IDENTITÀ TERRITORIALI E CONFLITTI
NELLA PROVINCIA DEL SUD KIVU (RD CONGO)
Bosco Muchukiwa
Globethics.net – Focus n. 34 / Ginevra 2016 [1]
INDICE:
1. INTRODUZIONE
1.1. La Provincia del Sud-Kivu
1.2. La distinzione tra territorio identitario e territorio statale
2. LA MULTIPOLARITÀ E L’EVOLUZIONE DEI CONFLITTI NEL TERRITORIO DI UVIRA
2.1. I conflitti tra etnie originarie del Territorio di Uvira
2.1.1. La multipolarità e l’evoluzione dei conflitti nel territorio di Uvira
2.1.2. I fattori che hanno contribuito all’intensificazione dei conflitti interetnici nel territorio di Uvira
2.1.3. I tentativi di risoluzione dei conflitti nel Territorio di Uvira
3. LA NOZIONE DI TERRITORIO E LA NASCITA DEI CONFLITTI IDENTITARI NEL TERRITORIO DI FIZI
3.1. Il conflitto tra BABEMBE e BABUYU nel territorio di FIZI
3.1.1. L’origine e l’evoluzione del conflitto relativo ai confini del territorio e alla proprietà delle terre
3.1.2. I fattori che hanno contribuito all’intensificazione del conflitto tra i Babembe e i Babuyu
3.1.3. I tentativi di superazione del conflitto nel territorio di Fizi
4. IL CONTROLLO SULL’AMMINISTRAZIONE: FONTE O SOLUZIONE DEI CONFLITTI NEL TERRITORIO DI KALEHE
4.1. Il conflitto tra originari e non originari nel Territorio di Kalehe
4.1.1. L’origine e l’evoluzione del conflitto relativo alla suddivisione del territorio e alla proprietà delle terre
4.1.2. I fattori che hanno contribuito all’intensificazione dei conflitti interetnici nel Territorio di Kalehe
4.1.3. I tentativi di risoluzione dei conflitti nel Territorio di Kalehe
5. CONCLUSIONE
5.1. L’esistenza della dimensione territoriale nei conflitti del Sud Kivu
5.2. La militarizzazione delle comunità
5.3. L’integrazione delle comunità attraverso il territorio
5.4. La fragilità dello Stato congolese
5.5. La riorganizzazione del territorio
5.6. Il modus operandi delle identità territoriali
1. INTRODUZIONE
1.1. La Provincia del Sud-Kivu
La provincia del Sud Kivu è formata da 8 territori amministrativi (Fizi, Idjwi, Kabare, Kalehe, Mwenga, Shabunda, Uvira e Walungu), a loro volta suddivisi in 23 collettività, 184 raggruppamenti e 6 città. Queste sei città previste dall’ordinanza n. 87-238 del 29 giugno 1987 non sono effettive. L’Assemblea provinciale ne ha conservato solo 3, cioè le città di Uvira, Kiliba e Sange. Il Bollettino di collegamento dell’Osservatorio sulla Governance e la Pace (OGP) pubblicato nel mese di febbraio 2009 segnala che la provincia del Sud Kivu dispone di 18 circoscrizioni (chefferie) e 5 settori (Lulenge, Mutambala, Ngandja e Tanganyika nel territorio di Fizi e Itombwe nel territorio di Mwenga).
Prima della colonizzazione, gli otto territori amministrativi non esistevano nella loro forma attuale, ma tutte le tribù che le abitano furono organizzate dall’amministrazione coloniale.
Attualmente, esse rivendicano l’anteriorità su queste entità territoriali, il diritto di autoctonia ed escludono le tribù che chiamano non originarie o alloctone. Queste rivendicazioni sono percepibili a livello delle circoscrizioni (chefferie) e dei settori, che sono due forme di organizzazione dello spazio politico e di controllo indiretto sugli abitanti.
Ciò pone un grave problema, quello del non riconoscimento della sovranità dello Stato sui territori etnici. Le tribù non accettano il trasferimento della loro legittimità allo stato congolese. Entrano in conflitto con quest’ultimo e, in modo consapevole o meno, partecipano all’autodistruzione nello stesso modo dei gruppi armati. In questo Stato, le identità territoriali sono conflittuali ed esclusive. Le nozioni di originari e non originari vi si innestano e operano a tutti i livelli dell’organizzazione territoriale e amministrativa. Sembra difficile che lo Stato congolese possa riuscire a risolvere questo problema non localizzato, perché si manifesta in diverse forme, cioè tra due tribù autoctone che erano state organizzate e stabilite dall’amministrazione coloniale su una stessa entità territoriale; tra due tribù, di cui l’una afferma di essere originaria e l’altra è considerata come straniera o non originaria; tra diverse tribù che rivendicano il diritto di autoctonia e mettono in discussione quello degli altri gruppi etnici, territorializzati o meno. Queste diverse forme riflettono il fallimento dell’integrazione delle varie tribù sul territorio nazionale e, conseguentemente, nello Stato congolese.
L’obiettivo di questo studio è di dimostrare che i conflitti tra gruppi etnici derivano dalla confusione tra territorio etnico e territorio statale, dalla sovrapposizione di quest’ultimo sul primo. I casi presentati in questo studio sono stati identificati nei territori di Fizi, Kalehe e Uvira, focolai di conflitti tra originari, tra questi ultimi e i non originari. In questi territori, le rivendicazioni di autonomia territoriale mettono in discussione l’organizzazione territoriale ereditata dalla colonizzazione.
1.2. La distinzione tra territorio identitario e territorio statale
Nella maggior parte delle situazioni, la nozione di territorio è confusa con quella della questione fondiaria. Quest’ultima ha un significato limitato e relativo a un bene fondiario, una proprietà delle terre appartenenti a un individuo, gli spazi di terre coltivabili e destinate alla produzione agricola in senso lato.
Invece, si preferisce il concetto di territorio che spieghi meglio i conflitti tra gruppi etnici. Le terre che essi si disputano si trovano su un territorio abitato, delimitato e dipendente da uno Stato o da un altro tipo di giurisdizione. È il territorio dello Stato o nazionale che è amministrato da un’autorità moderna e retto da una legge. Questa concezione permette di eliminare la confusione tra territorio statale e territorio etnico. Quest’ultimo esisteva già prima della colonizzazione e non era ben definito e delimitato. Geograficamente disperso, il territorio etnico era sotto l’autorità di un patriarca e costituiva degli spazi di solidarietà, di scambio, di movimento e di identità collettiva.
