Congo Attualità n. 316

INDICE

EDITORIALE: DIALOGO TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE → il rischio di un clamoroso fallimento

  1. IL DIALOGO TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE SULLE MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELL’ACCORDO DEL 31 DICEMBRE
    1. Posizioni ancora divergenti
    2. La fine dei lavori, ma senza alcun consenso e senza alcun compromesso
    3. Il Capo dello Stato si impegna ad implicarsi personalmente nella ricerca di un consenso
  2. L’UDPS E IL RASSOP ANNUNCIANO UNA SERIE DI MANIFESTAZIONI

 

EDITORIALE: DIALOGO TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE → il rischio di un clamoroso fallimento

 

 

 

 

1. IL DIALOGO TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE SULLE MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELL’ACCORDO DEL 31 DICEMBRE

 

a. Posizioni ancora divergenti

 

Il 20 marzo, i Vescovi della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (Cenco) avevano già fatto sapere che il 27 marzo avrebbero messo fine, con o senza accordo, alle discussioni relative alle disposizioni di attuazione dell’Accordo del 31 dicembre. La MP e il Raggruppamento non sembrano affatto disposti a farsi delle concessioni, soprattutto per quanto riguarda le modalità di nomina del futuro Primo Ministro e la questione della presidenza del CNSA.[1]

 

Il 25 marzo, l’assemblea plenaria convocata presso il Centro interdiocesano di Kinshasa è stata essenzialmente dedicata alla questione della suddivisione, tra le diverse parti, dei posti ministeriali del prossimo governo di unità nazionale.

Secondo il rapporto della mediazione, per facilitare le discussioni sul futuro governo, la sottocommissione creata a questo scopo  ha raggruppato i ministeri in quattro settori d’attività, tra cui: nove ministeri per il settore economico e finanziario, 11 ministeri per il settore della politica e della sicurezza, 12 ministeri per i settori produttivi e 13 ministeri per il settore sociale. Le varie parti hanno deciso di garantire un’equa rappresentanza nei quattro settori, tenendo conto della proporzionalità dei ministeri attribuiti ad ogni parte.

Tenendo conto della suddivisione effettuata in base alle richieste avanzate dalle parti, sono apparse tre categorie:

– Ministeri rivendicati da una singola componente e considerati come ministeri assegnati;

– Ministeri rivendicati da più componenti e ritenuti ministeri conflittuali;

– Ministeri non rivendicati da alcuna componente e considerati come non assegnati.

Si sono quindi proseguite le discussioni su questo tema. I punti su cui non si sarà ottenuto un consenso saranno affidati al Primo Ministro, in vista della loro risoluzione al momento della formazione del governo conseguente alla firma dell’annesso all’accordo del 31 dicembre.[2]

 

Il 25 marzo, il portavoce della Maggioranza Presidenziale (MP), André-Alain Atundu, ha affermato che, a proposito degli incarichi ministeriali ancora oggetto di divergenze, la MP potrebbe accettare di lasciare tale questione nelle mani del presidente Joseph Kabila e del prossimo Primo Ministro. «La maggioranza presidenziale ha dimostrato un grande spirito di apertura e di conciliazione nel consentire che i ministeri ancora contesi siano oggetto di un arbitrio da parte del Capo dello Stato, previa consultazione con il Primo Ministro», ha annunciato l’ex ambasciatore Atundu. Tuttavia, il portavoce della MP non ha detto se questa soluzione trovi il consenso anche delle altre parti implicate nei negoziati.

