Editoriale Congo Attualità n. 348 – a cura della Rete Pace per il Congo
Due modelli a confronto
– Fino al 19 dicembre 2017, erano il Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete e i movimenti civici che organizzavano manifestazioni di piazza per chiedere le dimissioni dell’attuale Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, il cui secondo e ultimo mandato presidenziale è terminato, secondo le disposizioni della costituzione, il 20 dicembre 2016. Il loro sogno era quello di poter istituire un periodo di transizione senza Kabila, per potere organizzare delle elezioni trasparenti e credibili, elezioni che, secondo loro, sarebbero impossibili finché egli rimanga al potere.
Queste manifestazioni sino state sistematicamente e violentemente represse dalle forze dell’ordine e si sono generalmente trasformate in semplici giornate “città morte” in cui la gente non usciva per andare a lavorare e rimaneva piuttosto in casa, guardando dalla finestra ciò che sarebbe successo fuori.
– In questo contesto, il 31 dicembre 2017, data del primo anniversario della firma dell’Accordo del 31 dicembre 2016, marca una svolta decisiva, con l’entrata in scena di un gruppo di laici intellettuali cattolici, il Comitato Laico di Coordinamento (CLC), promotore di una manifestazione popolare (marcia) con un duplice obiettivo:
1°. chiedere al presidente Kabila una dichiarazione pubblica in cui si impegna a non ricandidarsi per un terzo mandato presidenziale e
2°. chiedere l’applicazione, in generale, dell’Accordo di San Silvestro 2016 e, più particolarmente, delle misure di rasserenamento del clima politico previste dall’accordo stesso: la liberazione dei prigionieri politici, il ritorno degli esiliati politici, il rispetto dei diritti umani, tra cui quelli delle libertà di opinione, di espressione, di associazione e di manifestazione.
Il CLC ha insistito molto sul carattere non violento della manifestazione e ha fatto di tutto per evitare ogni forma di violenza: incendio di pneumatici, barricate, ingiurie, insulti, lanci di pietre o di bottiglie, atti di vandalismo. I manifestanti potevano portare solo corone di rosario, bibbie, croci, immagini sacre o ramoscelli di pace.
Dopo la fase dell’Opposizione, inizia quella delle confessioni religiose
Dopo la fase dei partiti dell’opposizione e dei movimenti civici, sembra che stia iniziando una nuova fase, quella della chiesa cattolica e delle confessioni religiose.
Se la prima fase, quella dell’opposizione e dei movimenti civici, non ha portato ai risultati sperati, la seconda, quella della chiesa cattolica e delle confessioni religiose iniziata sotto l’impulso del CLC non può affatto deludere le aspettative del popolo e deve assolutamente raggiungere gli obiettivi scelti.
Come? Con quale strategia?
– Come si può constatare, i due modelli di manifestazione, quello seguito dal Raggruppamento dell’Opposizione politica e quello adottato dal Comitato Laico di Coordinamento, sono completamente diversi tra loro, sia a livello di obiettivi che di modalità.
Da parte sua, il Governo dovrebbe comprendere che le manifestazioni indette dal CLC non sono dei tentativi di insurrezione popolare, né degli atti anarchici di destabilizzazione delle Istituzioni dello Stato. Sono semplicemente delle manifestazioni pacifiche e legittime per rivendicare il rigoroso rispetto della Costituzione e degli impegni presi dalle varie parti firmatarie dell’Accordo politico del 31 dicembre 2016. Compito del Governo e delle autorità amministrative locali è quello di prenderne atto e di assicurarne le condizioni di sicurezza, concordando con i promotori le modalità (data, orario, luogo , itinerario, …).
D’altra parte, riconoscendo di non essere riuscita a raggiungere, almeno finora, gli obiettivi che si era prefissata, l’opposizione politica dovrebbe avere l’onestà di fare un passo indietro, lasciando che le confessioni religiose tentino, in tutta autonomia, una nuova strada, senza essere strumentalizzate a scopi politici di parte. È purtroppo facile prevedere che, finché i leader dell’opposizione e dei movimenti civici continueranno ad appoggiare pubblicamente le manifestazioni indette dal CLC e a parteciparvi personalmente, il regime continuerà a reprimerle, pur essendo legittime e pacifiche.
– In seguito alle ingiuste e diffamanti critiche infondate di alcuni esponenti del regime nei confronti del Cardinale di Kinshasa, si rende necessaria una riflessione sul rapporto fede – politica, qui brevemente accennata. Se è vero che, per un cristiano, l’impegno politico è un’esigenza della sua fede, è altrettanto vero che, in una società laica, multi culturale e multi religiosa, occorre riconoscere la diversità, la complementarità e l’autonomia dei due campi: quello religioso e quello politico, evitando ogni forma di indebite ingerenze o di nocive interferenze. Detto questo, il cristiano laico, come cittadino, non solo ha il diritto, ma anche il dovere, in nome dei valori religiosi in cui crede, di impegnarsi concretamente nel campo politico. Missione della gerarchia religiosa è quella di accompagnare i credenti nel loro cammino di formazione personale e comunitaria alla luce della Parola di Dio, una Parola portatrice di giustizia, di libertà e di rispetto della dignità di ogni persona, soprattutto del povero e del debole. Spetta poi ai laici assumersi le proprie responsabilità nei diversi aspetti della vita: politico, sociale, economico, culturale, … prendendo le adeguate decisioni e intraprendendo le azioni ritenute più efficaci.
Tale riflessione potrebbe contribuire a identificare più chiaramente i diversi ruoli che spettano rispettivamente ai membri della gerarchia religiosa (vescovi, preti, pastori, imam, …) e ai fedeli laici. Nello stesso tempo, essa potrebbe aiutare a determinare con maggiore precisione i dettagli (luoghi, tempi e modalità) che differenziano un atto di culto da una manifestazione di carattere politico.
– Dopo il sermone pronunciato dal pastore protestante il 16 gennaio in occasione dell’anniversario dell’assassinio di M’zee Laurent Kabila e le dichiarazioni fatte il 19 gennaio dal rappresentante legale della Comunità islamica, la Chiesa cattolica dovrebbe intensificare i contatti e la collaborazione con le altre confessioni religiose, soprattutto con quelle più aperte e disponibili ad impegnarsi concretamente nella difesa dei diritti umani, della giustizia, della libertà, della pace e della democrazia.