Congo Attualità 377

INDICE

1. UNA NUOVA DICHIARAZOONE DELLA CENCO
2. MAGGIORANZA PARLAMENTARE E PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
3. RIMPASTO DI GOVERNO
4. MISURE DI RASSERENAMENTO DEL CLIMA POLITICO
5. DISSENSI ALL’INTERNO DI LAMUKA

1. UNA NUOVA DICHIARAZOONE DELLA CENCO

Il 2 marzo, riuniti in sessione ordinaria a Kinshasa dal 27 febbraio, i Vescovi membri del Comitato Permanente della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) hanno pubblicato una dichiarazione sui risultati delle elezioni presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali organizzate il 30 dicembre 2018.
I vescovi hanno ricordato che «in occasione della pubblicazione, il 10 gennaio, da parte della CENI, dei risultati elettorali provvisori, la CENCO aveva fatto notare che “i risultati delle elezioni presidenziali pubblicati dalla CENI non corrispondevano a quelli raccolti dalla missione di osservazione elettorale nei seggi elettorali”. Di fronte a questa situazione di negazione della verità, gran parte del popolo congolese si è sentita profondamente frustrata».
Per rassicurare il popolo, i vescovi chiedono ai nuovi governanti di «rompere radicalmente con gli antivalori dei vecchi regimi e dare garanzie concrete di una governante migliore».
In particolare, essi chiedono:
«A livello politico: l’instaurazione di uno Stato di diritto, la continuazione e il completamento del rasserenamento del clima politico, la stretta osservanza della Costituzione, il completamento del ciclo elettorale nella verità e nella trasparenza.
Sul fronte della sicurezza: la salvaguardia dell’integrità territoriale, la protezione delle persone e delle loro proprietà, la difesa delle frontiere e la pacificazione delle zone insicure a causa della presenza di gruppi armati.
Sul piano dei diritti umani: il rispetto delle libertà fondamentali, tra cui la libertà di espressione e di manifestazione pacifica.
A livello economico: il buon governo, la lotta contro la corruzione, il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, un’equa distribuzione dei benefici provenienti dallo sfruttamento legale delle risorse naturali.
A livello diplomatico: mettere sempre al centro di tutte le trattative internazionali gli interessi superiori del popolo congolese».
Infine, i Vescovi chiedono alle nuove autorità e all’intera popolazione un nuovo slancio etico e patriottico, per «rendere effettiva l’alternanza democratica».[1]

2. MAGGIORANZA PARLAMENTARE E PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Il 2 marzo, il Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), il partito di Joseph Kabila, ha rivendicato per sé il posto di Primo Ministro nel prossimo governo e la Presidenza del Comitato definitivo dell’Assemblea Nazionale. È il segretario permanente di questo partito, Emmanuel Ramazani Shadary, che l’ha affermato in un incontro, a Kinshasa, con i deputati eletti di questo partito, motivando la sua posizione per il fatto che il suo partito ha ottenuto 116 deputati nazionali e 156 deputati provinciali. Il suo partito è la prima forza politica del paese e del Fronte Comune per il Congo (FCC) che afferma di aver ottenuto 342 deputati. In realtà, nelle elezioni legislative nazionali del 30 dicembre 2018, il PPRD avrebbe ottenuto solo 56 deputati, essendo gli altri 60 stati eletti sulle liste di suoi partiti satellitari, come il PPPD, il MIP e l’RRC.[2]

Il 6 marzo, in un comunicato congiunto, il Fronte Comune per il Congo (FCC) e Verso il Cambiamento (CACH) hanno affermato che, «circa la problematica relativa alla determinazione della maggioranza parlamentare, dopo gli scambi e i dibattiti che abbiamo avuto dal 4 al 6 marzo, emerge che il Fronte Comune per il Congo (FCC) detiene, in modo documentato, la maggioranza assoluta in seno all’Assemblea Nazionale, ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 1, della costituzione.
Di conseguenza, le due piattaforme politiche raccomandano:

– all’autorità morale dell’FCC, il Presidente onorario della Repubblica, di adempiere al suo ufficio, permettendo al Capo dello Stato di procedere alla nomina del formatore del Governo,
– al Presidente della Repubblica, di nominare diligentemente il suddetto formatore del Governo.

