Congo Attualità n. 399

INDICE

1. RAPPORTO SUI CONFLITTI NEL TERRITORIO DI DJUGU (ITURI) – DA DICEMBRE 2017 A SETTEMBRE 2019
2. VIOLENZE A DJUGU E A MAHAGI (ITURI): L’IMPLICAZIONE DELLA MILIZIA CODECO

1. RAPPORTO SUI CONFLITTI NEL TERRITORIO DI DJUGU, PROVINCIA DI ITURI

DA DICEMBRE 2017 A SETTEMBRE 2019

 

Ufficio congiunto delle Nazioni Unite per i diritti umani
Hcdh – Monusco
Gennaio 2020
[1]

0. RIASSUNTO

Da dicembre 2017, la provincia di Ituri, e più precisamente il territorio di Djugu, è colpita da una serie di violenze commesse nel contesto di tensioni interetniche esistenti tra le comunità di Lendu e Hema, violenze che hanno causato varie centinaia di vittime e la conseguente fuga di gran parte della popolazione locale.
Da dicembre 2017 a settembre 2019, almeno 701 persone sono state uccise, 168 ferite e altre 142 sono state vittime di violenze sessuali. Nei diversi villaggi del territorio di Djugu, sono stati documentati almeno 218 casi di estorsioni, saccheggi e / o distruzioni di case, scuole e centri sanitari.
La violenza ha causato un vasto spostamento degli abitanti del territorio di Djugu. A partire da febbraio 2018, quasi 57.000 persone si sono rifugiate in Uganda e oltre 556.356 altre si sono trasferite nei territori limitrofi e nei dintorni della città di Bunia.
Molte vittime sono state uccise o ferite in occasione di attacchi perpetrati nel territorio di Djugu e commessi da gruppi di persone armate appartenenti presumibilmente alla comunità dei Lendu contro varie località abitate dagli Hema. A volte, i corpi di molte vittime Hema sono stati mutilati, smembrati e portati via dagli attaccanti Lendu.
D’altra parte, tra dicembre 2017 e maggio 2018, dei membri della comunità Hema hanno reagito organizzando azioni di rappresaglie contro dei membri della comunità Lendu, attaccando e incendiando i loro villaggi.
Gli attacchi perpetrati da membri della comunità Lendu sembrano essere stati pianificati e organizzati, allo scopo di infliggere perdite e traumi ai membri della comunità Hema che vivono nel territorio di Djugu, al fine di impedire loro di tornare nei loro villaggi e di riprendere il controllo delle loro terre.
Una delle maggiori cause degli attacchi è, infatti, il controllo delle terre da parte dei Lendu. Questi ultimi considerano infatti le terre del territorio di Djugu come loro proprietà ancestrale ed esigono una demarcazione netta e chiara tra loro e le popolazioni Hema. La barbarie che caratterizza gli attacchi (la decapitazione di donne e bambini con dei machete, lo smembramento dei cadaveri, il portare via delle parti del corpo delle vittime come trofei di guerra) riflette la volontà degli aggressori Lendu di traumatizzare permanentemente le popolazioni di Hema, costringendole a fuggire e a non tornare mai più nei loro villaggi.

I. CONTESTO

A. Origini delle tensioni tra comunità Lendu e Hema

La provincia dell’Ituri (65.658 km2) si trova nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo.
Ha 5 territori (Djugu, Aru, Mahagi, Irumu e Mambasa), 45 collettività e 5 città.
Nel 2015, la sua popolazione era stata stimata sui circa 5.281.533 abitanti. Essa è composta da varie comunità: gli Alur (27%), nel territorio di Mahagi; i Lendu (24%) e gli Hema (18%) nei territori di Irumu e di Djugu; e i Lugbara (12%), nel territorio di Aru.
I Lendu (principalmente coltivatori) e gli Hema (principalmente allevatori) si sono scontrati più volte per questioni di terre. Complessivamente, i Lendu e gli Hema vivono separatamente nei rispettivi distretti (per gli Hema) e settori (per i Lendu). Tuttavia, le due comunità coesistono in numerosi villaggi. In altre località, piccole comunità di Hema sono circondate da villaggi abitati prevalentemente da Lendu. Inoltre, in diverse zone, gli Hema affittano e coltivano terreni appartenenti ai Lendu.
Tra il 1999 e il 2003, la provincia dell’Ituri fu l’epicentro di violenti scontri e massacri tra le due comunità, Lendu e Hema. Comunemente noto come “il conflitto dell’Ituri” o come “la guerra dell’Ituri” e sorto inizialmente a proposito dei confini delle terre, questo conflitto si è poi trasformato rapidamente in guerra etnica.
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, tra gennaio 2002 e dicembre 2003, erano state uccise circa 8.000 persone, oltre 600.000 erano fuggite dai loro villaggi di origine, migliaia di bambini dai 7 ai 17 anni erano stati reclutati con la forza o volontariamente da dei gruppi armati, innumerevoli donne erano state sequestrate e sottoposte a violenze sessuali e interi villaggi erano stati distrutti. Infine, il conflitto intercomunitario aveva assunto un carattere politico ed economico in tutto l’Ituri.