Affrontando la questione della presidenza del Comitato Nazionale per la Supervisione dell’accordo (CNSA), egli ha sottolineato: «Questa funzione deve essere svolta da una persona accettata da tutti con un ampio consenso, com’era avvenuto con il compianto Étienne Tshisekedi, in quanto essa dovrà svolgere un ruolo chiave che dovrebbe rassicurare tutti, in modo che il suo lavoro non dia oggetto d’inutili contestazioni». André Atundu ha, tuttavia, fatto osservare che la sua famiglia politica non è affatto interessata alla Presidenza del CNSA.[3]

 

Il 26 marzo, il presidente del Movimento di Solidarietà per il Cambiamento (MSC), Laurent Batumona, ha accusato la Maggioranza Presidenziale (MP) di essere responsabile dell’impasse in cui si trovano attualmente le discussioni sulle disposizioni di applicazione dell’accordo del 31 dicembre. Secondo lui, la MP vuole servirsi dello statu quo come pretesto per imporre un referendum che permetta il cambiamento della costituzione, in vista di un terzo mandato del Presidente Kabila. «La MP non vuole che ci sia un’alternanza ai vertici dello Stato. Tira in lungo le cose, per impedire l’attuazione dell’accordo del 31 dicembre. La MP è in malafede e non vuole firmare l’annesso speciale all’accordo. Vuole restare al potere per sempre ed è per questo che moltiplica le tattiche dilatorie, al fine di poter modificare le disposizioni contenute nell’accordo del 31 dicembre 2016», ha dichiarato il presidente dell’MSC.

Laurent Batumona ha inoltre dichiarato che la MP ha intenzione di smantellare l’accordo, dicendo che «il CNSA è stato creato su misura di Etienne Tshisekedi, anche se nessuna disposizione dell’Accordo cita Etienne Tshisekedi».[4]

 

Il 26 marzo, tutte le parti interessate si sono d’accordo che il Raggruppamento dell’Opposizione si incontri con il Presidente della Repubblica, per risolvere la questione della designazione del futuro Primo Ministro. Tuttavia, non hanno ancora trovato un consenso sulla presentazione, al Presidente della Repubblica, di un solo nome o di una lista d più nomi. Queste sono le diverse formulazioni: Proposta della CENCO: “Il Primo Ministro è nominato dal Presidente della Repubblica, al termine di consultazioni tra lui e il Raggruppamento dell’Opposizione”.

Proposta della MP: “Il Primo Ministro è nominato dal Presidente della Repubblica, al termine di consultazioni tra lui e il Raggruppamento sulla base di una lista di tre nomi”.

Proposta del Raggruppamento dell’Opposizione: “Il Primo Ministro è nominato dal Presidente della Repubblica, al termine di consultazioni tra lui e il Raggruppamento rappresentato dal suo capo di delegazione al dialogo nazionale inclusivo del Centro Inter-Diocesano”.[5]

 

Il 26 marzo, nel dibattito sull’annesso dell’accordo del 31 dicembre, si è presa in considerazione anche  la questione del ruolo che la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) dovrebbe avere durante la transizione.

La proposta della CENCO, che modifica quella della Maggioranza Presidenziale: “La CENCO designa un rappresentante come membro del CNSA in qualità di osservatore. Ogni volta che sia necessario, le varie parti possono ricorrere alla CENCO“.

Dopo un dibattito, è stata mantenuta solo la prima parte della formulazione: “La CENCO designa un rappresentante come membro del CNSA in qualità di osservatore“.

Tuttavia, il Raggruppamento dell’Opposizione ha emesso una riserva nei confronti di questa formulazione, auspicando che la CENCO accompagni il CNSA svolgendo un ruolo attivo. La formula che il Raggruppamento propone è: “La CENCO accompagna e consiglia il CNSA nell’ambito della sua missione di mediazione“.[6]

 

Il 26 marzo, in un messaggio postato su Twitter alle ore 20:00, Delly Sesanga Hipung, presidente di Alternanza per la Repubblica, membro del Raggruppamento dell’Opposizione, ha scritto: “CENCO: la firma dell’annesso all’accordo, il 27 marzo 2017, sembra ormai un miracolo divino!!!“. 24 ore prima, André Claudel Lubaya, ex UNC, aveva scritto sullo stesso social network: “CENCO: atterraggio impossibile causa brutte condizioni meteorologiche. Ancora lontani dalla meta. Crash inevitabile“. Mentre i membri del Raggruppamento dell’Opposizione stavano gettando la responsabilità di questa situazione di stallo sul conto della maggioranza presidenziale, il Ministro dell’ESU, Steve Mbikayi, rispondeva loro su Twitter, puntando il dito contro l’ala dura dell’opposizione: “Blocco totale per non voler proporre tre candidati premier. L’interesse individuale prevale sull’interesse generale. Sono le ore 21h00“.[7]