È l’identità collettiva che ha prodotto lo stato identitario. Il territorio etnico o identitario si riferisce a degli spazi in cui le popolazioni appartengono a una maggioranza, ai luoghi d’origine di queste ultime o a degli spazi in cui una popolazione è in minoranza e nutre l’ambizione di collegarsi alle diverse fasce etniche.
Questa sommaria distinzione permette di spiegare i conflitti che oppongono i gruppi etnici e che derivano dall’identificazione e dall’appartenenza a uno spazio primario o nazionale. I conflitti sorgono dunque dalla confusione tra queste due realtà o dal passaggio da un territorio etnico a un territorio statale. Questo passaggio è qualificato di processo territoriale.
2. LA MULTIPOLARITÀ E L’EVOLUZIONE DEI CONFLITTI NEL TERRITORIO DI UVIRA
2.1. I conflitti tra etnie originarie del Territorio di UVIRA
Nel 2011, il territorio di Uvira (3.148 km²) aveva 517.171 abitanti. Esso è composto da tre zone amministrative tradizionali: Bafulero, Bavira e Pianura del Ruzizi. Le denominazioni di queste tre entità territoriali e amministrative corrispondono alle identità dei gruppi etnici che vi sono stati repertoriati dall’amministrazione coloniale belga. L’attuale zona della pianura del Ruzizi era nota come zona dei Barundi. Questa designazione fu abbandonata nel 1974, per evitare confusione tra questa entità territoriale congolese e il Burundi. Inoltre, l’obiettivo di questo cambio di denominazione era quello di dissipare i pregiudizi contro le popolazioni di origine burundese stabilitesi nella Repubblica Democratica del Congo prima della penetrazione coloniale e di preservare la loro nazionalità congolese.
In questo territorio ci sono i Banyarwanda tutsi. Nel 1933, l’amministratore René Loons li identificò sotto il nome di Banyarwanda. Nel 1965, Jean Hiernaux li denominò Tutsi dell’Itombwe. Nel 1972-1973, Tabazi Rugama introdusse la denominazione di Banyamulenge. I conflitti interetnici con le altre popolazioni locali iniziarono con il cambio di nome in Banyamulenge e la richiesta, da parte loro, della creazione del raggruppamento di Bijombo e del territorio di Minembwe.
2.1.1. La multipolarità e l’evoluzione dei conflitti nel territorio di Uvira
I Bafuliiru, Bavira, Barundi e Banyamulenge sono degli autoctoni in quello che è diventato il territorio di Uvira. In questa entità creata dall’amministrazione coloniale belga c’erano due gruppi di Banyarwanda. Il gruppo di Livuze ritornò in Ruanda. Quello di Kaila rimase in Congo, spostandosi continuamente sugli altipiani di Uvira e di Fizi, per evitare di pagare tributi ai capi tradizionali locali, tasse e imposte all’amministrazione coloniale e, soprattutto, per evitare i censimenti indetti da quest’ultima. Per questi vari motivi che sono alla base del nomadismo dei Banyarwanda, il gruppo di Kaila non fu ripreso nella catalogazione delle etnie redatta dall’amministrazione coloniale. Tuttavia, il gruppo di Kaila risiede nella Repubblica Democratica del Congo da molto tempo e ha prese il nome di Banyamulenge solo nel 1973.
I Babembe, Bashi, Barega, ecc. non sono originari del territorio di UVIRA. Essi hanno i loro propri territori amministrativi, ma si sono stabiliti nel territorio di Uvira in cerca di lavoro e di sicurezza. Convivono pacificamente con gli originari del luogo, perché non rivendicano né la proprietà del territorio di Uvira, né quella delle tre zone amministrative tradizionali esistenti, né la creazione di nuove entità amministrative.
Nel territorio di Uvira, ci sono due poli di conflitto territoriale.
Il primo polo è quello della zona amministrativa tradizionale della Pianura del Ruzizi. Il conflitto scoppiò nel 1928, tra i Bafuliiru e i Barundi, a proposito dell’esistenza della zona amministrativa tradizionale di questi ultimi. In quella data, il capo Muzima reclamò la delimitazione dei confini tra la zona amministrativa tradizionale dei Bafulero e quella dei Barundi. Questo reclamo fu ripreso nel 1944 dal capo Matakambo, successore di Muzima, che rivendicò la paternità della zona amministrativa tradizionale dei Barundi. Queste richieste furono disattese dall’amministrazione coloniale che ritenne inopportuno rivedere i confini e mettere in discussione il processo di omogeneizzazione delle zone amministrative tradizionali.
Il secondo polo di questo conflitto territoriale multipolare è quello degli altipiani di Itombwe. Questo conflitto contrappone i Bavira e Bafuliiru contro i Banyamulenge, a proposito del riconoscimento del raggruppamento di Bijombo nel 1979 e della creazione del territorio di Minembwe da parte dell’RCD il 9 settembre 1999. Il riconoscimento del raggruppamento di Bijombo causò un conflitto tra i Banyamulenge e gli altri gruppi etnici autoctoni. Nonostante le proteste di questi ultimi, l’autorità statale congolese non è ritornato indietro sulla sua decisione. Vent’anni dopo, la creazione del territorio di Minembwe da parte dell’RCD ha peggiorato le relazioni sociali e amplificato i conflitti tra i Banyamulenge e le altre comunità dei territori di Fizi, Mwenga, Uvira e Walungu poiché, con la creazione di un nuovo territorio, le loro zone amministrative tradizionali erano state amputate di vaste superfici. Lo Stato congolese creò una commissione per esaminare gli atti di creazione delle entità territoriali create durante la guerra nella provincia del Sud Kivu, ma non volle ufficializzarli, per poter vincere le elezioni del 2006.
