizzazione e di discredito orchestrata contro il suo leader, che si suppone essere il successore di Félix Tshisekedi per le elezioni presidenziali del 2023, secondo un accordo concluso tra il campo di Tshisekedi e quello di Kamerhe, nel mese di novembre 2018 a Nairobi, prima delle elezioni presidenziali del 30 dicembre 2018.[4]
La giustizia sospetta l’esistenza di un sistema di “retrocommissioni”. Nel caso delle case popolari prefabbricate, ad esempio, si sospetta che Vital Kamerhe abbia gonfiato l’importo delle fatture. Sotto Joseph Kabila, il prezzo di 900 case era di circa 26 milioni di $ (29.000 $ per unità). Sotto la guida del direttore del suo gabinetto, l’amministrazione Tshisekedi aveva deciso di ordinare 600 case aggiuntive (pari a un totale di 1.500) per un importo di circa 57 milioni di $ (38.000 $ per unità), sempre presso la stessa società Samibo Congo Sarl dell’imprenditore libanese Jammal Samih. Quest’ultimo non sarebbe stato in grado di giustificare l’uso di quasi metà delle somme versate dallo Stato sul suo conto presso RawBank. Tuttavia, egli ha potuto ritirare tale somma, il cui pagamento era stato convalidato dalla direzione della banca che avrebbe assicurato di aver ricevuto il via libera da Vital Kamerhe.[5]
Il 13 aprile, gli avvocati di Vital Kamerhe hanno inviato al procuratore un dossier di 26 documenti relativi al caso, tra cui una nota esplicativa firmata dallo stesso Vital Kamerhe.
Il primo argomento di Vital Kamerhe: non è stato lui a firmare il primo contratto firmato nel 2018 con Samibo, per l’acquisto di (1.500) case prefabbricate. È l’ex ministro dello sviluppo rurale. Includendolo nel programma dei 100 giorni, Kamerhe dichiara di aver agito secondo il “principio di continuità dello Stato”.
Secondo argomento di Vital Kamerhe: tra marzo e maggio 2019, il governo ha effettuato otto pagamenti corrispondenti a 57 milioni di $, importo totale del contratto. Sempre secondo lui, Samibo ha già consegnato l’80% dell’ordine inoltrato … Ma per le province del Kasai Centrale e del Sud Kivu, il governo non ha ancora pagato per le spese di consegna. Ne consegue che 600 case prefabbricate restano ancora bloccate nei porti di Lobito e Dar es Salaam.
Per quanto riguarda le 3.000 case ordinate alla società Husmal, di proprietà dello stesso imprenditore, Vital Kamerhe ammette di essere stato lui a prendere l’iniziativa e ad aver inoltrato la richiesta di autorizzazione per stipulare un contratto di “comune accordo”. Egli non parla più di “continuità dello Stato”, ” governo uscente” e “delega di potere”. Senza presentare alcun contratto, Kamerhe afferma che poco più di due milioni di dollari sono stati erogati in agosto 2019 e che 37 container di materiali sono già stati consegnati a Matadi.[6]
Il 25 aprile, il procuratore generale presso la Corte d’appello di Kinshasa-Matete ha concluso le indagini relative al progetto delle case prefabbricate e ha trasmesso il dossier al Tribunale di Grande Istanza di Kinshasa-Gombe. Nell’ambito dell’inchiesta sul programma dei 100 giorni, il Pubblico Ministero ha ritenuto che esistano gravi indicazioni di colpevolezza nei confronti di Vital Kamerhe, capo del gabinetto del presidente Tshisekedi, e di Jammal Samih, proprietario delle società Samibo e Husmal. Sono sospettati sovrafatturazione e appropriazione indebita di parte dei fondi.[7]
3. NEL SOTTOBOSCO POLITICO DEL PROCESSO KAMERHE
È uno tsunami politico quello che sta colpendo l’arena politica congolese. Il potente direttore del gabinetto del presidente Félix Tshisekedi, Vital Kamerhe, è stato arrestato e messo in detenzione preventiva, dopo un interrogatorio, di oltre cinque ore, da parte della Procura della Repubblica di Kinshasa, circa l’aggiudicazione di appalti pubblici e l’erogazione di fondi destinati al programma dei primi 100 giorni del presidente Tshisekedi. La famigerata prigione centrale di Makala non ha mai ospitato un prigioniero così prestigioso. Questo atto giudiziario avrà pesanti ricadute politiche.
Vital Kamerhe è un grande alleato politico di Félix Tshisekedi. A Nairobi, prima delle elezioni presidenziali del 2018, Tshisekedi e Kamerhe avevano concluso un accordo politico: Vital Kamerhe ritirava la sua candidatura a favore di quella di Tshisekedi, con la condizione che, in occasione delle prossime elezioni presidenziali del 2023, Tshisekedi avrebbe sostenuto la candidatura di Kamerhe. Dopo le elezioni del 2018, Vital Kamerhe, presidente dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC) è stato nominato capo del gabinetto del presidente.
Ma l’arrivo di questo “intruso” nella prima cerchia di Félix Tshisekedi è stato mal digerito dai vertici del partito di Tshisekedi, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), che si sono visti derubati di un posto strategico e di un collegamento diretto con il nuovo Capo dello Stato. Vital Kamerhe è così diventato oggetto di molte gelosie da parte dei “falchi” dell’UDPS.