 

b. La fine dei lavori, ma senza alcun consenso e senza alcun compromesso

 

Il 27 marzo, in un’intervista, il segretario generale della CENCO, P. Donatien Nshole, ha affermato che «i Vescovi hanno deciso di porre fine alla loro missione di mediazione con l’assemblea plenaria di questa sera, benché ci siano ancora due punti di divergenza.

Il primo punto è quello relativo alla modalità di nomina del Primo Ministro. Secondo il Raggruppamento dell’Opposizione, si tratta di una persona che deve essere presentata dal Raggruppamento e che il Presidente della Repubblica deve semplicemente nominare. Secondo la Maggioranza, il Raggruppamento deve presentare una lista di tre persone, tra le quali il Presidente della Repubblica ne nomina una.

Il secondo punto è quello relativo al Presidente del CNSA. Secondo il Raggruppamento, il testo dell’accordo è chiaro: è colui che il Raggruppamento sceglie come Presidente del Consiglio dei Saggi del Raggruppamento che è automaticamente presidente anche del Consiglio Nazionale di Supervisione dell’Accordo. La maggioranza e altre componenti dicono no. Secondo lo spirito dell’accordo, per la presidenza del CNSA, si era trovato un consenso su una persona significativa dell’ambito politico del paese. Ora che quella persona non c’è più, la presidenza del CNSA è vacante e accessibile a tutti, purché ci sia consenso.

Si tratta di due punti di vista diametralmente opposti. La mediazione propone che si debba tener conto sia della lettera  che dello spirito dell’accordo. Rispetto alla lettera dell’accordo, è il presidente del Consiglio dei Saggi del Raggruppamento che è presidente anche del Consiglio nazionale di Sorveglianza dell’accordo. Rispetto allo spirito dell’accordo, tutto ciò non è automatico. La persona deve essere oggetto di consenso.

Cosa può fare di più la mediazione se non proporre una voce che possa mettere insieme? Se gli uni e gli altri, per motivi di orgoglio personale, preferiscono sacrificare il paese, che è già sull’orlo del collasso economico, i vescovi hanno solo la parola, non hanno frusta, non hanno armi. Questa è la triste realtà. Penso tuttavia che sapranno ascoltare la voce della ragione».[8]

 

Il 27 marzo, i Vescovi cattolici della RDCongo che, da dicembre 2016,  hanno assicurato la mediazione tra la maggioranza e l’opposizione per definire le modalità di co-gestione del paese durante la transizione, hanno annunciato la fine della loro missione di mediazione, senza essere tuttavia riusciti a conciliare le due parti. Nessun compromesso è stato raggiunto sulla modalità di nomina del Primo Ministro che deve essere membro dell’opposizione, come previsto dall’accordo firmato il 31 dicembre tra la maggioranza e l’opposizione. Nessun accordo nemmeno sulla designazione del presidente del Consiglio Nazionale di Supervisione dell’Accordo (CNSA), un ruolo che era stato attribuito al leader dell’UDPS, Etienne Tshisekedi, ma deceduto a Bruxelles all’inizio di febbraio. Nel suo discorso di chiusura delle discussioni, il Presidente della CENCO, Mons. Marcel Utembi, ha dichiarato quanto segue:

«7. Al termine di questo secondo ciclo di negoziati politici diretti, i risultati sono ben lungi dal soddisfare le aspettative della popolazione, la cui situazione economica e di insicurezza sta diventando sempre più preoccupante. In effetti, ci troviamo di fronte a due punti di divergenza che non sono stati risolti e per i quali la CENCO ha proposto una soluzione intermedia;

