INDICE
- L’ULTIMO GIORNO DI VITA DEI DUE ESPERTI DELL’ONU
- SOSPETTATI ALCUNI UFFICIALI DELL’ESERCITO CONGOLESE
- L’ANALISI DEL VIDEO PUBBLICATO DAL GOVERNO
- Le principali caratteristiche e conclusioni
- Le vittime
- I principali autori dell’esecuzione
- L’APERTURA DEL PROCESSO CONGOLESE CONTRO I PRESUNTI RESPONSABILI DELL’UCCISIONE DEI DUE ESPERTI DELL’ONU
- LA CONCLUSIONE DEL PROCESSO CONGOLESE CONTRO I MILITARI AUTORI DELLA MATTANZA DI CIVILI A MWANZA LOMBA
1. L’ULTIMO GIORNO DI VITA DEI DUE ESPERTI DELL’ONU
La domenica 12 marzo 2017, due esperti delle Nazioni Unite, Michael J Sharp e Zaida Catalan, scompaiono a poche decine di chilometri da Tshimbulu, nel cuore del territorio del Dibaya (provincia del Kasai centrale), dov’è iniziata l’insurrezione di Kamuina Nsapu. Il villaggio del defunto capo tradizionale, Kamuina Nsapu, è proprio sull’altro lato della strada nazionale N40. Michael J Sharp e Zaida Catalan vengono assassinati nel tardo pomeriggio, nei pressi di Bunkonde. I loro corpi saranno ritrovati circa due settimane più tardi, vicino al luogo in cui era stata segnalata la loro scomparsa.
La mattina del 12 marzo 2017, quando escono dall’hotel Woodland di Kananga, Michael J Sharp e Zaida Catalan partono per incontrare dei “gruppi” di miliziani Kamuina Nsapu. Viaggiano in moto, come l’anno fatto, da oltre 15 anni, tutti gli esperti delle Nazioni Unite che si sono recati nell’est della RDCongo. Prima del 12 marzo, nessun esperto dell’Onu è mai stato ferito o ucciso. Essi collaborano con tutti, con i capi dei servizi segreti e con i capi dei gruppi armati, con uomini d’affari, politici e militari. Come sempre, per preparare la loro missione, Michael J Sharp e Zaida Catalan hanno contattato tutti. Ad ogni loro interlocutore, hanno ricordato l’obiettivo della loro missione. Poiché sono dei consulenti del Consiglio di Sicurezza, il loro obiettivo è capire l’origine delle violenze. Occorre notare che il Gruppo degli esperti è l’unica istituzione delle Nazioni Unite che pubblica i nomi degli autori delle violenze e dei loro mandanti (ufficiali dell’esercito, capi dei gruppi armati o politici).
L’assassinio dei due esperti dell’Onu sembra essere stato pianificato a Bunkonde. È ciò che dice la persona che ha prodotto il video.
Nella zona in cui sono stati sequestrati i due esperti, il Tshiota (“fuoco sacro”) principale si trova a Ngombe, a 24 km da Bunkonde. È uno dei più attivi del territorio di Dibaya. È stato fondato dopo la morte del capo Kamuina Nsapu. Fuggendo la repressione, i suoi seguaci si sono poi stabiliti a Ngombe, sul lato opposto della strada nazionale N40. Da allora, ogni villaggio è stato “contaminato” e ha creato la sua milizia. Ma a Bunkonde, il 12 marzo 2017, non c’è più alcuna milizia attiva, poiché il villaggio è sotto controllo dell’esercito congolese. Durante la notte tra il 10 e l’11 marzo, erano arrivati anche dei militari di rinforzo che avevano compiuto un’operazione contro i gruppi di miliziani dei dintorni. A Bunkonde, militari ed ex miliziani coesistono.[1]
2. SOSPETTATI ALCUNI UFFICIALI DELL’ESERCITO CONGOLESE
Alcune informazioni rivelano le responsabilità di certi membri delle forze di sicurezza nell’assassinio, avvenuto il 12 marzo, dei due esperti delle Nazioni Unite e della loro guida, Betu Tshintela. L’11 marzo, l’esperta svedese delle Nazioni Unite Zaida Catalan è stata ricevuta dal comandante della 21ª Regione Militare di Kananga (Kasai), il generale Emmanuel Lombe Bangwanga.
