Elezioni del 30 dicembre 2018 → cos’è successo?

Editoriale Congo Attualità n. 376 – A cura di Rete Pace per il Congo

I fatti: risultati elettorali manipolati

Il 19 gennaio, la Corte costituzionale ha confermato e convalidato i risultati delle elezioni presidenziali del 30 dicembre 2018, precedentemente pubblicati dalla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Secondo tali risultati, Félix-Antoine Tshisekedi Tshilombo ha ottenuto 7.051.013 voti (38.57%), seguito da Martin Fayulu Madidi con 6.366.732 voti (34.83%) e da Emmanuel Ramazani Shadary con 4.357.359 voti (23.84%).
Ma questi risultati generali forniti dalla CENI non corrisponderebbero affatto a quelli ottenuti sommando i risultati parziali di ogni seggio elettorale, affissi al pubblico subito dopo lo spoglio delle schede elettorali.


Lo dimostrano alcune informazioni ufficiose trapelate da fonti prossime alla CENI e alla Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) che hanno rivelato che il vero vincitore delle elezioni presidenziali non sarebbe stato Félix Tshisekedi, candidato di CACH, ma Martin Fayulu, candidato di Lamuka. Secondo le informazioni provenienti dalla CENI, Martin Fayulu avrebbe ottenuto quasi il 59% dei voti e, secondo quelle provenienti dalla CENCO, Martin Fayulu avrebbe ottenuto il 62,8% dei voti.
Queste informazioni hanno confermato il sospetto che, al termine dell’operazione di compilazione dei risultati, la CENI abbia spostato più di tre milioni di voti dal vero vincitore delle elezioni, Martin Fayulu, all’altro candidato dell’opposizione, Félix Tshisekedi.
Questo dubbio nei confronti della Commissione elettorale è tanto più giustificato per il fatto che, finora, sul suo sito internet, essa non ha ancora pubblicato alcun risultato intermedio, né per quanto riguarda ogni singola regione, né per quanto riguarda ogni singolo seggio elettorale. Ciò rende praticamente impossibile il confronto tra i risultati elaborati e pubblicati ufficialmente dalla CENI e quelli di cui sono in possesso i testimoni dei partiti e che erano stati affissi al pubblico davanti ai seggi elettorali, subito dopo lo spoglio delle schede elettorali.

Ciò che è successo a livello delle elezioni presidenziali si è ripetuto anche a livello delle elezioni legislative nazionali e provinciali. Truccando i risultati delle elezioni legislative nazionali, l’ex Maggioranza Presidenziale si è assicurata la maggioranza parlamentare presso la Camera dei deputati nazionali e presso la maggior parte delle Camere dei deputati provinciali. Poiché saranno questi ultimi ad eleggere, con voto indiretto, i Senatori nazionali e i Governatori delle Province, il regime mantiene intatta la sua influenza sull’intero Paese, nonostante che il nuovo Presidente della Repubblica sia un membro dell’opposizione. Nulla è cambiato: dopo le elezioni = prima delle elezioni.

Perché è successo?

Ciò è quanto sembra essere accaduto, ma occorre chiedersi perché è successo. Vari possono essere i motivi.
* Il regime incarnato dal Fronte Comune per il Congo (FCC), la cui autorità morale non è che l’ex presidente Joseph Kabila, dà l’impressione di non aver accettato la vittoria elettorale di Martin Fayulu, poiché la sua candidatura era stata appoggiata da due grandi personalità politiche da esso considerate come gli avversari politici più acerrimi: Jean Pierre Bemba e Moïse Katumbi.
Jean Pierre Bemba era già stato vice-presidente di Joseph Kabila durante la transizione 2001 – 2006 e, probabilmente, era addirittura arrivato primo nelle elezioni presidenziali del 2006, ufficialmente vinte dallo stesso Joseph Kabila. Jean Pierre Bemba dovette fuggire in esilio, dove fu poi arrestato per ordine della Corte Penale Internazionale, perché accusato di crimini contro l’umanità commessi dalle sue truppe nella Repubblica Centraficana. Egli è stato assolto da tale accusa nel mese di maggio 2018.
Moïse Katumbi ha collaborato con il regime come membro del PPRD, il partito di Joseph Kabila e come governatore dell’ex Katanga fino al 29 settembre 2015, data in cui rassegna le dimissioni dal governatorato e dal PPRD. Inoltre, nel mese di marzo 2016, egli era stato presentato come candidato alle elezioni presidenziali, costituzionalmente previste per novembre 2016, dal G7, una coalizione di 7 partiti che, membri dissidenti della Maggioranza Presidenziale erano passati all’opposizione pochi mesi prima.