2.1.2. I fattori che hanno contribuito all’intensificazione dei conflitti interetnici nel territorio di Uvira
I conflitti interetnici nel territorio di Uvira sono radicalizzati dalla combinazione di molti fattori, tra cui la contestazione della nazionalità dei Barundi e dei Banyamulenge, la richiesta di creare nuove entità amministrative, la strumentalizzazione delle diverse comunità da parte dell’élite politica e militare, l’implicazione dei Capi di Stato dei paesi limitrofi, il cambiamento dell’identità del gruppo etnico, la messa in questione dell’esistenza dell’autorità tradizionale, le uccisioni dei capi tradizionali, l’opposizione alla riabilitazione del capo tradizionale (mwami) e dei suoi collaboratori nella zona amministrativa tradizionale della Pianura del Ruzizi e il divieto imposto ai Bafuliiru di coltivare i campi in questa zona amministrativa tradizionale. Infine, c’è la richiesta di trasformare la Pianura del Ruzizi in settore, la tendenza a voler integrare i Barundi e i Banyamulenge in entità territoriali e amministrative già esistenti, le violenza sessuali commesse dai miliziani, le esclusioni etniche, l’attivismo dei giovani, l’alleanza tra i giovane Barundi e Banyamulenge denominati Banavyura, il furto di bestiame, ecc.
Nonostante l’esistenza di una legge sulla nazionalità, i Bafuliiru e i Bavira continuano a negare la nazionalità congolese dei Barundi e dei Banyamulenge. Essi affermano che la loro nazionalità congolese è stata ottenuta per procura e che non ha alcuna base sociologica e territoriale. Per questi motivi, li considerano come stranieri e, quindi, senza alcun diritto all’esercizio dell’autorità tradizionale o alla direzione di una zona amministrativa tradizionale. I Bafuliru aggiungono che la zona amministrativa tradizionale della Pianura del Ruzizi era il loro territorio primario. Come tale, essa dovrebbe essere annessa alla loro o essere trasformata in un settore. Queste accuse sono mal viste dai Barundi e Banyamulenge e aggravano le relazioni tra le comunità. I Banyamulenge dicono di essere nella Repubblica Democratica del Congo già da molto tempo e che la loro nazionalità congolese non può quindi essere messa in dubbio.
I Barundi sottolineano che, prima della penetrazione coloniale, il loro territorio identitario si estendeva fino all’attuale territorio di Fizi. Essi affermano di essere degli autoctoni come tutti gli altri Congolesi e che, in quanto tali, hanno diritto all’esercizio del potere tradizionale e alla direzione di una zona amministrativa tradizionale. Essi dichiarano che la loro zona amministrativa tradizionale era stata creata nelle stesse condizioni di quelle esistenti. È un diritto acquisito. Secondo loro, voler metter in discussione questo loro diritto, la loro nazionalità congolese e la loro autorità tradizionale significa lasciare libero corso alla violenza.
I Banyamulenge vanno nella stessa direzione. Dicono di essere degli autoctoni come tutte le altre tribù del Sud Kivu. Secondo loro, l’amministrazione coloniale belga è stata ingiusta nei loro confronti, per non averli organizzati in zona amministrativa tradizionale. La richiesta della creazione del raggruppamento di Bijombo e del territorio di Minembwe è quindi legittima. A questo proposito, l’elite Banyamulenge scrive che «questa richiesta inoltrata dagli abitanti di questa regione a maggioranza Banyamulenge è un diritto inalienabile, come per le altre comunità congolesi che dispongono di loro territori. Inoltre, in tutto il paese e in particolare nel Sud Kivu, tutti i territori non sono stati eretti contemporaneamente, ma tenendo conto dell’evoluzione politica e sociale della regione; si tratta di un processo che si svolge nel tempo. Alcuni territori sono nati da altri territori, senza che ciò aumentasse le tensioni. Perché dovrebbe succedere per il caso di Minembwe?». Questa posizione sul processo di suddivisione territoriale è emblematica. Secondo i Banyamulenge, voler mettere in discussione l’esistenza di queste due entità significa alimentare infiniti conflitti interetnici.
2.1.3. I tentativi di risoluzione dei conflitti nel Territorio di Uvira
L’amministrazione postcoloniale non ha trovato alcuna soluzione adeguata alla questione del territorio e del conflitto relativo alle zone amministrative tradizionali e all’autorità tradizionale.
A proposito della contestazione dell’esistenza della zona amministrativa tradizionale della Pianura del Ruzizi, il 29 settembre 2012 lo stato congolese aveva firmato un atto di intesa tra le autorità locali. Esso prevedeva sette provvedimenti, tra cui il rispetto dell’autonomia delle tre zone amministrative tradizionali ereditate dalla colonizzazione, la promozione della convivenza pacifica tra le comunità, la gestione del territorio di Uvira sulla base dell’equilibrio etnico, ecc. Sfortunatamente, questo atto non ha impedito alle milizie di autodifesa e Mayi-Mayi di presidiare la strada nazionale n. 5 Uvira – Bukavu, soffocando così l’economia della provincia.
Il 22 dicembre 2012, il Capo dello Stato aveva inviato una delegazione nazionale guidata dall’onorevole Norbert Basengezi Katintima per identificare il nocciolo del problema. La delegazione aveva constatato che i disordini registrati erano collegati a questioni territoriali e fondiarie e, per ricostruire la pace sociale, aveva proposto diciassette provvedimenti, tra cui l’erezione della cittadina di Uvira in città, la creazione di nuove entità amministrative, il mantenimento delle tre zone amministrative tradizionali esistenti, l’identificazione e il raggruppamento dei miliziani Mai-Mai in gruppi di difesa locale, in vista della loro integrazione nell’esercito nazionale o nella polizia, la continuazione delle indagini sull’assassinio del capo tradizionale (mwami) della Pianura del Ruzizi, Ndabagoye II Nsabimana, il divieto di stigmatizzare le persone sulla base della loro appartenenza etnica o della loro morfologia, la promozione a gradi superiori dei militari, agenti di polizia e dei servizi di intelligence originari del territori di Uvira, ecc.
UN Habitat ha identificato e appoggiato sette ONG per organizzare incontri di sensibilizzazione delle varie comunità sul tema della pace sociale. Per favorire la mediazione e la risoluzione dei conflitti, queste ONG hanno istituito dei Centri di Concertazione Intercomunitaria (CCI).
3. LA NOZIONE DI TERRITORIO E LA NASCITA DEI CONFLITTI IDENTITARI NEL TERRITORIO DI FIZI
3.1. Il conflitto tra BABEMBE e BABUYU nel territorio di FIZI
I Babembe e i Babuyu sono due tribù autoctone che vivono nel territorio di Fizi (15.864 km²), abitato anche dai Babwari, Bagoma, Basanze, Banya-Mulenge e Bazoba. Secondo alcune persone intervistate, i Babembe e i Babuyu sono culturalmente diversi nelle loro lingue, tradizioni e stili di vita.
