INDICE
1. L’ULTIMO MESSAGGIO DELLA CENCO: “LIBERATE IL MIO POPOLO”
2. ANCORA SENZA NUOVO GOVERNO
3. L’INTERDIZIONE DELLA MANIFESTAZIONE DI LAMUKA PREVISTA IL 30 GIUGNO A KINSHASA
4. CORTE COSTITUZIONALE: RETTIFICAZIONE DI ERRORI MATERIALI
1. L’ULTIMO MESSAGGIO DELLA CENCO: “LIBERATE IL MIO POPOLO”
Il 24 giugno, la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) ha pubblicato il suo ultimo messaggio intitolato “Liberate il mio popolo”. Ecco alcuni estratti:
« A. IL POPOLO VUOLE IL CAMBIAMENTO
Le elezioni del 30 dicembre 2018 hanno dato origine a una speranza di cambiamento nel paese. Il popolo si è espresso a favore di una vera rottura con il vecchio sistema di governance, al fine di avere dei leader che lo mettano al centro delle loro preoccupazioni. È in questa prospettiva che ha accolto con favore i primi atti del nuovo Presidente della Repubblica, tra cui l’apertura dello spazio politico e mediatico, la liberazione dei prigionieri politici, il ritorno degli esiliati politici, il lancio del programma dei primi 100 giorni. Questo fatto riflette la sua volontà di aderire al cambiamento desiderato per migliorare le condizioni di vita della popolazione. Tuttavia, col passare dei giorni, constatiamo che la situazione non cambia.
B. SITUAZIONI PREOCCUPANTI
– A livello socio-politico
Siamo più che preoccupati del tempo impiegato per negoziare la designazione degli animatori di certe istituzioni, come il Comitato di presidenza del Senato e il Governo. Nel contesto del nostro paese, questo modo di agire pregiudica gravemente il corretto funzionamento dello Stato.
Inoltre, il fenomeno della spudorata corruzione constatata nelle elezioni indirette dei Senatori nazionali e dei Governatori delle province ha sollevato la questione della mancanza di credibilità e di responsabilità in coloro che sono stati eletti come rappresentanti del popolo. L’immagine del nostro paese è stata gravemente offuscata.
Dopo lo svolgimento delle elezioni presidenziali e legislative a livello nazionale e provinciale, le elezioni locali, fondamento della democrazia alla base, benché previste dalla Costituzione e fissate dalla Commissione Elettorale per il 22 settembre 2019, non sembrano più essere oggetto di preoccupazione da parte delle autorità competenti. Il popolo le sta aspettando con impazienza e urgenza, poiché la democrazia non può essere instaurata nelle Entità territoriali decentralizzate da agenti non eletti, ma nominati dall’alto.
In alcune province e città del nostro paese, non è garantita la libertà di movimento di alcune personalità politiche. Questa restrizione del diritto di movimento costituisce un passo indietro rispetto a tutto ciò che è stato fatto per il rasserenamento del clima politico.
– A livello socio-economico
L’economia soffre di debolezze strutturali ereditate dal passato. Continua la disoccupazione. Per molte famiglie, la scolarizzazione dei figli e l’accesso alle cure mediche sono un lusso. Migliaia di persone, tra cui un numero impressionante di bambini, vivono in una grave insicurezza alimentare, benché vivano in un paese con un terreno fertile e pieno di risorse naturali. C’è un contrasto scandaloso tra l’arricchimento vertiginoso di una minoranza di nostri compatrioti e l’estrema povertà in cui vive la maggior parte del popolo e questo divario si sta ampliando sempre più.
– A livello della sicurezza
L’insicurezza continua nel Nord e Sud Kivu e nel Tanganica; la violenza sta aumentando nell’ Ituri. Non si riesce a capire perché le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC), sostenute dalla missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione del Congo (MONUSCO), non riescano ancora a neutralizzare i gruppi armati, nazionali e stranieri, tra cui l’ADF, la LRA, le FDLR e i pastori Mbororo, che seminano morte e desolazione, come se lo Stato non esistesse. È inaccettabile che gruppi armati stranieri si siano installati e si stiano addestrando in territorio congolese, commettendovi gravissimi crimini, senza mai attaccare i loro rispettivi paesi di origine contro cui, invece, dovrebbero ribellarsi. Le popolazioni hanno la sensazione di essere state abbandonate. Tutto sembra indicare che il piano di destabilizzazione e di balcanizzazione del paese, orchestrato esternamente con la complicità di alcuni nostri compatrioti, continui.