Ciò dimostra quanto il regime sia ancora molto lontano da una mentalità democratica che implica non solo il rispetto nei confronti delle scelte elettorali del popolo, ma anche l’onestà di riconoscere la propria sconfitta e la vittoria dell’avversario politico.
* Di fronte all’evidenza della vittoria elettorale di Martin Fayulu, il regime ha optato per ciò che ha considerato come un “male minore” (Félix Tshisekedi come Presidente della Repubblica), portando a termine quella strategia di dialogo con l’UDPS, iniziata nell’estate 2015 con gli incontri di Venezia e Ibiza e proseguita con le nomine di Sammy Badibanga (ottobre 2016) e di Bruno Tshibala (inizio 2017) come Primi Ministri.
In questo modo, il regime ha dimostrato di aver voluto salvaguardare certi privilegi e interessi legati all’esercizio del potere (immunità, stipendi d’oro, corruzione, controllo sulle forze di sicurezza, sulla giustizia e su buona parte del commercio minerario, …) e, soprattutto, in mancanza di un vero cammino di “Verità e Riconciliazione”, di aver avuto paura di eventuali ritorsioni da parte del nuovo potere, soprattutto per quanto riguarda le numerose violazioni dei diritti umani commesse (i successivi rinvii delle elezioni, la brutale repressione delle manifestazioni dell’opposizione, il mancato rispetto della libertà di espressione, …).

Alcune condizioni necessarie per elezioni trasparenti e credibili

La quasi coincidenza tra i risultati delle elezioni presidenziali forniti dalle informazioni trapelate dalla CENI e dalla CENCO rivela che, nonostante le varie difficoltà logistiche e le numerose irregolarità constatate, le varie fasi del processo elettorale e le stesse operazioni elettorali si sono svolte in modo relativamente corretto, fino alla fine dell’operazione di compilazione dei risultati elettorali. La “verità delle urne” è stata infranta e tradita soprattutto in quella brevissima “tappa finale” che va dal completamento della compilazione dei risultati provvisori alla loro pubblicazione.
La principale causa della modificazione (= falsificazione) dei risultati elettorali non sembra essere stata il rischio di manipolazione della macchina per votare o la presenza di irregolarità nel registro elettorale, ma la mancanza di indipendenza e di trasparenza da parte della Commissione elettorale e della Corte Costituzionale.
Si dovrà quindi pensare ad una revisione delle leggi che reggono queste due Istituzioni, in modo particolare per quanto riguarda la loro composizione, il loro funzionamento e le loro responsabilità, senza dimenticare i criteri di designazione e di rappresentanza dei loro membri.
Inoltre, l’articolo 71 della legge elettorale, secondo cui “il présidente della Commissione elettorale nazionale indipendente rende pubblici i risultati provvisori del voto. I risultati pubblicati vengono affissi  nei locali della Commissione elettorale nazionale indipendente o consultati, secondo il caso, su Internet”, risulta essere troppo generico e quindi inefficace. Oltre alla pubblicazione dei risultati generali, la legge elettorale dovrebbe prevedere la pubblicazione, incluso su internet, anche dei risultati elettorali intermedi ottenuti in ogni seggio elettorale, in ogni circoscrizione elettorale e in ogni provincia, affinché ogni cittadino abbia la possibilità di confrontare i risultati affissi al pubblico nei seggi elettorali con quelli pubblicati ufficialmente dalla CENI e trasmessi alla Corte Costituzionale.