  1. a) la modalità della designazione e della nomina del Primo Ministro: il Raggruppamento della opposizione vuole presentare un unico nome e gli altri, in particolare la maggioranza, propongono una lista di tre nomi. La mediazione ha proposto: “Il Primo Ministro è nominato dal Presidente della Repubblica, previa consultazione con il Raggruppamento”. Chi dice consultazioni dice anche vari nomi.
  2. b) la presidenza del CNSA: per il Raggruppamento dell’opposizione, occorre attenersi scrupolosamente alla lettera dell’accordo, vale a dire, il Presidente del Consiglio dei Saggi del Raggruppamento è Presidente anche del CNSA. Secondo gli altri, è necessario attenersi allo spirito dell’accordo, vale a dire, il Presidente del CNSA deve essere oggetto di un consenso da parte di tutte le parti interessate. La mediazione propone di conciliare la lettera e lo spirito, cioè il presidente del CNSA sarà un membro del Raggruppamento, ma dovrà essere oggetto di un consenso.
  3. A questo stadio, la CENCO informa l’opinione nazionale ed internazionale sulla situazione di stallo politico in cui si trovano attualmente le discussioni, una situazione che riflette la mancanza di volontà politica e l’incapacità degli attori politici e sociali nel trovare un compromesso che esigerebbe di mettere in primo piano l’interesse superiore della nazione e il bene del nostro popolo.
  4. Convinta che un compromesso è possibile grazie ad un sussulto di patriottismo da parte di tutti, la CENCO lancia un patetico appello ai negoziatori, affinché siano più responsabili e sensibili ai bisogni del popolo congolese e non perdano di vista che l’obiettivo principale di questi negoziati è l’organizzazione delle elezioni tra meno di un anno.
  5. L’attesa del nostro popolo sta diventando troppo lunga e i giorni passano in fretta. Ogni giorno di ritardo è un tempo perso per la realizzazione di questo obiettivo. La CENCO chiede quindi alle diverse parti di farsi violenza e di abbandonare i loro interessi egoistici, al fine di potere istituire il Governo e il Consiglio Nazionale di Supervisione dell’accordo che permetteranno al Paese di organizzare le elezioni prima della fine dell’anno 2017.
  6. La CENCO non intende portare avanti la sua missione di mediazione a tempo indeterminato. Per questo ella chiede l’implicazione personale del Capo dello Stato in quanto garante della nazione, per una rapida attuazione dell’accordo del 31 dicembre. Tuttavia, fedele alla sua missione profetica, la CENCO rimane determinata a sostenere il popolo congolese nell’attuazione di tale accordo». I negoziati del Centro inter-diocesano erano iniziati l’8 dicembre 2016. Previsti inizialmente per una durata di tre giorni, le discussioni si sono prolungate su oltre 3 mesi, senza che le parti interessate riescano a conciliare i loro punti di vista su alcune loro divergenze.[9]

 

c. Il Capo dello Stato si impegna ad implicarsi personalmente nella ricerca di un consenso

 

Il 28 marzo, dopo l’incontro tra i vescovi della CENCO e il Capo dello Stato, il segretario generale della CENCO, P. Donatien Nshole, ha dichiarato che il presidente Joseph Kabila si è impegnato ad ottenere un consenso sui temi su cui la maggioranza e l’opposizione non hanno raggiunto alcun accordo nel corso delle trattative sulle disposizioni relative all’attuazione dell’accordo del 31 dicembre 2016: «i vescovi hanno informato il Capo dello Stato sulla fine della loro missione di mediazione e contano su di lui in quanto garante della nazione. Il Capo dello Stato ha seguito con attenzione il rapporto dei vescovi. Ha riconosciuto che i vescovi hanno fatto un ottimo lavoro, paragonandolo al 98% e ha promesso di ottenere il 2% mancante per raggiungere il 100%. Il Capo dello Stato si è impegnato a tener conto delle proposte della CENCO per raggiungere un consenso sui due punti di divergenza che rimangono ancora irrisolti». Secondo il segretario generale della CENCO, Joseph Kabila ha confidato ai vescovi di «avere l’impressione che si stia dimenticando l’essenziale, che è l’organizzazione di buone elezioni credibili e il prima possibile».[10]