B. Prima ondata delle violenze: scontri inter-comunitari (dicembre 2017 – maggio 2018)

Dopo vari anni di relativa calma, due incidenti avvenuti nel territorio di Djugu in giugno e in dicembre 2017 hanno scatenato una nuova ondata di violenze intercomunitarie da dicembre 2017 a maggio 2018.
Il 10 giugno 2017, la morte di un sacerdote della parrocchia di Drodro è stata il punto di cristallizzazione delle tensioni tra le due comunità dei Lendu e degli Hema. Per i Lendu, si sarebbe trattato di un omicidio perpetrato presumibilmente dal parroco e vice parroco, entrambi membri della comunità Hema. Questi due sacerdoti furono arrestati il 12 giugno 2017 e il Procuratore della Repubblica ordinò la loro liberazione il 22 giugno 2017. La comunità Lendu considerò la loro liberazione come un atto di ingiustizia e di provocazione.
Il 16 dicembre 2017, un uomo della comunità Lendu del villaggio di Tete fu picchiato all’ingresso del mercato di Uzi da un gruppo di giovani della comunità Hema provenienti da Maze. Questo incidente sarebbe servito come pretesto per regolare i conti tra i membri delle due comunità.
A partire da questa data e fino a maggio 2018, il territorio di Djugu divenne teatro di atti di violenza tra i membri delle comunità Hema e Lendu.
Il BCNUDH ha potuto confermare che gli attacchi sono stati condotti principalmente da membri della comunità Lendu. Spesso accompagnati da donne e bambini e generalmente di notte, gli assalitori lendu attaccavano i villaggi hema organizzati in gruppi abbastanza numerosi (da 100 a 300 persone) e muniti principalmente di armi bianche (machete, frecce, lance).
Il BCNUDH ha pure documentato atti di violenza commessi dagli Hema in risposta agli attacchi subiti dai Lendu.

C. Seconda ondata di violenze: attacchi contro l’esercito governativo (settembre 2018 – maggio 2019)

Tra settembre 2018 e maggio 2019, il territorio di Djugu è stato contrassegnato da continui attacchi alle postazioni dell’esercito congolese da parte di assalitori Lendu.
Da settembre 2018 a maggio 2019, si sono riscontrati 24 attacchi contro postazioni dell’esercito e della polizia. Almeno 72 militari e 4 agenti di polizia sono stati uccisi, 39 militari sono stati feriti e una certa quantità di armi portate via. Non è escluso che le armi e le munizioni rubate dagli aggressori Lendu siano poi state utilizzate per perpetrare gli attacchi contro la popolazione Hema registrati a partire dall’inizio di giugno 2019.

D. Terza ondata di violenze (a partire da giugno 2019)

Il 10 giugno 2019, in un’imboscata, quattro membri della comunità Lendu, tra cui un
influente commerciante della località di Kobu, nella collettività di Walendu Djatsi, sono stati assassinati da uomini armati non identificati nel villaggio di Zibiti, distretto di Mambisa. Dei membri della comunità Lendu hanno accusato gli Hema di essere gli autori di questo assassinio. Questo incidente ha scatenato nuovi attacchi a partire dal mese di giugno.
Tra il 10 e il 14 giugno 2019, in diverse località dei territori di Djugu e Mahagi, degli assalitori Lendu hanno effettuato una serie di attacchi contro villaggi e campi sfollati della comunità Hema.
In seguito a questa nuova ondata di violenze, le popolazioni Hema si sono spostate in massa verso altre zone più sicure della provincia.
In seguito alle operazioni militari condotte dall’esercito governativo contro gli assalitori lendu nel territorio di Djugu, in luglio e agosto 2019 si è constatata una relativa calma.
Tuttavia, all’inizio di settembre 2019, gli attacchi Lendu contro gli Hema sono aumentati in modo significativo e, in alcuni casi, hanno preso di mira i campi sfollati hema del territorio di Djugu, in particolare quelli di Roo, Bule e Drodro. I villaggi hema attaccati sono geograficamente vicini a quelli dei Lendu.