Avrebbero concordato insieme l’itinerario da seguire per raggiungere alcuni villaggi in cui, insieme al suo collega statunitense Michaël Sharp, alla loro guida congolese Betu Tshintela e i tre conduttori di moto avrebbe dovuto recarsi, per effettuare un’inchiesta su alcune fosse comuni in cui erano stati gettati i cadaveri di alcune persone appartenenti al movimento Kamuina Nsapu. È secondo le indicazioni di questo ufficiale dell’esercito congolese che, il giorno dopo, il convoglio si è messo in viaggio, prendendo una strada che attraversa una zona controllata dall’esercito regolare (FARDC).
Il 29 marzo, un post pubblicato sul sito Congo Indépendant e firmato dal suo direttore, l’ex ambasciatore congolese Baudouin Amba Wetshi, conferma che «l’assassinio dei due esperti dell’Onu è stato commesso nel territorio di Tshimbulu, in un “perimetro” controllata dall’esercito congolese». L’autore aggiunge due particolari inquietanti. Almeno uno dei conduttori di moto era un agente dell’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR). Ciò lascerebbe pensare che, essendo in combutta con gli assalitori, i tre conduttori di moto non sarebbero stati uccisi. E spiegherebbe anche il fatto che i loro corpi non siano stati ritrovati insieme a quelli dei due esperti.
Inoltre, sempre secondo Congo Indépendant, «sembra che gli effetti personali (computer portatili, documenti di identità, portafogli, orologi, etc.) dei due esperti delle Nazioni Unite si troverebbero nelle mani dell’amministratore generale dell’ANR, Kalev Mutondo, a Kinshasa». Se ci si chiede il perché, la spiegazione è abbastanza semplice: «L’orologio di Michaël Sharp sarebbe dotato di un microchip che indica la sua localizzazione». Tutti questi indizi lasciano supporre che «i presunti responsabili dell’assassinio dei due esperti delle Nazioni Unite dovrebbero essere ricercati tra le file dell’esercito congolese e dei servizi di Intelligence (ANR)».
Sembra quindi chiaro che, partendo per il loro ultimo viaggio verso la morte, Zaida Catalan e Michaël Sharp sono stati, dall’inizio alla fine, sotto il controllo di chi aveva già deciso il loro destino. L’incontro dell’11 marzo con Zaida Catalan è il momento che rivela il ruolo importante del generale Lombe in questo ingranaggio mortale, un ruolo condiviso con l’onnipotente capo della ANR, Kalev Mutond, che non è mai assente nel momento delle oscure operazioni del regime.
Promemoria: Emmanuel Lombe e Kalev Mutond sono stati dei personaggi di primo piano al tempo dei massacri di Beni (ottobre 2014 – dicembre 2016) nel Nord Kivu, quando vari rapporti indipendenti delle Nazioni Unite hanno messo in causa le forze di sicurezza congolesi nella realizzazione dei massacri. Il primo era il capo della regione militare del Nord Kivu e il secondo era il capo di un “comitato nero” militare da cui dipendevano il generale Delphin Kahimbi, capo dei servizi segreti militari (ex-DEMIAP) e il General Akilimali Muhindo, detto Mundos.