L’antenato comune dei Babembe è M’Mbondo. Organizzati in sei grandi clan, i Babembe praticano l’agricoltura nella pianura del Mutambala, la caccia nella foresta di Itombwe e la pesca sul lago Tanganica. Da parte loro, i Babuyu sono dei vicini dei Babembe e sarebbero imparentati con i Baluba del Katanga. Essi si sarebbero stabiliti nella pianura del Lwama intorno al 17 ° secolo. Organizzati in otto grandi clan, i Babuyu praticano la pesca nel fiume Lwama e la caccia nella valle omonima. Prima della colonizzazione belga, i Babembe e i Babuyu erano nomadi, vivevano in armonia tra loro, si scambiavano i prodotti del loro lavoro e si sposavano tra di loro.
3.1.1. L’origine e l’evoluzione del conflitto relativo ai confini del territorio e alla proprietà delle terre
Durante la colonizzazione, i Babembe e i Babuyu furono raggruppati nel territorio di Fizi, suddiviso poi dall’amministrazione coloniale in cinque settori: Itombwe, Lulenge, Mu-Tambala, Ngandja e Tanganyika.
Il conflitto tra i Babembe e i Babuyu, benché siano due tribù autoctone, è iniziato nel 1997, nel settore di Lulenge, a proposito del diritto di proprietà su questa entità territoriale e amministrativa. Il settore di Lulenge è composto da cinque raggruppamenti di villaggi: Basimimbi, Basimunyaka Sud, Basikasingo, Basombo e Obekulu. Maggioritari nel raggruppamento di Basikasingo, i Babuyu si considerano i primi occupanti della pianura del Lwama, situata nel settore di Lulenge. Essi affermano che è la loro principale entità etnica e geografica in cui hanno vissuto prima della penetrazione coloniale. Un’altra parte importante dei Babuyu vive nel territorio di Kabambare, nella provincia del Maniema, e a Nyunzu, a Manono e a Kabalo, nella provincia del Katanga. Vi sono conosciuti con il nome di Baholoholo.
In queste due province (Maniema e Katanga), i Babuyu coabiterebbero pacificamente con le etnie vicine. Ma i Babuyu che vivono nel settore di Lulenge, nel territorio di Fizi (provincia del Sud Kivu), sono in conflitto con i Babembe, per aver tentato di annettere questo settore alla provincia del Maniema come loro territorio etnico, cioè come loro proprietà privata. I Babuyu considerano i Babembe dei raggruppamenti Basimimbi, Basombo e Obekulu come degli stranieri che devono pagare loro dei tributi sulle terre che occupano in queste entità, come segno di riconoscimento dell’autorità dei loro capi tradizionali. Essi affermano che i Babembe furono installati nella pianura del Lwama dall’amministrazione coloniale negli anni 1950 per coltivare il cotone.
Nel periodo post-coloniale, i Babembe sono diventati numerosi e istruiti. Nel settore di Lulenge, essi occuperebbero tre quarti dei posti strategici dell’amministrazione, dell’economia delle piantagioni di palme, della gestione dei centri sanitari e delle scuole primarie e secondarie. Essi non accettano che i Babuyu modifichino i confini delle entità ereditate dalla colonizzazione e affermano di essere autoctoni come loro. I Babembe rifiutano di essere amministrati dai Babuyu, considerati come una minoranza e scarsamente istruiti, e affermano di avere il diritto di stabilirsi in tutti i settori del territorio di Fizi. Aggiungono che è la loro entità che hanno ereditato dalla colonizzazione belga. Per questi vari motivi, i Babembe sabotano l’autorità tradizionale dei Babuyu e mettono in discussione il principio di rotazione del potere istituito dall’amministrazione coloniale belga.
La mancanza di chiarezza sullo statuto del settore come entità territoriale e amministrativa moderna e la nozione di straniero sul proprio territorio di origine sono due elementi che stanno alimentando il conflitto tra i Babembe e i Babuyu.
Questi atteggiamenti e polemiche verbali hanno alimentato gli scontri del 1997 a Bibwe, Kilembwe, Kimanu Ii, Kolo Maindombe, Kukwe, Penemende, Sakya, ecc. Questi scontri sono stati amplificati dalla confusione esistente tra territorio etnico e territorio statale, dagli antecedenti storici e dall’implicazione di alcuni politici Babembe e dirigenti del MPR; il che ha contribuito all’intensificazione del conflitto e alla formazione di milizie Mayi-Mayisia presso i Babembe che presso i Babuyu.
3.1.2. I fattori che hanno contribuito all’intensificazione del conflitto tra i Babembe e i Babuyu
Le persone intervistate nel 2009 e nel 2010 hanno indicato tre fattori principali che hanno alimentato il conflitto Babembe-Babuyu: la guerra dell’AFDL nel 1996, il controllo dei Babembe sull’economia e la rivendicazione di autonomia territoriale da parte dei Babuyu.
Dopo la guerra dell’AFDL, alcune famiglie di Babuyu che erano fuggite nel territorio di Kambabare, nel Maniema, sono ritornate e hanno scoperto che i Babembe avevano occupato le loro terre e villaggi e si rifiutavano di restituirle ai proprietari Babuyu ritornati. Da qui sono nate le polemiche sugli originari e non originari.
Queste polemiche si sono accentuate anche in seguito all’alto tasso demografico dei Babembe che rappresentano i tre quarti della popolazione del settore Lulenge. I Babuyu sono un popolo matriarcale. I giovani attendono la morte di uno zio per ereditare le sue mogli, generalmente anziane, il suo potere tradizionale magico-religioso e i suoi palmeti per l’estrazione del vino di palma. Nella maggior parte dei casi, però,questi palmeti sono diventati di proprietà dei Babembe, che li coltivano e ne traggono profitto, senza pagare alcun tributo ai Babuyu. Il che suscita conflitti di tipo fondiario. Inoltre, in seguito alla loro influenza nell’amministrazione, alcuni dignitari Babembe hanno acquisito delle proprietà nel settore di Lulenge. Anche questo contribuisce ad alimentare conflitti fondiari in questa entità, perché i Babuyu percepiscono questa acquisizione di terra come un’estensione della dominazione dei Babembe su di loro.