E. I presunti autori degli attacchi

i. Organizzazione degli attaccanti lendu

Per lungo tempo, il gruppo degli aggressori Lendu ha mantenuto una certa ambiguità sulla sua identità e la sua struttura organizzativa.
Per quanto riguarda il periodo degli scontri intercomunitari avvenuti tra dicembre 2017 e maggio 2018, le informazioni raccolte rivelano un livello abbastanza limitato di organizzazione degli attacchi compiuti dai membri della comunità Lendu contro i membri della comunità Hema. È a partire da settembre 2018 che gli attacchi effettuati dagli assalitori Lendu denotano un significativo livello organizzativo, che si è gradualmente rafforzato durante la seconda e la terza fase delle violenze.
La modalità operativa, il carattere pianificato e organizzato degli attacchi e l’equipaggiamento utilizzato da settembre 2018 in poi (armi di grosso calibro, radio, ecc.) lasciano pochi dubbi sull’esistenza di un gruppo armato / milizia.
Un membro della comunità Lendu arrestato dall’esercito governativo nel mese di maggio 2019 e identificato come capo di un gruppo locale ha dichiarato di essere stato reclutato, in febbraio 2018, da una “associazione giovanile”. Secondo le sue dichiarazioni, il suo gruppo disporrebbe di campi di addestramento nella foresta di Vu, a Masungu (territorio di Walendu-Tatsi) e sarebbe affiliato alla Cooperativa per lo Sviluppo Economico del Congo (CODECO) guidata da un certo “Ngudjolo”. Inizialmente denominata CODEZA (Cooperativa per lo Sviluppo Economico dello Zaire), la CODECO era originariamente una cooperativa agricola di solidarietà contadina attiva nel distretto Walendu Bindi e fu fondata da Bernard Yonga Tshopena Kakado, prima del 1999, data di  inizio della guerra dell’Ituri. Kakado sarebbe poi diventato un signore della guerra membro della milizia FRPI. Condannato per crimini di guerra il 9 agosto 2010, morì in prigione un anno dopo. Per quanto riguarda “Ngudjolo”, si sono usati diversi nomi per designarlo, tra cui Justin, Mathieu, Innocent e Mateso.
In giugno 2019, su una radio locale, “Ngudjolo” ha dichiarato di essere il capo del “gruppo armato della foresta di Wago”, un gruppo di 2.350 uomini organizzati, armati e addestrati per difendere i Lendu dagli Hema, accusati di star preparando il ritorno di un loro influente capo accompagnato da un gruppo di uomini armati. Si tratterrebbe del capo “Kawa”, di Tchomia, che era stato espulso dalla provincia nel 2002, in seguito alla guerra dell’Ituri.
Alcuni giorni dopo, egli avrebbe inviato al governatore della provincia una comunicazione scritta per chiedere, come condizioni per un’eventuale resa, la creazione di una zona neutra tra le due comunità Lendu e Hema, la cessazione delle operazioni militari, l’allestimento di un centro di accoglienza – assistenza per i membri del gruppo e la liberazione dei prigionieri Lendu.
Successivamente, nel mese di ottobre 2019, una fazione di aggressori Lendu ha inviato un altro messaggio alle autorità provinciali, per chiedere l’apertura di trattative volte alla sua integrazione nell’esercito regolare.
Infine, recentemente e più precisamente in ottobre 2019, “Ngudjolo” ha affermato, attraverso un comunicato stampa, di essere il capo dello stato maggiore di un gruppo armato denominato “Unione dei Rivoluzionari per la Difesa del Popolo Congolese” (URDPC). Questo comunicato stampa è stato indirizzato ai capi tradizionali e alle forze vive del raggruppamento di Buba, settore Walendu Pitsi del territorio di Djugu, per chiedere che la popolazione fornisse, settimanalmente, la somma di 150.000 franchi congolesi e dei viveri per la razione alimentare della sua 2ª brigata basata a Linga, in attesa dell’esito delle discussioni tra questo gruppo e il governo, in vista di un’eventuale resa dei suoi uomini. Non è escluso che esista un legame tra gli attacchi commessi nel territorio di Djugu da settembre 2018 e il gruppo armato recentemente denominato URDPC.
Tutte queste informazioni indicano che si potrebbe trattare non solo di uno, ma di più gruppi armati composti da membri della comunità Lendu: la CODECO e l’URDPC.

ii. Modalità operativa degli aggressori Lendu

La prima fase delle violenze presenta una modalità operativa più o meno “classica” di conflitto tra comunità, con attacchi e reazioni da parte dei membri delle due comunità Lendu e Hema. Durante questa fase, non vi è stata alcuna constatazione di uso di armi belliche, poiché gli attaccanti hanno utilizzato armi bianche e fatto ricorso alla strategia degli incendi dei villaggi.
Nella seconda fase delle violenze si è verificato un cambiamento nelle modalità operative e negli obiettivi degli attacchi perpetrati dagli assalitori Lendu. Da settembre 2018, questi ultimi hanno dimostrato la capacità di effettuare attacchi pianificati e simultanei che hanno preso di mira le forze militari governative che erano state inviate per porre fine alle violenze intercomunitarie e tutto ciò con un danno collaterale ridotto nei confronti delle popolazioni civili. Gli attacchi lendu contro le postazioni dell’esercito governativo hanno preso di mira soprattutto quelle costituite da un numero inferiore di militari rispetto a quello degli aggressori e ubicate in luoghi isolati, particolarmente nei pressi delle rive del Lago Alberto. Questi attacchi alle postazioni dell’esercito sarebbero stati effettuati per ricuperare armi e munizioni in dotazione dell’esercito, in vista di aumentare le capacità belliche del gruppo.
Nella terza fase delle violenze, si è notato un ulteriore cambiamento negli obiettivi e nelle modalità operative, in quanto gli attaccanti Lendu hanno di nuovo preso di mira le popolazioni civili. Tuttavia, questi attacchi lendu non hanno provocato alcuna reazione violenta da parte della comunità Hema.

II. VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI

A. Situazione generale

Se nella prima ondata di violenze i conflitti erano concentrati in una parte del territorio di Djugu, nella seconda ondata essi si sono estesi in altre zone precedentemente stabili, come la parte ovest del territorio di Djugu (Nizi, Kobu, Kilo) e il territorio di Mahagi. È per questo che tra le vittime non ci sono solo membri della comunità Hema ma anche di altre comunità etniche, come gli Alur.
Tra dicembre 2017 e settembre 2019, il BCNUDH ha documentato 325 casi di violazioni dei diritti umani: 212 casi attribuiti ad aggressori Lendu (da settembre 2018, il momento in cui il BCNUDH  considera questi aggressori come appartenenti a un gruppo armato) e 109 casi di violazioni attribuiti a militari dell’esercito e altri 4 attribuiti ad agenti della Polizia Nazionale Congolese (PNC).
Si tratta di:
– 91 violazioni del diritto alla vita mediante esecuzioni sommarie (420 vittime di, tra cui 304 uomini, 66 donne e 50 bambini),
– 45 violazioni del diritto all’integrità fisica (135 vittime, tra cui 96 uomini, 22 donne e 17 bambini),
– 66 casi di violenza sessuale (142 vittime, tra cui 136 donne e 6 ragazze),
– 31 violazioni del diritto alla libertà e alla sicurezza (113 vittime, tra cui 63 uomini, 31 donne e 19 bambini),
– 2 casi di lavoro coatto (32 vittime, tra cui 13 uomini, 10 donne e 9 bambini) e
– 90 violazioni del diritto alla proprietà (distruzione o incendio di case e villaggi).
Le 420 vittime di esecuzioni extragiudiziarie o sommarie comprendono almeno 136 membri della comunità Hema, 21 membri della comunità Lendu e 135 membri di altre comunità.
Le 135 vittime di attentato all’integrità fisica comprendono almeno 40 membri della comunità Hema, 27 membri della comunità Lendu e 14 membri di altre comunità.
Le 142 vittime di violenza sessuale comprendono almeno 83 membri della comunità Hema, 3 membri della comunità Lendu e 4 membri di altre comunità.
Le 113 vittime di violazioni del diritto alla libertà e alla sicurezza comprendono 34 membri della comunità Lendu, 26 membri della comunità Hema e 10 membri di altre comunità.

B. Violazione dei diritti umani da parte dei presunti aggressori Lendu

* Da dicembre 2017 a maggio 2018, gli attacchi perpetrati da membri della comunità Lendu hanno:
– causato la morte di 277 persone (tra cui 91 donne e 3 bambini),
– inferto ferite a 31 persone (tra cui 1 donna e 1 bambino),
– privato di libertà 9 persone (tra cui 8 donne),
– provocato 125 casi di furti e di distruzione / incendio di case e villaggi.
Durante questo periodo, non è stato registrato alcun caso di violenza sessuale da parte di membri della comunità Lendu.
È a partire dal mese di settembre 2018 che si constata un cambiamento nella natura delle violenze, con l’emergere di attacchi sempre più pianificati e organizzati che permettono di prendere in considerazione l’esistenza di uno o più gruppi armati.

* Tra settembre 2018 e maggio 2019, il BCNUDH ha documentato 24 casi di violazioni dei diritti umani attribuibili ad assalitori Lendu, presumibilmente appartenenti a un gruppo armato.
Alcune cifre:
60 vittime di esecuzioni sommarie (tra cui 42 uomini, 10 donne e 8 bambini),
21 vittime di attentato all’integrità fisica (tra cui 15 uomini, 2 donne e 4 bambini),
10 vittime di violenza sessuale (tutte donne),
17 vittime di privazione della libertà e della sicurezza (tra cui 3 uomini, 9 donne e 5 bambini),
14 vittime del lavoro coatto (di cui 9 donne e 5 bambini),
3 violazioni del diritto di proprietà (furti).
Questo secondo periodo di violenza è stato caratterizzato da attacchi mirati contro le postazioni dell’esercito. Il numero di violazioni dei diritti umani è quindi relativamente basso in proporzione al terzo periodo, durante il quale la popolazione è stata il principale bersaglio delle violenze.

* In effetti, a partire da giugno 2019, il BCNUDH ha documentato 188 violazioni dei diritti umani attribuibili ad aggressori Lendu, con:
333 vittime di esecuzioni sommarie (tra cui 244 uomini, 50 donne e 39 bambini),
88 vittime di attentato all’integrità fisica (tra cui 64 uomini, 16 donne e 8 bambini),
91 vittime di violenza sessuale (tra cui 89 donne e 2 bambine),
56 vittime di privazione della libertà e della sicurezza (tra cui 27 uomini, 19 donne e 10 bambini),
42 violazioni del diritto alla proprietà.
In questo terzo periodo, la natura delle violazioni dei diritti umani è cambiata, con un numero maggiore delle esecuzioni sommarie (333 vittime contro 60 nella seconda fase), delle mutilazioni documentate per la prima volta dall’inizio della crisi e delle violenze sessuali. Infatti, mentre nella seconda ondata delle violenze erano state stuprate 10 donne, nella terza ondata sono state violentate almeno 89 donne e 2 bambine. La maggior parte dei casi di violenza sessuale sono casi di stupri, compresi stupri di gruppo, commessi mentre le vittime erano da sole, sulla strada o nei campi. In alcuni casi, gli aggressori hanno dapprima ucciso gli uomini che le accompagnavano, poi le hanno violentate sotto la minaccia di armi bianche. In alcuni casi, le vittime sono state poi giustiziate con armi bianche. Tra le 101 vittime di violenze sessuali, almeno 51 sono membri della comunità Hema.