In vari rapporti, quest’ultimo è accusato di aver organizzato i massacri di Beni utilizzando degli squadroni della morte teleguidati e rafforzata dagli uomini della 31ª Brigata dell’esercito che era sotto il suo comando. Lombe, Mutond, Mundos e il colonnello Vincent Tambwe (il vice di Kahimbi) erano tutti a Beni. Essi costituiscono il nucleo di un potere parallelo che, da Beni a Kananga, porta avanti la strategia dei massacri che sta sconvolgendo l’intero paese. I loro crimini sono ben noti sia all’interno che all’esterno del paese, ma essi continuano a usufruire di una totale impunità.[2]
Secondo un articolo del The Guardian, pubblicato l’8 maggio, degli osservatori affermano che le immagini del video sull’uccisione dei due esperti delle Nazioni Unite nel Kasai non escludono una eventuale implicazione del governo in tale assassinio e che, di conseguenza, mettono in causa la versione ufficiale dell’implicazione della milizia Kamuina Nsapu.
Secondo una fonte citata da The Guardian e la cui identità è mantenuta segreta per motivi di sicurezza, il video dimostra che, il 12 marzo, i due esperti non sono affatto stati sequestrati, come invece ha affermato il governo il giorno in cui sono scomparsi con il loro interprete, Betu Tshintela. «Non si è trattato di un sequestro. Ciò che il video mostra è una messa in scena. Nel video, soprattutto all’inizio, i due esperti delle Nazioni Unite camminano tranquilli, non hanno le mani legate, Michael Sharp pone delle domande sulle persone devono incontrare e appare chiaramente il suo atteggiamento di raccolta di informazioni. Secondo il video, i due esperti non danno l’impressione di sentirsi ostaggi», ha dichiarato la fonte al giornale britannico.[3]
3. ANALISI DEL VIDEO PUBBLICATO DAL GOVERNO
a. Le principali caratteristiche e conclusioni
– Durata: 6 minuti e 17 secondi.
– Modalità di trasmissione: Il video è stato trasmesso da telefono cellulare a telefono cellulare con diversi sistemi operativi (Windows, Apple, ecc), il che ha cancellato i metadati che avrebbero potuto permettere di identificare la fonte del video, la data e l’ora. Tutte le impostazioni sono state quindi ricondotte a un valore predefinito, il 1° gennaio 1970.
– Le vittime: Michael J Sharp e Zaida Catalan non hanno né scarpe, né valigette, né gioielli, come se ne fossero stati spogliati prima di essere condotti sul luogo dell’esecuzione. I tre accompagnatori congolesi identificati (due conduttori di moto e un interprete, Betu Tshintela) sembrano assenti dalla scena del video. Secondo le famiglie di questi tre accompagnatori, i loro corpi non sono mai stati ritrovati. Invece, il governo congolese sostiene di aver trovato e identificato il corpo dell’interprete Betu Tshintela, ciò che l’ONU non ha potuto confermare.
– I killer: Nel video, appaiono almeno 13 individui, di cui quattro identificabili. Sono tutti uomini e adulti. I principali datori di ordini rimangono fuori campo. Tutti quelli che sono ben visibili indossano dei foulard di buona qualità, in buone condizioni e di color rosso. Sono i segni distintivi dei seguaci di Kamuina Nsapu. La maggior parte sono armati di fucili calibro 12. Almeno due hanno in mano delle armi bianche.
– Le lingue utilizzate: Essenzialmente Tshiluba e francese. Per due di loro, i datori di ordini, si percepisce che il Chiluba non è la loro madrelingua, Infatti, usano anche parole derivanti dal swahili e dal lingala. Ma i seguaci di Kamuina Nsapu, in particolare nel territorio di Dibaya dove è iniziata l’insurrezione, gli autoctoni considerano il swahili e il lingala come delle lingue impure (la lingua dei tunguluba, dei maiali).