Da parte dell’UNC, se si afferma che la detenzione provvisoria di Vital Kamerhe non equivale a un atto d’accusa e ancor meno a una condanna, si vede comunque una strumentalizzazione politica della giustizia. Se alcuni collaboratori di Félix Tshisekedi non hanno mai gradito la presenza di Vital Kamerhe negli uffici della presidenza, anche alcuni kabilisti non sono poi tanto scontenti delle vicissitudini giudiziarie di Vital Kamerhe, loro ex alleato e spesso da loro descritto come un “traditore”. In ogni caso, la detenzione di Vital Kamerhe sta rimescolando le carte della maggioranza presidenziale (FCC / CACH) e dell’alleanza UDPS-UNC all’interno della coalizione CACH. Già da diversi mesi, alcuni membri dell’UDPS chiedono la cessazione dell’accordo di Nairobi concluso con l’UNC, proprio per poter presentare una propria candidatura alle prossime elezioni presidenziali del 2023. L’arresto di Vital Kamerhe e la sua possibile condanna potrebbero impedirgli di presentare la propria candidatura, lasciando in tal modo la via libera a Félix Tshisekedi per ricandidarsi per un secondo mandato presidenziale.
In questo grande tsunami politico, il Presidente Félix Tshisekedi si trova in una posizione alquanto scomoda. “L’affare Kamerhe” lo può indebolire ma anche rafforzarlo.
La detenzione preventiva di uno dei suoi principali collaboratori lo potrebbe indebolire.
Prima di tutto, un’eventuale condanna di Vital Kamerhe per corruzione, malversazione e appropriazione indebita di denaro pubblico potrebbe intaccare la credibilità della stessa Presidenza.
In secondo luogo, il Presidente Tshisekedi si ritroverebbe privato del leader del suo principale alleato politico, l’UNC. Ne deriverebbe che, nel suo permanente braccio di ferro con l’FCC di Joseph Kabila, sia in Parlamento che all’interno del Governo, l’appoggio politico dell’UNC potrebbe diminuire o, addirittura, venir meno.
Internamente, la scomparsa di Vital Kamerhe dalla scena politica dovrebbe soddisfare i membri più radicali dell’UDPS. Tshisekedi potrebbe così riconciliarsi con la base del suo partito. In questo caso, il Presidente Tshisekedi potrebbe trarne un beneficio.
Infine, l’assenza forzata di Vital Kamerhe nella vita politica del Paese sarebbe un’opportunità per Félix Tshisekedi di scegliere un altro membro dell’UNC (o dell’UDPS) come capo del gabinetto presidenziale, in sostituzione di Vital Kamerhe.[8]
Al centro del processo Kamerhe, l’aspetto politico potrebbe avere un ruolo chiave, perché questa spettacolare operazione della giustizia, che finora ha sempre chiuso gli occhi davanti ai molteplici casi di corruzione, malversazione e appropriazione indebita di denaro pubblico, poteva essere intrapresa solo in un contesto politico molto specifico: quello delle alleanze innaturali. Il clima di reciproca sfiducia tra l’UDPS di Félix Tshisekedi e l’UNC di Vital Kamerhe, tra l’alleanza CACH di Tshisekedi e l’FCC di Kabila, ha creato un clima deleterio favorevole a molti colpi bassi e a innumerevoli accuse. Il vaso di Pandora è ormai stato aperto e nessuno sa come chiuderlo … senza subire conseguenze. Mentre le alleanze UDPS-UNC e CACH-FCC stanno subendo una profonda crisi, in mezzo c’è il presidente Félix Tshisekedi che si ritrova indebolito. Privato di Vital Kamerhe, il presidente della Repubblica deve trovare un nuovo alleato che lo appoggi nella sua permanente resa dei conti con Joseph Kabila. All’UDPS, le vicissitudini giudiziarie di Vital Kamerhe, percepito come un intruso e un ostacolo, sono state accolte con un certo sollievo, nella speranza di essersi sbarazzati di un concorrente nelle prossime elezioni presidenziale del 2023. Ma questo calcolo a breve termine spinge l’attuale Capo dello Stato un po’ più tra le braccia di Joseph Kabila, che guarda al caso Kamerhe come un’occasione per regolare i conti con un suo ex alleato. Ma i kabilisti dovrebbero diffidare del processo Kamerhe, che potrebbe diventare l’occasione di una grande operazione “mani pulite” che implicherebbe non solo l’entourage di Félix Tshisekedi, ma anche quello di Joseph Kabila.[9]
[1] Cf RFI, 18.07.’19
[2] Cf RFI, 29.04.’20
[3] Cf Sonia Rolley – RFI, 30.04.’20 http://www.rfi.fr/fr/afrique/20200430-rdc-vital-kamerhe-et-les-50-millions-dollars-samibo
[4] Cf Pascal Mulegwa – RFI, 08.04.’20; Patient Ligodi – RFI, 09.04.’20
[5] Cf RFI, 09.04.’20
[6] Cf Sonia Rolley – RFI, 25.04.’20
[7] Cf Sonia Rolley – RFI, 25.04.’20
[8] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 09.04.’20
[9] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 10.05.’20