* Per quanto riguarda le violazioni dei diritti umani commesse da membri della comunità lendu nel periodo compreso tra settembre 2018 e settembre 2019, si è potuto constatare che:
– le 393 vittime di esecuzioni sommarie comprendono almeno 136 membri della comunità Hema e 135 membri di altre comunità, tra cui 87 membri della comunità Alur;
– le 109 vittime di violazioni del diritto all’integrità fisica comprendono almeno 39 membri della comunità Hema e 14 membri di altre comunità;
– le 101 vittime di violenza sessuale comprendono almeno 51 membri della comunità Hema e 2 membri di altre comunità;
– le 73 vittime di violazioni del diritto alla libertà e alla sicurezza comprendono almeno 26 membri della comunità Hema e 10 membri di altre comunità.

C. Crimini internazionali

Le indagini del BCNUDH hanno permesso di concludere che le violazioni dei diritti umani e le violenze documentate in questo rapporto sono state commesse nell’ambito di attacchi generalizzati  o sistematici contro delle persone civili, in particolare contro la popolazione Hema, e potrebbero quindi contenere delle caratteristiche costitutive di crimini contro l’umanità, per omicidio, tortura,
stupro e altre forme di violenza sessuale, saccheggio e persecuzione. Poiché i fatti si sono prodotti
nel contesto di un conflitto armato interno tra parti in conflitto, anche questi atti potrebbero essere considerati anche come crimini di guerra.
La stragrande maggioranza delle vittime degli attacchi sembra essere stata presa di mira a causa della sua appartenenza alla comunità Hema (almeno 402 membri di questa comunità sono stati uccisi e 79 feriti tra dicembre 2017 e settembre 2019). Sono stati colpiti anche dei membri di altre comunità (118 membri di altre comunità sono stati uccisi e 13 feriti), tra cui le comunità Alur e Mambisa.
Gli attacchi hanno causato la fuga delle popolazioni locali, causando l’abbandono totale o parziale delle località prese di mira, il che potrebbe essere stata anche l’intenzione degli aggressori. Gli attacchi commessi potrebbero quindi contenere degli elementi costitutivi di persecuzione e di spostamento forzato della popolazione. La distruzione sistematica di abitazioni appartenenti a membri della comunità Hema sembra confermare la volontà di impedire la presenza e il ritorno dei membri di questa comunità in determinate località sistematicamente attaccate.
Tenendo conto degli elementi di cui sopra, tra cui la modalità operativa che sembra abbia colpito in particolare la comunità di Hema, l’elevato numero di persone civili uccise, mutilate e vittime di violenze sessuali, la volontà di uccidere anche i feriti, gli attacchi ai campi degli sfollati interni e la sistematica distruzione delle case degli Hema, le violenze documentate dal BCNUDH nei territori di Djugu e di Mahagi potrebbero presentare alcuni elementi costitutivi del crimine di genocidio, per omicidio e grave attentato all’integrità fisica o mentale dei membri del gruppo. Tuttavia, le indagini svolte finora non hanno sufficientemente dimostrato l’intenzione di distruggere gli Hema come gruppo etnico.

D. Spostamenti forzati di popolazione

Le violenze commesse nel territorio di Djugu hanno portato a un ampio spostamento di popolazioni, tra cui Hema e Lendu, che hanno trovato rifugio in famiglie ospitanti o che si sono stabilite in centri di accoglienza per sfollati interni. Al 20 giugno 2019, OCHA aveva registrato oltre 300.000 sfollati, tra cui 209.504 sfollati interni fuggiti dalle violenze commesse nei territori di Djugu e Mahagi. Secondo l’UNHCR, a partire da giugno 2019, circa 2.000 persone di questi due territori sono fuggite in Uganda.
La situazione umanitaria nei siti per gli sfollati è molto preoccupante. Mentre i siti del territorio di Djugu ricevono un’assistenza umanitaria in prodotti alimentari e non alimentari in maniera progressiva, anche se limitata, quelli del territorio di Mahagi non la ricevono affatto, a causa delle difficoltà di accesso da parte degli operatori umanitari, poiché gli sfollati sono dispersi nella foresta o in zone inaccessibili sulla riva del lago Alberto. Gli sfollati devono far fronte ai grandi problemi derivanti dalla mancanza di cibo, di acqua potabile, di assistenza sanitaria e di agibilità delle scuole.