Inoltre, le due piattaforme politiche affermano la loro volontà comune di governare il Paese insieme, nell’ambito di una coalizione di governo».
Detto più chiaramente, l’FCC e il CACH hanno chiesto a Joseph Kabila, in quanto autorità morale dell’FCC, di designare qualcuno che il presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, dovrà nominare come formatore del nuovo governo (nuovo Primo Ministro). La nomina di un informatore sembra quindi sempre più ipotetica. Ci si sta dirigendo piuttosto verso la nomina di un formatore di governo, senza passare per la via dell’informatore incaricato di individuare una maggioranza parlamentare. Il comunicato stampa è stato firmato da Jean Marc Kabund, come presidente di CACH, e da Néhémie Mwilanya, come coordinatore dell’FCC.[3]

Il 7 marzo, nel corso di una conferenza stampa, il vice segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) responsabile delle comunicazioni, Augustin Kabuya, ha affermato che Jean-Marc Kabund, presidente a.i. del partito, ha svolto il ruolo di informatore, nell’ambito di consultazioni che erano già state avviate dal Presidente della Repubblica, anche se non è mai stato nominato ufficialmente informatore per identificare la maggioranza parlamentare. Augustin Kabuya ha spiegato che il Presidente della Repubblica Félix Tshisekedi ha preso questa decisione, per evitare ulteriori spese a carico dello Stato e per guadagnare tempo nella formazione del nuovo governo. Tuttavia, secondo la Costituzione, la maggioranza parlamentare va identificata nell’ambito del Parlamento e non fuori, nel contesto di eventuali consultazioni extraparlamentari. Inoltre, l’informatore deve essere ufficialmente nominato per decreto presidenziale e considerato tale nell’ambito di accordi bilaterali tra entità politiche private.[4]

Il 7 marzo, il presidente dell’Associazione Africana per la Difesa dei Diritti Umani (ASADHO), Jean-Claude Katende, ha qualificato il comunicato congiunto del Fronte Comune per il Congo (FCC) e Verso il Cambiamento (CACH) di “vera violazione della costituzione“. Secondo questo avvocato, essendo informali e prive di personalità giuridica, «le due piattaforme, FCC e CACH, non hanno alcun potere per identificare la maggioranza parlamentare e per ordinare al Presidente della Repubblica di nominare un formatore di governo (Primo Ministro)». Pochi giorni prima, l’FCC di Joseph Kabila e il CACH di Félix Tshisekedi avevano concordato di designare il formatore del governo (Primo Ministro) senza passare attraverso la nomina di un informatore incaricato d’identificare previamente una nuova maggioranza parlamentare. Formando una coalizione di governo, l’FCC e il CACH hanno deciso di governare insieme per i prossimi cinque anni.[5]

3. RIMPASTO DI GOVERNO

Il 3 marzo, il Consiglio di Stato ha pubblicato una sentenza consultativa, secondo cui i ventotto ministri del governo Tshibala che hanno optato per mantenere il loro mandato di deputati nazionali o provinciali non possono continuare ad esercitare la loro funzioni all’interno del governo.
Secondo il Consiglio di Stato, ogni ministro del governo che opta per il suo mandato elettivo deve immediatamente cessare di lavorare all’interno dell’esecutivo nazionale: «Dal momento in cui i funzionari pubblici hanno fatto la loro scelta in favore del loro nuovo mandato elettivo, questa scelta comporta la cessazione immediata, automatica e definitiva delle loro attuali funzioni o mandati». Il Consiglio di Stato ha fatto osservare che «si tratta di un regime di rigoroso divieto di accumulo di tali funzioni o mandati, derivante dalla precisa volontà del legislatore di evitare la confusione dei ruoli e la duplicazione dei pagamenti a carico del tesoro pubblico, di prevenire possibili conflitti di interesse e di far rispettare l’equilibrio tra i poteri legislativo ed esecutivo espressa sia nella Costituzione che nelle altre varie leggi della Repubblica».
Per il mandato di deputato nazionale e di senatore, questo divieto di accumulo di funzioni e di mandati è tanto più rigoroso in quanto mira a proteggere l’esercizio, da parte del potere legislativo, della sua missione di controllo sul potere esecutivo. Inoltre, il Consiglio di Stato afferma che, «secondo la Costituzione attualmente in vigore, l’unica istituzione costituzionale responsabile di assicurare la continuità dello Stato è il Presidente della Repubblica».
Il Consiglio di Stato era stato interpellato dal primo ministro ad interim e vice primo ministro per i trasporti e le comunicazioni, José Makila, per chiedere se i ministri interessati da casi di incompatibilità avessero dovuto dimettersi immediatamente o no.[6]

Il 5 marzo, in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato secondo cui i ministri eletti deputati devono immediatamente dimettersi dal governo, il primo ministro Bruno Tshibala ha proceduto alla loro sostituzione nominando dei ministri ad interim tra quelli che non sono stati eletti deputati.
In tal modo, vari ministri dovranno svolgere contemporaneamente le funzioni di più ministeri, almeno fino alla formazione del nuovo governo.[7]

Il 6 marzo, il comitato centrale dell’Assemblea Nazionale ha annunciato che ventitré deputati nazionali sui 485 eletti hanno rinunciato al loro mandato di deputati nazionali, lasciando i loro posti ai loro sostituti. Tra essi: Martin Fayulu, che rivendica ancora la sua vittoria alle elezioni presidenziali, e Vital Kamerhe, capo di gabinetto del Capo dello Stato. Questa è la conseguenza della sentenza del Consiglio di Stato sull’incompatibilità dell’accumulo di mandati e funzioni. Altri due deputati sono deceduti dopo essere stati eletti.[8]