* Si tratta di un’esecuzione premeditata e preparata. Il capo delle operazioni è l’autore stesso del video. * I killer sono un gruppo eterogeneo, sia per le lingue usate che per le loro origini e per il loro rapporto con il sistema di credenze di Kamuina Nsapu.
b. Le vittime
Fin dall’inizio del video, Michael J Sharp e Zaida Catalan non indossano più né scarpe, né gioielli e non hanno alcun bagaglio. Camminano liberamente, ma entrambi sembrano preoccupati. I loro accompagnatori non sembrano presenti nella scena. Il primo sparo avviene poco più di due minuti dall’inizio della registrazione.
→ Essi sono privati delle loro cose prima di essere giustiziati. Viene loro detto che ci si sta recando verso un “Tshiota”, un centro di iniziazione e sede centrale dei miliziani Kamuina Nsapu, per incontrare un loro “capo”. Il fatto che siano stati privati delle loro cose e, forse, anche dei loro accompagnatori, può spiegare in parte la loro preoccupazione. Alcuni feticisti esigono che i loro futuri seguaci si tolgano le scarpe prima di entrare in un Tshiota. Ma non c’è alcun motivo di togliersi le scarpe prima di arrivare, quando si è ancora in cammino. Quindi, l’obiettivo dei futuri assassini sembra piuttosto quello di evitare che i due esperti dell’Onu possano fuggire.
→ Si presentano come degli investigatori inviati dal Consiglio di Sicurezza. Anche se il contesto non è del tutto chiaro, le parole “Consiglio di Sicurezza” sono pronunciate nell’ambito di una conversazione che cerca di tranquillizzare i due esperti qualche momento prima dell’esecuzione. I due esperti sarebbero stati invitati a sedersi per terra, per attendere l’arrivo di un “capo che potrà dare degli ordini”.
→ Devono essere uccisi “senza che se ne accorgano”: è ciò che dice il principale datore d’ordini, ma si sbaglia. Michael J Sharp e Zaida Catalan hanno già compreso, ancor prima del primo sparo, che la situazione era grave, nonostante le parole rassicuranti.
▪ Michael J Sharp: fino alla decapitazione della sua collega Zaida Catalan, l’esperto statunitense è il protagonista principale del video. La fotocamera è sempre puntata su di lui. È il primo ad essere colpito da uno sparo ed è il primo ad essere insultato. Prima del crimine, è lui che i datori di ordini e gli esecutori cercano di tranquillizzare. Michael J Sharp è specializzato nello studio dei gruppi armati. Ha cinque anni di esperienza in Congo. Egli cerca di ottenere informazioni sulla destinazione precisa della loro missione e fa notare che il gruppo sta andando oltre la meta che era stata loro annunciata. Mette subito in causa i suoi interlocutori, accusandoli di “mentire”. Egli rileva inoltre che il gruppo ha “molte armi”, tra cui dei fucili. Nonostante le parole rassicuranti dei suoi interlocutori e il loro tentativo di distrarre la sua attenzione, Michael J Sharp denuncia il carattere ostile dei suoi interlocutori («Sono forse venuto per attaccarvi?»).
▪ Zaida Catalan: l’esperta svedese non parla. La sua voce si sente solo pochi secondi prima dell’assassinio («Ho dei figli»). Ella cerca di far ricorso al sentimento umano. È la prova che anche lei è consapevole della gravità della situazione. Durante i primi due minuti, ella cammina più velocemente del suo collega, lontano dal gruppo formatosi intorno a lui e non è oggetto di alcuna particolare attenzione da parte dei membri del gruppo.
c. I principali autori dell’esecuzione
Nel video, il principale datore d’ordini (donatore d’ordini 1) è il personaggio chiave. Egli cerca di avere il controllo sull’essenziale del gruppo e di fare in fretta, ma la “operazione” dura più di quello che avrebbe voluto. Ha degli obiettivi ben precisi: il video, la necessità di non spaventare gli esperti e di fare in fretta, l’uccisione dei due esperti e la decapitazione di Zaida Catalan. Egli è il capo dell’operazione e sembra essere, per la sua conoscenza linguistica e culturale, il trattino d’unione tra due gruppi dai comportamenti diversi. Lui stesso cita l’esistenza di un “patto”.
