CONTRO I GRUPPI ARMATI NELL’EST
DELLA RD CONGO
INDICE
1. VERSO DELLE OPERAZIONI MILITARI CONGIUNTE CON DELLE TRUPPE RUANDESI, UGANDESI E BURUNDESI?
2. COLLABORAZIONE MILITARE TRA RD CONGO, RUANDA, UGANDA E BURUNDI: UN’ALLEANZA CHE INCUTE PAURA E SCETTICISMO
1. VERSO DELLE OPERAZIONI MILITARI CONGIUNTE CON DELLE TRUPPE RUANDESI, UGANDESI E BURUNDESI?
Il 15 ottobre, i ministri degli Esteri della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (CIRGL) si sono incontrati a Brazzaville per discutere sulla questione dell’insicurezza che persiste nella regione dei Grandi Laghi Africani. I leader degli Stati della sottoregione si sono detti determinati a trovare una soluzione al problema dell’insicurezza che impedisce lo sviluppo dei loro rispettivi paesi.
Il ministro degli Esteri del Congo-Brazzaville, Jean-Claude Gakosso, ha affermato che l’incontro si è concluso con una nota di speranza e ha sottolineato gli sforzi che il presidente congolese Felix Tshisekedi sta facendo per portare la pace nella RD Congo: «È andato in Uganda e in Ruanda; ciò dimostra che, nella sottoregione, c’è un nuovo stato d’animo che deve essere consolidato». Secondo lui, Felix Tshisekedi ha dimostrato «la sua volontà di dialogo con tutti i paesi limitrofi, soprattutto con quelli situati ad est, poiché sono all’origine della maggior parte dei problemi che affliggono l’est della RD Congo».
Da parte sua, Guillaume Manjolo, ministro per la cooperazione della Repubblica democratica del Congo, ha parlato dell’implicazione dei paesi limitrofi da cui provengono i gruppi armati stranieri ancora attivi nella RD Congo: «Abbiamo cercato di responsabilizzare i Paesi da cui provengono i gruppi armati stranieri. Per quelli congolesi, le forze armate congolesi sono già al lavoro».[1]
Un certo documento firmato dal Capo dello stato maggiore militare congolese, il generale Célestin Mbala, lascia intravvedere la possibilità di organizzare, in collaborazione con gli eserciti dei Paesi limitrofi dell’Est, delle operazioni militari congiunte contro i gruppi armati stranieri e locali ancora attivi nell’est della RD Congo.
Il documento è stato ampiamente diffuso sui social-network. Anche se è difficile stabilirne l’autenticità, sembra che non sia però stato smentito, né dalle autorità politiche congolesi, né da quelle militari. Secondo fonti prossime allo stato maggiore dell’esercito congolese, “si tratta solo di un documento di lavoro”.
Il piano operativo è accompagnato da una lettera indirizzata al Capo di stato maggiore del Burundi. Il generale Célestin Mbala invita il suo omologo burundese per un incontro che si terrà il 24 e 25 ottobre a Goma (Nord Kivu – RD Congo). Un primo incontro si era tenuto il 13 e 14 settembre. Gli ufficiali militari della RD Congo, del Ruanda, del Burundi e dell’Uganda avevano concordato di collaborare insieme per risolvere il problema dei gruppi armati, sia stranieri che locali, ancora attivi nell’est della RD Congo.
Quest’ultimo documento presenta la composizione di un futuro stato maggiore integrato e composto da delegati degli eserciti congolese, burundese, ruandese e ugandese. Potrebbero farne parte anche Africom e la Missione delle Nazioni Unite per la Stabilità in Congo (Monusco), che avevano già inviato dei loro osservatori negli incontri precedenti.
L’obiettivo di questo futuro stato maggiore integrato sarebbe quello di coordinare delle operazioni militati contro i vari gruppi armati ancora attivi nel Nord e Sud Kivu. Si tratta di gruppi armati stranieri (ADF, FDLR, Red Tabara) e congolesi (Maï-Maï, Nyatura, NDC-Rinnovato, ecc.). Gli eserciti ugandese, ruandese e burundese potrebbero fornire forze speciali. Nell’Est della RD Congo, questa notizia ha suscitato grande scalpore poiché, in passato, questi eserciti avevano già occupato entrambi i Kivu o vi avevano compiuto periodiche incursioni militari.
Il documento in questione afferma inoltre che Africom e la Monusco potrebbero appoggiare queste operazioni. Una fonte delle Nazioni Unite ha affermato che difficilmente la Monusco potrebbe apportare un tale appoggio. Un diplomatico occidentale spiega che le truppe della Monusco agiscono secondo le condizioni poste dai loro Paesi di origine.[2]
Il 16 ottobre, il portavoce della Missione delle Nazioni Unite per la Stabilità in Congo (Monusco), Florence Marchal, ha dichiarato che la MONUSCO non prevede alcun sostegno ad un’eventuale coalizione di eserciti della regione. A proposito di eventuali operazioni militari nell’est della RD Congo da parte di una forza militare congiunta composta da truppe congolesi, ruandesi, burundesi e ugandesi, ella ha dichiarato che «il tipo di mandato conferito alla Monusco non permette alcuna forma di appoggio, poiché è un mandato che ha come priorità la protezione delle popolazioni civili attraverso un appoggio alle Forze Armate Congolesi (FARDC). Ciò esclude il sostegno a una coalizione regionale. La maggior preoccupazione della Monusco è la protezione della popolazione civile. Se è necessario farlo nel contesto di una coalizione regionale, ciò non dipenderà dalla Monusco, ma dal Consiglio di Sicurezza che dovrà pronunciarsi su questo argomento».[3]
2. COLLABORAZIONE MILITARE TRA RD CONGO, RUANDA, UGANDA E BURUNDI: UN’ALLEANZA CHE INCUTE PAURA E SCETTICISMO
Per sconfiggere i vari gruppi armati ancora attivi nell’est del suo territorio, la RD Congo ha deciso di chiedere la collaborazione degli eserciti di Uganda, Ruanda e Burundi. In questo modo, gli eserciti di questi tre paesi potrebbero presto attraversare in maniera ufficiale la frontiera congolese, per dare una mano alle forze armate della RD Congo. Dato il turbolento passato che ha connotato questa parte del territorio congolese, l’iniziativa incute paura e scetticismo nelle popolazioni locali.