III. CONCLUSIONI

Mentre nel primo periodo delle violenze la modalità operativa era piuttosto sporadica e il livello di organizzazione poco sviluppato, durante la seconda e la terza ondata delle violenze la modalità operativa e la natura delle violenze sono completamente cambiate. A partire da settembre 2018, gli attacchi sono stati probabilmente pianificati e organizzati secondo una modalità operativa quasi identica, il che lascia pensare che gli assalitori abbiano ricevuto delle istruzioni. Gli attacchi sono diventati estremamente rapidi e violenti e la popolazione ha avuto pochissimo tempo per fuggire. Fino ad oggi, le violenze continuano con un notevole grado di intensità, anche nei confronti delle persone vulnerabili, come gli sfollati. Almeno alcune delle violenze documentate nei territori di Djugu e Mahagi potrebbero presentare elementi costitutivi di crimini contro l’umanità per omicidio, persecuzione o spostamento forzato di popolazioni.

Le popolazioni hanno abbandonato totalmente o parzialmente le località attaccate, il che potrebbe essere stata l’intenzione degli aggressori. La vastità, la ricorrenza e la virulenza degli attacchi contro la comunità di Hema, comprese la violenza sessuale, la distruzione sistematica di abitazioni appartenenti a membri di questa comunità, la presenza minacciosa di aggressori armati Lendu intorno ai siti di accoglienza per gli sfollati sembrano confermare l’intenzione di impedire il ritorno degli Hema nelle località attaccate. I periodi durante i quali sono stati perpetrati gli attacchi sono rivelatori: giugno corrisponde al periodo della raccolta e dicembre a quello della semina. Ciò priva gli Hema della possibilità di coltivare i campi e aggrava il problema della mancanza di cibo.

IV. RACCOMANDAZIONI

* Alle Autorità congolesi:
➢ Affrontare le cause del conflitto relativo alle terre.
➢ Rafforzare la presenza di istituzioni statali nel territorio di Djugu, garantendo la loro imparzialità per assicurare la promozione e la protezione dei diritti di tutte le comunità; rafforzare, in particolare, la presenza dell’Esercito nazionale e della Polizia nazionale e garantire che i loro agenti beneficino di attrezzature e formazione adeguate, per svolgere al meglio la loro missione di mantenere l’ordine pubblico e di proteggere i civili;
➢ Garantire la sicurezza dei siti di accoglienza degli sfollati e dei villaggi maggiormente colpiti dagli attacchi, al fine di permettere il ritorno dei loro abitanti;
➢ Continuare ad effettuare indagini giudiziarie indipendenti e imparziali, per identificare gli autori degli attacchi;
➢ Garantire il diritto di ottenere riparazione a favore delle vittime, comprese quelle delle violenze sessuali, e il loro accesso ai servizi di assistenza medica e psicosociale, sulla base di un approccio incentrato sulla vittima;
➢ Avviare processi di riconciliazione e di dialogo tra le comunità.

* Alla MONUSCO:
➢ Estendere la presenza militare temporanea (SCD) nel territorio di Djugu, al fine di prevenire le violenze, rassicurare le popolazioni sfollate sul loro possibile ritorno ed effettuare interventi di protezione;
➢ Installare SCD strategici, per garantire la sicurezza delle zone ad alto rischio, prevenire l’escalation delle violenze e appoggiare l’esercito nell’attuazione di una strategia militare più efficace;
➢ Rafforzare la capacità di intervento della Polizia nazionale Congolese nel territorio di Djugu, attraverso la formazione sui diritti umani e nell’ambito del mantenimento dell’ordine pubblico;
➢ Continuare gli sforzi per avviare un sistema di allarme rapido, sia nelle zone colpite dalle violenze, che in quelle a rischio;
➢ Rafforzare l’appoggio alle autorità locali, per una riconciliazione tra le comunità, in particolare attraverso progetti a impatto rapido per la riabilitazione congiunta di scuole e di centri sanitari da parte dei membri delle diverse comunità;
➢ Fornire un maggiore sostegno alla giustizia civile e militare, per l’effettiva realizzazione di
indagini, anche attraverso missioni d’inchiesta congiunte e l’apertura di processi giudiziari.

* Alla comunità umanitaria:
➢ Continuare gli sforzi di assistenza umanitaria nel territorio di Djugu e nelle altre zone vicine e colpite dal conflitto;
➢ Effettuare una valutazione multisettoriale sulle necessità umanitarie nel territorio di Djugu e nelle zone limitrofe;
➢ Continuare il monitoraggio dei rifugiati in Uganda e degli sfollati interni, per identificare eventuali casi di violenze sessuali e istituire adeguati servizi di assistenza.