– A livello della giustizia
La giustizia è uno dei pilastri dello stato di diritto e fa crescendo una nazione. Purtroppo, nel nostro paese, essa è mal amministrata, viziata dalla corruzione e manipolata dalla politica. Per molti nostri concittadini, la magistratura è vista come un luogo di intrighi, un mezzo per sistemare i conti e convalidare le ingiustizie. La corruzione sembra essere la via principale per vincere una causa. L’invalidazione dei mandati di alcuni deputati da parte della Corte costituzionale ne è un esempio.
Non lo si dice mai abbastanza: non si può costruire una nazione sulla corruzione, la menzogna e l’inganno.
LE RACCOMANDAZIONI
In vista del cambiamento voluto dal popolo e dell’uscita dalla crisi, raccomandiamo:
– A Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica
di assumere pienamente le sue responsabilità di Capo dello Stato;
di cambiare il sistema della governance, stabilendo un vero stato di diritto capace di rendere il nostro paese forte e prospero;
di mettere l’Esercito nelle condizioni che gli consentono di rispondere efficacemente alla sua missione di difendere e salvaguardare l’unità e l’integrità del territorio nazionale;
di ripristinare il prestigio del potere giudiziario, in particolare quello della Corte costituzionale, in modo che il popolo abbia piena fiducia nella Giustizia.
– Al Parlamento
di mettersi realmente al servizio del Popolo che ha optato per il cambiamento;
di gestire utilmente il tempo, per votare le leggi che promuovano la democrazia piuttosto che gli interessi di parte. In questa prospettiva e in vista della depoliticizzazione della Commissione Elettorale, la revisione della legge elettorale si rivela più che necessaria;
di garantire che la maggioranza in Parlamento non abusi della sua superiorità numerica per emanare leggi sfavorevoli al progresso della democrazia nel nostro paese;
di controllare senza compiacenza i membri del governo e gli agenti dello Stato;
di non tentare di modificare e di adattare agli interessi di individuali o di partiti politici, le disposizioni della Costituzione, in particolare quelle relative alle modalità delle votazioni.
– Al futuro governo
di mettere al centro della sua azione il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, in particolare nei settori dell’istruzione, della sanità e delle infrastrutture;
di preoccuparsi dell’adempimento dei suoi doveri nei confronti dell’educazione scolastica, regolarizzando soprattutto la situazione salariale degli insegnanti non retribuiti o omessi, condizione necessaria per l’educazione gratuita promessa dal Capo dello Stato.
di istituire un comitato anticorruzione, lavorare per la depoliticizzazione della magistratura e assicurare l’efficacia dell’autonomia delle province».[1]
2. ANCORA SENZA NUOVO GOVERNO
Il 19 giugno, dopo intensi negoziati, le due parti politiche della coalizione che detiene la maggioranza parlamentare hanno raggiunto un accordo sulla ripartizione dei ministeri: il 65% spetterebbe al Fronte Comune per il Congo (FCC) dell’ex presidente Joseph Kabila e il 35% a Verso il Cambiamento (CACH) dell’attuale presidente Felix Tshisekedi. Un membro del FCC ha anche confermato un accordo sulle dimensioni del governo: 65 membri (1 + 64), tra cui 45 ministri e 20 vice ministri. Quindi, il FCC avrà 42 posti ministeriali, tra cui 30 ministri e 12 vice ministri. Il CACH ne avrà 22, tra cui 15 ministri e 7 vice ministri.
Ci sarebbe stato un accordo anche sui cosiddetti ministeri sovrani: affari esteri, interni e sicurezza, difesa e giustizia. Le due parti della coalizione di governo avrebbero accettato una pari suddivisione di questi quattro ministeri di sovranità. La Giustizia e la Difesa andrebbero a CACH, mentre gli affari esteri e gli affari interni andrebbero al FCC. Tuttavia, spetterebbe al presidente Félix Tshisekedi la designazione di un membro del FCC come ministro degli Esteri. Secondo un’altra fonte, sempre per quanto riguarda questi quattro ministeri sovrani, la Giustizia, la Difesa e gli Affari Esteri sarebbero stati riservati a CACH e gli Interni all’FCC.