Infine, questi diversi fattori spingono i Babuyu a chiedere la loro annessione al settore Babuyu di Kabeya, nel territorio di Kambabare, nel Maniema. Questo progetto di annessione contribuisce alla radicalizzazione del discorso dicotomico: nativo e non nativo. È fonte dei conflitti territoriali tra i Babembe e i Babuyu, due tribù autoctone del territorio di Fizi.
3.1.3. I tentativi di superazione del conflitto nel territorio di Fizi
Il conflitto tra Babuyu e Babembe è sorto con l’organizzazione dei settori e le loro suddivisioni in raggruppamenti di villaggi e con l’arrivo, nella pianura del Lwama, dei Babembe dell’Itombwe per lavorare nelle piantagioni di cotone. Questo conflitto è stato affrontato in molti modi, a partire dal tempo della colonia fino ad oggi.
L’amministrazione coloniale belga mantenne il pagamento dei tributi e istituì il sistema di ripartizione del potere tra queste due tribù.
Nel periodo post-coloniale, questo sistema fu messo in discussione dai Babembe dei raggruppamenti di Basimimbi, Basombo e Obekulu. Essi si rifiutarono di essere amministrati da un’autorità membro di un gruppo etnico minoritario e si sono opposti all’annessione del raggruppamento Basikasingo al settore dei Babuyu situato nel territorio di Kabambare, nella provincia del Maniema. Per allentare le tensioni, è stata organizzata una serie di dialoghi tra le due comunità, ma senza alcun esito positivo.
Infine, le autorità locali e i giovani hanno organizzato dei mercati comuni e degli sport per la pace, al fine di facilitare il riavvicinamento delle tribù, incoraggiare la coesistenza pacifica e il dialogo. Il risultato è stato mediocre.
Nonostante la relativa calma, la popolazione continua a temere lo spettro degli scontri interetnici, perché le strategie adottate per la soluzione del conflitto sono state notevolmente carenti. In definitiva, queste diverse strategie hanno trascurato le questioni più importanti, tra cui il disarmo delle milizie locali, la delimitazione dei confini dei raggruppamenti e il rafforzamento dell’autorità dello stato, il che non ha permesso di risolvere definitivamente i conflitti relativi alla suddivisione territoriale e alla proprietà delle terre.
4. IL CONTROLLO SULL’AMMINISTRAZIONE: FONTE O SOLUZIONE DEI CONFLITTI NEL TERRITORIO DI KALEHE
4.1. Il conflitto tra originari e non originari nel Territorio di Kalehe
I conflitti sono essenzialmente territoriali e, nella maggior parte dei casi, sono sorti con le suddivisioni delle entità territoriali e amministrative. Spesso si evidenziano le questioni relative alla delimitazione dei campi e dei pascoli e alla densità demografica derivante dall’arrivo di una nuova manovalanza lavorativa, ma il principale problema è e rimane di ordine territoriale.
Nel territorio di Kalehe, il filo conduttore dei conflitti è il possesso e il controllo sull’amministrazione.
Prima della colonizzazione belga, questo territorio di 5.126 km² non esisteva con una superficie chiaramente definita e con suddivisioni amministrative ben consolidate, come i raggruppamenti dei villaggi e le zone amministrative. Queste suddivisioni furono instaurate dall’amministrazione coloniale. Attualmente, questo processo di suddivisione è incompleto ed è, quindi, necessario creare nuovi comuni rurali.
Secondo il censimento amministrativo del 2007, gli abitanti del territorio di Kalehe erano 462.465. Questa cifra include le popolazioni Bahavu, Batembo, Barongeronge, Batwa, Bahutu e Batutsi. Questi ultimi due gruppi etnici (Bahutu e Batutsi) vi si sarebbero stabiliti dopo la delimitazione delle suddivisioni territoriali e la schedatura degli altri gruppi etnici che rivendicano il diritto di essere riconosciute come popolazioni autoctone. È ciò che ha fatto esplodere il conflitto territoriale e fondiario.
4.1.1. L’origine e l’evoluzione del conflitto relativo alla suddivisione del territorio e alla proprietà delle terre
Nel territorio di Kalehe, i conflitti territoriali e fondiari oppongono tra loro due gruppi etnici ben noti: i Bahavu e i Batembo. Questo territorio è costituito da due zone amministrative di tipo tradizionale e ampliate dall’amministrazione coloniale: il Buhavu e il Buloho. Il Buhavu è formato da sette raggruppamenti di villaggi (Buzi, Kalima, Kalonge, Mbinga Nord, Mbinga Sud, Mubuku e Ziralo) ed è ufficialmente riconosciuto e attribuito ai Bahavu. Dei sette raggruppamenti, i Bahavu ne occupano tre: Buzi, Mbinga Nord e Mbinga Sud. I Bahavu sono alla pari con i Batembo che occupano altri tre raggruppamenti, tra cui Kalima, Mubuku e Ziralo. Il raggruppamento di Kalonge è occupato dai Barongeronge.
Durante il periodo postcoloniale, questi ultimi furono staccati dal territorio di Kabare, per essere annessi a quello di Kalehe. Con tutti i simboli del potere tradizionale, il capo Kalonge reclama l’autonomia e l’erezione del suo raggruppamento in zona amministrativa tradizionale di Kalonge. Questa richiesta di autonomia è fonte di tensione con i Bahavu, che perderebbero una parte di territorio, di contribuenti e di mercati.
Inoltre, l’autonomia è rivendicata anche dai Batembo, che desiderano ricostituire la propria unità culturale a partire dal 1945 e su una base geografica più o meno vasta che permetta il controllo delle risorse e, quindi, il loro sviluppo economico. Essi sono sparsi sull’intera provincia del Sud Kivu, ma abitano prevalentemente nella zona amministrativa tradizionale del Buloho; nei tre raggruppamenti di Kalima, Mubuku e Ziralo della zona amministrativa tradizionale del Buhavu; nel raggruppamento di Kalonge; nella zona amministrativa tradizionale di Nindja, appartenente al territorio di Kabare; e a Luyuyu, nel territorio di Shabunda. Nella provincia del Nord Kivu, i Batembo abitano nei raggruppamenti di Ufamandu e di Katoyi, situati nella zona amministrativa tradizionale dei Bahunde, in territorio di Masisi e nel raggruppamento di Walowa Loanda, situato nella zona amministrativa tradizionale dei Wanyanga, in territorio di Walikale.
