INDICE
- IL MEETING PREVISTO DALL’OPPOSIZIONE IL 3 SETTEMBRE INTERDETTO E ANNULLATO
- UN TERZO DIALOGO?
- UNA TRANSIZIONE SENZA KABILA?
- L’OPERAZIONE DI REGISTRAZIONE DEGLI ELETTORI
1. IL MEETING PREVISTO DALL’OPPOSIZIONE IL 3 SETTEMBRE INTERDETTO E ANNULLATO
Il 1° settembre, in una lettera datata del 31 agosto, il governatore di Kinshasa, André Kimbuta, ha interdetto il meeting del Raggruppamento dell’Opposizione previsto per il 3 settembre, dalle 9.00 alle 17.00, nello spazio compreso tra Viale Trionfale e Viale dell’Insegnamento, nel comune di Kasa-Vubu. Il governatore della città di Kinshasa ha fatto notare che, poiché lo spazio scelto dal Raggruppamento non è un luogo chiuso, difficilmente le forze di sicurezza potrebbero garantire la sicurezza della popolazione e dei loro beni: «Vorrei ricordare che, dopo le manifestazioni del 19 e 20 settembre 2016, che avevano provocato la perdita di vite umane e numerosi danni materiali, le forze di sicurezza hanno previsto che le manifestazioni politiche pubbliche siano organizzate in luoghi chiusi, per consentire loro di garantire al meglio la sicurezza delle persone e dei loro beni. Ora risulta che il sito scelto dal Raggruppamento non risponde a questa condizione».
Il governatore provinciale giustifica questo suo diniego anche per il fatto che pure l’altra ala del Raggruppamento dell’Opposizione (ala Kasavubu) gli abbia inoltrato, il 24 agosto, una notifica circa un altro meeting, previsto per la stessa data e nello stesso luogo: «Poiché il sito da voi scelto si trova nei pressi della sede delle Forze Innovative per l’Unione e la Solidarietà (FONUS), ho tutte le ragioni per temere che la manifestazione in questione possa essere considerata come una provocazione», ha scritto Andre Kimbuta nella sua risposta.
Con questi due elementi alla mano, André Kimbuta ha rifiutato di «prendere atto dell’organizzazione di questo meeting».
Il Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete voleva organizzare questo meeting per chiedere il rispetto dell’accordo del 31 dicembre 2016, firmato sotto la mediazione della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), presso il Centro Interdiocesano di Kinshasa.[1]
Il 2 settembre, reagendo alla lettera di André Kimbuta sull’interdizione di organizzare il meeting previsto per il 3 settembre, il Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete ha preso atto della decisione dell’autorità urbana e, come alternativa, ha invitato i suoi militanti a riservare una “calda” accoglienza, alle ore 11h00, a Felix Tshisekedi, di ritorno a Kinshasa da un viaggio in Europa. «Non ci sarà meeting, ma si presuppone che il presidente Tshisehedi rivolga una parola ai militanti e simpatizzanti. Non abbiamo bisogno di informarne l’autorità urbana», ha dichiarato Rubens Mikindo, vice segretario generale dell’Udps.[2]
Il 2 settembre, il colonnello Kasongo, commissario della polizia provinciale della città di Kinshasa, ha annunciato di aver vietato ogni raggruppamento di più di cinque persone.
Una decisione che ha provocato un’immediata reazione dell’avvocato Georges Kapiamba, presidente dell’Associazione Congolese per l’Accesso alla Giustizia (ACAJ).
«Per quanto riguarda l’interdizione di raggruppamenti superiori a 5 persone, l’ACAJ la condanna con forza e ricorda al Commissario della Polizia Provinciale che non ha facoltà legale di prendere tale misura. Si tratta piuttosto di un tentativo di usurpazione di potere, inaccettabile in una società democratica. L’ACAJ ricorda che, secondo la Costituzione e la legge, la polizia deve essere al servizio della Repubblica e contribuire all’esercizio delle libertà pubbliche da parte dei cittadini. Essa non dovrebbe impedire a degli amici di riunirsi, con la scusa di impedire una riunione dell’opposizione politica. Per questo, l’ACAJ chiede al Governo di rispettare gli obblighi internazionali relativi all’esercizio delle libertà civili e all’opposizione di utilizzare dei mezzi legali per difendere i propri diritti. L’ACAJ chiede al Commissario della Polizia Provinciale di rispettare la Costituzione e le leggi della Repubblica e astenersi dall’assumere posizioni politiche».
L’ACAJ condanna anche la decisione del governatore André Kimbuta, perché «viola la libertà di espressione e la libertà di manifestazioni pacifiche garantite dalla Costituzione e dalla legge relativa allo statuto dell’opposizione e riflette una chiara volontà di ridurre ulteriormente lo spazio di esercizio delle libertà pubbliche. Non può esserci un processo elettorale inclusivo e aperto, finché il Governo continua a impedire all’opposizione di esprimersi liberamente».[3]
Il 3 settembre, non c’è stato alcun bagno di folla per Felix Tshisekedi, di ritorno a Kinshasa dopo un viaggio di tre settimane in Europa.