Gli “stranieri”: questo gruppo, abituato alla violenza, è guidato dai donatori d’ordini 1 e 2. Non sembra avere bisogno di discutere sulla procedura da seguire e interagisce poco con gli altri protagonisti. Tra loro ci sono i presunti tiratori.
I “locali”: questo gruppo è composto dal donatore d’ordini 3 e dagli esecutori. È in contatto con gli esperti, non sembra avere lo stesso livello di informazioni ed esita a condurre a termine la “operazione”. I “locali” discutono tra di loro. Sono quelli che compiono, in sostanza, gli atti rituali, come quelli di pronunciare degli incantesimi o di tagliare i capelli.
▪ Il donatore d’ordini 1: è il principale donatore di ordini e la sua voce è quella più facilmente identificabile. Parla soprattutto francese e Tshiluba, ma dopo l’assassinio, si sbaglia di lingua e insulta le vittime in swahili. Il suo tentativo di correggersi indica, non solo che non è di madrelingua Chiluba, ma anche che sta cercando di nascondere la sua vera origine. Il Tshiluba sembra essere la sua seconda lingua, anche se la parla bene. Conosce bene anche la cultura locale, il che lascia pensare che abbia vissuto vari anni in ambiente di lingua tshiluba o che almeno uno dei suoi genitori sia un Luba. Egli filma e dà l’ordine di uccidere, mentre alcuni esitano e dicono che preferiscono aspettare l’arrivo del “capo”. È lui stesso che spara sulle due vittime. La sua arma è visibile al 2° minuto e 27 secondi del video. Ma egli spara dopo 5 secondi, al 2° minuto e 32 secondi. La fotocamera subisce un brusco movimento durante un secondo sparo contro Michael J Sharp. Mescola insulti e formule rituali nelle stesse frasi. Al 3° minuto e 24 secondi, spara l’ultimo colpo su Zaida Catalan. È ancora lui che ordina e controlla la decapitazione dell’esperta svedese.
Sembra che abbia fretta di finire, quando altri, gli esecutori, esitano e si limitano a tagliare i capelli delle vittime, pronunciando degli incantesimi.
▪ Il donatore d’ordini 2: è il personaggio più difficile da capire. Sembra assente dal video prima dell’omicidio e sembra scomparire subito dopo. Dà solo l’ordine di sparare, in francese e in lingala (“sparate, sparate lisusu”). E i suoi comandi sono stati rispettati quattro volte, di cui due dal donatore d’ordini 1, il che sembra suggerire un rapporto gerarchico. Poi continua a chiedere di sparare, ma da fuori campo. Alcuni presunti miliziani discutono tra loro e iniziano a proferire degli incantesimi. La sua voce scompare prima della decapitazione di Zaida Catalan. Un’altra caratteristica di questa voce è che essa sembra distante, ma chiara. Il donatore d’ordini 2 sembra essere sempre alla stessa distanza dalla fotocamera e dal donatore d’ordini 1. Non lo si vede mai nel video.
▪ Il donatore d’ordini 3: Nel video è difficile identificarlo, parla in Tshiluba e la sua voce è chiara.
Sembra che trasmetta in Tshiluba gli ordini del donatore d’ordini 1 e che sia il suo principale corrispondente. I suoi ordini sono sostanzialmente eseguiti dagli esecutori. Non è escluso che si tratti dell’esecutore 2 (più facilmente identificabile in francese) che sembra giocare un ruolo chiave nel gruppo. La differenza di voce potrebbe essere spiegata per il cambiamento di lingua o per la distanza tra chi parla e la fotocamera.