2. VIOLENZE A DJUGU E A MAHAGI (ITURI): L’IMPLICAZIONE DELLA MILIZIA CODECO

Il 3 gennaio, quattro persone, tra cui tre uomini e una donna, sono state uccise in un’imboscata tesa da uomini armati identificati come membri della Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO), un gruppo armato condotto da Ngudjolo. I fatti sono avvenuti nella località di Adye, in territorio di Djugu, a circa cento chilometri a nord di Bunia (Ituri). Secondo fonti della società civile locale, gli aggressori si sono poi ritirati di nuovo nella foresta, portando con sé molte cose rubate. Sempre secondo fonti locali della società civile, le vittime erano degli sfollati che erano ritornati da Bulea Adye per prendere beni di prima necessità.[2]

Il 14 gennaio, due miliziani della Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO) sono stati uccisi e altri cinque feriti, in combattimenti ingaggiati dall’esercito contro questo gruppo armato nel villaggio di Tsoro, del settore Walendu Djatsi, in territorio di Djugu (Ituri). Gli scontri hanno costretto la popolazione locale a fuggire altrove. Almeno quattromila sono le persone fuggite e che non hanno né cibo, né acqua, né coperte, né medicine.[3]

Il 16 gennaio, nove persone, tra cui tre bambini, sono state uccise, altre sono rimaste ferite e diverse case sono state incendiate, durante un attacco perpetrato da uomini armati, nel villaggio di Angolo, distretto degli Anyals, in territorio di Mahagi (Ituri). Secondo le autorità locali, questi uomini armati non identificati ma provenienti dal territorio di Djugu e da Walendu Watsi, in territorio di Mahagi, hanno incendiato più di 150 case nel villaggio di Tokomeka, hanno ferito il capo della polizia di Ali con un machete e gli hanno strappato il fucile per poi, infine, recarsi a Djalasiga, dove hanno incendiato molte altre case.[4]

Il 18 gennaio, il portavoce dell’esercito in Ituri, il tenente Jules Ngongo, ha annunciato che, negli ultimi quattro giorni, sono state uccise dieci persone, in occasione di scontri tra l’esercito e dei miliziani del gruppo CODECO. I fatti si sono svolti a Tsoro e Djogo, in territorio di Djugu, e a Katanga, in territorio di Mahagi. Tra le vittime:  otto miliziani (3 a Tsoro, 1 a Djogo e 4 a Katanga) e due militari a Katanga. Secondo il portavoce dell’esercito in Ituri, in questi ultimi tempi, i miliziani si sono infiltrati tra la popolazione locale, con l’obiettivo di far deviare l’attenzione della polizia. Per questo, l’esercito si è visto costretto a ricercarli nei centri abitati.[5]

Il 18 gennaio, i miliziani della Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO) hanno ucciso 7 persone e incendiato diverse case, in occasione di una loro incursione nel villaggio di Ngopka, nel distretto di Bahema-Nord, in territorio di Djugu (Ituri). Secondo il presidente della società civile locale, Charité Banza, «i miliziani della CODECO provenivano da Lidjo, una località del raggruppamento di Masumbuko, in settore Walendu-Tatsi. Arrivati a Ngokpa, hanno massacrato dei civili che erano appena ritornati nel loro villaggio, dopo  aver trascorso vari mesi nel campo sfollati di Drodro».[6]

Il 20 gennaio, dodici miliziani della CODECO sono stati uccisi nei combattimenti che l’esercito ha ingaggiato contro questo gruppo armato nelle località di Jogoo e Lida, in territorio di Djugu (Ituri). Secondo il portavoce dell’esercito in Ituri, Jules Ngongo, sono state recuperate anche otto armi AK-47 e una PKM.[7]

Il 20 gennaio, il presidente della società civile di Djugu, Jules Tsuba, ha rivelato che,  nel territorio di Djugu, i miliziani della CODECO hanno saccheggiato e incendiato varie scuole. Diverse altre scuole sono state chiuse perché gli insegnanti sono fuggiti. L’insicurezza causata dalla CODECO ha influito negativamente anche sulle attività economiche. Una misura di fagioli di 10 kg, ad esempio, è attualmente venduta sui mercati locali a 18.000 franchi congolesi (10,77 $) anziché a 4.000 franchi (2,39 $). Questo aumento dei prezzi è causato dal fatto che la popolazione non ha più accesso ai campi.[8]

Il 22 gennaio, sono stati scoperti sette cadaveri a Ucha e Djedja, due villaggi del distretto di Bahema-Nord e Bahema Badjere, in territorio di Djugu (Ituri). Secondo il presidente della società civile locale, Charité Banza, questi corpi sono stati ricuperati dalla popolazione, dopo gli scontri avvenuti tra l’esercito regolare e dei miliziani della CODECO. Altre undici persone risultano disperse.[9]

Il 24 gennaio, il deputato nazionale Daniel Huma, eletto a Mahagi, ha dichiarato che, da una settimana, due raggruppamenti di villaggi del distretto di Mokambo, in territorio di Mahagi, sono sotto il controllo di uomini armati identificati come miliziani dalla CODECO. Egli ha affermato che centinaia di miliziani CODECO hanno posto il loro quartier generale a Terali, una cittadina a cavallo tra i due territori di Mahagi e Djugu. Angariano la popolazione civile di Aree e Musongwa, imponendole di procurare dei viveri (olio di palma, capre, polli, fagioli riso e manioca) per la loro alimentazione e di pagare 2.000 scellini ugandesi per famiglia per il mantenimento delle loro basi. In caso di resistenza, gli abitanti e i capi locali sono sottoposti a maltrattamenti disumani.[10]