Dopo l’accordo sulla ripartizione dei ministeri, le due parti della coalizione di governo hanno proseguito i negoziati sui nomi che dovrebbero occupare i diversi ministeri.
I delegati del FCC che partecipano a questi negoziati sono Néhémie Mwilanya, Aubin Minaku, Jaynet Kabila e Tambwe Mwamba, mentre quelli di CACH sono Kitenge Yezu, Francois Mwamba, Jean-Marc Kabund e Baudouin Mayo.
L’FCC ha oltre 350 deputati, mentre CACH ne ha circa 60. Come modalità di governabilità dello Stato, queste due piattaforme politiche hanno optato per un regime di coalizione, invece di un regime di coabitazione.[2]
3. L’INTERDIZIONE DELLA MANIFESTAZIONE DI LAMUKA PREVISTA IL 30 GIUGNO A KINSHASA
Il 25 giugno, in un messaggio indirizzato al popolo congolese, la coalizione politica dell’opposizione LAMUKA ha annunciato una manifestazione generale prevista la domenica 30 giugno, per protestare contro la corruzione e l’invalidazione dei mandati di una trentina di deputati nazionali da parte della Corte costituzionale. Il messaggio è stato firmato dai 5 leader rimasti in questa coalizione politica: Moïse Katumbi, Jean-Pierre Bemba, Martin Fayulu, Freddy Matungulu e Adolphe Muzito. Secondo i firmatari, «è a causa della corruzione che il popolo congolese vive nella povertà, le istituzioni sono diventate deboli, i Congolesi hanno perso tutta la loro dignità, lo stato paga ai suoi dipendenti un salario da miseria, tutte le infrastrutture di base sono in rovina e la giustizia esiste solo per gli abbienti e un piccolo gruppo di persone privilegiate». Denunciando il fatto che dei veri deputati eletti sono stati sostituiti da altri che non erano stati eletti, i leader di LAMUKA hanno indetto questa manifestazione per rivendicare il rispetto della volontà del popolo.[3]
Il 26 giugno, il coordinatore provinciale di LAMUKA / Kinshasa, Fidèle Babala, ha inviato una lettera al governatore di Kinshasa, Gentiny Ngobila, per informarlo sulla manifestazione indetta per il 30 giugno. Secondo la corrispondenza inviata, la manifestazione inizierà dai 24 comuni della città di Kinshasa, a partire dalle 10:00, per dirigersi verso lo Scambio di Limete, attorno al monumento Lumumba, punto d’arrivo della manifestazione stessa.[4]
Il 27 giugno, in una lettera di risposta indirizzata a Fidèle Babala, vice segretario generale del Movimento per la Liberazione del Congo, il governatore della città di Kinshasa, Gentiny Ngobila, ha affermato di «non poter prendere atto della manifestazione di LAMUKA, perché prevista in una data commemorativa, quelle del 30 giugno, che dovrebbe essere rispettata da tutti i cittadini … Organizzare una manifestazione di protesta in questa data equivarrebbe ad un sabotaggio contro la memoria della Repubblica». Inoltre, il Governatore ha chiesto al commissario provinciale della polizia nazionale congolese e ai sindaci dei comuni interessati di assicurare l’applicazione della sua decisione.[5]
Il 28 giugno, il coordinatore di Lamuka per la città di Kinshasa, Fidèle Babala, ha affermato che, nonostante il divieto del governatore di Kinshasa, Lamuka mantiene la data del 30 giugno, come previsto. Secondo Fidèle Babala, «il governatore non ha alcun diritto per proibire una manifestazione pacifica». Dopo aver fatto riferimento all’articolo 26 della Costituzione, che garantisce la “libertà di manifestazione” chiedendo agli organizzatori di “informare per iscritto l’autorità amministrativa competente”, egli ha ricordato che «i nostri padri hanno ottenuto l’indipendenza in seguito a una lunga serie di manifestazioni … Indipendenza significa libertà … Ogni congolese ha dunque il diritto di celebrare l’indipendenza come meglio crede» . Il capo della polizia di Kinshasa, il generale Kasongo, ha ricordato di aver ricevuto istruzioni per impedire lo svolgimento della manifestazione in questione.