▪ I tiratori: Oltre al donatore d’ordini 1, ci sono vari presunti miliziani che sparano sui due esperti. A volte è difficile identificare l’autore dello sparo. Ma quelli che potrebbero essere all’origine degli spari sono tutti armati di fucili da caccia e hanno un comportamento somigliante sin dall’inizio del video. Essi non interagiscono con i due esperti, parlano poco o niente, sorvegliano o creano un perimetro intorno a loro e ai principali esecutori. È il caso del miliziano con la camicia bianca e il foulard rosso, che spara almeno una volta ed è il primo a tentare di decapitare Zaida Catalan. Un altro caso emblematico è quello presunto miliziano che indossa una maglietta rossa. Ha preceduto il gruppo e lo si vede già seduto quando gli esperti arrivano al luogo dell’esecuzione. Volge loro il dorso. Si alza ancor prima che il donatore d’ordini 1 chieda ai due esecutori di cessare di parlare a gesti. I “tiratori” sembrano rispondere solo alle istruzioni dei donatori d’ordini 1 e 2.
▪ Gli esecutori: I due principali esecutori (Esecutori 1 e 2) sono quelli che sono più a contatto con i due esperti delle Nazioni Unite. Non sono armati di fucili. L’esecutore 2 è armato di un coltello e riceverà l’ordine, dal donatore d’ordini 1, di assistere il presunto miliziano dalla camicia bianca e il foulard rosso nell’atto della decapitazione. Egli sembra volere tagliare solo i capelli delle vittime.
Tra quelli che vogliono tagliare una ciocca di capelli dei due esperti delle Nazioni Unite, c’è il presunto miliziano con la camicia nera che fugge al primo sparo, ma che rimane fino alla fine dell’operazione e che dispone di un fucile da caccia. Taglia una ciocca di capelli anche l’uomo dalla tonaca rossa che, all’inizio del video, si vede in lontananza.[4]
4. L’APERTURA DEL PROCESSO CONGOLESE CONTRO I PRESUNTI RESPONSABILI DELL’ASSASSINIO DEI DUE ESPERTI DELL’ONU
Il 5 giugno, presso il tribunale militare di Kananga, capoluogo del Kasai Centrale, si è aperto il processo contro i presunti assassini dei due esperti delle Nazioni Unite, Zaida Catalan e Michael Sharp. In questo dossier, 16 sono le persone accusate, ma solo due sono presenti sul banco degli imputati. Si tratta di Evariste Ilunga Lumu, di 16 anni, uno studente che stava preparando gli esami di fine anno scolastico, e Mbayi Kabasele, di 30 anni, un raccoglitore di noci di palma. Sono accusati di “crimini di guerra per omicidio e atti di mutilazione, di terrorismo e di partecipazione a movimento insurrezionale”.
Gli avvocati della difesa hanno sollevato alcune obiezioni di forma, per dimostrare l’incompetenza del tribunale militare e denunciare “l’opacità” della formulazione delle accuse. Secondo l’avvocato Serge Miseka, «il tribunale militare di Kananga non è abilitato a trattare il caso, sia per lo status delle persone citate (due civili) che per materia da trattare». L’udienza è stata rinviata al 12 giugno, su richiesta della procura, per potere avere il tempo necessario per preparare una risposta.[5]
Il 12 giugno, il tribunale militare di Kananga ha proseguito il processo contro i presunti assassini dei due esperti delle Nazioni Unite. Durante l’udienza, si è discusso sull’età di uno degli imputati, Evariste Ilunga. Secondo il verbale della procura, l’imputato Ilunga è nato nel 1995, mentre nel corso della prima udienza, egli aveva dichiarato di essere nato nel 2000. Gli avvocati della difesa chiedono che sia assegnato al tribunale per i minorenni.
Da parte sua, il giudice ha deciso di sottomettere l’imputato Evariste Ilunga a una visita medica per verificare la sua età. Un altro problema sollevato dalla difesa riguarda la giurisdizione incaricata del processo. Si tratta di un tribunale militare, mentre gli imputati sono dei civili. Secondo gli avvocati della difesa, il tribunale militare dovrebbe pertanto dichiararsi incompetente.