La contesa territoriale tra i Batembo e i Bahavu è iniziata in settembre 1999, quando il movimento politico-militare noto come Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD) occupava l’Est del paese.
Durante la ribellione contro il governo centrale di Kinshasa, con un decreto dipartimentale, l’RCD aveva temporaneamente eretto Bunyakiri in Territorio. L’esistenza definitiva di questo Territorio era stata confermata mediante un altro decreto dipartimentale del 22 luglio 2002.
Le suddivisioni interne di questo nuovo Territorio e i suoi confini con i Territori limitrofi sono stati fissati rispettivamente nei decreti del 7 agosto 2001 e del 28 settembre 2002. Questi cambiamenti hanno fatto perdere ai Bahavu un’importante zona di influenza, siti minerari, mercati e foreste fornitrici di legname hanno, per conseguenza, accentuato i conflitti interetnici tra gruppi autoctoni.
Infine, sugli altipiani del territorio di Kalehe, i conflitti interetnici per questioni territoriali hanno provocato una contrapposizione tra i Bahavu e i Batembo contro il gruppo dei Banyarwanda (Batutsi e Bahutu). Questi conflitti sono iniziati sull’onda della contestazione della nazionalità dei Bahutu e dei Batutsi, considerati come stranieri che si sarebbero posteriormente insediati su questi altipiani adatti per l’agricoltura e l’allevamento di bovini. Alla questione della nazionalità, si è aggiunta anche quella relativa al possesso delle terre.
Questi due fattori hanno fatto sì che i Batembo e i Bahavu negassero ai Banyarwanda il diritto di nazionalità e di proprietà delle terre, perché li considerano non originari del posto. I Batembo e i Bahavu situano l’arrivo dei Banyaruanda in Congo nel 1959, dimenticando l’esistenza delle zone amministrative tradizionali dei Bahutu e la Missione di Immigrazione dei Banyarwanda organizzata dall’amministrazione coloniale belga a Gishali e a Jomba (Nord Kivu) nel 1936.
Da parte loro, i Banyarwanda rifiutano il fatto di essere considerati degli stranieri e affermano che hanno rotto i legami con il Ruanda, che sono Congolesi e che la loro nazionalità è riconosciuta e garantita dalla costituzione del mese di febbraio 2006. Per queste diverse ragioni, essi chiedono la revisione dei confini delle entità territoriali e amministrative ereditate dalla colonizzazione, per erigerle in zona amministrativa tradizionale e il riconoscimento della loro autorità tradizionale, allo stesso modo degli altri gruppi etnici stabiliti nella RD Congo. Queste richieste avevano indotto l’RCD a erigere gli altipiani del BUZI in zona amministrativa tradizionale e ad affidarne la gestione ai Banyarwanda. Con questo atto, l’RCD ha peggiorato le relazioni tra i vari gruppi etnici.
4.1.2. I fattori che hanno contribuito all’intensificazione dei conflitti interetnici nel Territorio di Kalehe
Quando i suddetti fattori sono coniugati e strumentalizzati da un’élite politico-militare in cerca di potere, i conflitti interetnici aumentano di intensità.
Ad esempio, l’RCD aveva sottratto quattro raggruppamenti alla zona amministrativa tradizionale del Buhavu per annetterli al nuovo territorio di Bunyakiri. Questa nuova suddivisione ha esacerbato il conflitto tra Bahavu e Batembo. Perdendo i raggruppamenti di Buzi e di Ziralo, il Buhavu si è trovato di fronte a un problema di sopravvivenza. La messa in questione dei limiti ereditati dalla colonia ha alimentato i conflitti su cinque catene di colline, tra cui Lumbishi, Luzirandaka, Ngadju, Numbi e Shandje. Queste colline sono siti di estrazione mineraria che i Bahavu e i Batembo non accettano di perdere a beneficio dei Banyarwanda, perché sono state il loro dominio di caccia e di organizzazione del rituale tradizionale. D’altra parte, i Banyarwanda affermano di detenere titoli di proprietà di queste terre, avendovi vissuto da molto tempo e avendo pagato i relativi tributi ai capi locali. Queste incoerenze dell’amministrazione e il pluralismo giuridico contribuiscono ad offuscare le relazioni sociali. Per ottenere delle concessioni su cui svolgere attività agro-pastorali e minerarie redditizie, uomini d’affari senza scrupoli, congolesi e stranieri, non esitano a creare insicurezza, in tal modo che la popolazione locale teme di perdere vasti estensioni di terre fertili adatte per l’agricoltura e l’allevamento.
Per difendersi e proteggere i loro territori e le loro terre, le comunità locali hanno creato delle milizie, i Mayi-Mayi che, infine, si scontrano tra loro, controllano i raggruppamenti dei villaggi, saccheggiano case e campi e commettono violenze contro le donne. La milizia Batiri dei Batembo e la milizia Bakobwa dei Banyarwanda sono la conseguenza dell’esistenza di un’amministrazione parallela che erode l’autorità dello stato, alimenta l’esclusione sociale e rafforza il senso dell’appartenenza tribale invece di promuovere la coesistenza pacifica tra le varie etnie.
4.1.3. I tentativi di risoluzione dei conflitti nel Territorio di Kalehe
Nel territorio di Kalehe, i conflitti sono legati all’organizzazione dello spazio.
L’amministrazione coloniale belga aveva utilizzato la coercizione per collocare i gruppi etnici in una determinata zona e li aveva costretti a convivere insieme in una stessa entità territoriale. Il processo della loro sedentarizzazione spinse l’amministrazione coloniale ad adottare una politica di controllo sugli spostamenti delle popolazioni, attraverso la creazione di “tribunali di frontiera”, incaricati di risolvere i conflitti fondiari e le controversie relative all’emigrazione interterritoriale.
Con la decolonizzazione, questo dispositivo fu abbandonato, dando libero sfogo alle rivendicazioni dei territori primari, eretti in grandi zone amministrative tradizionali all’interno del territorio di Kalehe.
Nel 1996, per favorire il reclutamento dei miliziani Batiri, l’Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione (AFDL) promise, come compensazione, la creazione del Territorio di Bunyakiri, in caso di vittoria sul regime di Mobutu. Questa promessa non fu mantenuta, ma il comandante dei Batiri fu promosso generale dell’esercito congolese. Nel 1997 e 1998, l’AFDL creò due commissioni di pacificazione, ma i risultati furono molto deludenti, a causa della mancanza di appoggio popolare, dovuta alla diffidenza nei confronti dei nuovi leader.