 

Il 28 marzo, in un comunicato reso pubblico dopo l’incontro con i Vescovi della CENCO, il Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, ha annunciato che parlerà alla nazione attraverso un discorso pronunciato davanti alle due camere del Parlamento. Nel comunicato, Joseph Kabila si è detto soddisfatto per il fatto che i Vescovi non si sono limitati a constatare le divergenze, ma hanno saputo proporre anche delle piste di soluzioni che egli prenderà in considerazione, per arrivare a delle soluzioni finali adeguate.

Joseph Kabila ha dichiarato che, da parte sua, l’attuale impasse non dovrebbe costituire la rottura totale del dialogo. Egli ha affermato che le varie parti dovrebbero continuare a mantenere i contatti tra loro per poter arrivare, in un tempo il più breve possibile, a delle proposte adeguate per l’attuazione dell’accordo del 31 dicembre.

Il Presidente della Repubblica ha detto di aver preso atto del fatto che il Primo Ministro dovrebbe essere un membro del Raggruppamento dell’Opposizione. Per quanto riguarda la presidenza del CNSA, Joseph Kabila ha fatto sua la posizione della sua famiglia politica che chiede la designazione di una figura di consenso.[11]

 

Il 29 marzo, il Presidente Joseph Kabila ha istituito una commissione per raccogliere opinioni, considerazioni e proposte in vista di una risoluzione dei problemi rimasti aperti alla chiusura del dialogo del Centro Interdiocesano. La commissione è composta da Aubin Minaku, presidente dell’Assemblea Nazionale dei deputati e segretario generale della Maggioranza Presidenziale, dall’avvocato Nkulu, dal professor Adolphe Lumanu e dal capo dei servizi dell’Anr, Kalev Mutond.

La Commissione ha già avviato contatti informali con alcune componenti che hanno partecipato ai negoziati sotto l’egida della CENCO. L’obiettivo sarebbe quello di preparare il terreno per la risoluzione delle due questioni rimaste aperte: la modalità della nomina del futuro Primo Ministro e la presidenza del consiglio Nazionale di Supervisione dell’Accordo del 31 dicembre (CNSA).

Secondo le fonti, alcuni leader del “Raggruppamento – ala Kasavubu” sarebbero già stati consultati. Si tratterrebbe della delegazione delle FAC-Opposizione condotta da Ingele Ifoto, di Roger Lumbala e di  Bruno Tshibala, ex membro dell’UDPS escluso dal partito.

Da parte sua, l’opposizione guidata da Félix Tshisekedi e Pierre Lumbi rifiuta di partecipare a queste consultazioni, perché crede che si tratti di una nuova trappola, dal momento che le persone designate per condurla appartengono alla Maggioranza Presidenziale, parte avversa nei negoziati svoltisi sotto la mediazione dei vescovi della Cenco. In effetti, il Raggruppamento ha fatto notare che Aubain Minaku e Adolphe Lumanu, membri di questa commissione, sono tra le persone stesse che hanno rifiutato la candidatura di Pierre Lumbi alla presidenza del CNSA, per il fatto che come ex consigliere speciale del Presidente Kabila in materia di sicurezza non ha avuto il consenso di tutte le parti.[12]

 

Il 30 marzo, in un comunicato stampa firmato dal suo presidente, Félix Tshisekedi, il Raggruppamento  dell’opposizione ha accusato il potere di aver orchestrato il fallimento del dialogo del Centro Interdiocesano per impedire l’attuazione dell’accordo del 31 dicembre e l’organizzazione delle elezioni entro la fine del 2017. Il Raggruppamento accusa il potere di voler prendere contatti con vari suoi membri attraverso la via delle consultazioni avviate dal presidente Kabila e condotte da Aubin Minaku, segretario generale della maggioranza presidenziale, al fine di bypassare la sua gerarchia interna. Il Raggruppamento considera queste manovre come irresponsabili e improduttive. Secondo il Raggruppamento, delle vere consultazioni non possono che aver luogo tra il Presidente della Repubblica e il Presidente del Raggruppamento dell’Opposizione.[13]