Infine, gli avvocati degli imputati hanno messo in discussione la qualità dei verbali. Essi ritengono che gli interrogatori si siano svolti in condizioni irregolari, con degli agenti che non hanno declinato la loro identità. Essi chiedono quindi di non tenere in conto i verbali stesi. Su queste tre obiezioni procedurali sollevate dagli avvocati della difesa, il giudice ha promesso di pronunciarsi entro le 48 ore, cioè il 14 giugno.[6]
Il 14 giugno, la seduta che doveva essere dedicata all’esame del referto medico relativo all’età dell’accusato Ilunga è stata sospesa. Riprenderà il 16 giugno. L’accusa e la difesa non hanno trovato un accordo sul rapporto medico che ha confermato che l’imputato Ilunga è maggiorenne.
Hubert Ngulandjoko, membro della difesa, ha affermato di non poter “fare affidamento su tale rapporto”, perché la procedura di nomina del medico che l’ha redatto “non è secondo le norme”. Infatti, l’avvocato precisa che il rapporto è stato redatto da un medico di medicina generale, quando invece lo può fare solo “un medico legale”. «Dato che a Kananga non c’è alcun medico legale, avevamo chiesto che il nostro cliente fosse trasferito all’ospedale generale di riferimento di Kinshasa, per esami più appropriati. Il Tribunale ha pensato bene di inviarlo all’ospedale della polizia. Ora aspettiamo il risultato del rapporto», ha dichiarato Hubert Ngulandjoko.[7]
Il 23 giugno, il tribunale militare di Kananga ha ripreso le udienze del processo contro i presunti assassini dei due esperti delle Nazioni Unite. In questo processo, gli accusati sono 18 ma, finora, solo quattro sono presenti sul banco degli imputati per i primi interrogatori: uno studente, un raccoglitore di noci di palma e due pescatori. Uno di loro è capo di villaggio. Essi sono stati interrogati sulla loro appartenenza al movimento Kamuina Nsapu e tutti e quattro hanno negato di esserne membri. Secondo il loro avvocato, l’accusa non ha fornito alcuna prova contraria alle loro dichiarazioni.[8]
Il 26 giugno, il tribunale militare di Kananga ha proseguito l’istruzione su due casi riguardanti l’assassinio dei due esperti delle Nazioni Unite. Per il primo caso, il giudice militare ha presentato, oltre ai due imputati già noti Evariste Ilunga e Daniel Mbayi Kabasele, anche altri due, arrestati la settimana scorsa, nel villaggio di Moyo Musuile, a circa 50 km a est di Kananga. Secondo il giudice militare, questi ultimi due imputati sono stati arrestati nei pressi di una buca in cui era stata nascosta una delle moto su cui viaggiavano i due esperti della Nazioni Unite.
Per il secondo caso, relazionato con il primo, il procuratore militare ha presentato anche cinque agenti di polizia accusati di aver contribuito alla fuga di un detenuto. In questo secondo caso, il tribunale militare ha chiesto l’ergastolo contro i cinque agenti di polizia, tra cui uno è ancora latitante. Questi agenti di polizia sono accusati di aver fatto fuggire uno dei principali presunti responsabili dell’assassinio dei due esperti delle Nazioni Unite a Bunkonde.[9]
Il 7 luglio, il tribunale militare di Kananga (Kasai Centrale) ha affrontato la questione relativa al video sull’esecuzione dei due esperti delle Nazioni Unite, avvenuta lo scorso marzo nella cittadina di Moyo Musuile, a circa 50 chilometri da Kananga (Territorio di Dibaya). In una lettera inviata al presidente del tribunale militare e letta dal suo avvocato, il principale indiziato dell’assassinio, Évariste Ilunga Lumu, ha messo in causa l’autenticità del video stesso, proiettato nel corso dell’udienza del 5 luglio 2017.