Fu su questo sfondo di crisi politica che nacque il Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD). In rottura con il potere centrale e per essere maggiormente accettato dalla popolazione, l’RCD smembrò le entità amministrative esistenti e creò il Territorio di Bunyakiri. Invece di placare le tensioni interetniche, l’RCD le intensificò. Ad esempio, il conflitto sui confini territoriali tra il raggruppamento di Buzi, situato nel territorio di Kalehe, e il raggruppamento di Ziralo, situato nel territorio di Bunyakiri appena creato, contrappose i Bahavu ai Batembo.
Queste contrapposizioni rimangono ancora oggi: da una parte, ci sono i gruppi etnici beneficiari, che continuano a credere nell’esistenza dei Territori creati nel Sud Kivu durante la guerra e, dall’altra, ci sono i gruppi etnici espropriati, che ritengono che gli atti compiuti dall’RCD siano legalmente nulli e senza effetto. Queste opposizioni esistono nella mente delle persone e sono alimentate dalla presenza dei gruppi armati, congolesi e stranieri.
È in questo contesto che delle organizzazioni nazionali e internazionali partecipano al processo di pacificazione delle relazioni sociali e di costruzione della pace. Diverse organizzazioni e chiese si dedicano all’educazione per la pace sociale e all’educazione civica e politica, indicendo Corsi di Dialogo e di Mediazione (CDM) e istituendo dei Comitati di Mediazione dei Conflitti (CMC), il cui obiettivo principale è quello di prevenire i conflitti, risolverli e consolidare la coesione sociale.
Alcune organizzazioni stanno implementando strategie di mediazione fondiaria, di educazione sui diritti fondiari e di formazione di leader locali per la gestione dei conflitti fondiari.
Va notato che, spesso, i conflitti fondiari sono acuiti dalla pressione demografica, dagli spostamenti delle popolazioni sfollate, dall’insicurezza, dal mal funzionamento dell’amministrazione e della giustizia, l’estensione delle aree protette, la storia di popolamento della provincia e la fragilità dello Stato congolese.
5. CONCLUSIONE
Questi diversi esempi consentono di comprendere cinque realtà sulla cui base si possono organizzare delle azioni per ricostruire la pace sociale nel Sud Kivu.
5.1. L’esistenza della dimensione territoriale nei conflitti del Sud Kivu
La maggior parte delle strategie non tengono sufficientemente conto della dimensione territoriale del conflitto tra le varie comunità del Sud Kivu e l’emergere di una pluralità di attori collegata alla fragilità dello Stato congolese rende difficile qualsiasi sforzo intrapreso per risolvere i conflitti.
I conflitti di territorio sono essenzialmente di tipo politico e mobilitano i giovani, le comunità, le autorità locali e le milizie.
La nozione di originari e non originari è espressione di una conflittualità di identità che offusca la dimensione territoriale. È una realtà sia sociologica che politica. È sociologica, perché è il riflesso dell’identità culturale e il supporto delle rappresentazioni delle etnie, insediatesi prima o dopo, nello spazio delimitato dallo Stato. Il rapporto con lo spazio e con gli altri è determinato dall’appartenenza all’etnia e dai legami di affinità.
Sin dai tempi della colonizzazione, si presume che il territorio identitario sia diluito nel territorio dello Stato, una realtà politica intesa come spazio di potere sovrano. È per questo che il territorio è diventato fonte di violenti conflitti tra i gruppi etnici. Le violenze sono causate dai limiti del processo di suddivisione territoriale e dalla fragilità dello stato postcoloniale. Pertanto, il compito di quest’ultimo è quello di promuovere un’educazione capace di favorire una cultura del territorio e una coscienza nazionale.
5.2. La militarizzazione delle comunità
Le carenze descritte in questo studio hanno favorito l’emergere delle milizie (Mai-Mai, Audacieux, Ngomino, Twirwanire, Batiri, Bakobwa, ecc.) che sono vere macchine di distruzione della vita e delle iniziative per lo sviluppo economico. Questa logica è incoraggiata dai diversi gruppi etnici e dai loro membri che contribuiscono, consciamente o inconsciamente, a indebolire lo Stato congolese e ad alimentare l’instabilità politica, attraverso rivendicazioni di territori etnici e di autoctonia. Queste rivendicazioni suscitano le tensioni sociali e alimentano le divisioni tra autoctoni e non autoctoni. Queste divisioni minacciano la coesione sociale. Il lavoro dello Stato congolese dovrebbe essere quello di smilitarizzare le comunità e di intraprendere iniziative che possano rafforzare l’unità sociale e la pace.
5.3. L’integrazione delle comunità attraverso il territorio
Nel caso dei Babuyu, dei Barongeronge e dei Batembo, l’integrazione attraverso il territorio è stata finora parziale. Essi si sentono in insicurezza rispetto ai gruppi maggioritari che impongono loro una specie di dominazione politica, economica e culturale. Da qui sorgono le richieste di autonomia territoriale. La soluzione sarà quella di attivare dei meccanismi di ripartizione del potere, di condivisione delle varie risorse e di promozione dell’identità culturale di ciascun gruppo etnico.
L’integrazione attraverso il territorio è ben riuscita nel caso dei Babembe, Bafuliiru, Bahavu e Bavira. Questa integrazione potrà essere incrementata mediante la lotta comune contro la povertà.
Per i Barundi della Pianura del Ruzizi, la loro integrazione nel territorio non è irrisolvibile. La loro entità è legalmente delimitata e inquadrata. Il ruolo dello Stato è quello di porre fine alle ambizioni egemoniche e alle contestazioni dei loro vicini a proposito dell’esistenza dell’autorità tradizionale e della zona amministrativa tradizionale dei Barundi.
5.4. La fragilità dello Stato congolese
La rinascita dei conflitti territoriali è il risultato della fragilità dello Stato congolese. A questo proposito, l’élite dei Banyamulenge rileva, in un suo documento, che «lo Stato è interamente responsabile del deterioramento di questi conflitti, perché non ha fornito soluzioni adeguate a tempo debito». I Banyamulenge degli altipiani di Uvira e i Banyarwanda degli altipiani di Kalehe non hanno avuto territori amministrativi propri. Perciò, potrebbe essere auspicabile la creazione di nuovi comuni rurali, intesi come spazi in cui le identità degli uni e degli altri possano coesistere e svilupparsi senza creare difficoltà.
