Editoriale Congo Attualità n. 302– a cura della Rete Pace per il Congo
Le proposte del Raggruppamento dell’opposizione per un’uscita dalla crisi
Il 24 novembre, la Commissione per le strategie del Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP) ha trasmesso alla CENCO un documento in cui riporta alcune proposte per risolvere l’attuale crisi politica, sorta in seguito alla mancata organizzazione delle elezioni presidenziali entro i tempi previsti dalla costituzione. La maggiore responsabilità di questa crisi ricade, senza alcun dubbio, sulla Maggioranza Presidenziale, che ha fatto di tutto per mantenere l’attuale Presidente della Repubblica al potere anche dopo la fine del suo secondo ed ultimo mandato presidenziale.
Secondo il documento del RASSOP,
«– Le parti implicate nella soluzione dell’attuale crisi politica sono, da un lato, i firmatari dell’accordo del 18 ottobre e, dall’altro, il Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento.
– Le elezioni presidenziali abbinate alle legislative nazionali saranno organizzate nel mese di settembre 2017 e quelle provinciali nel mese di dicembre dello stesso anno.
– I principi generali che potranno contribuire alla soluzione della crisi sono i seguenti:
- le parti interessate si impegnano solennemente a rispettare la Costituzione e ad astenersi da qualsiasi iniziativa di una sua revisione o di un suo cambiamento, sia per via parlamentare che referendaria; b. il Presidente attualmente in funzione, il cui secondo e ultimo mandato terminerà il 19 dicembre 2016, non tenterà di candidarsi per un terzo mandato;
- la durata del periodo intermedio non potrà superare i dodici mesi (un anno) a partire dal 20 dicembre 2016;
- Per quanto riguarda la questione fondamentale relativa al Presidente della Repubblica, il Raggruppamento è disposto a discuterne con i firmatari dell’accordo del 18 ottobre.
- La partecipazione delle parti implicate nell’esercizio del potere durante il periodo intermedio sarà inclusiva e paritaria.
- Circa il Governo della Repubblica, nel contesto della coabitazione e della partecipazione delle due famiglie politiche alla leadership nazionale durante il periodo di transizione, il governo della Repubblica sarà guidato da un Primo Ministro, Capo del Governo, designato dal Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento. La ripartizione delle responsabilità tra le due famiglie politiche in seno al Governo sarà effettuata mediante concertazioni e su base paritaria, nell’ambito di trattative bilaterali».
Un cambiamento di posizione del Raggruppamento?
Questo documento sembra segnalare una svolta radicale nella strategia finora seguita dal Raggruppamento, in quanto è la prima volta che il Raggruppamento parla di una possibile “coabitazione” tra opposizione e maggioranza in un governo di transizione durante il periodo intermedio compreso tra la fine del secondo ed ultimo mandato dell’attuale presidente, secondo le disposizioni costituzionali, e la data dell’organizzazione delle prossime elezioni presidenziali.
È anche la prima volta che questa piattaforma dell’opposizione lascia intravvedere la possibilità che, durante il periodo intermedio già menzionato, Kabila continui ad essere presidente della repubblica. Lo conferma il fatto che, per quanto riguarda “la questione fondamentale relativa al Presidente della Repubblica”, il Raggruppamento non ne esige, almeno apertamente, il ritiro alla fine del suo mandato, il 19 dicembre prossimo, ma si limita a dichiararsi disposto a “discuterne con i firmatari dell’accordo del 18 ottobre”. È ancora la prima volta che il Raggruppamento non considera le misure di rasserenamento del clima politico come condizioni previe al dialogo, ma ne affida l’attuazione al nuovo Governo di transizione.
Una netta rettifica
Questo documento aveva fatto sperare nell’imminenza di un accordo che avrebbe contribuito alla soluzione della crisi. Ma, la situazione è bruscamente cambiata appena due giorni dopo, il 28 novembre quando, in una conferenza stampa, il segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Jean Marc Kabund, ha affermato che, «per quanto riguarda la questione della data del 19 dicembre, data costituzionale della fine del secondo e ultimo mandato di Joseph Kabila, due sono le ipotesi:
– La prima è il rispetto della costituzione in tutte le sue disposizioni. Ciò vuol dire che Kabila deve rendersi conto che il suo mandato presidenziale è finito e che, quindi, deve ritirarsi. La classe politica istituirà un meccanismo di gestione del Paese fino allo svolgimento delle elezioni che devono essere organizzate il prima possibile, entro il 2017.