Secondo l’accusato Ilunga, si tratta di un montaggio orchestrato dall’esercito nazionale. Secondo la lettera, «nessuna milizia congolese ha mai filmato le sue azioni. Questo tipo di riprese è cominciato con l’assassinio del colonnello Mamadou Ndala, assassinato proprio dall’esercito». L’imputato Ilunga ha dichiarato di non essere implicato in questo video e chiede un’inchiesta condotta da “professionisti” competenze in questo campo e l’esame delle tracce di DNA ritrovate sull’arma ricuperata sulla scena del crimine. Il tribunale militare ha qualificato tale richiesta di “manovra” pensata per ritardare lo svolgimento del processo e ha deciso di soprassedere.
Il tribunale ha chiesto alle parti implicate di presentare la lista dei loro testimoni e il procuratore militare ne ha citati 6, tra cui solo tre adulti. Si tratta del capitano Mbuara Muiza Issa, responsabile delle operazioni per la 5ª Brigata di stanza a Kananga e comandante del settore di Bunkonde nel momento dei fatti; di Jean Bosco Mukanda Mbukanda Mbuyangandu, che aveva diffuso la notizia dell’assassinio dei due esperti; e di Kapelayi Mbueka che avrebbe visto Évariste Ilunga “in possesso della testa di Zaïda Catalan”.
La prossima udienza è fissata per il lunedì 17 luglio, per permettere al segretario del tribunale di contattare tutti i testimoni citati.[10]
5. LA CONCLUSIONE DEL PROCESSO CONGOLESE CONTRO I MILITARI AUTORI DELLA MATTANZA DI CIVILI A MWANZA LOMBA
Il 6 luglio, il tribunale militare di Mbuji-Mayi ha condannato, con pene detentive comprese tra i 12 mesi e l’ergastolo, otto militari accusati di aver ucciso dei civili a Mwanza Lomba (Kasai Orientale). Il tribunale militare ha processato 9 militari: due sono stati condannati a 20 anni di reclusione, tre a 15 anni, uno a 12 mesi. Due soldati fuggiti sono stati condannati, in contumacia, all’ergastolo. Il nono è stato assolto. Quest’ultimo era stato incaricato di custodire, durante i fatti, un veicolo e le munizioni. I due militari latitanti e quelli condannati a 20 e a 15 anni di carcere sono stai condannati per omicidio e dissipazione di munizioni. Quello che è stato condannato a 12 mesi di reclusione è stato condannato per non avere denunciato il reato commesso da agenti militari.[11]
[1] Cf testo completo: http://webdoc.rfi.fr/rdc-kasai-violences-crimes-kamuina-nsapu/chap-03/
[2] Cf L’Agence d’information.com, 07.04.’17
http://www.lagencedinformation.com/110-rdc-kasai-assassinat-des-experts.html;
Baudouin Amba Wetshi – Congoindépendant, 29.03.’17
http://www.congoindependant.com/article.php?articleid=11604
[3] Cf Politico.cd, 08.05.’17 http://www.politico.cd/actualite/2017/05/08/video-de-lassassinat-experts-de-lonu-these-kamuina-nsapu-remise-cause.html
[4] Cf Texte complet: http://webdoc.rfi.fr/rdc-kasai-violences-crimes-kamuina-nsapu/chap-03/pdf/analyse-video-assassinat-experts.pdf
[5] Cf RFI, 05.06.’17; AFP – Africatime, 05.06.’17; Radio Okapi, 05.06.’17
[6] Cf RFI, 12.06.’17; Radio Okapi, 12.06.’17; Sosthène Kambidi – Actualité.cd, 12.06.’17
[7] Cf Radio Okapi, 15.06.’17
[8] Cf RFI, 24.06.’17
[9] Cf Sosthène Kambidi – Actualité.cd, 26.06.’17
[10] Cf Sosthène Kambidi – Actualité.cd, 07.07.’17
[11] Cf AFP – Africatime, 06.07.’17