La destabilizzazione dell’Est della RD Congo inizia con il massiccio afflusso di rifugiati hutu ruandesi in fuga davanti all’avanzata del Fronte Patriottico Ruandese (FPR) dopo il genocidio ruandese del 1994.
In quell’anno, due milioni di Ruandesi, civili e militari membri dell’esercito del presidente assassinato Habyarimana, attraversarono il confine con la RD Congo. Animati dallo spettro della rivincita sul nuovo regime tutsi che si era installato a Kigali, alcuni rifugiati crearono una loro forza di difesa denominata Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR).
A Kigali, la riorganizzazione dei rifugiati ruandesi in gruppo armato attivo oltre il confine è stata vista con preoccupazione. Nel 1996, con la benedizione di Ruanda, Uganda e Burundi, si creò una coalizione militare sotto forma di ribellione congolese, l’Alleanza delle Forze Democratiche di Liberazione (AFDL). Meno di un anno dopo, nel mese di maggio 1997, le truppe dell’AFDL fecero il loro ingresso trionfale a Kinshasa.
Dal 1996, l’Est della RD Congo è entrato in una spirale infernale di violenza e di insicurezza. Da quel momento, in questa zona sono apparse varie ribellioni create e sostenute dal regime ruandese (AFDL, RCD, CNDP, M23), senza contare i gruppi Mai-Mai di autodifesa, che costituiscono un vero cocktail Molotov e senza dimenticare i ribelli ruandesi delle FDLR ancora attivi.
Va ricordato che, nel Nord Kivu, tra il 20 gennaio e il 27 febbraio 2009, si svolse un’operazione militare congiunta ruando-congolese organizzata proprio contro le FDLR. Questa operazione denominata “Umoja Wetu” (nostra unione) era stata negoziata dal presidente congolese Joseph Kabila e dal suo omologo ruandese, Paul Kagame a partire dall’Uganda.
In quell’occasione, nell’est della RD Congo entrarono varie migliaia di militari ruandesi, ma non si sa ancora quanti di essi rientrarono effettivamente nel loro Paese alla fine dell’operazione. Secondo vari osservatori, quelli che ritornarono in Ruanda furono certamente meno di quelli che erano entrati in Congo.
Allora presidente della Camera dei Deputati e ora direttore di gabinetto del Presidente della Repubblica, Vital Kamerhe si oppose pubblicamente a tale iniziativa e criticò aspramente il fatto che l’ingresso in RD Congo da parte di un esercito anteriormente nemico non fosse stato discusso in Parlamento. Sotto la pressione dell’entourage di Joseph Kabila, il 26 marzo 2009, Vital Kamerhe fu costretto a dimettersi.
Nella sua determinazione a portare la pace nell’Est del Paese, l’attuale presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, intende coinvolgere i Paesi dell’intera sottoregione, compresi il Ruanda, l’Uganda e il Burundi. Tuttavia, la strategia scelta dal Capo dello Stato è difficilmente capita dall’opinione pubblica, dato il travagliato passato vissuto dalla popolazione locale a causa della forte influenza del Ruanda, dell’Uganda e del Burundi sulla situazione di instabilità di questa parte del territorio nazionale. Il popolo congolese non è pronto a dimenticare i milioni di compatrioti uccisi in modo spesso atroce durante la guerra detta di liberazione e combattuta dalle truppe dell’AFDL, con il supporto logistico del Ruanda, dell’Uganda e del Burundi.
Curiosamente, è a questi stessi carnefici che il Capo dello Stato si rivolge ora per curare le ferite che essi avevano provocato più di 20 anni fa. Come il presidente dell’Asadho, Jean-Claude Katende, l’opinione pubblica si pone molte domande: “Il governo congolese ha tenuto conto di ciò che, in passato, le truppe ruandesi, burundesi e ugandesi hanno fatto nella Repubblica Democratica del Congo? Il governo congolese ha preso in considerazione l’opinione del popolo, in particolare modo di quella delle popolazioni che vivono nell’Est del Paese, circa un eventuale ritorno delle truppe dei paesi vicini che hanno causato morti e hanno saccheggiato le risorse naturali del Congo per diversi anni? La Camera dei Deputati e il Senato sono stati informati e implicati in questa decisione di creare una coalizione con gli Stati limitrofi dell’Est per aiutare La RD Congo a porre fine ai gruppi armati?“.
Tutto sommato, questa decisione di chiedere la collaborazione delle truppe ruandesi, ugandesi e burundesi per neutralizzare i gruppi armati ancora attivi, provoca dubbi e incute paura. Il presidente dell’Asadho giustifica questa paura del popolo in questo modo: “il ritorno nella Repubblica Democratica del Congo di truppe dei paesi che hanno avuto l’ambizione di avere il controllo sulle risorse naturali del nostro paese non è una buona notizia“. Kinshasa farebbe meglio a riconsiderare la sua posizione, prima che sia troppo tardi.[4]
[1] Cf RFI, 16.10.’19
[2] Cf RFI, 15.10.’19
[3] Cf Ivan kasongo – Actualité.cd, 16.10.’19
[4] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 17.10.’19