 

 

2. L’UDPS E IL RASSOP ANNUNCIANO UNA SERIE DI MANIFESTAZIONI

 

Il 28 marzo, a Kinshasa, in seguito all’annuncio della fine dei negoziati politici, svoltisi sotto la mediazione dei vescovi cattolici, tra la maggioranza e l’opposizione, in cista di una possibile co-gestione della transizione fino alla fine del 2017, dei gruppi di giovani hanno eretto delle barricate e bruciato dei pneumatici su alcuni tratti di strada. Molti negozi e magazzini sono rimasti chiusi. Diverse scuole hanno rimandato a casa gli allievi, chiedendo ai genitori di andare a prendere i più piccoli. Taxi e taxi-bus hanno ridotto i loro servizi. La polizia è intervenuta per disperdere alcuni gruppi di giovani manifestanti e per togliere le barricate. Nel primo pomeriggio, il portavoce della polizia, il colonnello Mwana Mputu, ha dichiarato che la situazione era sotto controllo e ha qualificato le proteste del mattino come “manifestazioni spontanee, senza alcuna parola d’ordine” che non hanno provocato nessun danno.[14]

 

Il 28 marzo, in una conferenza stampa organizzata a Kinshasa, il segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Jean Marc Kabund-A-Kabund, ha affermato che «l’accordo politico globale del Centro Inter-diocesano firmato il 31 dicembre 2016 è e rimane l’unica fonte di legittimità per tutte le istituzioni a mandato elettivo durante questo periodo di transizione. La sua non esecuzione, per volontà dell’attuale regime, provocherebbe l’illegittimità di tutti gli animatori delle istituzioni del nostro paese». Commentando la conclusione dei lavori del dialogo tra la maggioranza e l’opposizione svoltosi sotto la mediazione della CENCO e terminato senza la firma del testo riguardante le disposizioni relative all’applicazione dell’accordo stesso, Jean Marc Kabund ha dichiarato che, «secondo l’UDPS, a partire da questo martedì 28 marzo, il paese si trova in un vicolo cieco. Non ci sono più dubbi sulle intenzioni del presidente Kabila e della sua famiglia politica di non organizzare le elezioni e di impedire l’alternanza alla guida del paese. Ora prenderemo le nostre responsabilità. Chiedo ai milioni di combattenti dell’UDPS e del Raggruppamento e a tutto il popolo congolese di assumersi le proprie responsabilità, attraverso azioni di resistenza pacifica contro la dittatura che sta mettendo radici nel nostro paese». Egli ha inoltre invitato la comunità internazionale a «non riconoscere Joseph Kabila come Capo di Stato» e ha annunciato l’organizzazione di «una marcia pacifica, prevista per il 10 aprile per protestare, conformemente all’articolo 64 della Costituzione, contro la mancata applicazione dell’accordo del 31 dicembre e contro la presidenza a vita voluta da Kabila». Nella sua comunicazione, Jean-Marc Kabund ha chiesto ai servizi di sicurezza (esercito e polizia) di non sottostare agli ordini del potere, per di più illegittimo e di schierarsi con il popola per proteggere i manifestanti.[15]

 

Il 29 marzo, in una dichiarazione politica, il presidente del Raggruppamento dell’Opposizione, Félix Tshisekedi, ha dichiarato che:

«4. Solo per garantire la continuità dello Stato e l’equilibrio istituzionale e per preservare la pace civile, il Raggruppamento aveva rinunciato alla sua iniziale esigenza che Joseph Kabila lasciasse la Presidenza della Repubblica il 19 dicembre 2016, essendo giunto alla fine del suo secondo e ultimo mandato.

