Editoriale Congo Attualità n. 351 – a cura della Rete Pace per il Congo
Il 25 febbraio, il Comitato Laico di Coordinamento (CLC) ha organizzato una terza giornata di manifestazioni contro la dittatura, per esigere l’applicazione dell’accordo del 31 dicembre 2016.
Adesioni interessate e strumentalizzazioni
Anche a questa terza manifestazione indetta dal CLC hanno aderito molti partiti dell’opposizione e movimenti civici, tra cui l’UDPS, il G7 e la Dinamica dell’Opposizione. Si tratta però di un’adesione anomala, soprattutto per la diversità degli obiettivi.
Gli obiettivi del CLC sono essenzialmente due:
– la piena applicazione dell’accordo del 31 dicembre 2016, soprattutto per quanto riguarda le misure di rasserenamento del clima politico in esso contenute e
– una dichiarazione pubblica da parte dell’attuale Capo dello Stato in cui egli renda nota la sua volontà di non ricandidarsi per un terzo mandato presidenziale, come previsto dalla stessa costituzione.
Gli obiettivi dei partiti dell’opposizione sono ancora due, ma totalmente diversi:
– le dimissioni immediate dell’attuale Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, considerato come principale ostacolo all’organizzazione di elezioni libere, trasparenti e credibili, e
– l’instaurazione di una transizione senza Kabila, con un nuovo governo di transizione incaricato di organizzare le elezioni.
È questa radicale diversità di obiettivi che, secondo vari osservatori, rende atipica e incomprensibile l’adesione dei partiti dell’opposizione alle marce del CLC e che offre al regime un “ottimo” pretesto per non prenderne atto e, quindi, per reprimerle, anche se in modo incostituzionale e, dunque, illegale.
Repressione: violazione dei diritti alle libertà di opinione, di espressione e di manifestazione
Anche questa terza manifestazione è stata impedita e repressa dalle forze dell’ordine, con un bilancio provvisorio di due morti (1 a Kinshasa e l’altro a Mbandaka), 47 feriti e più di 100 arresti.
La repressione di queste manifestazioni promosse dal CLC denota l’evidente violazione, da parte del governo e dei servizi di sicurezza, dei diritti dei cittadini alla libertà di opinione, di espressione e di manifestazione e, nello stesso tempo, getta l’ombra dell’incertezza anche sul processo elettorale in corso. Infatti, se il governo ora impedisce l’organizzazione di queste manifestazioni, come potrà, tra pochi mesi, garantire il rispetto degli stessi diritti alla libertà di opinione e di espressione durante la prossima campagna elettorale? Ne consegue che ogni tipo di repressione di manifestazioni popolari è inaccettabile, intollerabile, nocivo e da condannare senza alcuna esitazione.
Per una nuova strategia
Il CLC dovrà ritrovare una propria “identità” e una propria “autonomia” per non lasciarsi fagocitare dalla dinamica dei partiti politici e di svolgere il suo ruolo profetico di critica e di denuncia nei confronti di tutte quelle forze politiche che vogliono mantenersi al potere o accedervi attraverso vie non costituzionali e non democratiche.
Come gruppo ufficialmente riconosciuto all’interno di una diocesi (Kinshasa) e caldamente appoggiato dalla CENCO, il CLC potrebbe avere la possibilità di convocare, attraverso le Commissioni diocesane di Giustizia e Pace e dell’Apostolato dei Laici, non solo 3 milioni di manifestanti, ma l’intera comunità cattolica congolese (certamente più di 20 milioni di cittadini adulti), senza aver bisogno dell’adesione esplicita e dichiarata di determinati partiti politici. Infatti, quei 20 milioni di potenziali manifestanti, seppur membri di partiti politici diversi, sia dell’opposizione che della maggioranza, possono aver in comune tanti ideali e valori, come il rispetto dei diritti umani, la volontà di costruire uno Stato di diritto fondato sulla democrazia, il desiderio di un cambiamento della classe dirigente, l’aspirazione a delle elezioni trasparenti e credibili, … Dato che l’obiettivo generale del CLC (l’applicazione integrale dell’Accordo del 31 dicembre 2016) è molto vasto, il CLC dovrebbe precisare ulteriormente gli obiettivi di ciascuna delle sue manifestazioni: la revoca degli editti emanati dalle autorità locali sull’interdizioni di manifestazioni pubbliche di carattere politico, il ritorno degli esiliati politici, la liberazione dei prigionieri politici ritenuti come casi emblematici, …
Infine, non essendo più nel medio evo, in cui religione e politica formavano un’unica realtà, il CLC potrebbe disgiungere l’organizzazione delle sue manifestazioni a carattere politico, peraltro legittime, dai momenti propriamente riservati al culto, altrettanto legittimi in uno Stato di diritto.
Si tratterrebbe semplicemente di evitare inutili confusioni tra fede e impegno politico e di trovare nuove modalità per vivere queste due dimensioni essenziali nella vita di ogni cristiano cattolico.
Su circa 160 parrocchie di Kinshasa, per esempio, se ne potrebbero scegliere 20 o 30 come punti di riferimento per altrettante manifestazioni. In queste 20 o 30 parrocchie, il culto domenicale potrebbe essere sospeso (certamente Dio non si arrabbierebbe per questo. Anzi, ne sarebbe ben felice!). Nelle altre 130 o 140 parrocchie, invece, l’orario del culto domenicale potrebbe rimanere invariato. Per ciascuna delle 20 o 30 manifestazioni previste, il CLC dovrebbe stabilire un programma preciso: orari, punti di partenza, percorsi e punti di arrivo.
Tutto ciò potrebbe contribuire a togliere al governo e alle autorità amministrative competenti ogni futile pretesto per non prendere atto delle manifestazioni indiscutibilmente pacifiche, lecite e conformi alla costituzione promosse dal CLC.