– La seconda ipotesi è quella del rifiuto di Kabila di ritirarsi il 19 dicembre, alle ore 23h59. In questo caso, inizierà la resistenza, secondo l’articolo 64 della Costituzione».
Il giorno seguente, il 29 novembre, in un’intervista, Jean Marc Kabund precisa: «Il paragrafo che si riferisce alla coabitazione con Kabila non doveva essere incluso nel documento.. Da parte nostra, non abbiamo mai detto di accettare una coabitazione con Kabila. Il Raggruppamento è stato creato per far partire Kabila dal potere il 19 dicembre. Per questo, non c’è alcun motivo per pensare ad una coabitazione con Kabila. La nostra posizione è chiara: Kabila deve lasciare il potere prima del 19 dicembre».
Quale soluzione per il principale punto di divergenza?
Questa rettifica da parte del segretario dell’UDPS è rivelatrice del fatto che il principale punto di divergenza dei due schieramenti è il mandato del Presidente della Repubblica. Secondo il Raggruppamento dell’opposizione, l’attuale Presidente deve lasciare il potere alla fine del suo secondo ed ultimo mandato, il 19 dicembre prossimo, in conformità con il primo paragrafo dell’articolo 70 della Costituzione (“Il Presidente della Repubblica è eletto per un mandato di cinque anni rinnovabile una sola volta”).
Invece, secondo la Maggioranza Presidenziale, il mandato dell’attuale Presidente, benché sia il secondo ed ultimo, può essere prolungato in conformità con il secondo paragrafo dello stesso articolo 70 della costituzione (“Alla fine del suo mandato, il Presidente resta in funzione fino all’effettivo insediamento del nuovo presidente eletto”). Questa posizione della maggioranza è addirittura rinforzata dalla sentenza della corte costituzionale che ha ribadito l’importanza del secondo paragrafo dell’articolo 70 della costituzione e dall’articolo 17 dell’accordo politico firmato il 18 ottobre (“Conformemente alla Costituzione, il Presidente della Repubblica resta in funzione fino all’effettivo insediamento del nuovo presidente eletto”).
Se è possibile pensare che, sotto pressione, la Maggioranza Presidenziale possa accettare di negoziare su altri punti di divergenza (data delle elezioni presidenziali, impossibilità di un terzo mandato presidenziale, interdizione di una revisione costituzionale durante la transizione, governo di coabitazione durante il periodo intermedio, …), è tuttavia difficile pensare che, sulla base dei testi citati, essa possa accettare di negoziare sulla questione del mandato presidenziale. Tanto più se, per risolvere il “contenzioso elettorale” del 2011, il presidente ad interim del “regime speciale” proposto dal Raggruppamento si chiamasse Étienne Tshisekedi.
In questo caso, un accordo sarebbe possibile solo mediante un passo indietro dei due pretendenti alla Presidenza, a favore di una terza persona designata consensualmente dalle due parti.
In ogni modo, ciascuna delle due parti dovrà impegnarsi a 1) promuovere i valori della democrazia: il rispetto della costituzione, delle scadenze elettorali, dei risultati delle urne e delle Istituzioni dello Stato; 2) assicurare la protezione dei diritti umani, tra cui quelli relativi alle libertà di opinione, di espressione, di associazione e di manifestazione; 3) garantire la sicurezza della popolazione, evitando ogni forma di violenza, di provocazione e di repressione.
Inoltre, essendo l’attuale crisi politica soprattutto una crisi di legittimità elettorale a livello della Presidenza della Repubblica, risulta estremamente necessario organizzare le elezioni il più presto possibile, in modo trasparente, credibile e, preferibilmente, prima di novembre 2017, abbinate alle legislative nazionali. È possibile farlo, poiché la commissione elettorale ha recentemente confermato che l’operazione di aggiornamento del registro elettorale (liste degli elettori) sarà terminata verso la fine del mese di luglio 2017. Le elezioni legislative provinciali potrebbero essere programmate per il primo trimestre 2018, aprendo la via alle elezioni indirette dei senatori nazionali e dei governatori delle province.