  1. In controparte di questa concessione fatta a Joseph Kabila, si era riconosciuto al Raggruppamento dell’Opposizione il diritto di dirigere il governo della Repubblica e di presentare, a tal fine, il Primo Ministro in vista della sua nomina e il diritto di animare, attraverso il presidente del Consiglio dei Saggi, il Consiglio Nazionale di Supervisione dell’Accordo (vedi punto III.3.3 e VI.2.2 dell’accordo del 31 dicembre 2016).
  2. Tuttavia, oggi la buona fede del Raggruppamento si scontra con la malafede di Joseph Kabila, che non vuole lasciare il potere e, di conseguenza, sabota ogni iniziativa volta ad organizzare delle elezioni credibili per un’alternanza democratica nella Repubblica Democratica del Congo.
  3. Una volta che il percorso che doveva portare all’attuazione dell’accordo è stato in tal modo compromesso, viene rotto anche il consenso per l’accettazione di Joseph Kabila come Capo dello Stato durante il breve periodo pre-elettorale ed elettorale.
  4. Per raggiungere il loro obiettivo, Joseph Kabila e la sua famiglia politica, più che mai determinati a rimanere al potere con la forza, continuano ad ignorare le misure di rasserenamento del clima politico raccomandate nell’accordo. Orchestrano l’insicurezza su tutto il territorio del paese e moltiplicano le violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali. (…)
  5. Da quanto precede, il Raggruppamento conclude che Joseph Kabila non vuole né l’attuazione dell’accordo del 31 dicembre 2016, né una soluzione pacifica alla crisi. Egli non ha rinunciato né al suo progetto di rimanere al potere a tempo indeterminato, né a quello di organizzare, a tal fine, un referendum costituzionale.
  6. Il Raggruppamento ricorda all’opinione nazionale e internazionale che, bloccando deliberatamente il processo democratico e dissacrando le istituzioni repubblicane, ridotte a meri strumenti di conservazione del potere, Joseph Kabila e la sua famiglia politica sono gli unici responsabili dell’attuale situazione di insicurezza e di crisi politica, economica e sociale.
  7. Pertanto, come tutte le altre istituzioni della Repubblica, anche Joseph Kabila non ha alcuna legittimità. Egli non può quindi porsi come arbitro di una crisi che egli stesso ha intenzionalmente creato. Joseph Kabila è l’incarnazione della crisi. È il problema della RDC e non può quindi esserne la soluzione. (…)
  8. Il Raggruppamento ribadisce il suo impegno nei confronti dell’accordo al 31 dicembre 2016 e, quindi, non accetta qualsiasi tipo di soluzione proposta al di fuori di una sua diligente attuazione.

È per questo che il Raggruppamento lancia un appello solenne al popolo congolese, affinché si  prenda in carico. Inoltre, il Raggruppamento il seguente piano di mobilitazione generale contro il tentativo di ripristinare la dittatura in Repubblica Democratica del Congo:

– Contribuire al successo della giornata “città morte” su tutto il territorio nazionale, prevista per il lunedì 3 aprile 2017;

– Sostenere lo sciopero generale indetto dai sindacati il mercoledì 5 aprile 2017;

– Partecipare in massa alla marcia pacifica annunciata dall’UDPS per il 10 aprile 2017 e alle altre pubbliche manifestazioni pacifiche che saranno organizzate dal 10 al 24 aprile 2017, per chiedere l’attuazione dell’accordo della notte di San Silvestro».[16]

 

Il 29 marzo, in una lettera indirizzata al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e firmata dal suo presidente, Félix Tshisekedi, il Raggruppamento dell’Opposizione accusa la Maggioranza Presidenziale (MP) di aver rotto il compromesso politico dell’Accordo del 31 dicembre, tentando di rimettere in discussione, con ogni tipo di manovre, alcune delle sue disposizioni: «secondo il Raggruppamento, voler riprendere in considerazione qualsiasi elemento di questo accordo, anche se minimo, equivarrebbe a rimettere in discussione l’intero compromesso politico e gli equilibri in esso contenuti. L’attuazione del presente accordo non può subire alcun ritardo, né qualsiasi tipo di condizionalità».[17]