4. MISURE DI RASSERENAMENTO DEL CLIMA POLITICO

L’8 marzo, l’ambasciata congolese in Belgio ha rilasciato il passaporto biometrico a Moïse Katumbi, presidente di Insieme per il Cambiamento. In esilio coatto dal 2016, Moïse Katumbi aveva iniziato le pratiche per recuperare il suo passaporto biometrico presso l’ambasciata della RD Congo in Belgio lo scorso febbraio. «Il buon esito di questa procedura è il primo passo verso un necessario ritorno alla normalità, dopo oltre due anni di vessazioni giudiziarie da parte dello stato», ha affermato Insieme per il Cambiamento, che ha chiesto al nuovo Presidente della Repubblica di ripristinare lo stato di diritto per tutti i Congolesi. «Accogliamo con favore questo gesto, che rappresenta un grande passo avanti verso la normalizzazione della situazione politica generale del Paese», ha dichiarato Solomon Idi Della Kalonda, consulente politico di Moïse Katumbi. Tuttavia, il ritorno in patria dell’ex governatore del Katanga non è ancora previsto perché, sempre secondo il suo consigliere politico, «prima di prendere in considerazione il suo ritorno, è necessario creare le relative condizioni politiche e garantire la sua sicurezza».[9]

Il 13 marzo, Vital Kamerhe, capo di gabinetto del presidente della Repubblica, ha annunciato alla televisione nazionale che il presidente Felix Tshisekedi ha firmato un decreto relativo alla concessione della grazia presidenziale a favore di vari prigionieri politici e di opinione, tra cui due membri emblematici dell’opposizione: Franck Diongo e Firmin Yangambi.
Il primo, presidente del Movimento Lumumbista Progressista (MLP), era stato condannato nel 2016 a cinque anni di carcere, per sequestro e maltrattamento di agenti della Guardia Repubblicana.
Il secondo, presidente dell’ONG “Pace sulla terra” e avvocato presso la Corte penale internazionale (CPI), era stato arrestato nel 2009 e condannato nel 2011 a venti anni di carcere, per tentativo di organizzare un movimento insurrezionale e per possesso di armi da guerra.
Vital Kamerhe ha annunciato anche la liberazione di Eugène Diomi Ndongala, presidente della Democrazia cristiana, condannato nel 2014 a dieci anni di carcere per stupro di minorenne. Il suo partito aveva denunciato un processo politico intrapreso contro di lui per il suo appoggio a Étienne Tshisekedi. Secondo Vital Kamerhe, il suo caso non sarebbe oggetto di grazia presidenziale, ma di un’altra procedura. Il presidente Félix Tshisekedi avrebbe incaricato il ministro uscente della giustizia, Alexis Thambwe Mwamba, di firmare un ordine di liberazione condizionale di Eugène Diomi, per aver già scontato tre quarti della sua pena. Il Ministro dovrebbe firmare un suo decreto il giovedì 14 marzo, di ritorno a Kinshasa da Kindu. Questo annuncio non rassicura l’entourage di Eugène Diomi Ndongala che teme “una resistenza da parte della coalizione pro-Kabila.
Il Presidente della Repubblica decretato anche la remissione del resto della pena ai lavori forzati riservata a qualsiasi persona condannata da un tribunale civile o militare in seguito alle manifestazioni organizzate tra il 1° Gennaio 2015 e il 31 dicembre 2018.
Questa misura di grazia presidenziale non è stata concessa ai condannati latitanti, ai condannati per reati di violenza sessuale, stupro, omicidio, rapina a mano armata, possesso illegale di armi da guerra, corruzione, concussione, crimini di guerra, crimini contro l’umanità, reati contro l’integrità del territorio.
Inoltre, Vital Kamerhe ha lanciato un appello affinché “ogni persona che abbia un familiare arrestato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2018 lo segnali”, perché quelli che sono stati arrestati in tale periodo per atti politici potrebbero essere liberati. Secondo le sue dichiarazioni, circa 700 detenuti politici potrebbero beneficiare di una libertà condizionale.[10]