Il 25 gennaio, in una lettera indirizzata al presidente Félix Tshisekedi, la società civile di Mahagi (Ituri) ha presentato un bilancio di 194 persone uccise, in questo territorio, da dei miliziani, in un solo anno (da gennaio 2019 a gennaio 2020). Gli autori di queste uccisioni sarebbero dei miliziani CODECO, attivi principalmente nel territorio di Djugu. Secondo il presidente della società civile di Mahagi, Patrice Ufoyuru, «questi miliziani avrebbero ucciso 134 persone nel distretto di Mokambo, 42 persone nel distretto di Panduru, 13 persone nel distretto di Jukoth e altre 5 persone nel distretto di Ang’hal».[11]

Il 27 gennaio, tre persone, tra cui un militare, sua moglie e uno minatore artigianale, sono stati uccisi da presunti miliziani della CODECO, rispettivamente nei villaggi di Tchendji, nel distretto di Bahema Nord, e di Sube, nel distretto di Mambisa, nel territorio di Djugu (Ituri).[12]

Il 2 febbraio, oltre 350 miliziani della CODECO che erano nel sito di transito di Kpadroma, nel settore Walendu-Pitsi, nel territorio di Djugu, provincia di Ituri, hanno abbandonato il sito per ritornare nella foresta e continuare la guerriglia. Fonti locali hanno riferito che il gruppo ha disertato  il sito, in seguito all’arrivo di un altro gruppo di miliziani che erano rimasti nella foresta e che hanno attaccato quelli che si erano già arresi precedentemente. Secondo una fonte dell’esercito, «nel sito di transito di Kpadroma, i miliziani che si erano arresi vivevano in condizioni di vita molto precarie. Questa situazione non è stata digerita da Ngudjolo (capo della milizia), che ha inviato un altro gruppo di miliziani, per costringere quelli che si trovavano nel sito a disertarlo». È così che questi miliziani si sono ritirati in un villaggio situato a 1 km di distanza dal sito di transito di Kpadroma. Va notato che essi si trovavano in questo sito di transito dall’8 gennaio, in seguito a un accordo di pace che sarebbe stato firmato tra questa milizia e il governo provinciale di Ituri. Di recente, questi miliziani avevano dato un ultimatum di sette giorni al governo congolese, per esigere il rispetto di tale accordo che sostengono di aver firmato con le autorità provinciali.[13]

Il 9 febbraio, il capo del settore di Walendu Pitsi del territorio di Djugu, Jérôme Ndalo, ha annunciato che la CODECO ha preso il controllo su tutti i villaggi di questa entità amministrativa.
Egli ha dichiarato che questa occupazione è avvenuta in seguito al ritiro delle Forze Armate della RD Congo (FARDC) da tutte le sue postazioni e a quello dell’unità speciale della Legione Nazionale di Intervento (LENI) della polizia basata a Kpadroma. Quest’ultima unità è stata trasferita a Bule, nel vicino distretto dei Bahema Bajere, dal 5 febbraio. Da quel giorno, i miliziani della CODECO hanno preso il controllo su tutti gli undici raggruppamenti dei 340 villaggi del settore Walendu Pitsi. Un’altra autorità locale, Lonjiringa Zabu, ha aggiunto che i miliziani della CODECO riscuotono tasse su tutti i mercati e hanno installato anche un tribunale di cui si servono per imporre multe e sanzioni. Le autorità locali di questo settore chiedono un rapido dispiegamento dell’esercito e della polizia, per garantire la protezione e la sicurezza della popolazione presa in ostaggio.[14]

[1] Cf Testo compleo: https://www.google.fr/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=38&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwjPuqOS5qvnAhUZiFwKHRk5DSc4HhAWMAd6BAgIEAE&url=https%3A%2F%2Fwww.ohchr.org%2FDocuments%2FCountries%2FRDC%2FRDCRapportpublicDjugu.pdf&usg=AOvVaw2ftHnrPwzyQCr7lUVRsdkE
[2] Cf Radio Okapi, 04.01.’20
[3] Cf Radio Okapi, 14 e 16.01.’20
[4] Cf Radio Okapi, 17.01.’20
[5] Cf Radio Okapi, 18.01.’20
[6] Cf Séraphin Banangana – 7sur7.cd, 19.01.’20
[7] Cf Radio Okapi, 20.01.’20
[8] Cf Radio Okapi, 21.01.’20
[9] Cf Radio Okapi, 23.01.’20
[10] Cf Radio Okapi, 24.01.’20
[11] Cf Franck Asante – Actualité.cd, 31.01.’20
[12] Cf Radio Okapi, 28.01.’20
[13] Cf Franck Asante – Actualité.cd, 03.02.’20 ; Séraphin Banangana – 7sur7.cd, 03.02.’20
[14] Cf Radio Okapi, 09.02.’20