5.5. La riorganizzazione del territorio
Lo Stato congolese dovrebbe impegnarsi nella elaborazione delle mappe dei Raggruppamenti dei villaggi, delle Zone amministrative tradizionali e dei Territori per prevenire i conflitti di confine. Una commissione istituita dall’autorità organizzatrice del territorio dovrebbe elaborare le liste delle varie entità e le loro coordinate geografiche, risolvere i conflitti relativi ai confini e proporre eventuali nuove suddivisioni. I membri di questa commissione dovrebbero conoscere bene la storia cronologica dell’insediamento dei vari gruppi etnici nella provincia, la storia dell’organizzazione territoriale e amministrativa e i relativi diversi testi giuridici.
5.6. Il modus operandi delle identità territoriali
I territori contesi dai Babembe, Babuyu, Bafulero, Bahavu, Bahutu, Barongeronge, Barundi, Banyamulenge, Batembo, Batutsi, Bavira, … dipendono dalla sovranità dello Stato congolese e costituiscono il territorio nazionale.
Sottomessi al potere nazionale, essi non devono essere confusi con i territori etnici o primari. Questi ultimi esistevano prima del tempo della colonizzazione europea in Africa. Dalla colonizzazione in poi, i vari territori etnici che hanno contribuito a formare il territorio nazionale non dovrebbero più esistere sul piano legale, conseguentemente all’evoluzione della suddivisione territoriale e dell’amministrazione propria di uno Stato moderno.
Tuttavia, i casi analizzati dimostrano che i territori etnici continuano ad esistere a livello antropologico e sociologico. I gruppi etnici, territorializzati o no durante l’era coloniale, continuano a definirsi in riferimento allo spazio identitario e a reclamare la loro appartenenza a determinati territori etnici. Queste identificazioni, appartenenze e rivendicazioni di territori primari o culturali costituiscono le identità territoriali che sono alla base dei conflitti tra i gruppi etnici del Sud Kivu.
Esse operano secondo quattro modalità strategiche: la negazione e l’esclusione del gruppo etnico vicino; la giustificazione dell’esistenza del gruppo, anteriore allo spazio occupato, mediante un discorso di legittimazione; la pratica dell’autodifesa del territorio statale, mediante la creazione di milizie; la trasmissione alle generazioni future attraverso la socializzazione.
In primo luogo, le identità territoriali operano sulla base del principio di negazione ed esclusione del gruppo etnico vicino. I gruppi etnici in conflitto si definiscono e si identificano con uno spazio ben delimitato dal potere statale, lo privatizzano e se lo appropriano nel contesto della fragilità dello Stato congolese, per negare l’occupazione e l’esistenza anteriori della parte avversaria, sullo spazio prima della colonizzazione belga. La negazione e l’esclusione provocano dei conflitti di territorio.
In secondo luogo, le identità territoriali si esprimono in termini di legittimazione. Ogni gruppo etnico cerca di giustificare la sua esistenza sullo spazio controverso ancor prima della colonizzazione belga. Il discorso di legittimazione che fa nega la storia della riorganizzazione territoriale e amministrativa che il territorio primario ha subito nel corso degli anni. Questo discorso esalta le qualità del territorio etnico e gli attribuisce le proprietà di un proprio spazio di esistenza. È così che il discorso di esclusione diventa una fonte di conflitti territoriali, distinguendo tra nativo e non nativo, originario e non originario, autoctono e alloctono. Queste categorie concettuali velano questioni di nazionalità e di organizzazione politica sulla base di una propria cultura tradizionale (potere tradizionale).
In terzo luogo, le identità territoriali si basano sulla necessità di sicurezza in una situazione di crisi dello Stato congolese. I gruppi etnici adottano la pratica di autodifesa del territorio statale attraverso la creazione di milizie che garantiscano la sicurezza e la pace alle loro comunità, al posto del potere statale. Questa pratica accresce le tensioni tra i gruppi etnici vicini invece di garantire loro la pace sociale. Le milizie aumentano l’insicurezza, instaurano delle amministrazioni parallele e vivono a spese delle popolazioni locali. Da qui sorgono le massicce violazioni dei diritti umani. L’esistenza delle milizie nella provincia del Sud Kivu sono la manifestazione della privatizzazione e dell’etnicizzazione del territorio dello Stato.
In quarto luogo, le identità territoriali si trasmettono da una generazione all’altra attraverso la socializzazione, il discorso di legittimazione e la memoria di eventi negativi. Le identità territoriali agiscono e si diffondono secondo il principio del contagio. La maggior parte dei conflitti sono scoppiati nell’era coloniale con la classificazione dei gruppi etnici e la suddivisione del quadro amministrativo. Nati con il processo di territorializzazione, questi conflitti mescolano le questioni di nazionalità e di autorità tradizionale, attraversando le diverse epoche, fino ad influenzare le generazioni presenti.
I conflitti di territorio tra i Bafulero e i Barundi risalgono al 1928, quelli tra i Bahavu e i Batembo sono iniziati nel 1945, quelli tra i Babembe e i Babuyu risalgono al 1950, ecc. La specificità di questi conflitti è quella di avere delle ramificazioni nel tempo presente e di implicare una pluralità di attori: civili, miliziani, militari, funzionari, giovani e popolazioni locali. Queste ricorrono alle quattro modalità strategiche sopra descritte, separatamente o nel loro insieme, a seconda del contesto, radicalizzando in tal modo i conflitti territoriali.
In definitiva, in questi diversi territori, i gruppi etnici si disputano un territorio che rientra nell’ambito della sovranità dello Stato congolese. Essi entrano in conflitto per questioni geopolitiche, tra cui l’autonomia, il territorio, le risorse e il potere, che sono fattori che motivano la
richiesta di consolidamento o di smembramento: due modalità riconosciute dalla Costituzione del mese di febbraio 2006 unicamente allo Stato congolese.
[1] Cf Testo completo: https://www.google.fr/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&ved=2ahUKEwjE0ICto_TmAhUnMewKHVkKCVoQFjABegQIAxAC&url=https%3A%2F%2Fwww.globethics.net%2Fdocuments%2F4289936%2F13403252%2FGE_Focus_34_web.pdf&usg=AOvVaw0FviHX9_JTz9f_L475_z7m