La polizia si era posizionata in tutti i luoghi che danno accesso all’aeroporto internazionale Ndjili. I raggruppamenti superiori a cinque persone sono stati rapidamente dispersi. I veicoli diretti all’aeroporto di N’djili sono stati oggetto di rigoroso controllo da parte della polizia. I numerosi attivisti dell’opposizione che volevano recarsi all’aeroporto sono stati semplicemente bloccati e respinti. Diversi giornalisti sono stati costretti ad uscire dall’aeroporto. Solo poche personalità del direttivo del Raggruppamento dell’Opposizione erano presenti quando l’aereo è atterrato sulla pista alle ore 13.00.
Felix Tshisekedi è stato subito preso in consegna dalla Polizia Nazionale che lo ha accompagnato fino alla sua residenza familiare e sede del Raggruppamento, situata nella 10ª Strada Limete. Come avvenuto all’aeroporto, anche il quartiere Limete è stato circondato da unità della polizia che controllavano minuziosamente tutti i movimenti degli abitanti.
Anche in tutte le altre città del paese, i meeting previsti dal Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete sono stati annullati, perché interdetti dalle autorità locali o impediti dalla polizia.[4]
Il 5 settembre, in una conferenza stampa a Kinshasa, il presidente del Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete, Felix Tshisekedi, ha chiesto l’unità di tutte le forze anti-Kabila, per costringere l’attuale presidente della Repubblica ad abbandonare il potere entro la fine del 2017:
«Lancio un appello urgente alla necessaria unità di tutte le forze anti-Kabila per accelerare il processo di alternanza democratica e liberare il paese entro il 31 dicembre 2017».
Il presidente del Raggruppamento attribuisce la responsabilità del ritardo accumulato nell’organizzazione delle elezioni a Joseph Kabila che «rimane l’unico e il solo ostacolo sulla strada dell’organizzazione delle elezioni nel nostro Paese».
Felix Tshisekedi ha dichiarato che «il Presidente Kabila intende rimanere al potere ancora per molto e ridurre al silenzio milioni di Congolesi, per essere l’unico decisore delle sorti del Paese. Considerando la RDCongo come sua proprietà privata, egli ha deciso che solo lui (Joseph Kabila) e la sua famiglia possono vivere decentemente. Tutti gli altri 80 milioni di Congolesi, siano essi medici, funzionari, insegnanti, agenti di polizia, militari, magistrati, giardinieri o altro, dovrebbero accontentarsi del triste destino cui li sta sottoponendo da 17 anni».
Il Presidente del Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete ha inoltre accusato il regime del presidente Joseph Kabila di aver fatto della RDCongo «non solo una vasta prigione a cielo aperto, ma anche una tomba dalle profondità abissali».
Félix Tshisekedi ha affermato che le disuguaglianze socio-politiche nella RDCongo sono opera di Joseph Kabila, che ha deciso che solo i suoi sostenitori hanno il diritto di espressione e di manifestazione: «Kabila ha deciso che, tranne i suoi seguaci, nessun Congolese ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, ancor meno di partecipare a delle manifestazioni pubbliche, senza rischiare di andare ad aumentare il numero dei prigionieri e degli esiliati politici».
Secondo il presidente del Raggruppamento, i cinque cantieri per lo sviluppo presentati dal presidente Kabila si sono trasformati in cinque flagelli: «l’insicurezza generalizzata, la corruzione e l’arricchimento illecito, i massacri di massa, la tirannia, l’illegittimità e l’illegalità».
Concludendo, Félix Tshisekedi ha insistito: «Il momento è più che grave. La nostra pazienza ha raggiunto i suoi limiti, non accetteremo più altri negoziati con il regime. Kabila deve cedere il potere».[5]
Dato che, «calpestando l’articolo 26 della Costituzione, il potere brilla attraverso le pratiche della violenza, della repressione e degli arresti arbitrari ogni volta che l’opposizione organizza una manifestazione», il leader del partito dei Conservatori della Natura e Democratici (CONADE), Moïse Moni Della Idi, propone un nuovo modo di manifestare l’insoddisfazione del popolo. Una di queste strategie è quella che egli denomina “Oter”. Si tratta di azioni concrete di “Occupazione del terreno”. Che cosa sono?
Secondo Moni Della, queste azioni consisterebbero nel fatto che i manifestanti organizzerebbero le loro iniziative occupando gli spazi adiacenti alle rispettive abitazioni: davanti le porte delle loro case o nei loro cortili. In altre parole, sarebbero delle “manifestazioni pacifiche di prossimità”.