5. DISSENSI ALL’INTERNO DI LAMUKA

Il 26 febbraio, in una dichiarazione politica resa pubblica a Kinshasa, “Insieme per il Cambiamento”, piattaforma politica presieduta da Moïse Katumbi e membro della coalizione LAMUKA che ha appoggiato la candidatura di Martin Fayulu alle elezioni presidenziali del 30 dicembre scorso, ha rilevato che «Félix-Antoine Tshisekedi Tshilombo è stato proclamato Presidente della Repubblica Democratica del Congo dalla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) e convalidato dalla Corte Costituzionale. Come nel 2006 e nel 2011, le elezioni del 2018 sono state marcate da numerose irregolarità, in violazione della costituzione e della legge elettorale, ciò che intacca la credibilità e la legittimità delle istituzioni che ne sono emerse». “Insieme per il cambiamento” ha quindi chiesto al presidente Felix Tshisekedi di intraprendere tutte le iniziative possibili necessarie per risolvere la questione dell’illegittimità delle Istituzioni dello Stato e dei loro animatori.
La piattaforma “Insieme per il cambiamento” si è presentata come prima forza politica di opposizione, avendo ottenuto 66 deputati nazionali e 97 deputati provinciali alle elezioni del 2018.
Essa ha dunque rivendicato la leadership dell’opposizione istituzionale e si è impegnata a «continuare la lotta per la creazione di uno stato di diritto democratico, il rispetto delle libertà e della dignità umana, la lotta contro la corruzione e gli anti valori».
“Insieme per il cambiamento” si è impegnata ad appoggiare «ogni azione e iniziativa che vadano nella direzione del benessere della popolazione, del consolidamento della pace, dell’instaurazione di un regime veramente democratico, della sicurezza del paese e della riabilitazione delle istituzioni repubblicane». “Insieme per il cambiamento” ha affermato di aspettarsi dal presidente Tshisekedi «alcuni segnali forti, come la liberazione degli ultimi prigionieri politici, tra cui Franck Diongo, Firmin Yangambi e Diomi Ndongala e il ritorno degli esiliati politici, tra cui Moïse Katumbi, Jean-Pierre Bemba e Mbusa Nyamwisi».
Infine, “Insieme per il Cambiamento” ha chiesto alle loro organizzazioni membri della coalizione Lamuka e ai loro leader di «procedere, il prima possibile, a una valutazione delle azioni intraprese in vista di un suo nuovo orientamento». Dato che «la dinamica della verità delle urne ha raggiunto i suoi limiti», “Insieme per il cambiamento” ha invitato i membri della coalizione Lamuka ad «aggiungere alla lotta per la “verità delle urne” la lotta per uno “Stato di diritto”».[11]

Il 1° marzo, il partito di Gabriel Kyungu Wa Kmwanza, l’Unione Nazionale dei Federalisti del Congo (UNAFEC), ha rivelato di aver lasciato la coalizione di opposizione LAMUKA e di essere disposto a partecipare al prossimo governo della Repubblica.
In una sua dichiarazione, l’UNAFEC ha affermato di «non fare più parte di LAMUKA, di riconoscere Felix Tshisekedi come presidente della Repubblica e di respingere ogni forma di contestazione della sua legittimità, sancita dalla sentenza della Corte costituzionale».
L’UNAFEC si è detto «disponibile a una coalizione politica in vista dell’esercizio del potere». Pertanto, l’UNAFEC ha raccomandato a tutti i suoi membri e dirigenti di «sostenere il Presidente della Repubblica per l’instaurazione di uno stato di diritto che tenga conto del benessere di tutti».
Tuttavia, l’UNAFEC rimane membro del G7, una piattaforma politica creata sotto la guida di Moïse Katumbi.[12]

[1] Cf http://cenco.org/la-verite-vous-rendra-libres-jn-8-32-declaration-du-comite-permanent-de-la-conference-episcopale-nationale-du-congo-cenco-a-lissue-de-sa-session-ordinaire/
[2] Cf Fonseca Mansianga – Actualité.cd, 02.03.’19
[3] Cf Mediacongo.net, 07.03.’19 https://www.mediacongo.net/article-actualite-48524_accord_fcc_cach_a_kingakati_felix_tshisekedi_nommera_directement_un_formateur_propose_par_joseph_kabila.html
[4] Cf Auguy Mudiayi – Actualité.cd, 07.03.’19
[5] Cf Chris Elongo – Cas-info.ca, 07.03.’19
[6] Cf Radio Okapi, 05.03.’19; Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 03.03.’19; RFI, 05.03.’19
[7] Cf Radio Okapi, 05.03.’19; 7sur7.cd, 05.03.’19 https://7sur7.cd/rdc-restructuration-du-gouvernement-voici-les-23-ministres-qui-vont-assurer-linterim-des-ministres-frappes-dincompatibilites/
[8] Cf Radio Okapi, 07.03.’19
[9] Cf Stanis Bujakera Tshiamala – Jeune Afrique, 08.03.’19
[10] Cf Radio Okapi, 14.03.’19; RFI, 14.03.’19; Stanis Bujakera Tshiamala – Jeune Afrique, 14.03.’19
[11] Cf Christine Tshibuyi – Actualité.cd, 26.02.’19
[12] Cf Cas-info.ca, 01,03.’19