Per la celebrazione del cinquantanovesimo anniversario dell’indipendenza della RDC, non è prevista alcuna manifestazione ufficiale. La parata militare in preparazione è stata annullata dalle autorità civili. È da tre anni che, ufficialmente per “motivi di sicurezza e ragioni politiche”, il paese non organizza alcuna attività commemorativa della sua indipendenza.[6]
Il 30 giugno, a Kinshasa, nonostante il divieto delle autorità cittadine e le disposizioni della polizia, alcune centinaia di militanti di Lamuka guidati da Martin Fayulu e Adolphe Muzito hanno iniziato la manifestazione a partire dal distretto di Tshangu e in direzione della piazza di Limete, punto di arrivo della manifestazione, ai piedi della statua di Lumumba. A livello del mercato della Libertà, nel comune di Masina, la polizia nazionale è intervenuta lanciando gas lacrimogeni, per tentare di impedire la manifestazione e disperdere i militanti di Lamuka, però senza riuscirci.
Successivamente, la manifestazione è stata bloccata a livello di quartiere I di N’djili, quando la polizia ha sparato sui pneumatici delle ruote dei due veicoli in cui si trovavano Martin Fayulu e Adolphe Muzito. Il capo della polizia ha smentito di aver dato un tale ordine, ma ha dichiarato di “assumersi la responsabilità del gesto degli agenti di polizia” che non hanno fatto altro che applicare le disposizioni di divieto di manifestazione prese dal governatore della città. Infine, Martin Fayulu e Adolphe Muzito sono stati scortati dalla polizia fino al Faden House, la residenza di Martin Fayulu, senza poter raggiungere la piazza di Limete, punto di arrivo della manifestazione.[7]
4. CORTE COSTITUZIONALE: RETTIFICAZIONE DI ERRORI MATERIALI
Il 3 luglio, la Corte costituzionale ha reso pubbliche le sue conclusioni in rettificazione degli errori materiali rilevati nelle sue precedenti sentenze in cui essa aveva invalidato i mandati parlamentari di una trentina di deputati nazionali e senatori. Su un totale di 178 casi introdotti alla Corte per richiesta di revisione di errori materiali, una trentina circa hanno avuto un esito positivo e solo una decina di deputati dell’opposizione sono stati riabilitati, cioè meno della metà di quelli che erano stati invalidati.
Tra i deputati riabilitati: Cherubin Okende, portavoce di Lamuka; Daniel Safu, ex giornalista; Nero Mbungu, attuale vice governatore di Kinshasa.
Tra i deputati invalidati: Papy Pungu, membro del PPRD; Wivine Moleka, membro del PPRD; Jean Goubald Kalala, musicista; Sylvie Ingele, moglie di Ingele Ifoto, ex ministro dell’Energia e membro del Fronte Comune per il Congo (FCC).
Tra gli otto deputati del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC) che erano stati precedentemente invalidati, ne sono stati riabilitati solo tre. Si tratta di Raphaël Kibuka, Daniel Mbau e Hardy Ngobe. Invece Didier Mekata, Goda Moto, Dongo Mobutu, Jean-Martin Alakani e Albert Akim sono stati definitivamente invalidati. In una sua dichiarazione, il MLC si è detto indignato e costernato per l’invalidazione, in vista di “secondi fini”, di questi cinque suoi deputati benché validamente eletti e ha accusato la Corte costituzionale di “infeudazione” al potere.
Da parte sua, il leader del Movimento Sociale (MS) e dell’Alleanza per l’Alternanza Democratica (AAD), Pierre Lumbi, ha dichiarato inammissibile e inaccettabile l’invalidazione di cinque deputati nazionali membri di questi due gruppi politici di opposizione. Commentando le sentenze della Corte costituzionale, egli ha detto di rammaricarsi del fatto che solo due su sette deputati nazionali di queste due piattaforme e un senatore siano stati riabilitati dalla Corte costituzionale. Tra i deputati nazionali riabilitati, Pierre Lumbi ha citato Jean-Claude Kibala e Lyly Masikini.[8]
[1] Cf http://cenco.org/8449-2/
[2] Cf 7sur7.cd, 21.06.’1 ; mediacongo.net, 19.06.’19
[3] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 27.06.’19
[4] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 27.06.’19
[5] Cf Jephté Kitsita – 7sur7. cd, 28.06.’19
[6] Cf RFI, 29.06.’19
[7] Cf Radio Okapi, 30.06.’19
[8] Cf Forum des As – Kinshasa, 04.07.’19; Japhet Toko – Actualité.cd, 04.07.’19; Radio Okapi, 05.07.’19