I vantaggi di questo metodo sarebbero tre:
– l’occupazione simultanea di tutti gli spazi del territorio nazionale;
– la possibilità di eludere la repressione della polizia e dell’esercito, poiché sarà impossibile che siano presenti ovunque nello stesso tempo;
– l’intensificazione delle manifestazioni, perché minore sarebbe lo sforzo speso in termini di energia e di risorse.[6]
2. UN TERZO DIALOGO?
Dopo una recente visita di lavoro, il 7 settembre, del capo dello Stato Joseph Kabila in Congo Brazzaville, si sono diffuse alcune indiscrezioni circa un probabile terzo dialogo in gestazione, che si terrebbe a Brazzaville, con la facilitazione di Denis Sassou Nguesso, presidente della Repubblica del Congo. A livello della classe politica, esisterebbero già dei contatti. L’obiettivo di questo terzo dialogo sarebbe quello di poter gestire il dopo 31 dicembre 2017, tanto più che, secondo il presidente della Ceni, Corneille Nangaa, non sarebbe più tecnicamente possibile organizzare le elezioni entro quella data. Secondo le stesse informazioni, ogni componente politica (la Maggioranza Presidenziale, l’Opposizione firmataria dell’accordo del 18 ottobre 2016 e il Raggruppamento dell’Opposizione) sarebbe rappresentata da sei delegati. Il Fronte per il Rispetto della Costituzione e la Società civile avrebbero ciascuno quattro delegati. Parteciperebbero anche due vescovi della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (Cenco). 28 delegati in totale, per cercare di porre fine all’attuale crisi politica.[7]
Il 13 settembre, in una conferenza stampa a Kinshasa, la Maggioranza Presidenziale (MP) ha affermato di respingere qualsiasi idea di un terzo dialogo. Per il suo portavoce, Alain André Atundu Liongo, «non ci sarà nessun terzo dialogo». Per André-Alain Atundu, il problema del dopo il 31 dicembre 2017 è già risolto dall’Accordo di San Silvestro 2016: «Faremo riferimento all’accordo del 31 dicembre 2016 che prevede che il Governo, il Consiglio Nazionale di Supervisione dell’Accordo (CNSA) e la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) si incontrino per fare una valutazione e prendere una decisione sul tempo aggiuntivo ritenuto necessario per portare a termine il processo elettorale».[8]
Il 14 settembre, il Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete ha dichiarato di non essere interessato all’idea di un terzo dialogo con l’attuale governo. Félix Tshisekedi, presidente del Raggruppamento, ha dichiarato che il Raggruppamento rimane fedele alle conclusioni dell’accordo del 31 dicembre 2016, che ha raccomandato l’organizzazione delle elezioni presidenziali nel mese di dicembre 2017 al più tardi: «Il Raggruppamento non è a conoscenza di alcuna eventuale organizzazione di un terzo dialogo. Il Raggruppamento rimane fedele alle conclusioni del suo secondo congresso e alle sue prese di posizione successive. Esso pertanto respinge l’idea di un terzo dialogo orchestrato da Joseph Kabila e dai suoi accoliti. Il Raggruppamento constata che Joseph Kabila ha deliberatamente bloccato il processo elettorale e infranto l’accordo di San Silvestro 2016. Ritiene pertanto che Joseph Kabila abbia perso la legittimità che gli era stata conferita dall’Accordo e che, quindi, non può in alcun modo continuare a rivendicare lo status di Presidente della Repubblica, essendosi squalificato da se stesso. Joseph Kabila non è più un interlocutore credibile e rappresenta piuttosto un problema per il Paese. Pertanto, il percorso indicato dall’accordo del 31 dicembre 2016 deve proseguire e arrivare a termine senza Joseph Kabila».[9]
3. UNA TRANSIZIONE SENZA KABILA?
Il 13 settembre, la Maggioranza Presidenziale ha affermato che la prospettiva di una transizione senza Kabila equivarrebbe a mettere in discussione la Costituzione e lo stesso Accordo di San Silvestro2016 e destabilizzerebbe l’intero processo elettorale. Il portavoce della maggioranza, André Alain Atundu Liongo, ha dichiarato che «è evidente che quelli che parlano di crisi di legittimità e che esigono le dimissioni di Kabila dalla Presidenza della Repubblica prima delle elezioni non solo violano la Costituzione e l’accordo di San Silvestro 2016, ma destabilizzano anche l’intero processo elettorale». Secondo il portavoce della maggioranza, lo schema di una transizione senza Kabila rivela la vera intenzione del G7 e del Raggruppamento dell’Opposizione radicalizzata: quella di poter accedere al potere senza passare attraverso le elezioni, ciò che equivale ad un colpo di stato. Pertanto, la Maggioranza Presidenziale (MP) accusa Moïse Katumbi, Félix Tshisekedi, Georges Soros (miliardario americano), Lucha, Filimbi (movimenti cittadini) e alcuni Paesi membri della Comunità internazionale di star preparando un colpo di stato nella RDCongo.[10]
Il 18 settembre, a New York, in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in cui si discuterebbe anche della situazione della Repubblica democratica del Congo, i due principali esponenti dell’opposizione congolese, Felix Tshisekedi e Moïse Katumbi, hanno firmato un comunicato in cui chiedono un periodo di transizione senza il presidente Joseph Kabila,durante il quale si preparerebbero le elezioni.