 

Il 30 marzo, secondo un comunicato diffuso dalla Segreteria della Maggioranza Presidenziale (MP) in reazione all’annuncio, da parte del Raggruppamento dell’Opposizione, dell’organizzazione di  una giornata “città morte”, di uno sciopero generale e di una marcia pacifica, tre iniziative programmate per chiedere l’attuazione dell’accordo del 31 dicembre, la Maggioranza Presidenziale ha accusato l’Opposizione di «voler creare il caos, creando una situazione pre insurrezionale, al fine di prendere il potere attraverso delle manifestazioni di piazza, ciò che era il suo progetto iniziale». Secondo il documento firmato dal portavoce della MP, Alain André Atundu, «la Maggioranza Presidenziale esorta i giovani a non essere autori della propria sventura, partecipando alle azioni di distruzione della coesione nazionale programmate dal Raggruppamento». Prendendo atto del fallimento dei negoziati diretti condotti sotto la mediazione dei Vescovi della Cenco, il Raggruppamento ha programmato una giornata “città morte” per il 3 aprile, uno sciopero generale per il 5 aprile e la partecipazione alla manifestazione programmata dall’UDPS per il 10 aprile. Il Raggruppamento ha inoltre dichiarato di non riconoscere più Joseph Kabila come presidente della Repubblica.[18]

 

Il 31 marzo, l’UDPS e il RASSOP hanno inviato una lettera al governatore di Kinshasa, André Kimbuta, per informarlo della marcia del 10 aprile. Nella lettera, Jean-Marc Kabund, segretario generale dell’UDPS, ha sottolineato che «lo scopo di questa manifestazione è quello di chiedere l’attuazione dell’accordo del 31 dicembre, come unica via d’uscita dalla crisi in cui si trova attualmente il nostro paese, e di consegnare un memorandum a Palazzo della Nazione».

Come punto di ritrovo dei militanti dell’UDPS e del Raggruppamento è stata scelta la Piazza Trionfale (di fronte allo stadio dei Martiri). Da viale Trionfale, i manifestanti si incammineranno su viale della Liberazione (Ex 24 novembre) per arrivare a Viale del 30 giugno percorrendo la via Batetela, viale Tshatsi, viale Okito, viale Lemera per arrivare davanti a Palazzo della Nazione, sede dell’ufficio del Presidente della Repubblica.[19]

[1] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 27.03.’17

[2] Cf Actualité.cd, 26.03.’17

[3] Cf Aline Engbe – Politico.cd, 26.03.’17

[4] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 27.03.’17

[5] Cf Actualité.cd, 27.03.’17

[6] Cf Actualité.cd, 27.03.’17

[7] Cf AfricaNewsRDC , via www.congosynthese.com, 27.03.’17

[8] Cf Actualité. cd, 27.03.’17

[9] Cf Forum des As – Kinshasa, 29.03.’17  http://www.forumdesas.org/spip.php?article10976 ; Radio Okapi, 28.03.’17

[10] Cf Radio Okapi, 28.03.’17

[11] Cf Radio Okapi, 28.03.’17; Jacques Kini – Actualité.cd, 28.03.’17

[12] Cf Alphonse Muderhwa – 7sur7.cd, 30.03.’17 ; RFI, 31.03.’17

[13] Cf Actualité.cd, 01.04.’17

[14] Cf Radio Okapi, 28.03.’17

[15] Cf Radio Okapi, 28.03.’17; Actualité.cd, 28.03.’17; Jeff Kaleb Hobiang – 7sur7.cd, 28.03.’17

[16] Cf Actualité.cd, 29.03.’17  https://actualite.cd/2017/03/29/rassemblement-annonce-journee-morte-3-avril-greve-generale-5-avril/

[17] Cf Jacques Kini – Actualité.cd, 29.03.’17

[18] Cf Israël Mutala – 7sur7.cd, 30.03.’17

[19] Cf Franck Ngonga – Actualité.cd, 31.03.’17; Actualité.cd, 01.04.’17