Nel loro comunicato, firmato anche da André Mbata Mangu (direttore esecutivo dell’Istituto per la democrazia, la governance, la pace e lo sviluppo in Africa), Paul Nsapu (segretario generale della FIDH e incaricato per l’Africa) e Floribert Anzuluni (coordinatore del movimento cittadino Filimbi), essi hanno dichiarato che:
«1. Per la sua mala fede e per il suo mancato rispetto della Costituzione e dell’Accordo del 31 dicembre 2016, al fine di mantenersi al potere a tutti i costi, Kabila si é squalificato come Presidente della Repubblica e ha cessato di essere un interlocutore valido.
- Al fine di evitare il vuoto giuridico e il caos che si profila all’orizzonte davanti alla prospettiva della non organizzazione delle elezioni entro il 31 dicembre 2017, chiediamo una transizione senza il presidente Kabila, ormai diventato illegale e illegittimo, condotta da eminenti personalità che. accettate consensualmente da tutti, abbiano il compito di preparare delle elezioni democratiche, libere, trasparenti e pacifiche, che non sono possibili né con Kabila al potere, né con la CENI nella sua attuale configurazione.
- Il nostro popolo continua a rimanere fedele alla sua Costituzione e, con tutti i mezzi pacifici possibili, rifiuterà qualsiasi proposta di calendario elettorale che non sia conforme con l’accordo del 31 dicembre 2016 e ogni proposta di referendum costituzionale volto a modificare le disposizioni intangibili della Costituzione riguardanti il numero e la durata del mandato del Presidente della Repubblica. L’articolo 64 della Costituzione impone a tutti i Congolesi il dovere di opporsi a qualsiasi individuo o gruppo di individui che prenda il potere con la forza o che lo eserciti in violazione delle disposizioni della Costituzione».[11]
4. L’OPERAZIONE DI REGISTRAZIONE DEGLI ELETTORI
L’11 settembre, il presidente della CENI, Corneille Nangaa, ha lasciato intendere che i Congolesi della diaspora potrebbero essere registrati sulle liste elettorali dopo la fine dell’operazione di registrazione degli elettori nel Kasai e pochi giorni prima delle elezioni presidenziali. Questa scelta sarebbe giustificata dal fatto che i Congolesi residenti all’estero parteciperebbero solo alle elezioni del Presidente della Repubblica. Il presidente della CENI ha indicato che un 200 kit elettorali saranno distribuiti in una sessantina di centri di rappresentanza della RDCongo in tutto il mondo, dando priorità ai paesi in cui esiste la più alta concentrazione di Congolesi.[12]
Il 12 settembre, la CENI ha iniziato l’operazione di registrazione degli elettori a Kananga (Kasai-Central) e a Tshikapa (Kasai), aprendo 15 centri pilota per ogni città, cioè tre per ogni comune. La Ceni prevede di registrare circa 3.098.015 di elettori, cioè 1.535.000 nel Kasai centrale e 1.563.015 nel Kasai.[13]
[1] Cf Radio Okapi, 02.09.’17
[2] Cf Actualité.cd, 02.09.’17
[3] Cf La Libre – Afrique, 02.09.’17
[4] Cf Actualité.cd, 03.09.’17; RFI, 04.09.’17
[5] Cf Actualité.cd, 05.09.’17; AFP – Jeune Afrique, 06.09.’17; Radio Okapi, 06.09.’17; Christine Tshibuyi – Actualité.cd, 06.09.’17
[6] Cf Forum des As – Kinshasa, 04.09.’17 http://www.forumdesas.org/spip.php?article12978
[7] Cf mediacongo.net , 12.09.’17
[8] Cf Actualite.cd , 13.09.’17; Zabulon Kafubu – 7sur7.cd, 13.09.’17
[9] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 14.09.’17
[10] Cf Actualite.cd , 13.09.’17; Zabulon Kafubu – 7sur7.cd, 13.09.’17
[11] Cf 7sur7.cd, 19.09.’17 https://7sur7.cd/new/2017/09/le-duo-katumbi-tshisekedi-accentue-la-pression-sur-kabila-en-signant-le-manifeste-esili/
[12] Cf Dony Mukoko – Cas.info.ca, 11.09.’17
[13] Cf Radio Okapi, 12.09.’17